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Nodo delle assenze per Covid, medici chiedono intervento

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L’abolizione dell’ultima delle restrizioni anti-Covid, ovvero l’obbligo di isolamento per i positivi, ha portato ad un pericoloso corto-circuito: l’assenza dal lavoro se si è asintomatici non è più prevista, ma per alcune categorie (come gli operatori sanitari e gli insegnanti) il continuare a lavorare pur essendo positivi senza sintomi potrebbe rappresentare una minaccia rispetto ai soggetti più fragili. Un paradosso sul quale l’Ordine dei medici accende i riflettori, invitando il governo e l’Inps a fare chiarezza al più presto. Al momento, precisa il presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli, in audizione alle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Giustizia della Camera, la situazione epidemiologica non desta allarme e l’attuale quadro “unito alla disponibilità di vaccini e di farmaci, non rende al momento necessario l’obbligo dell’isolamento”. Tuttavia, avverte, ciò non toglie che sia dovere del ministero della Salute intervenire laddove i dati sulla morbilità e mortalità dovessero risalire. In quest’ottica, la Fnomceo esorta a proseguire con attenzione il monitoraggio dell’andamento epidemiologico valutando anche di ripristinare la comunicazione quotidiana dei dati dalle Regioni al Ministero, per poter tempestivamente intervenire se necessario. Ma a destare ora preoccupazione è innanzitutto la questione dei certificati di malattia per l’assenza dal lavoro per i pazienti asintomatici, legata a “come debba essere valutata ai fini dell’assenza sul lavoro la semplice positività”.

A tal proposito, è la posizione della Fnomceo, “in ospedale e nelle Rsa sarebbe opportuno adottare delle procedure chiare sull’isolamento dei pazienti positivi e sulla opportunità di far lavorare gli operatori sanitari risultati positivi al Covid”. Ad evidenziare la criticità di questa situazione è anche il segretario generale della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) Silvestro Scotti: “Nel fare un certificato medico per malattia, io devo valutare l’inabilità temporanea al lavoro. Se il paziente è asintomatico, anche se è portatore della malattia, non si rileva una condizione che gli impedisca il lavoro. Perciò io non posso emettere alcun certificato che consenta al lavoratore di assentarsi. Quello che permetteva di estendere anche agli asintomatici la possibilità di assentarsi dal lavoro mantenendo la retribuzione era l’obbligo di isolamento. Oggi ciò non è possibile”. Eppure, con l’aumento dei contagi, mette in guardia Scotti, “l’impossibilità di assentarsi dal lavoro anche in presenza di una positività al tampone rischia di fare da volano alla pandemia, soprattutto per alcune categorie di lavoratori”. E problemi potrebbero riguardare anche i sintomatici. “Il tampone in autodiagnosi – spiega Scotti – non ha alcun valore legale. Per emettere un certificato di malattia per Covid dovremmo chiedere al paziente di eseguire un tampone in un centro certificato: in tal caso però i costi sarebbero a suo carico”. Più in generale, mentre cresce l’allerta per l’aumento dei contagi, la Fnomceo chiede di “investire maggiormente sul Ssn, anche par far fronte a nuove emergenze senza restrizioni”.

Timori arrivano anche da Lorenzo Mattioli, presidente di Confindustria Servizi Hcfs, secondo il quale sarebbe davvero incredibile se il nostro Paese si facesse trovare impreparato o sottovalutasse il problema dell’evoluzione dei casi. Con il nuovo diffondersi del Covid, afferma, “puntualmente ci si ritrova in una situazione di incertezza su procedure da adottare e accorgimenti da tenere”. Insomma, l’attuale situazione, seppure sotto controllo, non va sottovalutata, avvertono i medici. Questo perchè, ricorda Anelli, il Covid comunque “non è un’influenza”. E’ se resta improbabile che si verifichi un nuovo tsunami di ricoveri e morti, conclude il virologo Anthony Fauci, ex consigliere della Casa Bianca per la lotta alla pandemia, tuttavia “non c’è dubbio che il Covid è qui ed è molto verosimile che i contagi crescano in autunno-inverno. Dobbiamo essere preparati”.

