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Scontro Meloni-Conte su Mes, Fontana scioglie Gran Giuri

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Il Giurì d’onore chiesto dal leader M5S Giuseppe Conte perché si pronunciasse sulla contesa sorta tra lui e la premier Giorgia Meloni a proposito del Mes, non esiste più. Il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, decide di scioglierlo su richiesta dello stesso Conte. E la storia, cominciata con le dimissioni a sorpresa dei due commissari delle opposizioni, Stefano Vaccari (Pd) e Filiberto Zaratti (Avs), diventa l’ennesima occasione di scontro tra maggioranza e centrosinistra. O, più esattamente, tra il vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè (FI), che presiedeva il Giurì e Giuseppe Conte. Il leader 5 stelle, subito dopo le dimissioni di Zaratti e Vaccari, chiede a Fontana di sciogliere la Commissione perché, alla luce di quanto detto dai due commissari, sarebbero “venuti a mancare i presupposti di terzietà”, così come “la possibilità di pervenire a una ricostruzione imparziale”. E Fontana, siccome era stato proprio Conte a chiedere il Giurì, lo scioglie, con una nota letta in Aula dalla vicepresidente, Anna Ascani, in cui Fontana dichiara di prendere “atto del ritiro dell’istanza da parte del deputato Conte”. Una decisione, si precisa, presa “senza entrare nel merito delle considerazioni espresse” dal deputato.

Però Mulè, che Fontana incontra prima di sciogliere il giurì ringraziandolo per “l’accuratezza e la precisione del lavoro svolto” e per “la perfetta aderenza al regolamento della Camera della procedura seguita per giungere alla relazione finale”, non ci sta. L’accusa di “parzialità” e di “assenza di terzietà” non gli va giù. Così convoca una conferenza stampa per fornire la sua versione dei fatti. Prima di tutto rivendica di aver rispettato norme e regolamenti alla lettera e di essere stato “un arbitro imparziale” e poi assicura che “non c’è stato alcun voto” sulla Relazione che si stava mettendo a punto e che la presa di posizione di Vaccari e Zaratti non si capisce da cosa sia nata visto che sino “alla riunione del giorno prima l’unica cosa raggiunta tra tutti i commissari era l’unanimità”. Ma poi passa all’attacco e accusa Conte di aver “oltraggiato l’istituzione del Gran Giurì”. “E’ privo di ogni fondamento il passaggio” contenuto anche nelle lettere dei dimissionari “in cui si dice che eravamo pronti a dare ragione alla Meloni”, aggiunge l’esponente di FI ricordando come “nessuno di loro abbia mai sollevato dubbi e critiche” o “proposto relazioni di minoranza”.

Quindi, si abbandona alla metafora calcistica dicendo che Zaratti e Vaccari hanno “abbandonato il campo” e che Conte “è scappato via con il pallone”. Tutte osservazioni che scatenano la reazione di Conte che a sua volta convoca la stampa per dire che con il Giurì “si voleva far vincere facile la Meloni” e che lui il pallone non può averlo portato via perché non l’ha mai avuto. Ringrazia Fontana e attacca a sua volta Mulè osservando come non abbia mai “mostrato lo scorcio di un’autocritica” e di come “sia stato lasciato solo dai suoi stessi commissari”. Il botta e risposta non si placa e Mulè reagisce con un’altra frase ad effetto: “Usare il Presidente Fontana come ‘scudo’ per continuare a sostenere tesi che fanno a pugni con la realtà, non fa onore all’onorevole Conte. Sciolto il Giurì si è liquefatto l’onore”.

E mentre la deputata 5 Stelle Vittoria Baldino evoca la possibilità di un altro Giurì per stabilire chi avesse ragione tra Conte e Meloni sul Mes, nel centrodestra si alza un coro di critiche verso l’ex premier. “Conte getta discredito sul Giurì” dice il capogruppo di FdI alla Camera Tommaso Foti. Mentre di “vilipendio su un’ istituzione imparziale” parla un altro componente del Giurì, Fabrizio Cecchetti. Conte “fa l’ennesima figuraccia”, assicura Augusta Montaruli (FdI). “Il teatrino messo in piedi dalle opposizioni – commenta l’altro commissario Alessandro Colucci – offende il Parlamento”. “Conte scappa e conferma la sua doppiezza”, osserva il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. Il tutto mentre Zaratti e Vaccari difendono la scelta di lasciare il Giurì (“Volevano far vincere Meloni”) e plaudono alla decisione di Fontana di scioglierlo.

