La protesta dei gilet gialli scoppiata in oltre duemila località francesi con milioni di persone in piazza, decine di feriti, due morti e oltre 200 arresti sta mettendo a dura prova la tenuta del Governo francese. L’aumento della benzina di 20 centesimi, facendo salire il prezzo alla pompa a 1,55 euro di media, ha fatto scendere in piazza migliaia di persone, a volto scoperto. Da 4 giorni hanno deciso di bloccare strade e autostrade per opporsi alle politiche “anti-auto” decise dal governo di Parigi. Ieri il presidente Emmanuel Macron ha auspicato il “dialogo” per placare le tensioni e ha riconosciuto che è “normale che la popolazione possa esprimere frustrazione mentre si sta cercando di cambiare le abitudini” del Paese sui combustibili fossili.
E ha, quindi, ribadito le sue promesse di sussidi per 5,8 milioni di famiglie a basso reddito per l’ acquisto di auto o per passare a metodi di riscaldamento più puliti grazie a un assegno di 200 euro all’ anno. Dichiarazioni che non hanno affatto stemperato gli animi dei manifestanti appartenenti alle classi medio-basse, abitanti di centri periferici o rurali mal collegati tra loro dal trasporto pubblico, che hanno bisogno dell’automobile privata per andare lavoro. Una fetta di popolazione che non si riconosce più nelle politiche di Macron e nella sua legge sulla transizione energetica che prevede un aumento delle imposte sui carburanti ogni anno fino al 2022. In particolare, al rincaro nell’ ultimo anno del prezzo del gasolio del 23% e di quello della benzina del 15%, da gennaio 2019 si aggiungeranno ulteriori imposte che faranno aumentare il prezzo del gasolio di 6,5 centesimi al litro e quello della benzina di 2,9. Misure che si aggiungono all’inasprimento delle revisioni obbligatorie, all’ introduzione di pedaggi all’ingresso delle principali città, all’abbassamento dei limiti di velocità sulle strade extraurbane da 90 a 80 km/h entrate già in vigore.
Insomma, tutti uniti per protestare contro il prezzo della benzina che è tra i più cari d’ Europa, ma comunque inferiore a quello italiano. Da agosto a novembre, secondo i dati di Global Petrol Prices, il prezzo medio per un litro di carburante in Francia è stato di 1,55 euro, contro una media mondiale di 1,41 euro. Sul versante italiano, invece, secondo l’ultima rilevazione del 12 novembre, la benzina costava 1,65 euro. E da agosto a oggi il picco è stato raggiunto il 22 ottobre, quando per un litro di verde si sono sborsati 1,67 euro al litro. Sulle isole, invece, dove vivono centinaia di migliaia di persone il prezzo del carburante dipende da fattori imponderabili. Che nessuno riesce a capire compiutamente. Dovrebbe essere un prezzo un po’ più alto per i costi del trasporto? Forse. Ma sulle isole oramai si è arrivati a cifre assurde. Sopra i due euro di media. Prezzi che nessuno, ovviamente, si è mai sognato di contestare anche perchè, in certi posti, vedi ad esempio l’isola di Ischia, non c’è concorrenza. Il prezzo lo fissa l’unica azienda che occupa di trasporto e commercializzazione del carburante. Dunque o prendi da quella azienda o vai sulla terraferma a fare il pieno. A incidere sul conto di un pieno in Italia, come è noto, sono le accise, un’ imposta fissa da 0,728 euro al litro sulla benzina e da 0,61740 sul gasolio.
Introdotte nel corso dei decenni per finanziare guerre ormai archiviate nei libri di storia, disastri o ricostruzioni post calamità naturali – se ne contano 20 dal 1935 al 2014 – le accise sono state riunificate dal decreto Dini del 1995, mentre la legge di Stabilità del 2013 le ha reso strutturali insieme al Fondo dello spettacolo, la crisi libica, le alluvioni di Liguria e Toscana, il decreto Salva Italia, il terremoto Emilia e l’ emergenza Abruzzo. Così, millesimi su millesimi, le accise sulla benzina nel 2017 hanno garantito introiti per le casse dello Stato per 26,7 miliardi, l’ 81% della fiscalità energetica. Per rendere l’ idea le accise valgono 14 volte e mezzo il canone Rai e, ad oggi, rappresentano circa il 60% di quanto paghiamo al distributore ogni volta che facciamo rifornimento, compresa l’ Iva al 22%. “Una forte incidenza che, anche se gli italiani non conoscono, alla fine è stata sempre subita senza particolari rimostranze, perché da sempre è così. I carburanti sono stati oggetto di rincari da parte di tutti i governi ai quali risulta complicato intervenire con tagli, che comporterebbero riduzioni di gettito difficilmente compensabili.
