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Medvedev insulta Crosetto, ‘sciocco’. Tensione Roma-Mosca 

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Il costante sostegno militare a Kiev da parte degli alleati Nato, Italia inclusa, è fumo negli occhi per Mosca e per il più irriducibile tra i suoi falchi, Dmitry Medvedev. L’ex presidente russo, nell’ultima delle sue tirate anti-occidentali, si è scagliato contro il ministro della Difesa Guido Crosetto. E la replica non si è fatta attendere. Il governo ucraino nel frattempo ha rilanciato, lasciando intendere che in futuro potrebbe ricevere anche dei “caccia” dai partner, per dare un’altra spinta alla controffensiva. Il botta e risposta Medvedev-Crosetto è nato dopo le parole utilizzate dal ministro italiano per giustificare l’impegno occidentale al fianco di Kiev: il rischio di una guerra mondiale se i carri armati arrivassero a Kiev ed ai confini dell’Europa. “Non ci sono molti sciocchi nelle strutture di potere europee”, l’affondo del russo in un post su Telegram, in cui ha definito Crosetto “un raro eccentrico”. Per poi prendersela anche con gli inglesi, che vorrebbero inviare le armi a Kiev “subito”. “Se è sciocco aiutare una nazione aggredita a difendere la sua esistenza, lo sono. Lo avrei fatto anche a parti invertite. Medvedev pensi a metter fine alla guerra”, la risposta decisamente più garbata nella forma ma netta nella sostanza di Crosetto. “Basterebbe che i russi mettessero fine alle ostilità e si sedessero al tavolo della pace” per far “cessare immediatamente tutto, sia la guerra che gli aiuti militari dell’Italia e degli altri Paesi”, ha rilevato il titolare della Difesa.

Che di recente aveva già respinto le provocazioni contro l’Italia lanciate dall’ambasciata russa a mezzo social: dalle mine anti-uomo ai Lince distrutti, tutti post liquidati come “fake news”. Crosetto è reduce da un incontro a Roma con il collega francese Sébastien Lecornu anche per fare il punto sugli aiuti per Kiev. Ed anche se la Difesa ha smentito la firma di un accordo per l’acquisto congiunto di 700 missili Aster-30, come riportato dal quotidiano d’Oltralpe l’Opinion dopo l’incontro, Roma e Parigi paiono ormai indirizzate verso la fornitura agli ucraini dell’avanzato sistema di anti-aerea Samp-T. Mentre lo stesso Crosetto ha fatto sapere che la prossima settimana potrebbe concretizzarsi il sesto decreto armi del governo. Su questa rinnovata assistenza militare Kiev continua a contare sempre di più. L’ambasciatore ucraino in Francia, Vadym Omelchenko, in un’intervista ha fatto sapere che i Paesi occidentali “ad oggi hanno confermato ufficialmente il loro accordo per la consegna di 321 carri armati pesanti”. Che dovrebbero arrivare da Usa, Germania, Regno Unito, Canada e Polonia. Nel prossimo futuro, poi, gli ucraini sperano di ottenere ancora di più. Secondo il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak, si sta negoziando anche sui missili a lungo raggio e sui caccia, ed il confronto con i partner “sta accelerando”. Brutte notizie per Kiev sono arrivate invece dal Brasile, perché il neopresidente Luiz Inacio Lula da Silva ha posto il veto alla fornitura di munizioni per i carri armati. Preferendo mantenere una posizione di neutralità. Il governo ucraino intanto resta in massima allerta perché ritiene che la Russia abbia in mente di scatenare una nuova offensiva il 24 febbraio, esattamente ad un anno dall’inizio dell’invasione. Con “l’obiettivo di ampliare i confini” di Donetsk e Lugansk, ha stimato il segretario del Consiglio per la sicurezza nazionale Oleksii Danilov. Proprio nel Donbass si concentrano i combattimenti. Il ministero della difesa di Mosca ha denunciato un attacco “deliberato” delle forze armate ucraine contro un ospedale di Novoaidar, che avrebbe provocato “14 morti e 24 feriti”. Un raid effettuato con gli “Himars”, i sistemi missilistici forniti dagli Stati Uniti. Kiev invece ha riferito di almeno tre morti nel corso di raid russi in un quartiere residenziale della città di Kostiantynivka. Almeno 14 i feriti, quattro condomini e un albergo danneggiati. E continua a infuriare la battaglia per la strategica Bakhmut, ma le stesse forze di difesa ucraina ammettono di essere in difficoltà. 

