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Cronache

Monnezza e inchieste, l’atto di accusa del sindaco di Marcianise Velardi: fuori i mercanti dal tempio

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Mentre la Procura distrettuale antimafia di Napoli spedisce i suoi migliori investigatori negli uffici di molti comuni del Napoletano e del Casertano a caccia di notizie di reato, di prove che dimostrino l’esistenza di un patto scellerato tra cattiva politica, mafie e imprenditoria opaca sull’affare monnezza, c’è chi regola conti politici con avversari politici procedendo a colpi di espulsione. Perchè chi prova a fare chiarezza e pulizia in un mondo sporco, non per i rifiuti materiali ma per quelli umani, deve essere fatti fuori, espulso dal sistema. Antonello Velardi*, sindaco di Marcianise, è uno di questi. Non è parte del sistema. Vuole pulizia, vuole legalità, vuole che funzioni il sistema rifiuti vuole che la sua terra non subisca più insulti dalla camorra della monnezza.  Purtroppo la letteratura giudiziaria del territorio, senza indulgere in facili sociologismi o inutili scandalismi, ci consegna uno Stato che sulla monnezza è andato spesso a braccetto con la mafia dei Casalesi. Lo dicono sentenze passate in giudicato e altre sentenze in attesa del sigillo della Cassazione che parlano di questo disgusto matrimonio di interessi tra politici e camorristi in questi anni nefasti. È per questo motivo che ci sentiamo di pubblicare, con immenso piacere, questo commento del sindaco di Marcianise, Antonello Velardi, oggetto di reiterati attacchi mai propriamente politici e mai diretti. Troppe volte trasversali. 

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I fatti delle ultime ore accaduti in provincia di Caserta, ovvero l’inchiesta giudiziaria avviata dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli, ci consegnano uno scenario molto torbido che ci induce ad alcune riflessioni.

La pubblica amministrazione ne esce malissimo: asservita ad interessi di parte, schierata al fianco del privato e non del pubblico, con il perpetuarsi di un andazzo antico che persiste nell’assoluta impunità dei responsabili. Non solo. Il quadro che emerge segnala una classe politica pessima, votata agli affari e non all’esercizio di una funzione e all’assolvimento di un compito per il bene comune.

Secondo i canoni della retorica noi dovremmo esprimere solidarietà ai soggetti coinvolti nell’inchiesta, auspicando la loro estraneità. Facciamolo pure, ma questa è retorica: non serve a niente, serve a fuggire dalle responsabilità. Ma un conto sono le responsabilità penali, un conto quelle politiche e quindi quelle storiche. E sono gravissime.

Fuori i mercanti dal tempio! Via i ladri e gli affaristi, via i politici che sono complici degli affaristi! Sui rifiuti in pochi hanno lucrato ingenti guadagni e in molti ci hanno rimesso la pelle. Quei molti siamo noi, sono le comunità.

L’inchiesta della Dda mi fa ancor di più capire che il settore dei rifiuti cambierà solo se ci saranno protagonisti nuovi. Nuovi. Con una testa completamente diversa, in assoluta discontinuità con il passato. Per questo sono sempre più convinto di aver fatto bene nel lasciare la presidenza dell’Ato Rifiuti di Caserta: un gioiello che invece rischia di trasformarsi in carrozzone, in continuità con il passato. Ero e sono troppo fuori asse, il partito dei rifiuti ha tutto l’interesse a tenermi fuori.

Non credo all’Ato Rifiuti così come è stato concepito nella nostra provincia, con la presidenza del sindaco di Caserta Carlo Marino. È un mondo distante anni luce dal mio, è un mondo che non potrà essere mai il mio.

In tutto questo, il presidente dell’Ato Rifiuti ha adesso avuto il tempo di convocare una riunione del consiglio per deliberare la mia espulsione: facciano pure, c’è modo e modo di zittire le persone. Ovviamente io non starò zitto.

Ringrazio la Dda di Napoli per quello che sta facendo e per quello che farà. La ringrazio non da sindaco di Marcianise, ma da cittadino. Da cittadino! Da figlio di una terra disperata, persa, condannata a vivere nell’arcaismo. Ma noi siamo figli dell’illuminismo, della modernità, e non vogliamo più accettare pratiche e commistioni che ci consegnano al buio del Medioevo. Fuori i mercanti dal tempio!

