Sono tre ragazzi immigrati che avevano alle spalle una storia difficile e che adesso rappresentano il riscatto e che hanno trovato una loro strada: Ervis, Sadakh e Asharaf adesso sono iscritti alle scuole Iefp (Istruzione e formazione professionale) hanno incontrato questa mattina il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca nella sede della Regione, presente anche l’assessore regionale alla Formazione Professionale Armida Filippelli. I tre ragazzi hanno scritto un elogio commovente della Costituzione Italiana che hanno consegnato a De Luca.
“Venite da una storia – ha detto De Luca dopo averli ascoltati – di sofferenza e spesso con famiglie in altre parti del mondo. Partiamo da voi per cercare di dare di più a chi arriva nel nostro Paese. Vogliamo che il vostro esempio dia lezione a tutta Italia su come comportarsi con chi viene da Albania, Marocco, Somalia e altri Paesi. Noi facciamo formazione e sappiamo che presto potrete lavorare e diventare cittadini italiani”.
L’assessore Armida Filippelli con i tre ragazzi
“Ho voluto fortemente rilanciare gli IeFP – ha detto l’assessore Armida Filippelli – un percorso di avviamento al lavoro rivolto ai ragazzi in età di obbligo scolastico, per rispondere alla tragica emergenza della dispersione scolastica e del disagio sociale dei giovanissimi. Dai 6 corsi che ho trovato quando mi sono insediata, siamo passati a oltre 50 e da quest’anno siamo su “Scuole in chiaro” in segno di continuità e dell’offerta di piena strutturazione dei percorsi formativi. La storia di questi tre ragazzi , ha concluso la Filippelli, va oltre le mie più rosee aspettative perché non solo la Regione sta dando un’opportunità di istruzione e di inserimento lavorativo, ma offre anche piena educazione alla cittadinanza e all’inclusione sociale”. Ecco le loro storie.
Asharaf è di origine marocchina, ma vive da tanto qua in Campania con la madre ed i fratelli, che, anni fa è scappata da violenze familiari. Il fratello sta completando il terzo anno IeFP ed è inserito al Bosco dei Medici.
Ervis è venuto dall’Albania nel 2021 per trovare lavoro e aiutare la famiglia. È arrivato non via mare, ma attraverso la frontiera, per trovare lavoro e andar via dalla povertà. I suoi hanno pagato per il viaggio ed il ragazzo contava in alcuni appoggi. Arrivato in Italia non ha trovato nessuno. Non aveva riferimenti, né conosceva la lingua, ed era giovanissimo. Le autorità italiane lo hanno inviato in una comunità. Ha trovato qualche ostacolo di troppo, perché non tutte le comunità sono uguali, in ogni caso è arrivato in Campania, a Scafati, e da lì la ripresa. Ha frequentato il CIPIA, ha avuto un contratto di lavoro in un ristorante di Pompei i cui soldi ha mandato regolarmente alla madre in Albania, e la scuola , il percorso IeFP di Apeiron, Operatore turistico. Segue regolarmente e dice che gli abbiamo salvato la vita
Sadakh , ha iniziato il uo viaggio verso l’Italia nel 2019, a causa guerra civile nel suo paese ; a dispetto delle superficiali opinioni condivise, il ragazzo racconta di essere partito forzando il parere dei genitori che avevano paura di perderlo in mare . Prima di arrivare in Italia ha attraversato l’inferno per oltre due anni : dal Sudan alla Libia, il primo pezzo del suo viaggio verso la libertà . In Libia è stato fatto prigioniero insieme a donne , bambini e anziani . Per due anni non ha mai visto la luce del giorno e veniva picchiato e torturato affinché la famiglia si convincesse a mandare a chi lo teneva prigioniero , i soldi necessari al suo viaggio verso la libertà . La sua storia è piena di fatiche , stenti , dolori e malattie . Proprio la sua malattia lo salva , perché i suoi aguzzini lo liberano a causa del suo pessimo stato di salute : Sadakh aveva contratto varie infezioni causate dalla sporcizia in cui aveva vissuto per due anni e dalla aggressione di insetti di ogni genere che avevano procurato varie ferite al suo corpo . Il giovane è riuscito comunque a salire su una barca con altre 500 persone ed è arrivato in Italia, sulle coste siciliane. Viene accudito in una comunità religiosa a Battipaglia , curato nell’ospedale di Eboli grazie alla sanità regionale , per oltre due mesi e il suo viaggio fa tappa a Scafati , dove finalmente è iniziata la sua risalita . Ha trovato una casa nella Comunità alloggio “Casa di Giona” e soprattutto una “famiglia” e la possibilità di istruirsi e superare i limiti oggettivi legati alle barriere linguistiche e culturali , grazie a suo inserimento nel percorso IeFP curato dall’Associazione Apeiron che lo ha anche inserito in una serie di attività.