 

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Ritardi Pnrr, la denuncia della Corte dei Conti: spesi solo gli spiccioli, alcuni progetti irrealizzabili

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Nel semestre in corso l’avanzamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) “impone ulteriori 27 obiettivi europei”. Di questi, solo un target quantitativo risulta allo stato come gia’ conseguito. E’ quanto emerge dalla relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) della Corte dei conti, presentata oggi alla Camera dei deputati. Secondo la Corte dei conti, “nel corso del primo semestre 2023, il quadro degli obiettivi da conseguire comprende anche ulteriori 54 scadenze nazionali”.

La Corte, inoltre, ricorda come “risultano tutti conseguiti i 55 obiettivi del secondo semestre 2022. In esito a tale avanzamento, 38 iniziative hanno esaurito gli obiettivi europei per le stesse fissati”. Queste 38 misure “non possono naturalmente considerarsi ultimate, in quanto le stesse potrebbero necessitare di step realizzativi ulteriori, rispetto agli obiettivi concordati in sede europea”. Proprio per accelerare sulla realizzazione delle tappe previste dal Pnrr, si riunisce oggi la cabina di regia del governo. Infatti, l’Italia e’ ancora in attesa dell’esborso della terza rata dei fondi del Piano, dal valore di circa 19 miliardi, inizialmente prevista per fine febbraio e ora slittata a fine aprile. In quel lasso temporale, tra l’altro, l’Italia e’ chiamata anche a presentare il progetto di revisione degli investimenti alla luce del RepowerEu.

Nella sua relazione, la Corte evidenzia che le modalita’ di reclutamento del personale dedicato al Pnrr “con formule non stabili hanno fatto emergere non poche difficolta’, per le amministrazioni, nel garantire la continuita’ operativa delle strutture che, al contrario, necessiterebbero di un quadro di risorse certo per tutto l’orizzonte temporale del Piano”. Nei primi due anni di attuazione, il Pnrr e’ stato oggetto di revisione nella programmazione delle risorse, ferma restandone la dimensione finanziaria complessiva.

“Rispetto alle previsioni iniziali, la nuova pianificazione – gia’ annunciata dal governo nella Nadef 2022 – contempla una traslazione in avanti delle spese originariamente assegnate al triennio 2020-2022, per oltre 20 miliardi complessivi. Il recupero nel trend di spesa avra’ luogo a partire dal 2023, esercizio nel quale e’ prevista un’accelerazione – rispetto al quadro iniziale – di oltre 5 miliardi; al termine dell’anno in corso, nonostante il recupero, il livello della spesa cumulata dovrebbe rimanere inferiore di quasi 15 miliardi, rispetto al quadro finanziario iniziale”. Nel biennio 2024-2025 “e’ stimato il picco di spesa, con valori annuali che supereranno i 45 miliardi”.

Sulla riorganizzazione delle strutture deputate al Pnrr, la Corte segnala che “non puo’ al riguardo non rilevarsi come l’importante azione di riorganizzazione richiedera’ un’attuazione senza soluzione di continuita’ con gli attuali moduli organizzativi; cio’ al fine di evitare che la fase di avvio delle nuove strutture sia caratterizzata da tempistiche e difficolta’ simili a quelle gia’ segnalate con riferimento alla costituzione delle attuali Unita’ di missione, con conseguenti rischi di rallentamenti nell’azione amministrativa proprio nel momento centrale della messa in opera di investimenti e riforme”.

A febbraio 2023 ammontano a 4,8 miliardi i fondi che le amministrazioni centrali titolari di interventi hanno trasferito ai soggetti attuatori o ai realizzatori delle specifiche iniziative di spesa. Si tratta – osserva la Corte dei conti – di circa il 70 per cento di quanto ricevuto in disponibilita’ (7 miliardi) dai conti centrali su cui transitano le somme del Fondo di rotazione Next Generation Eu-Italia.

