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Cronache

Stupro di gruppo di camorra a Milano con filmino, arrestati il pentito e il figlio della pentita di camorra

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Da quel che si sa la avrebbero avvicinata in una discoteca, il “Papaya”, all’Idroscalo. Sarebbe accaduto nella notte tra il 4 e il 5 agosto. Lei è una 22enne residente nell’hinterland di Milano. Gli sconosciuti che la agganciarono in discoteca erano un 26enne, un 31enne e un 17 enne. Secondo quanto emerge la avrebbero  costretta a bere (è il racconto della ragazza). Forse l’avrebbero drogata. Poi avrebbero approfittato del suo stato di debolezza per farla salire in macchina e raggiungere un appartamento dove sarebbe stata ripetutamente violentata dal terzetto. Così sostiene la ragazza. I carabinieri hanno arrestato i due maggiorenni mentre del terzo, che in più durante le violenze aveva fotografato e filmato con il cellulare, si occupa il Tribunale dei minori. Quelli in manette sono il 32enne Antonio M.(un pentito di camorra) e il 26enne Francesco F., figlio di una collaboratrice di giustizia. Entrambe le situazioni riguardano storie di camorra a Napoli e nel Casertano. I tre erano a Milano per trascorrere dei giorni di divertimento, appoggiandosi a un’abitazione, in uso ad Antonio M.; l’inchiesta è stata coordinata dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dal pm Rosaria Stagnaro. La visita alla clinica Mangiagalli aveva riscontrato ecchimosi varie sul corpo del diametro anche di cinque centimetri, confermando, come la vittima aveva verbalizzato con i carabinieri, che per violentarla, già che lei si opponeva in qualche modo, pur essendo stata forse drogata, l’avevano tenuta ferma con la forza: Da qui le ecchimosi provocate le violenze. Quanto invece alla “rilevata mancanza di lesioni” direttamente provocate dallo stupro, nell’ordinanza cautelare il gip Anna Magelli scrive che questa circostanza non è “affatto significativa dell’esclusione di rapporti sessuali subìti”.
Gli investigatori avevano da prima ascoltato due amici della 22enne, i quali l’avevano accompagnata al “Papaya” e avevano detto che s’era allontanata con un ragazzo a loro ignoto, senza per la verità preoccuparsi. Avevano fornito scarni elementi descrittivi, come aveva fatto la stessa vittima, che a causa dello stordimento, del terrore e del successivo stato di choc, aveva “dimenticato” la maggioranza dei dettagli. Si ricordava soltanto di un nome di battesimo, di uno dei tre che aveva riferito d’essere della Campania. Ma quale è la linea difensiva degli indagati? Classica o se volete quella scelta in base alla verità raccontata dagli indagati ai loro legali. L’avvocato Nello Sgambato, difensore di Francesco F., interrogato ieri mattina, riferisce che il suo assistito non nega i rapporti sessuali con la 22enne denunciante. Niente affatto, spiega però che sono stati rapporti consenzienti. Compresi i rapporti sessuali di gruppo. E sullo  stordimento della vittima presumibilmente con droga? La ragazza sostiene che il 17enne aveva preso il bicchiere che aveva nelle mani, aveva bevuto un sorso, si era voltato dandole le spalle e si era girato restituendo il bicchiere dopo aver sciolto una sostanza stupefacente. La ragazza aveva bevuto e immediatamente dopo “non avevo capito più nulla”.

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Auto in fiamme, muore una donna

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Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

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Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

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Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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