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Sky mette Lodo al posto di Asia a X Factor: si sarebbe portata a letto un 17enne americano. E la Juve si tiene CR7

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Alla fine la grande montagna Sky partorì il topolino. Troppo femmina, troppo carattere, troppo intelligente, troppo sensibile. Era troppo Asia Argento. E dunque è bastato un Bennet qualunque a dare il là per mandarla via. È come se La Juventus oggi chiamasse Cristiano Ronaldo e gli dicesse “ciao caro CR7, tornatene a Madrid o Madeira o dove ti pare perchè noi non possiamo avere in squadra uno che va in giro a violentare le donne a Las Vegas”. E invece la Juventus è una società per azioni che rispetta le leggi italiane, dunque segue il codice penale italiano e non il codice estetico.

La grande sceneggiata. Asia Argento deve difendersi dalle accuse di averlo violentato di Jimmy Bennett

Asia sarà sostituita da Lodo Guenzi, front man dello Stato Sociale. Nel toto sostituzione di Asia, colpevole di essere accusata da un ragazzo americano di aver fatto sesso con lui quando aveva 17 anni e di averlo già pagato un bel po’ di soldi per farlo tacere (che fosse ricattata perchè famosa?), quello di Lodo era il nome più gettonato. È pure bello il nome, Lodo. Come Dodo, Lodo, come Bobo. È figo, a Sky piacciono questi nomi international. Nel frullatore mediatico era stato calato da chi a Sky cercava il sostituto della giudice Asia, rivelatasi essere molto brava. Come e perché Lodo abbia accettato, alla fine lo scrive lui stesso, su Instagram. E indovinate chi è stato determinante nel fargli dire sì? Marco Castoldi, in arte Morgan. Già giudice a XFactor, già marito di Asia. Eh già, diceva Vasco Rossi.

Cristiano Ronaldo e Khatryn Mayorga. Ballano in discoteca prima della notte di sesso (o violenza carnale come dice lei)

“Quello come giudice è l’unico provino che avrei potuto passare ad x factor. A 22 anni ho visto Morgan in tv rispondere a una ragazza che rifiutava un giudizio negativo sostenendo di saper cantare. Lui rispose: vedi, tu canti meglio di Lou Reed… ma io preferisco Lou Reed. Credo di essermi appassionato di musica in quel momento, e credo che quello sia il motivo per cui alla fine ho passato sei anni sui palchi. L’idea che ci siano tante strade per far arrivare la propria voce, bella o brutta, al cuore della gente mi fa sentire libero. X factor è una strada molto veloce, molto pericolosa ma molto illuminata, attraversata da ragazzi che hanno grande talento e la P da neopatentati al vetro. Spero li aiuti avere accanto uno che alle autostrade ci è arrivato dopo provinciali, statali e sentieri sconosciuti. Che poi nella realtà io non ho la patente, ma mi piaceva la metafora.
Da sempre la nostra vocazione è portare un’alterità nel sistema, non fare gli eremiti che parlano solo “a chi se lo merita”. Dai baretti ai palasport, dalle radio locali a Sanremo, se sai chi sei puoi andare ovunque. Senza smettere di indagare i paradossi che il voler parlare liberamente ma al contempo a tanta gente porta con sè, come quando scrissi tre anni fa nasci rockstar muori giudice a un talent show. È uno dei miei pezzi preferiti e non se l’è cagato nessuno, ora spero diventi un po’ più famoso.
Credo che Asia sia stata bravissima e ho la fortuna di ereditare una squadra splendida scelta da lei, e qualsiasi cosa succeda di buono rimarrà fondamentalmente merito suo.
Il grazie più grande va ad albi, bebo, carota e Checco, la mia band, i miei amici, che anche in questo caso mi hanno sostenuto. Si comincia, siate con me. Sarà bello”.

