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Mamma Natuzza Evolo diventerà Santa, il vescovo Luigi Renzo darà inizio alla causa di beatificazione della mistica di Paravati

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La lieta novella l’ha portata il vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, monsignor Luigi Renzo. Ai fedeli, nel corso della messa celebrata  a Paravati, Vibo Valentia, in occasione dell’anniversario dell’arrivo della effige del Cuore immacolato di madre rifugio delle anime, nei luoghi che hanno accompagnato la vita e la missione spirituale di Mamma Natuzza Evolo, ha detto “sono qui per darvi la bella notizia che la Congregazione della dottrina della fede, a seguito delle nostre relazioni, ha sciolto le riserve dando il parere favorevole per aprire la causa di beatificazione di Mamma Natuzza Evolo”.
La notizia del vescovo è stata accolta da un fiume di fedeli, 15mila personecirca,  presenti in rappresentanza dei cenacoli di preghiera di Mamma Natuzza. “Nei prossimi giorni- ha aggiunto monsignor Renzo- mi incontrerò a Roma con il segretario della Congregazione dei santi con cui mi metterò d’accordo sulle procedure da seguire”.

Morta il primo novembre 2009 a Paravati, frazione di Mileto dove ha sempre vissuto dal giorno della nascita, il 23 agosto del 1924, Natuzza era nota come la mistica delle stimmate per la sua capacità di “dialogare” con la Madonna e con i morti e per quelle ferite sanguinanti che le comparivano nel periodo della Quaresima, un mistero che non ha mai trovato alcuna spiegazione scientifica. Quei segni comparvero per la prima volta quando Natuzza aveva dieci anni. Da quel momento l’analfabeta Natuzza divenne il centro di un culto autentico. In tanti si rivolgevano a lei per avere notizie dei parenti defunti e tra le capacità attribuite alla “mistica di Paravati” c’era la bilocazione, quella di trovarsi in due posti diversi contemporaneamente.

Nella casa in cui la donna abitava insieme al marito e ai cinque figli, si fissavano almeno quattrocento appuntamenti la settimana, a esclusione del periodo di Quaresima quando apparivano i casi di emografia. Lei che era di origini umili e in dialetto si definiva “nu vermu di terra” – un verme di terra – ascoltava tutti: le chiedevano conforto, consigli. Oppure notizie dei defunti che affermava di vedere nell’oltretomba. File interminabili, che diventavano ondate di folla quando a Paravati arrivavano per i raduni di spiritualità con i giovani o per le messe oceaniche. Anche personaggi dello spettacolo si affacciavano a Paravati per incontrarla e sul palco degli eventi che organizzavano in suo onore apparivano Gigi D’Alessio e Alessandra Amoroso, Al Bano e Katia Ricciarelli, Lorena Bianchetti e Pippo Franco.

Il suo carisma si è diffuso, grazie anche all’opera dei calabresi emigrati nel mondo che hanno riportato l’esperienza dei gruppi di preghiera voluti da Natuzza in oltre 450 “cenacoli” sparsi, oltre che in Italia, anche in Australia e in Messico, in diverse località dell’Africa, in Belgio, in Canada e negli Stati Uniti. Persino nel continente virtuale dei social network i profili ispirati alla Evolo hanno cominciato a proliferare e continuano ancora a raccogliere consensi. Su Facebook la pagina dei “devoti di Natuzza” conta oltre 230mila seguaci, quella dei giovani di Mamma Natuzza ne ha altri 60mila. Per Padre Pio sono poco più di un milione, ma anche in rete il frate è su un livello irraggiungibile per chiunque.

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Giffone (RC), i Carabinieri scoprono e distruggono la quinta piantagione di marijuana in pochi giorni

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Continuano le operazioni di contrasto alla coltivazione illegale di marijuana nel comune aspromontano di Giffone. I Carabinieri della Compagnia di Taurianova, supportati dallo squadrone eliportato “Cacciatori di Calabria”, hanno scoperto e distrutto un’altra vasta piantagione di marijuana nascosta in una zona boschiva e impervia. Questa è la quinta piantagione individuata nel giro di pochi giorni.

