A ciascun componente della banda era stato affidato un ruolo preciso: la “bacchetta” monitorava l’abitazione e gli spostamenti dell’imprenditore da rapire, tre persone in giacca e cravatta a bordo di ‘un’auto dovevano fermarlo con una scusa e trattenerlo in attesa del riscatto, altre due erano appostate in una Lancia Y e in una Fiat 500 davanti all’azienda pronte a raggiungere la casa dell’uomo, dove c’erano moglie e figlia, per farsi consegnare soldi e codice della cassaforte.
Un ultimo complice, agli arresti domiciliari, organizzava le operazioni a distanza. Si era organizzato così il commando che il 22 aprile 2022 ha tentato il sequestro lampo di un imprenditore barlettano. Il tentativo fallì grazie all’intervento della polizia che oggi ha anche arrestato sette persone accusate di concorso in tentativo di sequestro di persona a scopo di estorsione, aggravato dal metodo mafioso. Gli arresti (sei in carcere e uno ai domiciliari) sono stati eseguiti dalle squadre mobili delle Questura di Bari e di Barletta-Andria-Trani (Bat), su disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Bari.
Il gip ha disposto la misura cautelare in carcere nei confronti di Amerigo Elia detto Rino (57 anni), Giuseppe Lapenna (49), Luigi Pistillo detto Gino (39), Savino Gorgoglione (37), Paolo Antolino (51), Giovanni Matarrese (55). Per Vincenzo Zicchillo (26) sono scattati i domiciliari. Il gruppo criminale aveva già tentato di rapire l’imprenditore a febbraio 2022. Gli investigatori erano riusciti a fermare la banda compiendo una serie di perquisizioni sui sospettati. Il piano è però andato avanti fino ad aprile, quando il commando è tornato in azione ed è stato bloccato dagli agenti, anche grazie alle intercettazioni.
Il Procuratore della Repubblica di Bari, Roberto Rossi, ha evidenziato quanto il fenomeno dei sequestri lampo sia diffuso nella provincia Bat dove “la criminalità organizzata ha messo radici”. E dove, secondo il procuratore aggiunto, Francesco Giannella, il “clima di intimidazione che nasce dalla consapevolezza della presenza di organizzazioni criminali” crea una condizione di “paura che permette lai rapitori di chiedere somme di denaro ingenti” in cambio della liberazione degli ostaggi. Per questo Rossi ha esortato gli imprenditori a “collaborare perché il silenzio è un danno non solo per lo Stato e la collettività, ma anche perché mette a rischio l’incolumità delle persone” .
E ha anche sottolineato il ruolo cruciale avuto dalle intercettazioni nello sviluppo dell’indagine. L’inchiesta su questo sequestro è legata a quelle su altri due episodi simili. Il primo risale al 13 ottobre 2021: il figlio di un imprenditore di Andria fu rapito da un uomo munito di paletta di segnalazione a bordo di una Giulietta bianca col lampeggiante blu. Mentre suo padre si trovava in questura per la denuncia arrivò la richiesta di riscatto: 600mila euro. Somma scesa a 300mila nel corso di una trattativa avvenuta sul cellulare dell’uomo mentre questi ancora era con la polizia. Alla fine il ragazzo fu liberato. Un secondo episodio, questa volta a novembre 2021, coinvolse un altro imprenditore che riuscì a sfuggire. Alcuni indagati hanno precedenti per fatti analoghi accertati, ha precisato la pm della Dda di Bari Jolanda Daniela Chimienti. “Uno era stato arrestato per violenza domestica aggravata dal metodo mafioso ma è stato rilasciato a dicembre scorso per effetto della legge Cartabia”, ha concluso.