Insomma si riparte. Col nuovo giudice. Che è bravo. Sufficientemente integrabile nel baraccone della moralità da codice etico/estetico italico.  Ah, dimenticavamo una piccola cosa: non proprio una robetta per il mondo dei lustrini e delle paillettes. Asia Argento (che non ha il dono della simpatia) non è stata licenziata, è stata costretta ad andarsene. Infine, ma non per ultimo, Asia Argento non è stata condannata per violenza carnale o sessuale su un bambino, ma è accusata da un ragazzo di 17 anni di esserselo portato a letto quando aveva 17 anni. Sono accuse, non  è una sentenza. Per la precisione.

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Cronache

Superbonus, maxi truffa miliardaria: indagati tra Avellino, Salerno, Milano, Torino e altre città

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Una rete di truffatori che, utilizzando prevalentemente prestanome, tra cui senza fissa dimora, percettori di reddito di cittadinanza, persone decedute o con precedenti penali, aveva creato un numero imprecisato di imprese inesistenti per riscuotere crediti di imposta fittizi per “Ecobonus” e “Bonus Facciate” per 1,7 miliardi di euro. A fare luce sulla truffa è stata la Guardia di Finanza di Avellino e di Napoli, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura di Avellino. Si tratta del sequestro di crediti d’imposta più alto di sempre e che ha portato a perquisizioni nelle province di Napoli, Avellino, Salerno, Milano, Lodi, Torino, Pisa, Modena e Ferrara nei confronti di 21 indagati per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato. “Non si può parlare di imprenditori, dato che le società esistevano soltanto sulla carta e in qualche caso erano da tempo non operative”, sottolinea il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Avellino, Salvatore Minale, che insieme alle Fiamme Gialle di Napoli, ha disarticolato l’organizzazione che nel corso degli ultimi mesi e su base quotidiana ha inviato alla Agenzia delle Entrate un elevatissimo numero di comunicazioni di cessione del credito di imposta. Nei confronti degli indagati si ipotizzano i reati di associazione a delinquere, truffa, riciclaggio, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Gli investigatori escludono il loro collegamento con organizzazioni criminali, ma evidenziano la rodata ‘specializzazione’ raggiunta dagli indagati: in molti casi, le particelle catastali corrispondevano ad immobili inesistenti e a turno, gli stessi soggetti si scambiavano i ruoli di cedenti e cessionario dei crediti. Ad innescare l’indagine è stata un’analisi di rischio del Settore Contrasto Illeciti dell’Agenzia delle Entrate. Sono state inoltrate istanze anche per immobili inesistenti, senza fatture oppure riportanti importi “incoerenti”. In duemila casi, è stato accertato, i lavori si sarebbero dovuti realizzare addirittura in comuni inesistenti. I lavori dichiarati per i quali sono stati inoltrate richieste di bonus avrebbero avuto un costo di circa 2,8 miliardi di euro. I sequestri eseguiti oggi – uno preventivo emesso dal gip e un altro d’urgenza della Procura di Avellino – hanno di fatto impedito che i crediti possano essere utilizzati in compensazione o monetizzati presso gli intermediari finanziari. In corso anche indagini per verificare la posizione di una persona, residente in Irpinia ma non indagata, finita nell’operazione portata a termine stamattina dalla Guardia di Finanza di Asti che in diverse regioni, per gli stessi reati, ha portato al sequestro di 1,5 miliardi e all’emissione di un’ordinanze di custodia cautelare per dieci persone.

Gli sviluppi delle indagini hanno permesso di accertare un ammontare di crediti fittizi per circa 1,7 miliardi di euro, parte dei quali usati in compensazione.

Gli interventi edilizi dai quali sarebbero sorti i crediti (per un importo complessivo di lavori dichiarati di circa 2,8 miliardi di euro) erano riferibili a immobili inesistenti, con indicazione nelle comunicazioni di cessione, in oltre 2.000 casi, di comuni anch’essi inesistenti.

