In Italia si passa da tragedie annunciate a tragedie evitabili con la stessa facilità e certezza con cui il sole e la luna sorgono e tramontano.
Il Ponte Morandi di Genova? Si sapeva che sarebbe crollato. Solo che nessuno aveva previsto decine di morti e centinaia di feriti. Per chi pensa agli affari i morti sono dettagli. La tragedia degli escursionisti nel parco nazionale del Pollino. Forse si poteva evitare.
Vigili del fuoco. Recuperati tutti i corpi degli escursionisti del Parco del Pollino
Lunedì pomeriggio, a Civita, nella zona che comprende anche le gole del Raganello, era stata diramata l’allerta meteo di livello giallo. Significa che non si poteva andare. Il comunicato stampa dell’Arpacal (Agenzia regionale per l’ambiente della Calabria) prevedeva forti emporali e criticità idrogeologica. Previsioni di cui chi avrebbe dovuto tenere conto se n’è fregato. L’agenzia di Civita che gestisce le escursioni, nonostante le comunicazioni di Arpacal, ha deciso ugualmente di accompagnare due gruppi a fare escursioni. Il primo, quello del mattino, ha potuto avventurarsi tra le gole ultimando prima di mezzogiorno la traversata. Il secondo, sceso a valle poco dopo le 14, quando è arrivato il maltempo previsto, con tanto di tuoni, lampi e una bufera, è stato investito dalla furia dell’acqua proprio mentre si trovava ai bordi del torrente. Questo è stato il motivo che ha innescato la tragedia. Almeno sembra. Ma occorrerà aspettare una inchiesta.
Dieci vittime è il bilancio di sangue definitivo: sei donne e quattro uomini. Le tre persone date per disperse, che si pensava potessero far parte del gruppo, in realtà stavano scalando la vetta del Pollino sul versante lucano. Stanno bene.
Undici invece sono i feriti. In 5 sono stati ricoverati negli ospedali di Cosenza e Castrovillari. Solo una bambina che versa in gravi condizioni è stata portata al Gemelli di Roma. Il torrente ha restituito i corpi di Miryam Mezzolla e Claudia Giampietro, di 27 anni, pugliesi, ballerine, amiche di mille escursioni; di Paola Romagnoli, escursionista originaria di Bergamo, di 55 anni; di una coppia napoletana, Antonio Santopaolo e Carmen Tammara, 44 e 41 anni; di Carlo Maurici, 35 anni di Roma, così come Valentina Venditti, 34 anni. Tra le vittime poi Maria Immacolata Marrazzo, 43 anni di Torre del Greco, e Gianfranco Fumarola, 43 anni, agente penitenziario a Taranto, morto per salvare i suoi due figli. Unico calabrese, Antonio De Rasis, 32 anni, guida del soccorso alpino regionale. Un professionista esperto che al mattino aveva seguito il primo gruppo. Ancora una volta dobbiamo piangere e ringraziare i Vigili del fuoco per il loro straordinario lavoro.
Nel pomeriggio, dopo il rientro a casa, era stato richiamato per fare da guida al secondo gruppo, quello investito dal torrente.
Ieri a Civita è arrivato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Ha detto quello che doveva dire: “Voglio sapere entro due giorni chi doveva fare cosa. Sono stanco di piangere i morti” ha ribadito, annunciando un’inchiesta amministrativa che dovrà accertare perché per l’accesso alle gole non erano previsti controlli. Il presidente della Repubblica ha voluto stringersi ai familiari delle vittime manifestando “grande tristezza per questa nuova tragedia”.
Va avanti, intanto, l’ inchiesta penale. Il procuratore della Repubblica di Castrovillari, Eugenio Facciolla, ha aperto un fascicolo ipotizzando le accuse di omicidio colposo, lesioni colpose, inondazione e omissioni d’ atti d’ ufficio. “Di allerta meteo non ce n’era stata una ma tre – ha detto -. Le escursioni, con persone spesso inesperte, sono a pagamento. Per questo si preferisce rischiare, magari sottovalutando le reali condizioni meteo”. Le indagini dovranno accertare come mai quei luoghi erano accessibili da chiunque senza regole. In molti si recavano alle gole come se andassero in spiaggia, senza precauzioni. Oggi arriverà a Civita il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli che sarà accompagnato dal presidente della giunta della Calabria Mario Oliverio.
Caso Huawei, l’avvocato di Lucia Simeone: mai emesse fatture, pronta a difendersi anche in Belgio
Il legale della collaboratrice dell’europarlamentare Martusciello smentisce ogni coinvolgimento: “Non ha partita Iva, i bonifici ricevuti sono personali”.
Lucia Simeone, collaboratrice dell’europarlamentare Fulvio Martusciello (Forza Italia), è al centro di un’indagine della magistratura belga su presunte tangenti versate per favorire Huawei nella partita del 5G all’interno delle istituzioni europee. La donna è stata raggiunta da un mandato di arresto europeo ed è comparsa oggi davanti alla Corte d’Appello di Napoli per rispondere alle domande del giudice e del sostituto procuratore generale.