Ritrovamenti nelle cassette della posta, nei sotto scala o all’interno dei vani ascensori ma anche negli “altarini” accanto a statue sacre a spregio non solo della vita altrui per chi vende morte ma anche del credo o della religione.
I Carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna sono impegnati quotidianamente nei controlli anti-droga nella zona a Nord di Napoli e spesso perquisiscono luoghi e zone che possono essere verosimilmente utilizzati come nascondigli.
Gli ultimi obiettivi – in ordine cronologico – sono le aree popolari di Brusciano e di Castello.
Passate a setaccio strade e piazze senza trascurare le aree comuni come le aiuole o le cantine passando per le lastre di marmo che coprono le scale condominiali fungendo da vero e proprio cassetto.
I Carabinieri della locale compagnia insieme ai militari del reggimento Campania sono tornati nel rione popolare la “Cisternina” e lì hanno rinvenuto e sequestrato numerose dosi di diverse specialità di droga, un caricatore Beretta 9×21 e bilancini di precisione.
Anche a Brusciano – nella “219” – sequestri di droga con numerose dosi già pronte per la vendita al dettaglio.
I Carabinieri hanno rovistato dappertutto e la droga era nelle zone comuni e quindi a carico di ignoti ma i controlli continueranno anche nei prossimi giorni.
Un messaggio mandato a un’amica, verso le 21 di sabato sera, è l’ultima traccia su cui stanno lavorando la Procura di Milano e i carabinieri che indagano senza sosta, anche con ricerche incessanti nelle campagne attorno a Senago, sulla scomparsa della 29enne Giulia Tramontano, incinta di 7 mesi, di cui ufficialmente non si hanno più notizie da domenica scorsa, quando il fidanzato ha denunciato la sua sparizione. In quel whatsapp la giovane, originaria della provincia di Napoli, con un lavoro nel settore immobiliare, in particolare nella gestione di appartamenti di alto livello, e che da cinque anni vive nella cittadina a nord di Milano, diceva all’amica di sentirsi molto scossa e turbata dopo una lite col compagno, con cui convive. Fidanzato con cui i rapporti, pare, si fossero improvvisamente incrinati proprio in quelle ore per il sospetto di un’altra donna nella vita di lui. Nell’inchiesta, che è stata aperta dalla procuratrice aggiunta Letizia Mannella e dalla pm Alessia Menegazzo, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano e della Compagnia di Rho, si stanno vagliando tutte le ipotesi, a partire da alcune incongruenze nelle versioni agli atti.
Si indaga a ritmi serrati, con l’acquisizione delle telecamere attorno alla casa della coppia e non solo e con l’audizione di testimoni, su una vicenda che potrebbe essere finita tragicamente. Il fidanzato, 30 anni, ha raccontato nella sua denuncia di essere andato al lavoro domenica mattina (fa il barman in un albergo di lusso a Milano), di essere rientrato nel pomeriggio e di non averla trovata a casa. Da qui, stando alla sua versione, la decisione di allertare le forze dell’ordine. La madre della 29enne, che vive nel Napoletano, si era subito preoccupata, invece, quel mattino, perché la figlia non l’aveva chiamata, come faceva di solito. Oggi, intanto, per tutto il giorno a Senago e nelle aree circostanti sono andate avanti le ricerche dei carabinieri, con l’aiuto anche dei vigili del fuoco e della Protezione civile. Nell’abitazione, da quanto si è appreso, non sono stati trovati il passaporto e il bancomat della donna. E nemmeno il suo telefono, che sarebbe risultato non attivo dalla tarda serata di sabato.
