Al processo per la strage sull’autostrada Napoli – Bari, all’altezza del viadotto dell’Acqualonga, dove il 28 luglio del 2013 morirono 40 persone che rientravano a Pozzuoli dopo una gita a Pietrelcina, sono arrivate le prime richieste di condanna. Il pm Cecilia Annecchini, titolare dell’inchiesta e ora rappresentante dell’accusa nel processo, ha chiesto 12 anni di reclusione per Gennaro Lametta, il titolare della “Mondo Travel” e proprietario del bus. L’uomo nell’incidente ha perso il fratello Ciro, autista del bus precipitato dal viadotto e diventato una bara per 40 inermi; 9 anni di carcere per Antonietta Ceriola, dipendente della Motorizzazione Civile di Napoli e 6 anni per Vittorio Saulino, anch’egli dipendente della Motorizzazione.
Strage del viadotto dell’Acqualonga. Furono 40 i morti estratti dal bus precipitato dal cavalcavia
Secondo la Procura, Lametta, accusato di concorso in omicidio, lesioni e disastro colposo, è responsabile non soltanto delle pessime condizioni del bus, immatricolato nel 1985 e con 800 mila chilometri percorsi, ma in primo luogo per non aver sottoposto l’automezzo a revisione. Se questo fosse avvenuto, ha sostenuto la pubblica accusa, l’automezzo non avrebbe ottenuto l’autorizzazione a circolare. I due funzionari della Motorizzazione Civile sono invece accusati di non aver assolto alle loro funzioni di controllo che avrebbero impedito la circolazione del bus. La differente richiesta di condanna, 9 anni per la Ceriola e 6 per Saulino, si spiega con le attenuanti generiche non concesse alla prima perché recidiva. La requisitoria, svoltasi davanti al giudice monocratico del Tribunale di Avellino, Luigi Buono, continuerà con il procuratore di Avellino, Rosario Cantelmo, nelle udienze fissate il 10 e il 19 di ottobre e il 2 novembre. Nell’udienza fissata per il 16 novembre, cominceranno le arringhe della difesa dei quindici imputati.
Sergio Pisani. Legale di Gennaro Lametta
Sulla richiesta di condanna della Pm a 12 anni di reclusione per Lametta, con grande rispetto e altrettanta fermezza è intervenuto il legale, Sergio Pisani. “Non mi aspettavo – spiega Pisani – certo una richiesta assolutoria da parte della pm, ma oggi, a distanza di anni oramai, ho sentito le stesse argomentazioni dell’udienza preliminare mentre nel processo si è accertato che la rottura del giunto del bus precipitato non è dipeso da un difetto di manutenzione. Sono convinto che esistono tutti i presupposti perché Lametta sia assolto”.
Nella udienza del 10 ottobre, il procuratore Cantelmo prenderà il posto della sua sostituta Annecchini, per occuparsi delle posizioni dei 12 dirigenti di Autostrade per l’Italia. Sono imputati nel processo per una catena di omissioni e chissà cos’altro vorrà contestare il procuratore Cantelmo. Di sicuro la requisitoria del capo degli uffici giudiziari irpini verterà sullo stato delle barriere autostradali che non impedirono al bus di precipitare dal viadotto Acqualonga. In particolare c’è la questione dei sistemi di ancoraggio, dei tirafondi, le bullonature, risultati gravemente compromessi dalla ruggine in alcuni punti. Cosa che si evince dalle foto mostrate nel corso del processo e tratte da perizie di parte. Una situazione, secondo il perito del tribunale Felice Giuliani, “anomala e quindi imprevedibile evoluzione del fenomeno corrosivo” quella dei tirafondi recuperati dalle barriere, progettati per durare anche oltre i new jersay stessi. Per la pm Annecchini le barriere sono una concausa della strage. Ma vedremo che cosa dirà Cantelmo, che della accusa è il capo.
Intanto, secondo quanto trapela da ambienti giudiziari, proprio dallo svolgimento del processo e dalle perizie entrate nel processo, è probabile che la procura di Avellino, anche alla luce di quanto accaduto sul viadotto della Polcevera, potrebbe aprire un’inchiesta sulla sicurezza delle barriere protettive lungo tutta la rete autostradale italiana. Non tanto sulla tenuta del New Jersey, le barriere di cemento armato, quanto sulle modalità di ancoraggio di queste barriere. La procura irpina intenderebbe verificare le condizioni di sicurezza garantite in particolare nei tratti autostradali simili a quello in cui si verificò l’incidente che causò la morte di 40 persone.
“Ho appena appreso della morte di Papa Francesco. Il mio pensiero va ai milioni di cristiani in tutto il mondo che lo hanno amato. Sono stato felice di vederlo ieri, nonostante fosse molto malato. Ma io lo ricorderò sempre per le sue omelie nei primi giorni del Covid, È stato veramente meraviglioso”: sono le parole su X del vicepresidente americano, JD Vance, che ieri nel corso della sua visita in Vaticano era stato brevemente ricevuto a Santa Marta dal Pontefice.
Storie di violenze in famiglia tra Napoli e la vicina Portici: in un caso un figlio ha cercato di strangolare la madre, nell’altro una donna ha picchiato con calci e pugni la mamma ottantenne e la sorella. A Ponticelli, periferia di Napoli, quando i carabinieri hanno spalancato la porta, le mani di un 46enne napoletano erano ancora strette al collo della madre. E non è bastato l’intervento dei militari a fermare rabbia, insulti e minacce di morte. I militari erano stati allertati da una telefonata al 112: qualcuno aveva sentito urlare e probabilmente non era la prima volta. I carabinieri della stazione di Ponticelli e quelli del nucleo radiomobile sono arrivati in pochi istanti e hanno scoperto che il 46enne, già noto alle forze dell’ordine, aveva appena aggredito la madre.
I motivi non sono ancora chiari ma, da quello che è emerso, non sarebbe stata la prima volta. L’uomo è finito in manette e dovrà rispondere di maltrattamenti in famiglia. Storia simile nella vicina Portici. In questo caso la storia è tutta al femminile. Una 50enne, in casa con la madre di 83 anni e la sorella, forse a causa dell’abuso di alcolici, ha preso a calci e pugni le due vittime, sarebbero state colpite anche con un cellulare, ripetutamente. Secondo quanto ricostruito dai militari della stazione di Portici, intervenuti dopo una chiamata al 112, la 50enne avrebbe imputato a sorella e madre la sparizione di un gatto. La donna è stata portata nel carcere di Secondigliano. Delicate le condizioni delle vittime. Per la 83enne visibili ematomi alla schiena provocati dai calci ricevuti. Tra naso e bocca una vistosa perdita di sangue causata dai colpi inferti con lo smartphone. Anche la sorella ha riportato ferite ed escoriazioni su tutto il corpo. Se la caveranno con qualche giorno di prognosi.
Tragedia di Pasqua in un agriturismo in provincia di Avellino. Una donna di 74 anni di Pozzuoli (Napoli), in gita insieme ai familiari, è stata stroncata da un malore improvviso poco prima dell’ora di pranzo. Inutili i tentativi di rianimarla. Sul posto, in località Scampata, i carabinieri di Ariano Irpino e i sanitari del 118 che hanno constatato il decesso. La salma, su disposizione della Procura di Benevento, è stata trasferita nel capoluogo sannita all’ospedale “San Pio”.