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Economia

Il futuro può attendere, la surreale festa scudetto Inter

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Una bandiera cinese che sventola sugli spalti, uno striscione “grazie Steven” con i trofei vinti da Zhang come presidente. Se non fosse stato per la bandiera e lo striscione, nessuno o quasi avrebbe pensato alla situazione legata alla proprietà dell’Inter, con Suning che rischi di vedersi sfilare il club dalle mani se non ripagherà entro martedì un prestito da circa 385 milioni di euro (interessi compresi) che Oaktree aveva garantito nel maggio 2021 per la gestione del club nerazzurro. Una situazione quasi surreale, ma d’altronde era troppo grande la voglia di continuare a celebrare il trionfo il campionato per pensare a cose che avvengono decisamente lontane dal campo.

Così per un altro pomeriggio tutta la famiglia interista ha pensato solo a festeggiare quel ventesimo scudetto vinto matematicamente in casa dei cugini rossoneri, ma che stasera ha avuto anche quel senso di celebrazione ufficiale con la consegna della coppa di Campioni d’Italia davanti ai 70mila di San Siro. Un pomeriggio di festa come gli altri, quindi, fin dal pre-partita, con Lautaro e compagni accolti da una marea nerazzurra all’arrivo in pullman, tra cori, bandiere e fumogeni. Anche le semplici chiacchiere tra tifosi erano incentrate su altro, il tema mercato e i rinnovi, la partita con la Lazio, la situazione delle concorrenti, i risultati delle partite delle 15 per la lotta salvezza (con qualche sfottò anche verso il Sassuolo, retrocesso matematicamente).

La situazione Suning è rimasta così di fatto fuori da San Siro, ben lontana, perché dentro il Meazza ha pensato solo alla festa e alla partita. Con celebrazioni anche per i protagonisti della prima stella nerazzurra nella stagione 1965/66 da Mazzola a Bedin. Poi la grande coreografia tricolore su tutti gli spalti, Qualche mugugno per il gol del vantaggio biancoceleste segnato da Kamada, poi la delusione per le occasioni sprecate e le parate di Paradel, fino alla esplosione per il colpo di testa di Dumfries per l’1-1 finale. Un pari che non consentirà ai nerazzurri di puntare al record di punti della propria storia in campionato (visto che al massimo vincendo la gara con il Verona all’ultima giornata potranno arrivare a 96, rispetto ai 97 del 2006/07), ma che ha permesso comunque all’Inter di celebrare adeguatamente con la coppa in mano.

Al fischio finale infatti è comparso rapidamente il palco dove il presidente della Lega Serie A Lorenzo Casini e l’amministratore delegato di Tim Pietro Labriola hanno consegnato a uno a uno la medaglia ai calciatori nerazzurri e al tecnico Inzaghi. Da Sommer a Thuram, ovazione per tutti fino all’arrivo di Lautaro Martinez, che ha ricevuto la coppa alzandola al cielo tra i fuochi d’artificio e l’ovazione del Meazza. E poi la festa con le famiglie in campo (tra cui anche il padre di Thuram, l’ex juventino Lilian, con la maglia nerazzurra), con i bambini dei giocatori a trasformarsi chi in capo ultras chi in copie dei rispettivi padri facendo correre qualche pallone sul prato di San Siro. Fino al concerto di Ligabue e Tananai, cuori nerazzurri capaci ancora di far continuare i festeggiamenti. Il futuro può attendere per il popolo interista: oggi contava più celebrare la seconda stella.

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Calcio, se la Fiorentina vince la Conference nove squadre italiane in Europa

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La stagione 2024-25 potrebbe essere un anno storico per i club italiani nelle competizioni europee. Molto dipenderà dai risultati del finale di stagione, sia in Serie A sia nelle competizioni europee, come l’Europa League e la Conference League.

L’Italia potrebbe avere infatti fino a nove squadre nelle coppe europee, con cinque o sei partecipanti alla Champions League. La situazione più favorevole si verificherebbe se la Fiorentina vincesse la finale di Conference League e terminasse il campionato dall’ottavo posto in giù. In questo scenario, l’Italia avrebbe ben nove squadre nelle competizioni europee per la stagione successiva.

Tuttavia, i risultati di Atalanta e Roma in Europa League saranno cruciali per determinare il numero di squadre italiane in Champions League.

Super Champions a 36 Squadre
La prossima stagione vedrà l’introduzione della nuova super Champions League a 36 squadre. L’Italia potrebbe partecipare con sei squadre, a condizione che una tra Atalanta e Roma vinca l’Europa League senza qualificarsi tra le prime quattro in Serie A. Se questa condizione si avverasse, e con la Fiorentina vincitrice in Conference League, la ripartizione sarebbe:

Sei squadre in Champions League
Due in Europa League
Una in Conference League
Con l’attuale classifica della Serie A, le squadre qualificate per la Champions League sarebbero: Inter, Milan, Juventus, Bologna, Atalanta e Roma. Lazio e Fiorentina andrebbero in Europa League, mentre il Napoli giocherebbe in Conference League.

