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Scovato l’arsenal dei killer della camorra, c’erano anche pistole manomesse per sparare a raffica come un mitra

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I carabinieri della sezione operativa della Compagnia Vomero di Napoli, agli ordini del maggiore Luca Mercadante, hanno sequestrato 6 pistole nascoste sopra ad una tettoia di un condominio in via Liguria.
Si tratta di 2 revolver di cui uno con matricola abrasa, 3 semiautomatiche 2 delle quali con matricola abrasa e una quarta semiautomatica risultata provento di furto.

Tutte le armi avevano cartucce nel serbatoio ed erano pronte all’uso ed erano ben pulite. Forse erano state occultate in  attesa di essere utilizzate. Probabilmente da un commando di killer. A due delle pistole semiautomatiche, inoltre, era stato inserito un caricatore più lungo e capiente così che invece di 15 colpi avrebbero potuto spararne 25. Una capacità di fuoco che certo non serve a intimidire possibili soggetti da sottoporre ad estorsione bensì da usare in caso di guerra di camorra. Parliamo, in senso stretto, di armi da usare per uccidere o comunque per difendersi in caso di agguato.
Le armi sono state sequestrate in attesa di essere sottoposte agli accertamenti dattiloscopici e balistici dai tecnici del Ra.c.i.s. di Roma, gli esperti del RAggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche.

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Autonomia, da 5 Regioni progressiste sì al referendum

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Con il via libera della Puglia prende forma il quadro dei cinque consigli regionali necessari per richiedere il referendum contro l’autonomia differenziata. In base all’articolo 75 della Costituzione il referendum abrogativo può essere chiesto da 500mila cittadini oppure da cinque Consigli regionali. Un obiettivo, quest’ultimo, ora centrato. L’iter innescato dalle cinque Regioni a guida progressista era partito l’8 luglio scorso con il sì della Campania. Erano seguiti poi il disco verde dei consigli regionali di Emilia Romagna, Toscana e Sardegna. E stasera è arrivato il via libera anche della Puglia. Una sfida vinta dal campo largo a livello locale che innesca la richiesta di referendum abrogativo per la legge nazionale 86 sull’autonomia differenziata, voluta dalla Lega.

Il consiglio regionale della Puglia ha votato a favore, nonostante il parere contrario espresso nei giorni scorsi dalla commissione regionale sulle Riforme. Tutte le regioni progressiste hanno approvato gli stessi provvedimenti: il quesito che intende abolire interamente la norma e l’altro per la modifica parziale. Eletti anche i due delegati, figure previste dall’articolo 75 della Costituzione, che presenteranno, insieme a quelli delle altre regioni, i quesiti alla Corte costituzionale. “Non prendiamo una decisione per consolidare le bandiere ma per far prevalere la ragione, con l’obiettivo di ricreare uno spirito di difesa dell’unità d’Italia”, aveva detto il governatore Vincenzo De Luca quando l’Aula della Campania ha detto sì con il voto del centrosinistra, compreso il M5s (che è all’opposizione della Giunta e per “senso di responsabilità” ha ritirato i suoi emendamenti) e di alcuni consiglieri di Azione, che invece a livello nazionale con Calenda si è dissociata dalla campagna referendaria.

Il governatore pugliese Michele Emiliano, in quei giorni, ribadiva che l’autonomia differenziata “per come l’ha definita Calderoli è una guerra di tutti contro tutti”. E stasera, dopo un lungo dibattito, c’è stato il via libera nel Consiglio regionale pugliese. “Anche la Regione Puglia ha votato la richiesta per il referendum abrogativo della legge Calderoli. E’ stata una lunga giornata, conclusa con l’unica decisione che guarda a rafforzare l’Unità nazionale, e combattere questo progetto divisivo messo in campo dalle Destre che governano l’Italia”, ha commentato la consigliera regionale e vicesegretaria del Pd Puglia, Lucia Parchitelli.

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Cronache

Mattel lancia la prima Barbie non vedente

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All’insegna dell’inclusione, una bambola cieca entra per la prima volta nell’universo di Barbie: 60 anni dopo il debutto della Barbie originale nei negozi di giocattoli e un anno dopo il film campione di incassi con Margot Robbie e Ryan Gosling, la Mattel ha prodotto la sua prima bambola non vedente. Il colosso del giocattolo ha spiegato che la nuova Barbie, disponibile sia nei negozi che per l’acquisto online, è stata creata per far sentire bambini e bambine non vedenti o con gravi problemi di vista più rappresentati nella società.

“Siamo tutti consapevoli che Barbie è molto di più di una bambola: rappresenta un modo di esprimersi e può creare un senso di appartenenza per chi ci gioca”, ha commentato Krista Berger, vice presidente di Barbie e responsabile globale per le bambole. L’azienda di El Segundo, su cui nelle ultime ore ha messo addosso gli occhi il fondo di private equity L Catterton sostenuto da Lvmh, ha collaborato con la American Foundation for the Blind per assicurare che tutto, dagli abiti che indossa agli occhi della bambola, raffiguri accuratamente una ragazza non vedente.