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Covid: continua l’ondata estiva, + 53% casi in 7 giorni

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L’ondata estiva di Covid-19 non accenna a rallentare. Secondo l’ultimo monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità e del ministero della Salute, la scorsa settimana i contagi sono aumentati del 53,3% rispetto a sette giorni prima, passando da circa 9mila a 13.672. Questo numero, tuttavia, potrebbe sottostimare l’intensità della circolazione del virus, la cui entità è difficilmente misurabile in assenza di un sistema capillare di sorveglianza sul territorio. Secondo la rilevazione, al 24 luglio risultano in leggero aumento i ricoveri in area medica, al 2,4% (1.517 ricoverati) e stabili quelli nelle terapie intensive, allo 0,4% (38 ricoverati). È stabile, ma sopra la soglia epidemica di 1, l’indice di trasmissibilità Rt: al 15 luglio è pari a 1,24, rispetto al valore di 1,20 della settimana precedente.

“L’aumento dei casi di Covid-19 all’inizio dell’estate è qualcosa che abbiamo visto anche nelle stagioni passate. È un segno che che il virus non si è ancora stagionalizzato del tutto”, dice Gianni Rezza, professore straordinario di Igiene all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e già a capo della Prevenzione del ministero della Salute.

“Negli anni scorsi, dopo una piccola ondata estiva, il numero di casi è andato diminuendo per risalire poi in maniera più importante in autunno. Il trend potrebbe ripetersi anche quest’anno, ma a oggi non abbiamo certezza”, aggiunge. Come avviene ormai da tempo, i dati rilevano più contagi negli anziani: i ricoveri sono pari a 47 per milione di abitanti nell’età compresa fra 80 e 89 anni e a 86 su un milione per gli ultranovantenni; nelle terapie intensive sono pari a 1 su un milione per entrambe le fasce d’età e la mortalità risulta di 4 su un milione per l’età compresa fra 80 e 89 anni e di 12 su un milione oltre i 90 anni. “Questo dato potrebbe essere un bias, una distorsione”, avverte Rezza.

“È probabile che nei giovani la gran parte dei casi di malattia passi inosservata, mentre si tende ad avere più attenzione negli anziani. Questa popolazione è inoltre quella che più frequentemente viene ricoverata e su cui poi vengono eseguiti i tamponi”, ricorda. Quanto ai tamponi, il numero di quelli effettuati direttamente in farmacia è ormai esiguo, specie da quando non esiste l’obbligo di certificazione per il rientro al lavoro, mentre non ci sono dati sui test fai-da-te acquistati e fatti autonomamente dai cittadini, ricorda Federfarma.

Anche un piccolo sondaggio effettuato su alcune grandi farmacie romane non rileva particolari aumenti delle richieste da parte dei cittadini. Tuttavia, i kit Covid sono ormai facilmente accessibili attraverso innumerevoli canali di vendita. È quindi difficile avere informazioni esaustive su come si stia muovendo il virus. Quel che sembra assodato è che si siano ormai affermate le varianti appartenenti alla famiglia Kp: secondo il monitoraggio Iss-ministero, le varianti Kp2, Kp3, Kp3.1.1 sono in aumento rispetto alla settimana precedente e, insieme, sono responsabili di circa il 70% dei contagi. Discendono tutte dalla variante JN.1 contro cui è diretto il vaccino aggiornato. Non ci sono quindi timori sulla sua efficacia per la prossima stagione.

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Covid, crescono positivi in Italia ma non gli ospedalizzati

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Nella settimana che va dall’11 al 17 luglio sono 8.942 i nuovi casi positivi al Covid in Italia con una variazione di +62,5% rispetto alla settimana precedente. Questo quanto emerge dal Monitoraggio settimanale dell’Iss e del Ministero della Salute. Stabili le occupazioni nei reparti ordinari degli ospedali – 1,9% (1.183 ricoverati) rispetto all’1,6% (1.006 ricoverati) della settimana scorsa -, e nelle terapie intensive: 0,5% (43 ricoverati) in linea rispetto allo 0,5% (43 ricoverati) della scorsa settimana. I morti sono 40: con una variazione di +21,2% rispetto alla settimana precedente, quando le vittime sono state 33. Effettuati 79.967 con una variazione di +4,5% rispetto alla settimana precedente (76.532). Il tasso di positivita’ si attesta all’11,2% con una variazione di +4,0% rispetto alla settimana precedente (7,2%).

