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Cultura

Teatro alla Scala di Milano, arriva Dominique Meyer: c’è consenso sul quasi unanime sul suo nome

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Manca solo l’ufficialità per l’arrivo del francese Dominique Meyer a Milano come sovrintendente della Scala. Oggi il sindaco Giuseppe Sala, che e’ presidente del teatro, ha spiegato che c’e’ l’accordo dei consiglieri di amministrazione. “Abbiamo trovato consenso sul nome”, ha detto dopo la riunione del cda senza rivelarlo. “Lo lascio immaginare a voi perche’ la prima cosa che devo fare tornato in ufficio – ha aggiunto – e’ chiamarlo formalmente e incontrarlo”. Ci ha comunque tenuto a sottolineare che non si tratta del sovrintendente uscente Alexander Pereira. Meyer, ex direttore generale dell’Ope’ra di Parigi dal 2010 a guida la Staatsoper di Vienna, era stato selezionato dalla società Egon Zehnder che aveva presentato una lista di possibili candidati poi scremata dal cda. Resta l’incognita di una possibile proroga di Pereira. Il manager austriaco, che ha un contratto in scadenza il prossimo febbraio, vorrebbe restare fino alla fine del 2022 (e non meno), quando scadra’ anche l’incarico del direttore musicale Riccardo Chailly. Lo stesso maestro nei giorni scorsi aveva definito “il minimo della logica” lasciarlo al comando del teatro fino ad allora. Ma su questo in cda non c’è nessuna unanimita’, anzi ci sono consiglieri esplicitamente contrari.

La questione è stata quindi rimandata al prossimo consiglio, fissato per la sera del 28 giugno. Sala non ha escluso che il manager austriaco possa avere una proroga, che pero’ non ha quantificato. “Ci ragioneremo – ha detto -. A me sta sentire il sovrintendente designato e Pereira stesso per capire se e’ possibile trovare una formula, che potrebbe essere anche di prolungamento, ma che e’ tutta da costruire”. Una certezza e’ che il contratto di Meyer partirà in ogni caso alla scadenza attuale dell’incarico di Pereira (ovvero il prossimo febbraio) o poco dopo, mentre non e’ ancora stato deciso se il francese sara’ affiancato da un direttore artistico o, come hanno fatto Ste’phane Lissner e lo stesso Pereira, ricoprirà il doppio ruolo. Anche in questo caso, ha spiegato Sala, l’ultima parola spetta al nuovo sovrintendente, che fra poco lascera’ Vienna. In una intervista ad Apa, l’agenzia stampa austriaca, dello scorso gennaio Meyer ha tracciato un bilancio di quello che lascera’ a Vienna. “La maggior parte dei nomi dei direttori della Staatsoper sono stati dimenticati, e anche a me succedera’. Ma – ha osservato – mi sono sentito molto bene accolto dal pubblico. Toscanini una volta disse: ‘devi prima andare alla cassa per capire se un teatro d’opera funziona. E il nostro registratore di cassa e’ pieno! Abbiamo battuto tutti i record dall’inizio della stagione in corso”. E sul suo futuro aveva aggiunto: “Non faro’ nulla dove non posso lavorare ad alto livello. Vediamo se il destino mi riserva un altro regalo”. A questo punto pare si possa dire che per lui il regalo e’ la guida della Scala.

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Cultura

Bocconi prima università italiana ad adottare l’AI di OpenAI: via alla trasformazione digitale

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Un assistente AI per studenti e professori, strumenti evoluti per la ricerca e la didattica, applicazioni intelligenti nel cuore delle scienze sociali. L’Università Bocconi di Milano è la prima università italiana ad adottare le soluzioni di intelligenza artificiale di OpenAI, avviando una trasformazione profonda nel modo di studiare, insegnare e fare ricerca.

L’annuncio arriva in seguito alla firma di un accordo strategico con OpenAI, la società statunitense leader globale nel settore. L’intesa prevede un accesso equo e sicuro alle tecnologie di AI più avanzate per tutti i membri della comunità Bocconi, composta da oltre 17.000 persone.