Secondo il presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana, la relazione della Corte dei conti “ci offre un solido quadro di informazioni sull’attuazione del programma di spesa”. Il Pnrr “costituisce un’opportunita’ straordinaria per avviare quel processo di ammodernamento del Paese da tempo atteso e per superare i divari territoriali e generazionali che ne ostacolano lo sviluppo e la crescita”. Lo ha dichiarato il presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana, in occasione della presentazione della relazione semestrale 2023 sul Pnrr della Corte dei conti alla Camera dei deputati. In occasione della presentazione della relazione alla Camera dei deputati, e’ intervenuto il presidente della Cortedei Conti, Guido Carlino, sottolineando che la visione d’insieme sul grado di realizzazione degli obiettivi prefissati dal Pnrr permette al legislatore di “individuare le migliori leve da azionare al fine di indirizzare l’economia verso un percorso di crescita, capace di arginare le disparita’ e di creare nuove opportunita’ per il nostro tempo e per il futuro”.

La relazione sul Pnrr della Corte dei conti “conferma quanto diciamo da tempo, cioe’ che i Comuni sul Pnrr hanno fatto sin qui in pieno la propria parte, producendo uno sforzo straordinario”, ha dichiarato il presidente dell’Anci, Antonio Decaro. “Nonostante la cronica mancanza di personale e le tante difficolta’ di partenza, i Comuni hanno risposto ai bandi entro i termini stabiliti e anzi hanno presentato progetti per una cifra doppia rispetto a quella disponibile con il Pnrr: cioe’ per 80 miliardi di euro, contro i 40 assegnati”, ha aggiunto il presidente Anci, ricordando che “i Comuni sono destinatari di circa 40 miliardi sui circa 200 che compongono il Pnrr, quindi circa il 20 per cento del totale”.

Decaro ha poi invitato a “stare lontani da polemiche e dalla tentazione di risolvere tutto con il gioco dello scaricabarile. Se vogliamo smentire la convinzione diffusa che la capacita’ di spesa sia un grande e irrisolto problema italiano, allora bisogna fare squadra e accettare una comune assunzione di responsabilita’”. Il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, ha avvertito che alcuni interventi “da qui a giugno 2026 non possono essere realizzati. L’orizzonte temporale di questo governo porta a fare una valutazione su come recuperare le risorse di quei progetti che non hanno una capacita’ realizzativa entro il 2026”. “Abbiamo questa opportunita’ ma non e’ per sempre”, ha aggiunto Fitto, sottolineando l’importanza di “valutare in modo oggettivo la necessita’ di modificare alcuni obiettivi e di cambiare una situazione che in alcuni casi ci porta a non spendere le risorse”.

Per Fitto e’ evidente che per una programmazione di 220 miliardi di euro “e’ necessario mettere in campo scelte strutturate”. Questo governo, secondo il ministro, non si pone il problema della scadenza immediata, ma di quello che accadra’ al 30 giugno 2026. La sfida “e’ da far tremare i polsi, ma posso sottolineare la determinazione, la convinzione e la voglia di riuscire in questo obiettivo da parte del governo”, ha concluso.

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Roma astenuta sulle auto in Ue, Parigi preme su nucleare