*Antonello Velardi

(Sindaco di Marcianise)

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La rinascita di Anna, risarcita dalla scuola con 60mila euro: denunciate il bullismo senza paura

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Dopo anni di paura e sofferenza, Anna, una giovane di 20 anni, finalmente sorride. La sentenza della Corte d’appello dell’Aquila ha condannato la sua ex scuola per non aver vigilato su di lei, permettendo che subisse abusi, e le ha riconosciuto un risarcimento di 60 mila euro. Questo verdetto non solo le ha dato giustizia, ma l’ha anche resa una voce forte contro il bullismo.

Dal 2015, Anna ha sopportato gli insulti e le vessazioni di un compagno di classe. Aveva solo 12 anni e frequentava la seconda media a Pescara. “Mi diceva sei una ragazza sporca. Sei brutta, grassa…”, ricorda Anna. Le molestie avvenivano in classe, durante la ricreazione e nei corridoi. La situazione è diventata insostenibile, portandola a chiedersi cosa avesse di sbagliato.

Dopo anni di sofferenza, Anna ha deciso di denunciare. “Dopo anni di sopportazione sono implosa. Non dormivo più la notte. Fino a quel momento avevo sperato di non dover chiedere aiuto. Mi ripetevo che sarebbe finito tutto. Bastava stare in silenzio. Invece continuava. Ogni giorno era peggio”. Alla fine, dopo l’ennesimo insulto, ha buttato i libri per terra e si è precipitata dal preside per confessare quanto stava subendo.

Anna ha cercato rifugio in presidenza con l’unica amica che aveva. La situazione l’aveva fatta perdere 20 chili e costretta a cambiare scuola, perdendo l’anno scolastico. “Avevo tutta la classe contro, mi sentivo lo zimbello di tutti. Ho pensato che i miei genitori non mi avrebbero creduto. Mi pesava il giudizio di chiunque avessi attorno. Avevo paura. Delle conseguenze. Delle ritorsioni. Non uscivo più. Non dormivo”.

Ci sono voluti otto anni di udienze, portate avanti grazie all’avvocato Giacomo Cecchinelli di Pescara, per ottenere giustizia. “Per capire di non avere colpe ci ho messo tempo. Ho dovuto imparare a chiedere aiuto. Ai miei genitori. Agli psicologi. E ho capito che non ero io sbagliata”.

Nonostante le sue segnalazioni, i professori avevano minimizzato il problema. Anche quando il bullo era stato sospeso per sette giorni, al suo ritorno aveva ricominciato. Gli insegnanti avevano sempre negato ogni cosa.

Oggi, Anna è una ragazza che ha superato ogni trauma. “Ho messo un punto a tutto. La sentenza mi ha aiutata. A chi subisce bullismo dico: denunciate senza paura. Non vergognatevi di chiedere aiuto. Sbaglia chi bullizza, non chi è vittima”.

Il coraggio di Anna nel denunciare e la sua lotta per la giustizia offrono un potente esempio per chiunque subisca bullismo. Il suo messaggio è chiaro: non abbiate paura di parlare e di chiedere aiuto. La giustizia può arrivare, e la vita può migliorare.

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Mafia e droga tra Roma e la Calabria, 9 arresti

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Gli agenti della Polizia di Stato della Squadra Mobile della Questura di Roma hanno dato esecuzione all’Ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Roma, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 9 persone, di cui 6 romani, 2 della provincia di Reggio Calabria e un cittadino di origini romene, tutte già note alle forze di polizia e facenti parte di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti nel territorio capitolino, con base operativa nella zona nord di Roma e con contatti con gruppi criminali in Calabria.

