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Presidenza Rai, Marcello Foa bocciato dalla Vigilanza non molla la presa ma Salvini tratta con Berlusconi

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” Sono ancora in attesa di indicazioni dell’azionista e nel frattempo continuerò, nel pieno rispetto di leggi e regolamenti, a coordinare i lavori del cda come consigliere anziano”. È il commento lapidario di Marcello Foa, dopo lo stop della commissione di Vigilanza Rai che ha non ha approvato la sua nomina a presidente. La sfiducia della Vigilanza, dunque, per il presidente designato non è motivo sufficiente per consigliargli di rinunciare al suo incarico. Da questo punto di vista Foa segue  la forzatura che era stata prospettata anche da Matteo Salvini, nella speranza in questo caso di arrivare a fare alcune nomine di peso che, però,  potrebbero anche rischiare di essere annullate da un ricorso al Tar o alla Corte dei Conti perché effettuate da un presidente non nel pieno dei suoi poteri.

Nuovi vertici Rai. Fabrizio Salini e Marcello For

Per il deputato Pd Michele Anzaldi, da sempre uomo di Renzi che si occupa delle vicende Rai “il cda non sarà legittimamente costituito e in carica finché non sarà nominato un presidente che entri formalmente nelle proprie funzioni attraverso il voto favorevole dei 2/3 della Vigilanza. Quanto alla circostanza che Foa possa comunque presiedere il cda, secondo il diritto e la prassi che in assenza di un presidente e di un vicepresidente un cda sia presieduto dal consigliere anziano, in questo caso non si applica, poiché la commissione di Vigilanza non ha dato il proprio assenso proprio al fatto che il consigliere Foa sia presidente e quindi possa presiedere il consiglio”. Questo è il pensiero espresso da Anzaldi sul suo profilo Facebook.

La situazione, dunque, è in completo stallo: il cda non ha al momento indicato un nome alternativo a Foa e di conseguenza la Commissione di Vigilanza, che ha già bocciato il primo candidato, non può procedere a una nuova nomina. Il vertice dell’azienda radiotelevisiva resta di conseguenza monco. Dal canto suo Silvio Berlusconi, che ha lasciato l’ospedale San Raffaele di Milano dopo alcuni controlli, ha lanciato il ramoscello d’ulivo a Salvini. “Il centrodestra è ineliminabile in Italia quindi dobbiamo sempre andare d’accordo” ha detto il Cavaliere ai cronisti all’uscita dall’ospedale. Si tratta di capire se e come Forza Italia vuole ritornare sulla vicenda Rai dopo aver bocciato il candidato alla presidenza di Matteo Salvini. Il leader leghista è poi finito nel mirino dei partiti di opposizione anche perchè avrebbe nei suo staff a lavoro anche il figlio di Foa, Leonardo. Il giovane, che gode della fiducia di Salvini, si occupa di comunicazione.

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Procura impugna l’assoluzione di Salvini per Open Arms

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Arriva alla Cassazione il caso Open Arms che vede il leader della Lega Matteo Salvini imputato dei reati di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per aver negato, nel 2019, lo sbarco alla nave della ong spagnola e ai 147 migranti soccorsi in mare. Dopo l’assoluzione di dicembre scorso e il deposito delle motivazioni della sentenza, la Procura di Palermo ha scelto di ricorrere direttamente davanti ai supremi giudici, ‘saltando’ il giudizio di appello. La reazione del leader del Carroccio non si è fatta attendere. “Ho fatto più di trenta udienze, il Tribunale mi ha assolto perché il fatto non sussiste riconoscendo che difendere i confini non è un reato. Evidentemente qualcuno non si rassegna, andiamo avanti: non mi preoccupo”, ha detto, non nascondendo “un po’ di sorpresa, un po’ di rabbia e di incazzatura se uno ritiene di non aver compiuto nessun reato”.

“Su Open Arms non c’è alcuno scontro tra politica e magistratura, e infatti ringrazio il tribunale di Palermo e sottoscrivo tutte le 268 pagine che motivano la mia totale assoluzione, arrivata dopo decine di udienze e anni di approfondimenti”, ha rilevato il ministro. E’ un processo, ha aggiunto, “che nasce in Parlamento, è un processo politico perché le Sinistre che erano in maggioranza ai tempi del Conte 2 decisero che bloccare gli sbarchi era un reato mentre non lo era né prima né dopo”. Ma cosa ha spinto i pm di Palermo alla prassi inusuale del ricorso diretto in Cassazione? Secondo la Procura, in ballo non c’è la ricostruzione dei fatti contestati a Salvini, tutti riconosciuti dal tribunale che l’ha scagionato, ma il ragionamento giuridico sostenuto dal collegio che, interpretando erroneamente leggi e convenzioni internazionali, per i pm, ha negato che in capo all’Italia gravasse l’onere di assegnare alla nave della ong spagnola il porto sicuro (Pos).

Un assunto che si basava su una sbagliata lettura delle norme, a dire della Procura, che ha fatto venir meno prima il reato di rifiuto di atti d’ufficio, poi, a cascata, quello di sequestro di persona. La questione, dunque, sarebbe tutta di diritto, per cui una valutazione nel merito, fatta in appello, sarebbe superflua. Da qui l’impugnazione davanti agli Ermellini chiamati a decidere sulle eventuali violazioni di legge. Nel ricorso (tecnicamente si chiama ‘per saltum’) i pm sostengono dunque che l’assoluzione sarebbe viziata da violazioni di leggi. “Il Tribunale di Palermo, – si legge nell’impugnazione – ha accolto pienamente le prospettazioni del Pubblico Ministero sulla complessiva ricostruzione dei fatti, divergendo dalla tesi accusatoria solo con riguardo all’individuazione e interpretazione della normativa applicabile alla fattispecie”.

