Il terremoto ai Campi Flegrei della notte del 13 marzo è stato rivisto dall’INGV, con una magnitudo ricalcolata a 4.6 sulla scala Richter, un valore superiore rispetto a quello inizialmente stimato di 4.4. Questo significa che l’impatto sulle strutture è stato ancora più intenso di quanto si pensasse, sottoponendo gli edifici dell’area flegrea a uno stress sismico significativo. E’ quanto viene riferito alla Rai, nel corso di Tg Scienze su Rai3, da Mauro Di Vito, direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV. Lo scienziato ha spoiegato che l’evento ha registrato una delle accelerazioni al suolo più elevate mai osservate nell’area. Il punto di massima intensità si è verificato sul bordo della Solfatara e nelle stazioni di rilevamento situate sul fondo marino.
UN PROCESSO IN CONTINUA EVOLUZIONE
Di Vito ha spiegato che il sollevamento del suolo è aumentato a un ritmo di 3 cm al mese nelle ultime tre settimane, un dato che indica un’intensa attività deformativa. Il sisma del 13 marzo ha avuto il suo epicentro tra La Pietra e Bagnoli, a 2,5 km di profondità, confermando che la sismicità si sta concentrando nelle stesse aree sismogenetiche già note dal 2019.
“Il fatto che ci sarebbe stata sismicità era nelle nostre aspettative”, ha dichiarato Di Vito, sottolineando però che i terremoti non possono essere previsti. Tuttavia, l’osservazione della dinamica idrotermale, che include anche l’accumulo di anidride carbonica nel sottosuolo, indica che il fenomeno è continuo e sostenuto.
MONITORAGGIO COSTANTE E ANALISI DEI DATI
Dopo il terremoto, gli esperti dell’INGV hanno subito aggiornato la mappa della deformazione del suolo, verificando variazioni nei campi deformativi e nella velocità del sollevamento. Sono stati attivati anche controlli approfonditi sulla rete geochimica, per monitorare le emissioni gassose e le variazioni nelle falde idriche, particolarmente ricche di anidride carbonica nell’area flegrea.
Di Vito ha poi espresso solidarietà alla popolazione, che continua a vivere con preoccupazione i disagi causati dalla crisi bradisismica in corso.
COSA ASPETTARSI NEL PROSSIMO FUTURO?
L’attività vulcanica ai Campi Flegrei non mostra segni di rallentamento. Secondo Di Vito, la sismicità continuerà con una variabilità nel tempo, ma sempre a livelli elevati.
Un confronto con la crisi bradisismica del 1984 aiuta a comprendere le differenze con la situazione attuale:
- Negli anni ‘80, il suolo si sollevava a un ritmo di 14 cm al mese.
- Tra il 1982 e il 1984 il sollevamento totale raggiunse i 185 cm.
- Oggi, sebbene il sollevamento sia più lento (3 cm al mese), il fenomeno è prolungato e costante.
“Sappiamo che siamo su un vulcano”, ha concluso Di Vito, lasciando intendere che la crisi bradisismica potrebbe evolvere in scenari ancora più complessi. Il monitoraggio costante dell’INGV sarà fondamentale per anticipare eventuali sviluppi critici e garantire la sicurezza della popolazione.