AI per la didattica e la formazione personalizzata

«Abbiamo già da tempo investito sull’intelligenza artificiale», spiega il rettore Francesco Billari (foto Imagoeconomica in evidenza). «Negli ultimi cinque anni abbiamo lanciato nuovi corsi e laboratori dedicati. L’alleanza con OpenAI ci consente ora di alzare l’asticella nell’applicazione quotidiana dell’AI a didattica e ricerca».

Tra le prime novità, l’introduzione di un AI Assistant per aiutare gli studenti nella raccolta di fonti, nella sintesi degli appunti, nella preparazione delle lezioni e nello studio individuale. Uno strumento pensato per rendere l’apprendimento più interattivo, autonomo e profondo.

Ricerca potenziata e agenti intelligenti

Sul fronte della ricerca, l’obiettivo è ambizioso: sviluppare e applicare sistemi AI agentici, capaci di raggiungere autonomamente obiettivi specifici, simulare comportamenti, condurre esperimenti, generare dati e costruire modelli teorici. Un vero salto di paradigma per le scienze economiche, giuridiche, manageriali e di policy.

Una delle frontiere più interessanti sarà la misurazione concettuale da dati non strutturati: testi, video e altri contenuti verranno analizzati per quantificare concetti astratti, come tratti psicologici, stili comunicativi o narrazioni collettive. «È una fusione tra dati qualitativi e quantitativi resa possibile dall’AI», precisa Billari. «Un’evoluzione che promette di accelerare radicalmente i tempi di analisi».

Un nuovo prorettore per la transizione digitale

Per guidare questa trasformazione, l’ateneo ha nominato il professor Dirk Hovy – esperto in linguaggio naturale e scienze computazionali – prorettore per la Trasformazione digitale e l’Intelligenza artificiale. Sarà lui a coordinare l’implementazione delle tecnologie in tutte le aree dell’università.

Bocconi tiene anche a chiarire che la proprietà intellettuale dei dati resta all’ateneo, a tutela del lavoro di studenti, ricercatori e docenti.

Una scelta strategica per l’internazionalizzazione

La partnership con OpenAI rappresenta un ulteriore tassello della strategia di crescita e internazionalizzazione dell’università: «Nel 2025 contiamo di chiudere con circa il 60% delle domande di iscrizione provenienti dall’estero», conclude il rettore Billari. «L’intelligenza artificiale rafforza il nostro ruolo come polo di innovazione accademica nelle scienze sociali a livello globale».

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Nicola Graziano è il nuovo Presidente di UNICEF Italia: “Impegno totale per l’infanzia in difficoltà, in Italia e nel mondo”

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L’UNICEF Italia ha un nuovo presidente. È Nicola Graziano (foto Imagoeconomica in evidenza), magistrato, scrittore e volontario, eletto oggi all’unanimità dal nuovo Consiglio Direttivo dell’organizzazione riunito a Roma. Succede a Carmela Pace, che resta nel Consiglio come Past President, dopo anni di guida apprezzata e lungimirante.

Assumo questo impegno con grande responsabilità in un momento molto difficile per l’infanzia”, ha dichiarato Graziano dopo l’elezione. “Oltre 470 milioni di bambini vivono in aree di conflitto, 1 miliardo in Paesi a rischio climatico e ambientale e quasi 38 milioni sono gravemente malnutriti in 26 crisi nutrizionali”. Graziano ha però voluto sottolineare anche le criticità italiane: “La mia attenzione sarà anche per i bambini che vivono nel nostro Paese, il cui benessere non sempre è garantito”.

Graziano ha indicato come stella polare del suo mandato la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che l’Italia ratificò il 27 maggio 1991, esattamente 34 anni fa.

Il nuovo Consiglio Direttivo

Insieme a Graziano, il nuovo Consiglio Direttivo dell’UNICEF Italia è composto da Virginia Maria Barchiesi, Maria “Mussi” Bollini, Manuela Bovolenta, Mario Calabresi, Matteo De Mitri, Franco Gabrielli, Francesca Mariotti, Giuseppe Masnata, Giovanni Poggini, Stefania Radoccia, Carlo Robiglio e Claudia Sella. Presente anche il Direttore generale Paolo Rozera.