Contestualmente al sequestro sono in corso perquisizioni nelle province di Napoli, Avellino, Salerno, Milano, Lodi, Torino, Pisa, Modena e Ferrara nei confronti di 21 soggetti indagati per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato.

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Esteri

Rebus summit dopo il mandato d’arresto per lo zar

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 “Che fai, mi arresti?”. Il mandato di cattura spiccato dalla Corte Penale Internazionale (Cpi) ai danni di Vladimir Putin rischia di trasformarsi in un incubo diplomatico. Certo, tra i non aderenti allo Statuto di Roma – che regola il funzionamento e la giurisdizione della Corte – ci sono molti grandi del mondo. La Russia, ovviamente. Ma anche l’India, la Cina e gli Stati Uniti. Se si confronta però la lista dei firmatari ai vari format di dialogo multipolare nati da quando ha debuttato la Corte, ecco spuntare delle belle sorprese. Il primo a finire sulla graticola sarà il Sudafrica. Fa parte dei Brics – il club delle economie emergenti di fatto creato da un paper del 2001 di Goldman Sachs – e il prossimo agosto dovrà ospitare il summit annuale, a livello dei capi di Stato. In tempi di Covid la scappatoia sarebbe stata facile: Zoom e via. Ma ora che la pandemia è finita i vertici sono tornati in presenza. Il Sudafrica ha ratificato lo Statuto di Roma e, dunque, sarebbe chiamato ad eseguire l’arresto se lo zar dovesse mai decidere di sedersi al tavolo. Improbabile, ma chi lo sa. Oppure i colleghi gli faranno la cortesia di comparire in video (come del resto fa Volodymyr Zelensky, per motivi diametralmente opposti, dall’inizio della guerra). Un rompicapo, appunto. All’Aja spiegano che i mandati di arresto della Cpi sono “validi dal momento in cui vengono emessi”.

“Gli Stati firmatari dello Statuto di Roma hanno l’obbligo di cooperare con la Corte. In caso contrario la Corte può informare l’Assemblea degli Stati partner, che deciderà poi l’approccio migliore”, nota un portavoce. Nessuna sanzione automatica insomma. E non può che essere così. La strada poi di un appello al Consiglio di Sicurezza dell’Onu non è praticabile, dato che Mosca ha il veto. Come si diceva prima, però, neppure gli Usa hanno aderito alla Corte. Putin potrebbe quindi recarsi tranquillamente all’Assemblea Generale della Nazioni Unite, quando ci sarà la prossima plenaria, per una delle sue tirate contro “la fine del mondo unipolare”. Ma andiamo avanti. L’altro format di vero peso ormai è il G20. A Nuova Delhi, a settembre, lo zar potrà andare tranquillamente, se proprio vuole togliersi lo sfizio di vedere dal vivo la faccia degli altri 19 leader (a Bali, e non era ancora un latitante, sebbene imperiale, ci mandò comunque Lavrov). Già nel 2024 però si mette male: toccherà al Brasile e il Brasile sostiene l’Aja. Che farà Lula se Putin busserà al suo palazzo? Eppure la situazione più impossibile è quella del Tagikistan. L’ex repubblica sovietica è l’unico Paese dell’Asia Centrale, cortile di Mosca, ad aver ratificato lo Statuto di Roma. E fa parte di ogni singola associazione a trazione russa (o russo-cinese). S’inizia con il Trattato per la Sicurezza Collettiva e si passa dalla Comunità degli Stati Indipendenti: nel primo caso il summit del 2023 è previsto in Bielorussia, nel secondo in Kirghizistan. Non si sa cosa accadrà nel 2024 (una sola certezza: non toccherà al Tagikistan). Resta la Shanghai Cooperation Organization. Putin ha preso parte all’ultimo vertice, a Samarcanda, quando la presidenza toccava all’Uzbekistan. La regola vuole che si ruoti su base alfabetica (in cirillico) e per Dushanbe vale un vero e proprio colpo di fortuna: gli è toccata nel 2021, è a posto per altri otto anni.