Per 7 è stata disposta la custodia cautelare in carcere, per uno gli arresti domiciliari e per il nono è stato previsto l’obbligo di dimora. Il gruppo criminale, organizzato in maniera verticistica, provvedeva all’approvvigionamento e alla distribuzione di cocaina, hashish e marijuana a Roma, riciclando i proventi dell’attività delittuosa in una struttura ricettiva alle porte di Roma. Il capo dell’organizzazione, un 36 enne romano, già ai domiciliari, si avvaleva della collaborazione della propria compagna per mettersi in contatto con i sodali e impartiva loro disposizioni, impiegandoli per i trasporti di stupefacente dalla Calabria alla Capitale e per le successive cessioni. Le indagini, avviate a giugno 2021 e condotte, col coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, fino ad agosto 2022, hanno consentito di individuare le figure di rilievo dell’organizzazione e di sequestrare, in diverse occasioni, oltre 100 kg di stupefacente tra cocaina, hashish e marijuana, nonostante gli indagati abbiano dimostrato grande abilità nell’eludere i controlli e i monitoraggi da parte delle forze dell’ordine con l’uso di apparati telefonici criptati.

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Inchiesta per molestie sessuali alla Scuola Ispettori della Guardia di Finanza, ufficiale indagato

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Nella Scuola Ispettori e Sovrintendenti della Guardia di Finanza a L’Aquila è scoppiata una bufera mediatica e legale a seguito di un’inchiesta per presunte molestie sessuali. La vicenda, iniziata come un passaparola non tracciabile conosciuto in gergo come «Radio Scarpa», si è diffusa rapidamente tra gli allievi e il personale della caserma, raggiungendo presto anche le chat interne.

Un ufficiale della Guardia di Finanza è stato accusato di aver molestato una giovane allieva al primo anno di corso, convocandola più volte nel suo ufficio per incontri riservati. La denuncia presentata dalla ragazza ha portato al trasferimento immediato del capitano incriminato in un’altra città, mentre la Procura militare e quella di L’Aquila hanno avviato le indagini.

Attualmente, l’ufficiale è iscritto nel registro degli indagati, e potranno essere presi provvedimenti più severi nei suoi confronti se emergeranno ulteriori prove o se sarà rinviato a giudizio. Nel frattempo, tre suoi colleghi, pur non essendo indagati, sono stati destinati ad altri incarichi a causa delle accuse di aver coperto le presunte molestie. Le chat su WhatsApp utilizzate dagli allievi e dal personale della scuola hanno rivelato che questi ufficiali erano a conoscenza dei fatti.

Vista la gravità delle accuse, il Comando generale della Guardia di Finanza ha disposto non solo il trasferimento del capitano indagato, ma anche quello dei tre ufficiali che potrebbero affrontare ulteriori provvedimenti disciplinari. La situazione ha causato notevole imbarazzo all’interno della Scuola ispettori, considerata uno dei fiori all’occhiello della Guardia di Finanza e simbolo del capoluogo abruzzese.

La vicenda è stata trattata con il massimo riserbo, ma ha comunque scosso profondamente l’ambiente della scuola. Lo stadio Gran Sasso, che ha ospitato la Partita del Cuore con la partecipazione di centinaia di allievi finanzieri in divisa, è stato uno scenario dove la tensione era palpabile.

Le indagini sono ancora all’inizio e vengono seguite dalla Procura militare di Roma, con la collaborazione di un altro nucleo investigativo. Gli investigatori hanno acquisito gli smartphone contenenti le chat incriminate, che potrebbero fornire ulteriori dettagli sugli episodi e sull’intera vicenda. L’ufficiale accusato e le altre persone coinvolte potrebbero essere interrogati nei prossimi giorni per chiarire meglio i fatti.

La Guardia di Finanza è determinata a fare luce su questa vicenda per garantire giustizia alla giovane vittima e ripristinare l’integrità della propria istituzione.

Questa inchiesta rappresenta un momento critico per la Guardia di Finanza, che deve affrontare non solo le accuse di molestie, ma anche le dinamiche interne di copertura e omertà che sono emerse. La risoluzione di questa vicenda sarà fondamentale per ristabilire la fiducia nell’istituzione e assicurare un ambiente sicuro e rispettoso per tutti gli allievi e il personale.

E’ sempre il caso di ricordare a chi ci legge che siamo nel campo delle indagini preliminari e che chiunque è da considerarsi innocente sino a sentenza definitiva perchè nel nostro Paese vige il principio di innocenza e non quello di colpevolezza. La colpevolezza la accertano i giudici e una sentenza è definitiva quando viene pronunciata in ultima istanza dalla Cassazione.

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