La Barbie ha in mano un bastone bianco e rosso e rivolge lo sguardo leggermente verso l’alto “in modo da rappresentare accuratamente quello di un individuo non vedente”, spiega la Mattel. Dopo aver condotto test su bambine che non vedono o con gravi problemi di vista, l’azienda ha poi deciso di vestire la Barbie con abiti confezionati con stoffa dalla consistenza tattile. Dettagli come la vita con l’elastico della gonna di tulle viola sono stati aggiunti per rendere più facile alle bambine vestire e svestire la bambola. Anche la confezione è all’insegna dell’accessibilità, con la parola Barbie scritta sulla scatola in caratteri Braille.

La Barbie non è la prima rivolta a un pubblico di bambini con disabilità: del 2019 sono le bambole in sedia a rotelle o con una protesi alla gamba, mentre due anni fa è uscita la prima Barbie con l’apparecchio acustico accompagnata nello stesso anno da un Ken con la vitiligine. Quest’anno poi, assieme a una Barbie cieca, la Mattel si è associata con la National Down Syndrome Society per lanciare la prima bambola nera con la sindrome di Down che si è aggiunta a una versione dall’incarnato bianco uscita nel 2023.

Le bambole sono parte della linea Fashionistas lanciata originariamente nel 2009 con una piccola selezione di diversi tipi anatomici e colori della pelle. Nel 2019 la collana si è allargata a includere 176 bambole con nove differenti tipi di figura, 35 sfumature di colore e 94 stili di capelli.

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Cronache

La tragedia di Martina Guzzi, prima vittima italiana degli airbag difettosi di Takata

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Martina Guzzi, 24 anni, era una studentessa di Lettere piena di sogni e progetti per il futuro. Il 28 maggio, la sua vita è stata tragicamente interrotta in un incidente stradale, ma ora emergono nuove verità inquietanti sulle cause della sua morte.

Secondo la relazione preliminare dei consulenti della procura di Catanzaro, la dottoressa Isabella Aquila e l’ingegner Roberto Arcadia, non è stato l’incidente frontale a causare la morte di Martina, ma un malfunzionamento del sistema di detonazione dell’airbag. L’airbag, prodotto dalla ormai fallita casa costruttrice giapponese Takata, ha proiettato ad alta energia cinetica un corpo metallico, con modalità e lesività assimilabili a una ferita d’arma da fuoco.

Takata è stata al centro di uno dei più grandi scandali nella storia dell’automobile, con milioni di airbag difettosi installati in veicoli di numerose case automobilistiche in tutto il mondo. Negli Stati Uniti, il malfunzionamento di questi dispositivi ha causato oltre 400 feriti e 27 morti, e sono stati sostituiti circa 45 milioni di airbag. In Giappone, si stima che nel mondo le auto coinvolte siano circa 100 milioni.

Martina guidava una Citroën C3 il giorno dell’incidente, una delle auto soggette a richiamo per gli airbag difettosi. Il suo ragazzo, proprietario dell’auto, aveva ricevuto una lettera di richiamo e aveva contattato la casa automobilistica per eseguire le verifiche necessarie e sostituire l’airbag. Tuttavia, non aveva ricevuto risposta.

Il 28 maggio, Martina stava andando in palestra quando l’incidente è avvenuto. Sua madre Concetta la ricorda sorridente mentre la salutava. Pochi minuti dopo, Martina è morta, non a causa dello schianto con un’altra auto che aveva invaso la sua corsia, ma per l’airbag difettoso che è esploso, proiettando un corpo metallico che l’ha uccisa.

Il caso di Martina Guzzi è il primo in Italia a essere ufficialmente collegato agli airbag mortali di Takata, aprendo un nuovo fronte di decessi nel paese. Finora, si contano anche una quindicina di feriti in Italia a causa di questi dispositivi difettosi.

Il sostituto procuratore Saverio Sapia sta portando avanti le indagini, e Andrea Rubini, che tutela i diritti della famiglia Guzzi con la sua Gesigroup, ha sottolineato la mancanza di risposta da parte della casa automobilistica.

Questa tragedia non solo sottolinea l’importanza di rispondere prontamente ai richiami di sicurezza da parte delle case automobilistiche, ma mette anche in luce la necessità di una maggiore vigilanza e controllo sui componenti critici per la sicurezza dei veicoli.

Martina Guzzi non potrà mai realizzare i suoi sogni, ma la sua storia potrebbe contribuire a salvare altre vite, spingendo le autorità e le case automobilistiche a prendere misure più rigorose per garantire la sicurezza dei loro veicoli.

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