Durante l’ultimo intervento, i militari hanno rinvenuto oltre 2500 piante di marijuana, alcune delle quali superavano i due metri di altezza e si trovavano già in uno stato avanzato di crescita, pronte per essere raccolte. Sul posto, è stato sorpreso un giovane di 21 anni, residente a Giffone, mentre controllava lo stato di maturazione delle piante e gestiva un sofisticato sistema di irrigazione.

L’operazione ha impedito la produzione di oltre 70 mila dosi di marijuana, che avrebbero avuto un valore di mercato di circa 600.000 euro. Grazie all’intervento tempestivo dei Carabinieri, le piante sono state estirpate e sequestrate, prevenendo così l’immissione sul mercato illegale degli stupefacenti.

Attualmente, il procedimento è nella fase delle indagini preliminari. La responsabilità del giovane arrestato sarà valutata nel corso del successivo processo, in base alla fondatezza delle accuse mosse a suo carico. Non si escludono ulteriori sviluppi investigativi e probatori, anche in favore della persona indagata.

L’impegno dei Carabinieri nel contrastare la coltivazione e il traffico di droga continua a dare risultati significativi. La scoperta e la distruzione di queste piantagioni rappresentano un importante passo avanti nella lotta contro il mercato illegale degli stupefacenti, contribuendo a proteggere la salute pubblica e la sicurezza della comunità.

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Magnate asiatico Kwong, mai pagato o conosciuto Boraso

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Il magnate singaporiano Ching Chiat Kwong si chiama ‘fuori’ dalle accuse che lo inseriscono nell’inchiesta di Venezia, sostenendo di non aver “mai pagato, ne’ conosciuto” l’assessore Renato Boraso, in carcere per corruzione. Kwong, indagato dai pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini, ha fatto conoscere la sua posizione attraverso il proprio difensore, l’avvocato Guido Simonetti. Nelle carte dell’accusa il miliardario asiatico è chiamato in causa – per l’acquisto dei due palazzi veneziani Donà e Papadopoli, e per la trattativa sui ‘Pili’ – assieme a Luois Lotti, suo plenipotenziario in Italia, e Claudio Vanin, imprenditore prima con loro in affari, ora ingaggiato in una dura lotta legale con Lotti.. A Venezia c’è intanto attesa per capire quali saranno le mosse del sindaco Luigi Brugnaro, a sua volta indagato, che pressato dei partiti della sua maggioranza – in particolare Fdi – ha deciso di anticipare al 2 agosto (prima era il 9 settembre) la data del chiarimento in Consiglio Comunale. Brugnaro continua a lavorare, e non ha intenzione di presentarsi dimissionario.

E se può essere suggestivo accostarvi oggi le dimissioni di Giovanni Toti, suo ex compagno di avventura in ‘Coraggio Italia’, da ambienti vicini a Ca’ Farsetti si fa notare come le due vicende siano “completamente diverse”. Brugnaro è indagato per concorso in corruzione con i due dirigenti dell’ufficio di gabinetto Morris Ceron e Derek Donadini. Quando scoppiò l’inchiesta il Procuratore Bruno Cherchi aveva sottolineato che l’iscrizione del sindaco nel registro era stata fatta solo “a sua tutela”. I chiarimenti veri, tuttavia, non saranno possibili fino a quando i nomi di peso finiti nell’inchiesta non decideranno di presentarsi davanti ai magistrati. Oggi intanto ha provato a chiarire la propria posizione l’uomo d’affari singaporiano “Ching Chiat Kwong – ha dichiarato l’avvocato Simonetti – “non ha mai disposto né effettuato (neppure tramite persone terze) il pagamento di una somma nei confronti dell’assessore Renato Boraso”.