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Strage Bologna: confermato l’ergastolo anche per Bellini

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Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, gli ex Nar condannati all’ergastolo in via definitiva tra la fine degli anni ’90 e il 2007. Poi Gilberto Cavallini, il ‘quarto uomo del gruppo’ per il quale manca solo la Cassazione. Ora Paolo Bellini, l’ex Primula nera di Avanguardia Nazionale, il ladro di opere d’arte e killer di ‘Ndrangheta legato ad Antonino Gioè e indagato per le stragi del ’93 e l’attentato di Capaci. Con la conferma dell’ergastolo stabilito dalla Corte d’Assise d’Appello di Bologna all’ex terrorista reggiano, i nuovi processi sulla strage del 2 agosto 1980 hanno ridisegnato il contesto e fatto nuova luce sui responsabili di quell’attentato.

Che non furono solo i Nar, ma tutti i movimenti della destra estremista dell’epoca, cementati da fiumi di denaro sottratti dalla P2 di Licio Gelli al banco Ambosiano di Calvi, con la copertura dei servizi deviati. L’impostazione di cui fin dall’inizio è stata certa la Procura generale, che nel 2017 avocò le indagini sui cosiddetti ‘mandanti’. I mandanti, finanziatori e organizzatori, oltre al ‘Venerabile’, anche il potente capo dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale, Federico Umberto D’Amato, l’imprenditore Umberto Ortolani e il giornalista Mario Tedeschi, tutti morti e non più imputabili, ma ritenuti anche loro responsabili di quella strage, che fece 85 morti e oltre 200 feriti, l’apice della cosiddetta strategia della tensione.

Per la Corte, quindi, Bellini – che si definì lui stesso un “assassino” ma per quanto riguarda le accuse sulla strage arrivò a paragonarsi a “Sacco e Vanzetti” – contribuì anche lui a compiere la strage, e a nulla è servito infine il suo ultimo tentativo di difendersi, ancora una volta rilasciando dichiarazioni spontanee, per quasi tre ore, prima che la Corte si ritirasse in camera di consiglio. Ora sarà interessante leggere le motivazioni, per sapere quanto la visione dei giudici d’Appello sia vicina a quella dei giudici di primo grado, che spiegarono la scelta dell’ergastolo di Bellini partendo dalla “prova granitica” della presenza in stazione dell’ex Avanguardia nazionale, grazie al video amatoriale (il filmato Poltzer) che ritrae un uomo con le sue fattezze e che per l’ex moglie di Bellini, che cambiando la sua versione ha demolito l’alibi dell’allora consorte, è senz’altro “Paolo”.

Maurizia Bonini, cambiando la sua versione dopo quarant’anni e affermando che la mattina del 2 agosto Bellini arrivò a Rimini non alle 9, ma molto più tardi, verso l’ora di pranzo, è stata l’ “arma” più convincente contro l’ex consorte. Oltre alla conferma della condanna all’ergastolo per Paolo Bellini, la Corte di Assise di Appello di Bologna ha ribadito la colpevolezza anche degli altri due imputati. Si tratta dell’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, accusato di depistaggio, e condannato nuovamente a sei anni e di Domenicho Catracchia, ex amministratore di condomini in via Gradoli, a Roma, accusato di false informazioni al pm al fine di sviare le indagini, condannato a quattro anni. Per le vittime, “questi sono i fatti, sappiamo chi sono stati i mandanti, sappiamo chi è stato. Cercheremo di non fermarci qui”, ha detto la vicepresidente dell’associazione Anna Pizzirani. Per il presidente Paolo Bolognesi, questi processi hanno chiarito “la chiave di lettura della strategia della tensione, che va dalla loggia P2 ai vertici dei nostri servizi segreti e arriva ai terroristi fascisti”.

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