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Cronache

Raid ultras Stella Rossa contro i romanisti, 2 feriti 

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Un’imboscata vicino allo stadio Olimpico con due romanisti feriti e il saccheggio delle storiche bandiere e degli striscioni dei Fedayn, uno dei gruppi più antichi del tifo giallorosso. Stavolta la miccia del tifo violento la accendono alcuni supporter della Stella Rossa di Belgrado, autori del raid anche se, secondo chi indaga, dietro l’agguato non si può escludere ci sia la vendetta degli ultras del Napoli. Solo alcune settimane fa il Viminale aveva condannato gli scontri tra giallorossi e partenopei avvenuti l’8 gennaio sulla A1 nei pressi dell’autogrill Badia al Pino, tanto da vietare le trasferte alle due tifoserie fino al prossimo 15 marzo: da qui il sospetto – al momento senza conferme – di una ritorsione trasversale contro i giallorossi da parte degli ultras partenopei, gemellati con i tifosi della Stella Rossa. Questi ultimi sono entrati in azione nella capitale a piazza Mancini, a due passi dallo stadio dopo la partita Roma-Empoli di venerdì 4 febbraio. Intorno alle 20.30, vestiti interamente di nero, hanno sorpreso con spranghe e bastoni gli ultras giallorossi del gruppo Fedayn, sottraendogli bandiere e striscioni.

Il raid ha provocato due feriti: uno è stato medicato con un taglio alla testa ed un altro ha riportato un’ematoma celebrale, ma per fortuna al momento dei soccorsi entrambi non apparivano in gravi condizioni. Gli autori dell’agguato, che si sono poi subito dileguati, potrebbero far parte dello stesso gruppo di serbi venuto a Milano giovedì scorso per la partita di basket Olimpia Milano-Stella Rossa Belgrado. “30-40 supporter della Stella Rossa hanno attaccato 50-60 romanisti. I Fedayn hanno tentato di scappare per due o tre volte, ma li abbiamo raggiunti e accerchiati, portando via tanti striscioni”, hanno poi annunciato i tifosi di Belgrado su uno dei loro profili twitter postando anche un video.

Nel filmato, che ha fatto il giro di varie chat e gruppi whatsapp, le immagini mostrano la fuga dei supporter serbi, con i romanisti che si compattano cercando di rintracciare gli aggressori e recuperare la refurtiva tra i viali con le auto parcheggiate: “Daje, ammazziamoli” e “Ma chi c… sono?”, si sente urlare. La polizia al momento indaga senza escludere una serie di ipotesi e quindi anche per verificare eventuali connessioni tra i tifosi di Belgrado e quelli del Napoli, gemellati da anni con i supporter della squadra serba. Secondo le prime testimonianze dei tifosi aggrediti, sul luogo dell’aggressione non sarebbero stati presenti dei partenopei, un fatto che al momento ancora non esclude la possibile regia e il coinvolgimento di frange napoletane del tifo violento. Forse le stesse che l’8 gennaio si erano scontrate con i tifosi giallorossi annunciando vendetta. E adesso sale il timore che l’escalation della rivalità tra le due fazioni, troppo spesso sfociata in disordini, non sia affatto conclusa. Anche perché l’attacco non ha lasciato indifferente il mondo ultras giallorosso: lo storico gruppo dei Fedayn, fondato oltre 50 anni fa, è stato uno dei primi ad aver assunto il ruolo di leader nella Curva Sud dell’Olimpico.  

 

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Cronache

“Cecchini del weekend”, la Procura di Milano indaga su presunti documenti del Sismi: viaggi dell’orrore partiti da Trieste per uccidere a Sarajevo

La Procura di Milano indaga sui “cecchini del weekend” che pagavano per uccidere nella Sarajevo assediata. Si cercano documenti del Sismi che avrebbe fermato i viaggi partiti da Trieste nel 1994.

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La Procura di Milano sta indagando sul caso dei cosiddetti “cecchini del weekend”, cittadini occidentali che, durante la guerra in Bosnia tra il 1992 e il 1996, avrebbero pagato per andare a uccidere civili a Sarajevo. L’obiettivo dei magistrati è ora verificare l’esistenza di documenti del Sismi, l’ex servizio segreto militare italiano (oggi Aisi), che all’epoca avrebbe avuto conoscenza di questi viaggi e sarebbe intervenuto per bloccarli.