A riferire i dettagli della sua posizione è l’avvocato Antimo Giaccio, difensore della Simeone: «Secondo quanto emerge da una traduzione ritenuta fedele degli atti, la procura belga contesta a Lucia Simeone il concorso nell’emissione di due fatture che riteniamo essere assolutamente inventate», ha affermato il legale. «L’indagata non è intestataria di alcuna partita Iva e non gestisce attività che prevedano l’emissione di fatture».
I bonifici? «Scambi personali con un ex collega»
Al centro dell’inchiesta ci sarebbero circa 46mila euro in bonifici che, secondo gli inquirenti, avrebbero avuto lo scopo di condizionare alcuni eurodeputati a firmare una lettera a favore di Huawei per chiedere l’apertura del mercato europeo del 5G.
Ma l’avvocato Giaccio precisa: «I bonifici a cui fanno riferimento gli atti sono stati ricevuti da Miguel Benoliel de Carvalho Wahnon Martens, ex collega portoghese dell’onorevole Martusciello e persona con cui Lucia Simeone ha un rapporto personale e di colleganza». Lo stesso legale sottolinea che anche la sua assistita ha effettuato piccoli bonifici all’uomo, da 400 o 500 euro, di natura privata.
Pronta a difendersi in Belgio
Durante l’udienza odierna, Lucia Simeone ha risposto a tutte le domande che le sono state rivolte. Il suo avvocato ha richiesto la concessione della libertà, ribadendo la disponibilità della sua assistita a difendersi in giudizio anche in Belgio, qualora venisse autorizzata l’estradizione.
«È pronta ad affrontare il processo, determinata a dimostrare la propria totale estraneità ai fatti contestati», ha concluso il penalista.
Sono sei gli istituti penitenziari italiani che accolgono le persone transgender, per una settantina di detenuti in totale. La loro situazione di “doppia difficoltà”, per la limitazione della libertà e l’appartenenza ad una particolare minoranza è sottolineata dal garante regionale per i detenuti in Emilia-Romagna Roberto Cavalieri che ha promosso per il 9 aprile, nella sede della Regione a Bologna, un convegno di approfondimento sul tema. Il focus sarà sulla sezione di Reggio Emilia dove, viene spiegato, istruzione, formazione professionale e accesso al lavoro, fondamentali per la rieducazione, non vengono garantiti: “Per queste persone si traduce in un vero e proprio isolamento, con la conseguenza della violazione di un diritto fondamentale”, secondo il garante. I dati più aggiornati sono nel rapporto sulle condizioni di detenzione curato di Antigone per il 2023, che conta 69 persone transgender in sezioni protette omogenee riservate, due collocate in una sezione promiscua nuovi giunti, una collocata in isolamento circondariale.
Gli istituti sono Rebibbia Nuovo Complesso (16 su una capienza di 30 posti), Como (11), Reggio Emilia (11), Napoli-Secondigliano (11, di cui 8 collocate nella sezione per persone transgender, su una capienza di 24 posti), Ivrea (7 su una capienza di 20 posti) e Belluno (16). “La scelta di gestire la collocazione in sezioni protette attraverso ‘circuiti’ (connotati dal carattere dell’informalità), anziché attraverso ‘regimi’ (che invece formalizzano la limitazione del diritto all’uguaglianza di accesso al trattamento), non si traduce, nella materialità della condizione detentiva, nel godimento del pieno diritto al trattamento, anzi, può rivelarsi di fatto come una condizione punitiva”, osserva Antigone. “L’essere percepiti e trattati come ‘eccezione’ dentro al carcere non va inteso in termini di opportunità di accedere a una condizione per vari aspetti privilegiata, bensì, al contrario, significa rischiare o sperimentare forme di pluri-stigmatizzazione ed emarginazione”, continua.
“Servirebbe attivare percorsi personalizzati che tengano conto di questa condizione particolare e che non trascurino l’aspetto del disagio psichico che queste persone spesso manifestano”, dice il garante Cavalieri. Nella sezione reggiana (attiva dal 2018), denominata Orione, “il problema riguarda l’offerta di servizi rientranti nel trattamento in carcere, decisamente più carente rispetto ai detenuti maschi”, spiega il garante. Inoltre, “nel caso dei transgender deve essere assicurata la fruizione delle terapie ormonali e della psicoterapia a supporto del percorso di transizione. Un aspetto che, però, non trova piena attuazione a Reggio Emilia, a causa della carenza in struttura di personale sanitario”.
L’innovazione e il progresso tecnologico legato all’intelligenza artificiale non possono spaventare un sommelier professionista. E’ il messaggio del produttore piemontese Angelo Gaja ai numerosi sommelier diplomati oggi durante il 44/o Forum della cultura dell’olio e del vino della Fondazione italiana Sommelier (Fis). “Un naso artificiale potrà forse distinguere – ha detto Gaja – la concentrazione di un vino. Ma c’è qualcos’altro che il naso artificiale non sarà mai capace di fare e che ha bisogno di voi a un certo punto per individuare quando un vino è elegante. L’eleganza di un vino è infatti un aspetto emozionale, non c’è una misurazione meccanica. Solo il soggetto umano ne è capace. Quindi non dobbiamo aver timore dell’intelligenza artificiale e del naso artificiale che arriverà perché la capacità suprema è sempre quello del soggetto che ne è capace”.