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Cronache

Manovra, valanga di emendamenti della maggioranza: tassa sui pacchi extra Ue, bonus tombe e nuove norme sugli scioperi

Dalla tassa sui pacchi extra Ue alle nuove regole per gli scioperi nei trasporti, passando per bonus tombe e decontribuzione per le madri: tutti gli emendamenti della maggioranza alla manovra 2025.

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La manovra economica 2025 si arricchisce di una valanga di emendamenti presentati in commissione Bilancio al Senato dai partiti della maggioranza.
Dal contrasto al fast fashion cinese alle nuove regole sugli scioperi dei trasporti, dalle tasse sui pacchi extra Ue ai bonus per le madri lavoratrici, fino a misure curiose come il bonus tombe, le proposte spaziano in tutti i settori della vita economica e sociale.


FdI: stretta contro Shein e Temu, tassa sui pacchi e nuove regole per gli scioperi

Fratelli d’Italia punta il dito contro i colossi cinesi dell’ultra fast fashion, come Shein e Temu.
L’emendamento del partito della premier Giorgia Meloni prevede che le imprese extra-Ue che esportano in Italia debbano dimostrare la conformità alle norme europee su sicurezza, ambiente e diritti dei lavoratori.

Per frenare la concorrenza estera arriva anche una tassa di 2 euro su ogni pacco proveniente da Paesi extra-Ue di valore inferiore ai 150 euro.
Nel mirino anche i lavoratori del trasporto pubblico: dovranno comunicare in anticipo l’intenzione di aderire a uno sciopero, per garantire la continuità del servizio.

FdI propone inoltre una nuova imposta di bollo da 500 euro sui pagamenti in contanti tra 5.001 e 10.000 euro, di fatto alzando il limite attuale dei 5.000 euro.


FI e Noi Moderati: affitti, libri e bonus per le madri lavoratrici

Sul fronte sociale ed economico, Forza Italia chiede il dietrofront sulla tassa sugli affitti brevi, proponendo di cancellare l’aumento al 26% dell’aliquota per chi affitta tramite piattaforme digitali.
Noi Moderati propone invece una cedolare secca agevolata al 15% per i contratti di affitto a lungo termine e una detrazione del 22% per l’acquisto di libri scolastici per gli studenti delle scuole superiori, con un costo stimato di 67 milioni l’anno dal 2026.

Sempre FI avanza una misura di decontribuzione per le lavoratrici madri, dipendenti o autonome, con redditi fino a 40.000 euro l’anno, per incentivare l’occupazione femminile e la natalità.

E non manca la proposta curiosa del cosiddetto “bonus tombe”, una detrazione del 36% per lavori di manutenzione e restauro di cappelle e sepolcri.


La Lega: più Irap per banche e fondi per la sicurezza

Sul versante fiscale e della sicurezza, la Lega propone di aumentare di due punti percentuali l’aliquota base dell’Irap per banche e assicurazioni, dal 2 al 4%.
L’obiettivo è generare oltre 1,1 miliardi di euro all’anno nel triennio, destinandoli al comparto sicurezza.

Inoltre, si chiede l’assunzione straordinaria di 3.125 unità nelle Forze di polizia e di 3.887 vigili del fuoco, per potenziare la presenza sul territorio.


Dividendi, oro e Mes per la sanità

Tra le proposte di Forza Italia anche l’abrogazione della norma sui dividendi, sostituita da una tassazione agevolata al 13% sulla rivalutazione dell’oro — proposta condivisa anche dalla Lega, che ipotizza un’aliquota al 12,5%.
Sul fronte sanitario, invece, si punta a utilizzare fondi del Mes per finanziare il sistema pubblico, mentre FdI propone la creazione di un fondo di previdenza complementare per i nuovi nati, per favorire la crescita delle pensioni integrative.


Un mosaico di misure, tra rigore e consenso

La mole di emendamenti riflette una manovra sempre più politica, in equilibrio tra rigore contabile e promesse elettorali.
Dalla lotta alla concorrenza asiatica alle misure per la famiglia, fino alla stretta sugli scioperi e ai fondi per la sicurezza, il governo punta a blindare consenso su più fronti, in vista di un 2025 che si annuncia cruciale per la stabilità economica e politica del Paese.

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Cronache

Caso Garlasco, nuovo capitolo a Brescia: Venditti contro i pm, “grave scorrettezza” per la loro assenza in udienza

Nuovo scontro giudiziario sul caso Garlasco. A Brescia Mario Venditti attacca i pm per la loro assenza all’udienza del Riesame: “Grave scorrettezza”. Restano i dubbi sui soldi ricevuti dagli avvocati di Sempio.