Il racconto dell’ex agente bosniaco

L’inchiesta nasce da un esposto dello scrittore Ezio Gavazzeni, assistito dagli avvocati Nicola Brigida e Guido Salvini, nel quale è riportata la testimonianza di un ex agente dell’intelligence bosniaca.
Secondo quanto riferito, all’inizio del 1994 i servizi bosniaci avrebbero informato il Sismi che gruppi di “tiratori turistici”, anche italiani, partivano da Trieste per partecipare a un “safari” umano contro la popolazione civile di Sarajevo.
L’ex 007 ha sostenuto che il Sismi avrebbe poi interrotto quelle missioni, rispondendo nel giro di pochi mesi che “il safari parte da Trieste, l’abbiamo scoperto e interrotto”.

Le verifiche su possibili documenti segreti

Secondo la testimonianza, potrebbero esistere carte che documentano le interlocuzioni tra servizi bosniaci e italiani, con tanto di identificazioni dei presunti assassini.
Gli inquirenti, coordinati dal procuratore Marcello Viola e dal pm Alessandro Gobbis, insieme al Ros dei Carabinieri, stanno ora cercando di rintracciare quei documenti.
Se trovati, saranno acquisiti formalmente. Nei prossimi giorni dovrebbero inoltre iniziare le audizioni dei primi testimoni, tra cui proprio l’ex agente bosniaco e altri citati nell’esposto.

Le testimonianze e il documentario “Sarajevo Safari”

L’indagine si intreccia con le denunce presentate dall’ex sindaca di Sarajevo, Benjamina Karic, che indicavano almeno cinque persone coinvolte, emerse anche nel documentario “Sarajevo Safari” del regista sloveno Miran Zupancic, uscito nel 2022.
Tra i testimoni figura anche un anonimo ufficiale dei servizi segreti sloveni, secondo cui “per sparare a un bambino con un fucile di precisione veniva pagato un compenso più alto”.

Un’ombra sulla guerra in Bosnia

Le indagini, che comprendono anche l’acquisizione di atti del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia, puntano ora a chiarire se davvero ci fu un traffico di turisti-assassini partiti dall’Italia per partecipare ai crimini di guerra durante l’assedio di Sarajevo.
Gli investigatori lavorano su una pista delicata, che intreccia intelligence, orrore e responsabilità storiche, e che potrebbe portare alla luce una delle pagine più oscure e inimmaginabili del conflitto balcanico.

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Cronache

Aurore boreali visibili in Italia: la tempesta solare G4 illumina i cieli e minaccia le comunicazioni

Aurore boreali eccezionali visibili anche in Italia per una tempesta geomagnetica di classe G4. Spettacolo nei cieli ma possibili disagi a satelliti, reti elettriche e comunicazioni.

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Uno spettacolo raro e affascinante ha colorato i cieli italiani: le aurore boreali sono tornate visibili anche a latitudini insolitamente basse, grazie a una tempesta geomagnetica di classe G4, la penultima per intensità nella scala che arriva fino a G5. Il fenomeno, iniziato nella notte tra l’11 e il 12 novembre, è tuttora in corso e potrebbe intensificarsi nelle prossime ore.

Un evento straordinario anche per l’Italia

Le prime luci danzanti sono comparse lungo l’arco alpino, ma secondo Mirko Piersanti, professore all’Università dell’Aquila ed esperto di meteorologia spaziale, questa notte potrebbero essere visibili anche in altre zone d’Italia. “La tempesta potrebbe essere molto intensa, è assolutamente probabile che le aurore saranno visibili non solo al Nord”, ha spiegato lo studioso.

L’origine del fenomeno

Le aurore boreali si formano quando le particelle cariche del vento solare interagiscono con il campo magnetico terrestre. Normalmente, queste particelle vengono deviate verso i poli, dove eccitano le molecole dell’atmosfera, generando le tipiche scie luminose.
Durante le tempeste solari, tuttavia, la quantità di particelle è così elevata da penetrare più in profondità, rendendo il fenomeno visibile anche in regioni lontane dai poli.

Rischi per infrastrutture e comunicazioni

Una tempesta geomagnetica di classe G4 non porta solo bellezza nei cieli, ma anche rischi per le reti elettriche e i sistemi di comunicazione.
Secondo il centro di previsione meteo-spaziale Noaa, gli eventi di questa intensità possono provocare blackout radio, variazioni di orientamento dei satelliti e interferenze con i sistemi di navigazione Gps.
Alcuni effetti si sono già manifestati, come il blackout radio che ha interessato Europa e Africa, interrompendo le comunicazioni ad alta frequenza sul lato terrestre esposto al Sole.