Ma ci sono anche altri scenari possibili.  Se una squadra italiana dovesse vincere l’Europa League e la Fiorentina perdesse la finale di Conference League, la ripartizione sarebbe di sei squadre in Champions League, una in Europa League e una in Conference League, con la Fiorentina fuori dalle competizioni europee.

Se solo la Fiorentina dovesse vincere la Conference League, senza altri successi italiani in Europa League, la ripartizione sarebbe di cinque squadre in Champions League, tre in Europa League e una in Conference League.

La stagione 2024-25 ha il potenziale per essere memorabile per il calcio italiano nelle competizioni europee. I risultati delle prossime settimane saranno determinanti per definire il numero di squadre italiane in Champions League, Europa League e Conference League. I tifosi italiani possono sperare in un finale di stagione ricco di successi che potrebbe portare a una partecipazione record nelle coppe europee.

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Esteri

Fico fuori pericolo, non esclusa più la pista del gruppo

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Non è più in pericolo di vita il premier slovacco Robert Fico, colpito mercoledì scorso dai proiettili di Juraj Cintula, il 71enne da ieri in custodia cautelare. Ma le indagini mostrano uno scenario più complesso di quanto si fosse ritenuto fino ad ora: a colpire infatti potrebbe non essere stato un “lupo solitario” e adesso si segue anche la pista di un “gruppo” dietro il tentato omicidio di mercoledì scorso. A riferire di questa ipotesi è stato il governo in una conferenza stampa a Bratislava, nella quale si è annunciata un’energica stretta sulla sicurezza. L’elemento che avrebbe fatto virare gli inquirenti è la circostanza che, due ore dopo l’aggressione, l’intera comunicazione di Cintola su Facebook fosse stata cancellata. “E non è stato né lui, né sua moglie”, ha scandito il ministro dell’Interno, Matus Sutaj Estock, davanti ai giornalisti. Si lavora dunque sull’ipotesi che l’attentatore si muovesse in un gruppo di persone, che si incitavano reciprocamente a commettere l’agguato.

“Dobbiamo salvare la democrazia slovacca”, ha esordito il ministro della Difesa Robert Kalinak, che regge l’esecutivo populista ad interim. Mentre per il collega Estock, “la Slovacchia è ferita perché quello che è accaduto è un attacco alla democrazia. Siamo qui per un messaggio chiaro: il governo fa di tutto per garantire la sicurezza al Paese”. “La polizia e le forze di sicurezza devono essere pronti a proteggere la gente. Tutti gli agenti sono nelle strade e vengono monitorati centri commerciali, esponenti costituzionali, politici che hanno ricevuto minacce di morte”, ha spiegato. “Saranno monitorate redazioni e televisioni, edifici importanti e internet”. Inoltre è stata rafforzata la sorveglianza degli ospedali, dal momento che, secondo i Servizi, ci sono minacce analoghe a quelle che di recente hanno colpito le scuole: “prima dell’attentato erano state circa 1000 le minacce bombe negli istituti scolastici slovacchi”.

“La paura di un attacco sistematico complica le cose”, ha aggiunto Kalinak. E a un cronista che ha chiesto se ci siano in vista modifiche legislative ha risposto: “ne parlerei se le avessi già delineate”. Intanto all’ospedale Roosevelt di Banska Bystrica, i medici sono finalmente apparsi sollevati, anche se non prevedono di trasportare il primo ministro a Bratislava. “Siamo tutti un po’ più tranquilli”, aveva detto in mattinata Kalinak, commentando il bollettino medico di Fico, che è anche uno dei suoi più cari amici. “Il primo ministro è uscito dall’ombra di un pericolo imminente per la sua vita, ma le condizioni restano gravi e richiedono ancora cure mediche intensive”. “Le complicazioni sono state evitate e le condizioni sono stabili, ma potrebbero cambiare domani. Anche se noi tutti crediamo che la sua costituzione fisica sia abbastanza forte da credere ogni giorno nella sua guarigione. La convalescenza richiederà almeno parecchie settimane”.

Il leader populista era stato colpito da 4 dei 5 colpi esplosi, e aveva riportato ferite al petto e alla pancia. La prognosi è positiva da ieri. Non migliora invece il clima politico: se il governo ha rinnovato l’appello alla distensione, Estock ha ribadito a muso duro di non voler partecipare alla tavola rotonda dei partiti proposta dal presidente designato Peter Pellegrini e dalla uscente Caputova. “Eravamo pronti a sederci, ma per far questo di parti ce ne vogliono due. Avete sentito cosa ha detto Igor Matovic”, ex premier del partito Slovensko. “Ha accusato me, ministro dell’Interno di aver organizzato l’attentato al premier ha sbottato -. Non mi sembra pronto a dialogare con noi”.

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