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L’ultimo round del caso Garlasco si è consumato davanti al tribunale del Riesame di Brescia, dove si sono presentati l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti, i suoi legali e quelli dei carabinieri Giuseppe Spoto e Silvio Sapone.
Assente invece il pubblico ministero che accusa Venditti di corruzione, per aver favorito nel 2017 l’archiviazione di Andrea Sempio, oggi a sua volta imputato per l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco nel 2007.

La mancata presenza del pm, seppure non obbligatoria, ha alimentato nuove polemiche in un’inchiesta che da anni continua a generare scontri, veleni e recriminazioni.


“Atteggiamento farisaico dei pubblici ministeri”

Abbiamo solo preso atto di un atteggiamento farisaico dei pubblici ministeri”, ha commentato l’avvocato Domenico Aiello, difensore di Venditti, dopo aver chiesto al Riesame di annullare per la terza volta il decreto di sequestro dei telefoni e dei computer del suo assistito.

Sulla stessa linea anche l’avvocata Giorgia Spiaggi, che rappresenta i carabinieri Spoto e Sapone:

“Il fatto che il pubblico ministero non si sia presentato ci ha lasciati basiti. Dal mio punto di vista è evidente che non abbia più nulla da dire”.

Il tribunale si è riservato la decisione, che verrà depositata nei prossimi giorni.


Venditti: “Io corrotto? I soldi si sono fermati agli avvocati di Sempio”

In serata, intervenendo alla trasmissione Dentro la notizia su Canale 5, Mario Venditti ha duramente criticato l’atteggiamento dei pm bresciani:

“Pensavo avrebbero depositato i verbali degli ultimi due giorni, ma non c’era neanche il pubblico ministero. È stata una grave scorrettezza”.

L’ex procuratore ha poi respinto le accuse di corruzione:

“Io dovrei essere il corrotto, il destinatario finale dei movimenti di denaro. Ma quei soldi si sono fermati agli avvocati di Sempio”.

Tra questi Massimo Lovati, ex legale di Sempio, che davanti ai pm ha ammesso di aver ricevuto 15mila euro in nerocome compenso, pur dicendosi comprensivo verso i “dubbi” della Procura sui contanti ricevuti.


“Sempio è innocente”: la linea di Venditti

Venditti ha ribadito la sua convinzione sull’innocenza di Andrea Sempio, vicino di casa di Chiara Poggi:

“Sempio non c’entra nulla con la morte di Chiara. Mi sarei dovuto fermare nel 2017, dopo il pronunciamento della Corte d’Appello di Brescia sull’inammissibilità della revisione. Ma il Gip stesso ha ritenuto corretto il mio operato”.


La difesa di Stasi: “Condannato dall’opinione pubblica”

Ad oggi Alberto Stasi, ex fidanzato di Chiara Poggi, resta l’unico condannato in via definitiva per l’omicidio.
La sua avvocata, Giada Bocellari, intervenuta su Ore 14 (Rai 2), ha commentato:

“L’errore più grande degli inquirenti è stato quello di innamorarsi della tesi del fidanzato assassino e fermarsi lì, trascurando altre piste. Alberto è stato condannato prima dall’opinione pubblica che dai giudici”.

Un caso senza fine, che a distanza di 18 anni continua a intrecciare accuse, sospetti e ferite mai del tutto rimarginate.

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Cronache

Trieste, la tragedia annunciata: Olena uccide il figlio Giovanni dopo anni di segnalazioni e minacce

Olena Stasiuk, 55 anni, ha ucciso il figlio Giovanni dopo anni di segnalazioni, minacce e tensioni con l’ex marito. Il padre: “Perché le hanno permesso di vederlo da sola?”. Aperta un’indagine sulle decisioni dei giudici e dei servizi sociali.

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O Giovanni rimane con me, oppure sono disposta a uccidere il bimbo, a uccidere me buttandomi in mare, e a uccidere anche Paolo.”
Era l’11 luglio 2018 quando Olena Stasiuk, 55 anni, pronunciò questa frase davanti ai servizi sociali, durante una delle tante riunioni sulla custodia del figlio. Quelle parole, verbalizzate e depositate, erano state una minaccia chiara e terribile.
Sette anni dopo, quella minaccia è diventata realtà. Olena ha tagliato la gola al piccolo Giovanni, suo figlio, forse con più di un colpo.


Il padre: “Perché l’hanno lasciata da sola con lui?”

Il padre del bambino, Paolo, è distrutto.
Dietro il cancello di casa, circondato da giornalisti e poliziotti, non riesce a darsi pace:

Perché le è stato consentito di vederlo da sola?