Le cause: due espulsioni di massa coronale

L’attuale tempesta è stata innescata dall’arrivo di due espulsioni di massa coronale (Cme), una delle quali associata al più potente brillamento solare del 2025, di classe X5.1.
All’origine c’è la macchia solare AR4274, una delle più attive dell’attuale ciclo solare. “Da giorni la stavamo monitorando — ha spiegato Piersanti — perché si è fusa con altre regioni raggiungendo dimensioni enormi. Alcune Cme precedenti non hanno raggiunto la Terra, ma questa volta l’impatto è diretto”.

Il rischio di un evento storico

Secondo i dati della Noaa, l’intensità della tempesta oscilla tra G3 e G4, ma potrebbe salire ulteriormente con l’arrivo di una terza Cme nelle prossime ore.
“Al momento — ha aggiunto Piersanti — stiamo osservando solo la prima parte della nuvola magnetica. Se le condizioni si manterranno favorevoli, potremmo assistere a una tempesta ancora più forte, forse la più intensa dai tempi dell’evento di Carrington del 1859”.

Un fenomeno raro e spettacolare, dunque, che coniuga meraviglia e rischio, e che ancora una volta ricorda quanto la Terra resti profondamente connessa all’attività del suo Sole.

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Stop ai siti porno per i minori, Italia prima in Europa: entra in vigore la verifica dell’età

Entra in vigore la delibera Agcom che impone la verifica dell’età per l’accesso ai siti porno in Italia. I portali esteri avranno tre mesi per adeguarsi. L’obiettivo è tutelare i minori.

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L’Italia diventa il Paese capofila in Europa nella lotta all’accesso dei minori ai siti pornografici. È infatti entrata in vigore la delibera dell’Autorità per le Comunicazioni (Agcom) che impone la verifica dell’età obbligatoria per accedere alle piattaforme a luci rosse con sede in Italia, come previsto dal decreto Caivano.

Per i siti con sede all’estero – tra cui Pornhub, YouPorn, RedTube e OnlyFans – scatterà un periodo di adeguamento di tre mesi, fino al 1° febbraio 2026, data entro la quale dovranno implementare i nuovi sistemi di controllo.


Come funzionerà la verifica dell’età

L’Agcom ha trasmesso alla Commissione europea la lista dei 48 portali coinvolti, in linea con il Digital Service Act. Non sarà più sufficiente dichiarare con un clic di essere maggiorenni: gli utenti dovranno dimostrare la propria età tramite un sistema certificato e anonimo.

Il processo prevede due fasi:

  1. Scaricare un’app europea dedicata (in fase di sperimentazione) che attesti la maggiore età dell’utente tramite un sistema di identificazione.

  2. Accedere al sito tramite un QR Code o un codice numerico, che autorizzerà la visione dei contenuti.

La garanzia della privacy è assicurata dal “doppio anonimato”: i siti non conosceranno l’identità dell’utente e i fornitori della verifica non sapranno per quale servizio viene richiesta la certificazione. Nessun dato sensibile – come documenti o foto – sarà condiviso.


Sanzioni fino a 250mila euro per i trasgressori

In caso di mancato adeguamento, l’Agcom potrà diffidare i gestori entro 20 giorni e, in caso di inadempienza, procedere al blocco del sito fino alla regolarizzazione. Le sanzioni possono arrivare fino a 250.000 euro.


Le reazioni politiche

La senatrice Mariastella Gelmini (Noi Moderati) ha accolto positivamente la misura:
«È un passo avanti importante per la tutela dei minori, frutto del decreto Caivano e reso operativo dall’Agcom».

Di segno opposto il commento di Roberto Giachetti (Italia Viva), che definisce la norma «una torsione da Stato etico di un’Unione Europea sempre meno attenta ai veri problemi dei cittadini».


Il contesto europeo

Il provvedimento italiano segue le orme di iniziative analoghe nel Regno Unito, dove l’Online Safety Act obbliga i siti a verificare l’età tramite documento o riconoscimento facciale. In Francia, invece, l’obbligo di inviare una foto o un documento ha spinto la casa madre di Pornhub, Aylo, a oscurare i propri portali per protesta, fino alla sospensione della misura da parte del tribunale di Parigi.

Negli Stati Uniti, 17 Stati hanno già imposto regole simili, mentre la Commissione europea ha aperto un’inchiesta su Pornhub per presunte lacune nei controlli sull’accesso dei minori.

Con questa delibera, l’Italia punta a diventare un modello europeo di sicurezza digitale e di tutela dei minori nel mondo online.

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