Inoltre “non ha mai neppure conosciuto l’assessore Renato Boraso”. E sulle due operazioni portate a termine da Kwong a Venezia, viene sottolineato che i due edifici citati nell’inchiesta, palazzo Donà e palazzo Papadopoli, “sono stati acquistati attraverso una procedura ad evidenza pubblica e a prezzi in linea (se non superiori) al loro valore di mercato”. Nelle carte dell’inchiesta, l’accusa sottolinea tuttavia che proprio per far abbassare il valore di acquisto di palazzo Papadopoli, da 14 mln a 10,7 mln, Boraso avrebbe ricevuto da Kwong “”per il tramite dei suo collaboratori”, la somma di 73.200 euro, attraverso due fatture da 30.000 euro più Iva, emesse da una società dell’assessore, la Stella Consuting, per una consulenza “in realtà mai conferita, ne’ eseguita”. Quanto all’affare, poi sfumato, dei Pili, l’avvocato di Kwong evidenzia “come la trattativai non si sia in alcun modo mai concretizzata, fermandosi ad uno stadio del tutto embrionale”.

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‘Sgomberate la Vela’, l’ordinanza del 2015 mai eseguita

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Un’ordinanza datata ottobre 2015 metteva in guardia dal pericolo crolli: la Vela Celeste va sgomberata, il succo di una relazione del Comune di Napoli messa nero su bianco. La firma in calce è quella del sindaco dell’epoca, Luigi de Magistris. Un sos che non troverà mai seguito e di cui oggi la città piange le conseguenze dopo il crollo del ballatoio-passerella che lunedì sera ha determinato la morte di tre persone e il ferimento di altre dodici. Dunque, non solo il documento datato 2016 che denunciava la mancata manutenzione dei ballatoi della Vela Celeste di Scampia con relativo rischio crollo, dal passato emerge anche un’altra carta che chiama in causa l’immobilismo delle istituzioni. Perché quell’ordinanza di sgombero coatto non è mai stata presa in considerazione?

E perché si è preferito agire con degli accorgimenti che sanno di palliativo piuttosto che affrontare di petto l’emergenza segnalata da quel documento pubblicato sull’albo pretorio del Comune? Domande in attesa di risposta e sulle quali la procura di Napoli – che ha aperto un’indagine contro ignoti per crollo colposo e omicidio colposo – intende fare chiarezza. L’ordinanza firmata de Magistris – è quanto emerge – era dettata dalla necessità di tutelare l’incolumità di 159 famiglie per un totale di 600 persone residenti nella Vela Celeste. Alla base del provvedimento c’era la relazione di un dirigente comunale che delineava un quadro di pericolo allarmante. Anche la politica chiede di fare chiarezza.

A partire dalla segretaria del Pd Elly Schlein che ne ha parlato al festival di Giffoni: “È un tragedia drammatica – ha detto -. Abbiamo immediatamente espresso tutta la nostra vicinanza alle persone, alle famiglie, al quartiere colpito. C’è da fare luce su quello che è accaduto perché non può succedere una cosa del genere”. Fare luce è quello che intende fare la Procura di Napoli che ha disposto l’ampliamento dell’area sottoposta a sequestro, dal terzo piano fino al piano terra. Le verifiche stanno riguardando anche le posizioni dei residenti nella Vela “incriminata” che, in gran parte, secondo quanto si apprende da fonti qualificate, risulterebbero abusivi. E intanto si sta rivelando più difficoltosa del previsto l’acquisizione della copiosa documentazione amministrativa sulla Vela Celeste. Si tratta in particolare degli atti relativi al progetto di riqualificazione ReStart e alla manutenzione del complesso di edilizia popolare con relative negligenze che oramai sono date per scontate. Fondamentali saranno per gli inquirenti le risultanze del lavoro affidato al perito, un ingegnere strutturista forense. Conferito, infine, l’incarico per gli esami autoptici sui corpi delle tre vittime.

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