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Il sigillo finale è arrivato. Non all’unanimità, e senza l’Italia. Ma tanto basta all’Europa per tracciare la via per la “mobilità a zero emissioni” da raggiungere dal 2035, salvando comunque i motori termici. Nel D-day sulle automobili ‘green’, Berlino porta a casa il bottino sui tanto invocati e-fuels, mentre Roma si astiene dal ratificare l’accordo che lascia fuori i biocarburanti. Una contesa che, nelle parole del ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, Roma è pronta a tenere viva – nonostante il via libera definitivo a maggioranza delle capitali Ue – dimostrando “già nei prossimi mesi” la neutralità tecnologica dei bio-fuels cruciali per l’automotive italiano. E che Bruxelles vedrà tornare in auge quando, in autunno, sarà chiamata a presentare come promesso il regolamento per i carburanti sintetici. Uno dei tanti fronti caldi sul campo dell’energia, al quale si affianca anche la sfida appena agli albori sul nucleare: Parigi preme per i finanziamenti sui piccoli reattori modulari e le prime linee guida Ue sembrano essere ormai all’orizzonte. Dopo settimane di trattative serrate – sfociate nell’intesa sull’uso futuro degli e-fuels tra Berlino e Bruxelles annunciata sabato -, l’attesa conferma che le richieste del governo di Olaf Scholz, e soprattutto della sua componente liberale, sono state esaudite da Palazzo Berlaymont è arrivata. E in autunno l’esecutivo comunitario presenterà il suo regolamento per continuare a immatricolare anche dopo il 2035 i veicoli alimentati a e-fuels. Niente da fare invece come ampiamente pronosticato per i biocarburanti. Un salvataggio in extremis dei motori termici comunque “apprezzato” dal governo italiano, ha fatto sapere Pichetto, ma non ancora sufficiente per dare speranze anche ai biocarburanti.

Da qui la decisione di Roma di astenersi, insieme a Bulgaria e Romania, senza però fare muro votando contro la ratifica finale come fatto in ultima istanza solamente dalla Polonia. L’apertura di Bruxelles – è la strenua difesa italiana – è comunque “troppo restrittiva” e la neutralità nelle emissioni CO2 dei biocarburanti “potrà essere dimostrata” anche prima della valutazione intermedia già prevista dall’Ue nel 2026. Una scadenza che, accompagnata dalla futura analisi sui progressi compiuti dalle industrie nazionali, lascia ancora qualche speranza a Roma perché l’Ue rimetta in discussione la strada da seguire. Anche se, è il mantra che da giorni si sente ripetere nei palazzi delle istituzioni Ue, i biocarburanti emettono CO2, pur in quantità meno significativa rispetto a quelli quelli fossili, e l’intenzione di Bruxelles è di tenere il punto “rispettando il mandato legislativo” ottenuto da 23 ministri. E forte anche dell’intesa raggiunta sulle stazioni di ricarica per le auto elettriche che dovranno essere installate ogni 60 chilometri entro il 2026 sui principali assi stradali indicati nelle reti prioritarie dei trasporti europee (Ten-T). Dietro il braccio di ferro sulle auto, sulla scena delle ambizioni climatiche dell’Ue irrompe intanto in maniera sempre più prepotente il dibattito sul nucleare che in prospettiva fa già tremare l’asse Parigi-Berlino.

 

Con una fuga in avanti orchestrata dalla Francia, tredici Paesi, tra i quali l’Italia in qualità di ‘osservatore’ insieme a Belgio e Paesi Bassi, si sono riuniti intorno al tavolo della direzione generale Energia della Commissione europea per definire le priorità di investimento future, puntando dritti verso il mini reattori nucleari. E, al termine della riunione, la Rappresentanza francese presso l’Ue ha diffuso una nota congiunta per sottolineare l’unità dell’alleanza davanti al futuro dell’atomo di ultima generazione, assicurando che fosse stata validata da tutti i 13 partecipanti alla riunione, compresi gli osservatori. Un piccolo caso diplomatico, seguito poi dalla smentita da parte di fonti del ministero dell’Ambiente che hanno indicato come l’Italia non abbia firmato “alcun documento”. Segno che per valutare il ruolo del nucleare in tutta Europa servirà ancora tempo. Ma Bruxelles ha già in mente alcune “linee guida”.

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Economia

Slitta ok concorrenza, rispunta scudo sui reati fiscali

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Prima il caso della liberalizzazione delle vendite promozionali, che compaiono nelle bozze ma che il ministero si affretta a smentire. Poi il via libera, atteso, che invece non arriva. Il Consiglio dei ministri che stanzia 5 miliardi per rinnovare – di molto ridotti – gli sconti taglia-bollette e mettere una toppa al buco da 2,2 miliardi del payback che pesa sulle aziende del biomedicale non approva il disegno di legge sulla Concorrenza mentre dà il via libera a uno scudo per i reati fiscali. Il nuovo ddl sulla concorrenza andava avviato già nel 2022 e rappresenta uno degli obiettivi del Pnrr per quest’anno. Ci sarebbero problemi di copertura, in questo caso, in particolare per il capitolo energia. Ma ci sarà anche da superare l’esame di Bruxelles per la revisione delle regole per le concessioni degli ambulanti.