Quando domenica, poi, la mamma ha provato a chiamarla risultava spento. Per la famiglia la giovane non avrebbe avuto alcun motivo per sparire nel nulla volontariamente. In questi tre giorni attraverso la trasmissione ‘Chi l’ha visto?’ e l’associazione Penelope, che si occupa di persone scomparse, sono stati rilanciati via social numerosi appelli per ritrovare Giulia, ma tutte le segnalazioni arrivate non hanno avuto alcun effetto concreto. “L’ultimo contatto con la famiglia risale alla serata di sabato 27 maggio”, hanno scritto i familiari. La sorella Chiara oggi ha postato un’altra fotografia di Giulia sulla battigia del mare. “Aveva questo pancione un mese fa – ha scritto in riferimento alla foto – ora è anche più grande! Se la ragazza che vedete non ha il pancione è evidente che non è Giulia. Se Giulia ha le braccia scoperte questo tatuaggio è il segno più caratteristico che ha”.
Ieri mattina era un 16enne come tanti, con una insufficienza in Storia e qualche nota disciplinare sul registro. Oggi Marco (nome di fantasia) è piantonato dai carabinieri nel reparto di neuropsichiatria infantile dell’ospedale San Paolo di Milano, con l’accusa di tentato omicidio aggravato per aver accoltellato la sua insegnante nell’aula dell’istituto Emilio Alessandrini di Abbiategrasso, nell’hinterland di Milano. Il tribunale per i Minorenni non poteva fare altrimenti, l’aggressione alla 51enne Elisabetta Condò non lascia dubbi sulle intenzioni dello studente, che si è scagliato almeno 6 volte col coltello rubato al padre, appassionato di caccia.
Un pugnale in stile Rambo lungo 20 centimetri e con la lama modello Bowie, col quale ha causato alla docente una prognosi di 35 giorni e una lunga riabilitazione. All’ospedale di Legnano, dove ha subito un delicato intervento di ricostruzione dei tendini del polso, hanno riscontrato 3 ferite alla testa da 20 centimetri, la frattura dell’osso parietale sul lato destro, il collasso di una piccola porzione del cranio, un’altra ferita profonda 10 centimetri alla scapola e infine una incisione dell’arteria ulnare da 15 centimetri. Le ragioni dell’aggressione restano chiuse nella mente del 16enne, che pur non avendo una diagnosi psicologica precisa viene ritenuto dai medici affetto da un disturbo paranoide che ha trasformato una normale insofferenza nei confronti dell’insegnante in uno slancio tanto violento.
Lo studente aveva ricevuto 6 note dall’inizio dell’anno e le ultime 4 erano state firmate proprio dalla Condò che però, così come l’intero istituto, non immaginava una reazione simile anche perché si trattava di richiami di poco conto, seppur gravi nel contesto scolastico. Neppure il padre del 16enne riesce a spiegare il suo comportamento, dice che non c’erano stati avvertimenti e aggiunge di non essere a conoscenza delle note. In un quadro così drammatico riesce però a trovare un aspetto da cui ripartire: la vita del figlio, distrutta ma ancora qui. Ai cronisti parla di uno scenario a cui nessuno aveva pensato, dice che avrebbe potuto uccidersi in classe in preda alla disperazione e invece è in arresto ma vivo. Quindi c’è ancora una speranza e da lì vuole cominciare. All’istituto Alessandrini sono tutti sotto choc, compagni e insegnanti continuano a raccontare la sequenza della mattinata vissuta, pochi minuti di un lunedì iniziato come tanti e che impiegherà anni per finire.