Il tribunale aveva infatti autorizzato da maggio una visita settimanale senza la presenza di un assistente sociale, nonostante il padre, da anni, avesse denunciato la fragilità psichica della donna e i precedenti episodi di violenza.
In almeno due occasioni Giovanni era stato malmenato, una volta strozzato al collo, con lividi certificati dai medici.


Otto anni di guerra giudiziaria e segnalazioni ignorate

Una guerra familiare lunga otto anni, tra querele, ricorsi e segnalazioni ai servizi sociali.
Nel 2017 Olena aveva avuto una crisi nervosa acuta ed era stata curata con un farmaco somministrabile solo al Centro di salute mentale, ma poi aveva interrotto le cure.
Dal 2023 non era più seguita dagli specialisti.

Nonostante tutto, lo scorso aprile la psicologa Erika Jakovcic aveva proposto di intensificare i contatti tra madre e figlio.
Il 13 maggio 2025, il tribunale civile di Trieste concesse una visita settimanale non assistita, ritenendo che la donna avesse “mostrato miglioramenti”.

“Forse nell’ottica della genitorialità si è voluto dare fiducia a una madre”, spiega l’avvocata del padre, Gigliola Bridda, “ma quei segnali erano stati sottovalutati. Avevamo chiesto una perizia psichiatrica, ma non è mai stata fatta”.


La perizia psichiatrica ora verrà disposta

Olena è ora ricoverata all’ospedale Maggiore di Trieste.
Non è ancora stata interrogata, ma la sua difesa, affidata all’avvocata Chiara Valente, ha già annunciato la richiesta di una perizia psichiatrica.
Dal Centro di salute mentale Asugi, il direttore Massimo Semenzin ha confermato che la donna “manifestava disturbi d’ansia”, era stata seguita fino al 2023 e poi “fu concordata un’interruzione, perché non assumeva farmaci e sembrava stabile”.


Il vescovo: “Accettiamo il fallimento della nostra organizzazione”

Sulla tragedia è intervenuto anche il vescovo di Trieste, monsignor Enrico Trevisi, che ha parlato di una sconfitta collettiva:

Dobbiamo impegnarci a fare in modo che non si ripetano più queste tragedie. Ma dobbiamo anche accettare la nostra sconfitta, il fallimento della pretesa organizzativa che vorrebbe eliminare il male e la morte innocente.

Un messaggio che oggi suona come un atto di dolore per un bambino che poteva e doveva essere salvato.

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Cronache

Omicidio di Maria Campai, condannato a 15 anni e 8 mesi il 19enne di Viadana: “Volevo scoprire cosa si prova a uccidere”

Condannato a 15 anni e 8 mesi il 19enne di Viadana che, da minorenne, uccise Maria Campai. Il delitto brutale era stato motivato dal desiderio di “sapere cosa si prova a uccidere”.

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È stato condannato con rito abbreviato a 15 anni e 8 mesi di reclusione il 19enne di Viadana, autore dell’omicidio di Maria Campai, la 42enne di origini romene residente a Parma, uccisa nel settembre 2024 con una violenza inaudita.
Il delitto avvenne quando l’imputato era ancora minorenne: i due si erano conosciuti su un sito di incontri online, e si erano incontrati in una villa disabitata nella zona dove il giovane viveva.

La sentenza è stata pronunciata dalla giudice Laura D’Urbino del tribunale dei minori di Brescia, che ha accolto solo in parte le richieste della procura.
Il pm Carlotta Bernardini aveva chiesto 20 anni, il massimo previsto per un minorenne, mentre la difesa – affidata agli avvocati Paolo Antonini e Valeria Bini – aveva chiesto di escludere la premeditazione.


“Volevo sapere cosa si prova a uccidere”

Una frase agghiacciante pronunciata dal giovane durante gli interrogatori ha segnato profondamente l’inchiesta:

Volevo scoprire cosa si prova a uccidere. L’ho fatto con una mossa di wrestling.”

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Maria Campai fu uccisa nel garage di casa del ragazzo, trasformato in una palestra di arti marziali, poco dopo un rapporto intimo.

L’autopsia ha rivelato che la donna fu colpita con estrema violenza — pugni al volto, alla testa e al corpo — e poi soffocata, mentre cercava disperatamente di difendersi.
Dopo il delitto, il giovane spostò il corpo nel giardino di una villa abbandonata, dove lo nascose sotto foglie e arbusti.


Una settimana di silenzio e la svolta

Per una settimana la famiglia di Maria, in particolare la sorella, l’aveva cercata ovunque, anche con un appello a Chi l’ha visto?.
È stata proprio la sorella a riconoscere il ragazzo come l’ultimo ad aver accompagnato la donna, conducendo gli investigatori sulla pista giusta.

Davanti ai carabinieri, il giovane ha infine confessato e indicato il luogo esatto dove aveva nascosto il corpo.

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