Chi è Nicola Graziano

Nato ad Aversa (CE) nel 1968, laureato in Giurisprudenza all’Università Federico II di Napoli, Nicola Graziano è magistrato tributario, autore di libri pubblicati da Feltrinelli, Maggioli, Rogiosi e altri editori. Da anni è vicino all’UNICEF come volontario, impegnato soprattutto nelle scuole italiane su temi come legalità, ambiente, immigrazione ed educazione civica.

A fine 2024 ha partecipato a una missione sul campo in Costa d’Avorio con l’UNICEF, esperienza che ha ulteriormente rafforzato il suo impegno.

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Cultura

Intelligenza artificiale e democrazia: perché la trasparenza non è un’opzione

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Ogni giorno, milioni di decisioni che influenzano la vita di cittadini e imprese vengono prese da sistemi di intelligenza artificiale, spesso senza che sia chiaro su quali basi. Quanto sono trasparenti i criteri alla base di queste scelte automatizzate? È una domanda cruciale, soprattutto ora che anche la Pubblica Amministrazione affida a questi strumenti valutazioni, selezioni, previsioni e decisioni.

Cosa significa davvero trasparenza

La trasparenza in ambito IA non è uno slogan: vuol dire rendere visibili e comprensibili i criteri, i dati e le logiche che portano un sistema a generare un output. È un principio essenziale per gli algoritmi predittivi tradizionali, ma lo è ancor di più per i nuovi modelli generativi e Large Language Models (LLM), utilizzati per sintetizzare diagnosi mediche, suggerire investimenti o prendere decisioni amministrative.

Quando un algoritmo incide su diritti o risorse, la trasparenza non è facoltativa: è una garanzia di equità e controllo. Senza trasparenza, i cittadini non possono verificare se la decisione è corretta, discriminatoria o arbitraria. Con trasparenza, invece, si apre lo spazio per la fiducia, la correzione e la responsabilizzazione.

Strumenti per la trasparenza: Model card, XAI e audit

Per rendere chiari i meccanismi decisionali, esistono diversi strumenti. Le model card descrivono scopi, dati, metriche e limiti di un modello. Le tecniche di eXplainable AI (XAI) aiutano a capire quali fattori hanno pesato su una determinata decisione. Gli audit indipendenti, infine, sono fondamentali per individuare bias e discriminazioni prima che provochino danni reali.

Questo è particolarmente vero per i modelli LLM, che possono “confabulare”: produrre affermazioni errate, pur con tono credibile. Senza accesso alle fonti e ai processi decisionali, diventa difficile distinguere verità da errore.

Anche i dati devono essere tracciabili

Non basta aprire la “scatola nera” dell’algoritmo: bisogna sapere anche da dove arrivano i dati. Le datasheet for datasets permettono di tracciare l’intero ciclo di vita dell’informazione e prevenire distorsioni sistemiche.

Il rischio altrimenti è concreto: un algoritmo può perpetuare discriminazioni anche senza usare dati vietati. Un esempio? Nel 2021 uno studio ha scoperto che alcuni algoritmi di pricing delle assicurazioni auto penalizzavano i nati all’estero, semplicemente per la struttura dei dati. A parità di condizioni, un conducente straniero pagava anche mille euro in più. Nessuno se n’era accorto, proprio per la mancanza di trasparenza.

La trasparenza è una responsabilità

Rendere trasparente un sistema di IA non è solo un compito tecnico, ma un dovere etico e politico. È anche un obbligo normativo sempre più stringente, che punta a evitare abusi e garantire che le macchine restino al servizio dell’uomo. Se le decisioni delle macchine non sono leggibili e giustificabili, la democrazia digitale rischia di diventare un’illusione.

In un mondo dove le scelte automatizzate sono sempre più pervasive, la trasparenza è l’unico modo per tenere insieme tecnologia e diritti.

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