Nell’impugnazione i pm citano poi la decisione delle Sezioni Unite Civili della Cassazione del 18 febbraio 2025 che ha condannato il ministero dell’Interno per un caso analogo, quello della nave Diciotti, a cui pure fu negato lo sbarco. Anche allora, a causa del mancato rilascio del Pos che il ministero dell’Interno riteneva dovuto da altri Stati, l’imbarcazione rimase in acque territoriali, nei pressi di Catania, e i naufraghi non poterono raggiungere, per più giorni, la terraferma. “Nella pronuncia – scrive la Procura – si è sostanzialmente affermato che il negato sbarco, lungi dall’essere giustificabile alla luce delle procedure previste in tema di search and rescuе, non solo si pone in contrasto con la chiara normativa internazionale sul soccorso in mare che, comunque, si fonda sul generale e cogente obbligo di soccorso e sul dovere di collaborazione solidarietà tra Stati, ma soprattutto viola l’art. 13 della Costituzione e le altre norme sovranazionali che tutelano il medesimo bene giuridico”.

“Di conseguenza, si è affermato – continuano – che i migranti subirono indubbiamente un’arbitraria privazione della libertà personale e che, anzi, la decisione di merito, che non si era confrontata con tali disposizioni di rango superiore, doveva ritenersi priva di una vera e propria motivazione”.

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Politica

Alla Camera riparte l’iter della legge sulle lobby

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La Camera ci riprova. E dopo diversi tentativi nella passate legislature rimette mano a una legge nazionale di regolamentazione delle lobby. Un’accelerazione già prevista prima che scoppiasse il caso milanese che ne rende però, forse, ancora più evidente la necessità. Dopo un’indagine conoscitiva di un paio di anni in commissione Affari Costituzionali e con un documento finale approvato all’unanimità il presidente, Nazario Pagano, ha messo a punto un testo sulla base di quanto emerso e che ora verrà esaminato. “Abbiamo scelto di procedere prima con l’indagine conoscitiva – evidenzia Pagano (FI) che è anche relatore del testo – perché era l’unico mezzo per fare in modo che questo testo avesse caratteristiche di natura istituzionale: il fatto che finora la regolamentazione fosse stata proposta da singoli gruppi ne ha condizionato l’esito, io l’ho voluta firmare in qualità di presidente della commissione all’esito di uno studio approfondito con la partecipazione di tanti costituzionalisti, mi sembra una novità importante”.

Il testo “non è assolutamente blindato”, sottolinea Pagano che auspica che possa arrivare in Aula “in autunno”. E’ una norma “che ci chiede l’Europa – osserva – e che reputo assolutamente necessaria. Studi accademici dimostrano, tra l’altro, l’impatto positivo anche sul Pil di una attività di questo tipo ben strutturata”. “Il clima è positivo, ci vuole condivisione e buona volontà”, aggiunge. La proposta punta a disciplinare le modalità di interazione tra i rappresentanti di interessi e il decisore pubblico, stabilendo norme e princìpi per garantire la trasparenza, la tracciabilità e l’accessibilità delle attività di rappresentanza di interessi. Viene istituito un registro pubblico dei rappresentanti di interessi con obblighi di rendicontazione e condotta.

Il registro sarà al CNEL presso il quale viene istituito un comitato di sorveglianza con 10 componenti (il presidente, 3 interni e 6 estratti a sorte tra 30 candidati) che si rinnova ogni due anni. Il comitato vigila e sanziona in base agli obblighi previsti per chi è iscritto nel registro. Circa 130 gli emendamenti depositati dai gruppi alla scadenza del termine, una manciata quelli di maggioranza. Tra gli altri, uno che puntualizza la non applicazione della legge delle organizzazioni sindacali “dei lavoratori – si specifica – e datoriali”. Il centrodestra chiede anche di non escludere dalla possibilità di iscriversi nel registro per gli iscritti all’albo dei giornalisti e per coloro che esercitano funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso enti pubblici economici e società partecipate. Niente gettone infine – secondo un emendamento di FdI – per chi svolge attività all’interno del Comitato di sorveglianza sulla trasparenza dei processi decisionali pubblici.

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Politica

Stellantis, Patriciello: investimento in Marocco discutibile, si pensi a Termoli

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“In un momento in cui l’economia europea ha difficoltà e il settore dell’automotive è in piena crisi, l’investimento di oltre 1 miliardo di euro in Marocco da parte di Stellantis appare quanto mai discutibile. Mi auguro che gli investimenti promessi nell’impianto di Termoli siano rispettati e non risentano di questa scelta aziendale”. Così, Aldo Patriciello, europarlamentare e componente della Commissione Industria del Parlamento europeo a proposito dell’espansione dell’impianto di Kenitra in Marocco che consentirà al gruppo automobilistico torinese di portare la produzione ad almeno un milione di auto all’anno con l’assunzione di 3.100 dipendenti e un investimento di 1,2 miliardi di euro. “Fa un certo effetto – dichiara Patriciello – sapere che Stellantis assumerà oltre tremila lavoratori in Marocco quando qui a Termoli ha negoziato l’uscita incentivata di 200 operai entro fine settembre. Certo, le due cose non sono direttamente collegate. Ma credo sia normale mantenere alto il livello di attenzione sugli investimenti promessi per lo stabilimento molisano. Non si tratta di mero campanilismo, sia chiaro, quanto piuttosto di mantenere alti i livelli di occupazione e di competitività di un settore che è strategico non solo per il territorio ma l’intero sistema-Paese”.

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