Anche nel contratto di governo gialloverde era stato previsto di “eliminare le componenti anacronistiche delle accise sulla benzina”, così come le ha chiamate Matteo Salvini ipotizzando prima uno sconto di 20 centesimi e poi auspicando un’ imminente diminuzione di 11,3 centesimi al litro, che si sarebbe tradotta in oltre 4 miliardi in meno di introiti per l’ erario, Iva esclusa. In realtà, nel testo della manovra licenziato dal governo e al vaglio del Parlamento, l’ ipotetica sforbiciata è scomparsa. Vedremo gli italiani in piazza chè pagano la benzina molto di più dei cugini francesi che stanno bloccando il Paese?
Che gli italiani non hanno intenzione di scendere in piazza e protestare come i francesi si è capito bene negli scorsi giorni quando il ministro dell’ Ambiente Costa ha ipotizzato l’abolizione del bollo dell’auto facendo pagare di più a chi inquina. Una sorta di tassa in base all’utilizzo della vettura, in una proporzione perfetta tra inquinamento prodotto e accisa al rifornimento. Proprio il punto che viene contestato a Macron. E se il taglio delle accise non c’è, dovrebbe essere scongiurato anche il rischio di un loro aumento nel 2019. Nella legge di Bilancio è stata infatti prevista la sterilizzazione dell’aumento delle tasse sui carburanti, perché con l’abolizione dell’aiuto alla crescita economica non servono più risorse per finanziarlo.
Tragedia a Palombaio, anziana investita e uccisa: si costituisce l’automobilista
Tragedia a Palombaio, frazione di Bitonto: un’anziana è morta investita da un’auto. L’automobilista, un 37enne di Mariotto, si è costituito ed è sotto choc. Indaga la polizia locale.
Tragedia questa sera a Palombaio, frazione di Bitonto (Bari), dove un’anziana è morta dopo essere stata investita da un’auto mentre attraversava corso Vittorio Emanuele. L’impatto è stato violentissimo e per la donna, nonostante i soccorsi immediati del 118, non c’è stato nulla da fare: è deceduta sul colpo.
L’automobilista si è costituito
Poche ore dopo l’incidente, si è costituito alla polizia locale l’automobilista coinvolto: si tratta di un uomo di 37 anni, residente nella vicina frazione di Mariotto. Agli agenti avrebbe raccontato di stare tornando a casa dopo il lavoro e di non essersi accorto della presenza della donna al centro della carreggiata.
L’uomo, apparso visibilmente sotto choc, è ora a disposizione degli investigatori, che stanno valutando la sua posizione e ricostruendo con precisione la dinamica dell’impatto.
Indagini in corso
Sul luogo dell’incidente sono intervenuti gli agenti della polizia locale di Bitonto, che hanno effettuato i rilievi per chiarire le cause della tragedia e verificare eventuali responsabilità. Non si esclude che la scarsa visibilità o una distrazione possano aver contribuito all’investimento mortale.
L’intera comunità di Palombaio è sotto choc per l’accaduto, in attesa di conoscere l’identità della vittima e gli sviluppi delle indagini.
Sparatoria contro l’auto dell’allenatore Calabro, indagati il calciatore Leonardo Perez e il cognato consigliere regionale Mauro Vizzino
Indagati per minacce il calciatore Leonardo Perez e il cognato, il consigliere regionale pugliese Mauro Vizzino, per i colpi esplosi contro l’auto dell’allenatore Antonio Calabro nel 2023.
Un’inchiesta della Procura di Lecce ha portato alla chiusura delle indagini su un episodio avvenuto nella notte tra il 22 e il 23 febbraio 2023 a Melendugno, quando furono esplosi colpi di arma da fuoco contro l’auto di Antonio Calabro, allora allenatore della Virtus Francavilla, oggi tecnico della Carrarese in Serie B.
Secondo gli inquirenti, il mandante morale dell’intimidazione sarebbe stato Leonardo Perez, 36 anni, attaccante del Casarano con un passato in Serie B, che avrebbe agito per vendicarsi del poco impiego in campionato. A istigarlo, secondo la ricostruzione della Procura, sarebbe stato il cognato Mauro Vizzino, consigliere regionale pugliese e presidente della Commissione Sanità, rieletto nella coalizione di centrosinistra a sostegno di Michele Emiliano.
Vizzino: “Sono totalmente estraneo ai fatti”
Entrambi, originari di Mesagne (Brindisi), sono accusati di minacce. Gli esecutori materiali del gesto restano ignoti. Vizzino, impegnato nella campagna elettorale per le regionali in Puglia con la lista Per la Puglia, ha negato ogni coinvolgimento:
“Scopro dagli organi di stampa la notizia della mia iscrizione nel registro degli indagati. Non ho ricevuto alcuna comunicazione giudiziaria, ma posso affermare senza possibilità di smentita di essere totalmente estraneo alla vicenda.”
Il consigliere ha parlato di un’inchiesta “che ha dell’incredibile” e ha ribadito che continuerà il suo impegno politico “con ancora più convinzione e forza”.
Le indagini e la riapertura del caso
In un primo momento la Procura aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo, che vedeva indagato solo Perez. Ma il gipha disposto un supplemento di indagini, che ha portato a nuovi accertamenti e all’iscrizione di Vizzino nel registro degli indagati.