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Esteri

Xi a Putin: guidiamo insieme cambiamenti epocali

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Pochi secondi per saldare l’unione d’intenti sino-russa su “un nuovo ordine mondiale” in opposizione all’Occidente a guida Usa. E’ martedì sera, la cena di stato al Cremlino si è conclusa e il presidente Vladimir Putin accompagna l’illustre ospite Xi Jinping lungo la scalinata verso la sua auto. “In questo momento ci sono cambiamenti che non si vedevano da 100 anni”, dice il presidente cinese tramite un interprete. “Sono d’accordo”, annuisce Putin, ricambiando con una stretta di mano. “Per favore, abbi cura di te, mio ;;caro amico”, aggiunge Xi. “Fai buon viaggio”, lo saluta lo zar con un sorriso stampato in volto. Un ultimo scambio di cortesie tra i due leader, ripreso dalle telecamere, che ha proiettato nuove ombre sulla guerra in Ucraina e sui presunti piani di pace.

Questa mattina, mentre Xi si preparava a lasciare Mosca, la Russia ha lanciato un’ondata di missili e droni armati in Ucraina, provocando danni e morti. La Cina aveva definito la missione a Mosca come “un viaggio per la pace”, ma di fatto si è presentata proponendo una nuova visione mandarina per se stessa e per il suo ruolo nel mondo: Pechino e i suoi amici non sono più obbligati a conformarsi all’ordine globale – sfidando gli Stati Uniti mentre cercano di plasmare un mondo diviso tra democrazie e autocrazie -, fino a ignorare il mandato d’arresto della Corte penale internazionale a carico di Putin per crimini di guerra. “La crisi ucraina e il peggioramento dei legami tra Russia e Occidente non incidono sullo sviluppo dei legami tra Cina e Russia e questo è un messaggio chiave inviato al mondo”, ha osservato un editoriale del Global Times, il tabloid del Quotidiano del Popolo. Un concetto corretto da Alexander Gabuev, uno dei principali osservatori russi della Cina – ora in esilio – del Carnegie Endowment for International Peace: “La pace in Ucraina – ha scritto su Twitter – è una foglia di fico per la dimostrazione di potere di Xi. L’ottica di una Russia come partner minore, senza opzioni oltre alla Cina, è enormemente vantaggiosa per Pechino che ritiene di essere in un confronto a lungo termine con gli Stati Uniti”.

Del resto, al XX Congresso del Partito comunista di ottobre che gli ha affidato un inedito terzo mandato alla segreteria generale, Xi ha promesso di fare della Cina il primo Paese al mondo per “forza nazionale” e “influenza internazionale” entro il 2049, anno del centenario della fondazione della Repubblica popolare. A differenza di quanto accaduto tra Arabia Saudita e Iran, il leader cinese non è in condizioni di mediare in una guerra tra parti pronte a trovare l’intesa. Pechino non è un attore neutrale: si è astenuta o ha votato contro all’Onu sulla condanna dell’aggressione di Mosca e ha spesso usato la terminologia russa per descrivere il conflitto, condannando “il bullismo” americano e l’espansione della Nato verso Est. Il documento per la soluzione politica di pace cinese, composto di 12 punti, del resto non dice nulla sul ritiro russo dall’Ucraina occupata. Se Xi proponesse un cessate il fuoco, i russi potrebbero fingere entusiasmo, sapendo che Kiev non accetterebbe l’idea. E anche per l’imperatore rosso la mossa sarebbe utile per presentare la Cina come un pacificatore pragmatico, interessato soprattutto al commercio e alla prosperità condivisa. L’America, al contrario, è ritratta come un guerrafondaio ideologico che divide il mondo in amici e nemici, determinato a preservare la propria egemonia: una narrazione che aiuta Pechino a conquistare il Sud del Mondo a discapito proprio degli americani.

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