Il Cdm, che inizia molto in ritardo e dura quasi due ore, approva se non altro il nuovo codice degli appalti, un altro target del Pnrr, oggetto della successiva cabina di regia presieduta da Raffaele Fitto. E nel decreto bollette, che diventa di fatto un omnibus, infila un pacchetto sanità e anche una sostanziale riscrittura del calendario delle sanatorie fiscali. Ma rispunta anche lo stop ad alcuni reati fiscali – su cui era montato uno scontro violento con le opposizioni durante la manovra – quando “le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integralmente dal contribuente secondo le modalità previste”. Si introducono, come spiega il comunicato finale del Cdm, alcune “cause speciali di non punibilità” per gli omessi versamenti di Iva e ritenute e per l’indebita compensazione. Solo appunto se il dovuto è stato versato. Il provvedimento più celebrato dall’esecutivo, però, è lo stop ai cibi sintetici, cui viene dedicata per intero la conferenza stampa post Cdm e che Giorgia Meloni scende a festeggiare insieme alla Coldiretti al flash mob andato in scena per tutto il pomeriggio accanto a Palazzo Chigi. La premier si fa attendere a lungo dai ministri e anche Antonio Tajani è impegnato, prima del Cdm, sul dossier migranti – al centro dell’agenda dell’esecutivo – in particolare per cercare di sbloccare i finanziamenti alla Tunisia.

La riunione peraltro è preceduta da qualche intoppo: il ministero del Made in Italy deve correre a smentire che con il nuovo ddl concorrenza si intenda rivisitare il calendario dei saldi, una norma che i tecnici – sulla base delle indicazioni dell’Antitrust – avrebbero inserito nelle prime bozze senza avere ricevuto il placet politico e che aveva fatto scattare l’allarme soprattutto tra i piccoli commercianti. Arrivano poi i dubbi sulle coperture e l’esame non va oltre la fase iniziale. Serviranno approfondimenti dicono dall’esecutivo. Mentre nel nuovo Codice appalti – una “rivoluzione” secondo Matteo Salvini – l’esecutivo si sarebbe “scordato” i consorzi artigiani, come denuncia la Cna, impedendo così di fatto agli artigiani l’accesso alle gare. Ma il vicepremier non è in conferenza stampa a spiegare le novità, perché, fa sapere il Mit, resta a Palazzo Chigi impegnato nella cabina di regia sul Pnrr. Il codice porta l’impronta del nuovo governo, come evidenzia una nota del ministero illustrando una norma definita “prima l’Italia”, che premia chi utilizza materiali italiani. Europei tuttalpiù. Nemmeno la premier va in conferenza stampa – in serata dovrebbe tenersi l’ennesima riunione sulle nomine. Ma sui social rimarca che la “priorità” per il governo resta quella di “sostenere concretamente cittadini e imprese”, come fa con i 5 miliardi bollette e sanità. Ai cronisti si presenta Francesco Lollobrigida, accompagnato dal ministro della Salute Orazio Schillaci, per rivendicare lo stop ai cibi sintetici, anche per sventare il rischio “di ingiustizia sociale, in una società in cui i ricchi mangiano bene ed i poveri no”.

Entusiasti per lo scampato pericolo gli agricoltori che a sorpresa ricevono in serata la visita della premier. Il disegno di legge vieta la produzione e commercializzazione di alimenti e mangimi sintetici, un cavallo di battaglia di Fdi, citato spesso anche dalla premier in occasione della partecipazione agli eventi degli agricoltori. Il principio base è quello di “precauzione” dice Schillaci, che non fa direttamente menzione invece del pacchetto sanità (approvato però in Cdm) che prevede più fondi per gli straordinari dei medici in Pronto soccorso, limiti ai camici bianchi a gettone e l’introduzione di una nuova aggravante per chi aggredisce medici e infermieri, per arginare i fenomeni di violenza in corsia. Anche il nuovo reato ha avuto bisogno di qualche limatura tecnica, con gli uffici della Giustizia mobilitati.

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