L’atto di chiusura dell’inchiesta, notificato in queste ore, precede di norma la richiesta di rinvio a giudizio. Il movente, secondo la ricostruzione degli inquirenti, sarebbe una ripicca sportiva: Perez avrebbe reagito al mancato utilizzo da parte dell’allenatore con un atto intimidatorio, avvalendosi del sostegno del cognato.
Le reazioni politiche
Sulla vicenda è intervenuto anche Antonio Decaro, candidato del fronte progressista alle elezioni regionali pugliesi:
“Mauro Vizzino è considerato da tutti una brava persona. Spero che possa chiarire la sua posizione quando ci sarà la documentazione a disposizione.”
Il caso, esploso a pochi giorni dal voto, scuote la campagna elettorale pugliese e riporta l’attenzione su un episodio violento che, a oltre due anni di distanza, continua a sollevare interrogativi e tensioni tra sport e politica.
Azzardo in Italia, l’altra pandemia: 18 milioni di giocatori e 20 milioni di “vittime passive”
In Italia 18 milioni di persone hanno giocato d’azzardo nell’ultimo anno e 2,9 milioni sono a rischio patologico. Secondo Libera, 4 italiani su 10 sono “vittime passive” e le mafie continuano a guadagnare miliardi dal gioco legale e illegale.
Sono almeno 18 milioni gli italiani che nell’ultimo anno hanno tentato la fortuna con videopoker, slot-machine, gratta e vinci, bingo e scommesse online. Un fenomeno imponente che coinvolge quasi un terzo della popolazione adulta. Dietro la speranza di cambiare vita si nasconde però una piaga sociale: 1 milione e mezzo di giocatori patologici (pari al 3% della popolazione maggiorenne) e 1 milione e 400 mila persone a rischio moderato. In totale, 2,9 milioni di cittadiniprigionieri dell’azzardo.
Per ogni giocatore malato, ci sono sette persone indirettamente coinvolte: familiari, amici, colleghi. In tutto, oltre 20 milioni di italiani, il 40% della popolazione, vittime di quello che Libera definisce “azzardo passivo”. Secondo il dossier dell’associazione, la perdita di qualità della vita per chi è toccato dal fenomeno — tra stress, debiti, isolamento e rottura dei legami familiari — equivale a 7,6 punti percentuali.
Il business dell’azzardo: 157 miliardi nel 2024
Il nuovo dossier di Libera fotografa un Paese che spende sempre di più per scommettere. Nel 2024, le entrate del gioco legale hanno toccato quota 157 miliardi e 453 milioni di euro, con un incremento del 6,6% rispetto al 2023. Un boom alimentato soprattutto dal gioco online, con quasi 16 milioni di conti attivi presso i concessionari digitali, contro gli 11 milioni del 2020.
Quando il gioco diventa terreno di mafia
L’azzardo non è solo una dipendenza: è anche un affare criminale. Dal 2010 al 2024, le relazioni della Direzione Nazionale Antimafia e della Direzione Investigativa Antimafia hanno censito 147 clan mafiosi coinvolti nel business del gioco — legale e illegale — in 16 regioni e con 25 procure antimafiaimpegnate nelle indagini.
Al “tavolo verde” siedono sempre le stesse famiglie: Casalesi, Mallardo, Santapaola, Condello, Mancuso, Labate, Lo Piccolo, Capriati. La Campania guida la classifica con 40 clan, seguita da Calabria (39), Sicilia (38), Lazio (24) e Puglia (22). Nel Nord Italia, Liguria e Piemonte contano 9 organizzazioni ciascuna.
Libera sottolinea come il fenomeno non sia solo italiano: anche la mafia cinese, albanese e turca è coinvolta nella gestione delle piattaforme online e nel riciclaggio dei proventi.
Luigi Ciotti: “Dietro ogni slot ci sono persone in difficoltà”
Il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, ha commentato con amarezza i dati del dossier: «Il nostro Paese è in bilico: da un lato la voglia di riscatto e di benessere, dall’altro un meccanismo che specula sulla vita delle persone. Dietro ogni slot, ogni gratta e vinci o piattaforma online ci sono esseri umani in difficoltà. Ci sono adolescenti che scommettono di nascosto, anziani che si giocano la pensione, famiglie che si sfaldano nel silenzio. Dobbiamo smascherare l’inganno».
L’azzardo come emergenza sociale
Il gioco, legale o clandestino, è diventato una delle più gravi emergenze sociali del Paese. Un sistema che promette fortuna ma produce povertà, che genera miliardi di euro di profitti — anche per la criminalità organizzata — e lascia dietro di sé un esercito di persone ferite, indebitate, isolate. Come scrive Libera nel dossier, “non si tratta solo di numeri, ma di vite umane: di padri, madri, figli e nonni che si perdono tra le luci fredde delle slot e le illusioni del guadagno facile”.