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Maltempo in Italia, non esistono alberi killer ma italiani che non curano il verde e stuprano la natura che si vendica dell’incuria ad ogni pioggia

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I fiumi che esondano. I costoni rocciosi che scivolano a valle. Il fango che scende dalla montagna e travolge qualunque cosa incontri. Questi sono alcuni dei segnali che ad ogni pioggia la natura violata o mal curata ci manda. Spesso sono segnali di morte, perché molti italiani perdono la vita per maltempo. La colpa non è delle condizioni meteo, è l’incuria umana che uccide in un Paese con i piedi di argilla. Anche parlare di fango assassino è un modo facile per lavarsi la coscienza. Non esiste il fango assassino nei paesi civili in cui si cura il territorio, si smette di parlare da decenni di dissesto idrogeologico ma si rimuovono le cause di questo dissesto. 

I pericoli maggiori, però, quando piove un po’ più del solito, quando il maltempo si abbatte sulle nostre regioni assieme ad un forte vento di scirocco (è successo ieri), sono quelli sotto casa, dietro casa, lungo le nostre strade, nei nostri parchi. E così in una giornata di forti venti e qualche tromba d’aria (non uragani o tempeste) anche i rami possono uccidere. Ieri a Napoli un ragazzo di 21 anni, uno studente universitario, è stato ucciso da un albero caduto mentre camminava per strada. Altri due giovani sono rimasti uccisi a Castrocielo, sulla Casilina, da un albero abbattutosi sulla loro vettura. A Terracina, un altro ragazzo è rimasto schiacciato da un albero lungo il viale principale di questa bella cittadina della costa laziale. Questi morti e tanti altri feriti pesano sulla nostra coscienza. Questi morti ci dimostrano quanto sia importante la perfetta conoscenza delle condizioni del territorio, anche quello urbano, in cui viviamo. Non ci sono risorse per analizzare le criticità, per monitorare costantemente il nostro patrimonio arboreo. Negli ultimi vent’anni le regioni hanno speso per interventi di messa in sicurezza del territorio circa 7,5 miliardi a fronte di un fabbisogno di 30 miliardi richiesti dalle regioni. E tutto questo accade in un Paese dove la quasi totalità dei comuni italiani, oltre il 90 per cento, è a rischio. Ci sono nove regioni  su 20 che hanno la quasi totalità del territorio inserito nella lista delle zone in cui sono più probabili frane e alluvioni. Stesso discorso vale per il rischio sismico, anche questo un evento naturale come la pioggia e il vento. L’Italia è un Paese bellissimo anche perché è per 2/3 fatto di colline e monti, non occuparsene significa anche non rispettare la bellezza del Paese, depauperarla. È per questo motivo che tra se si vuole fare davvero qualcosa per il Paese, bisogna cominciare a raccontarlo anche meglio. Magari smettendo di parlare di frane, alluvioni e alberi-killer. I killer non sono gli alberi ma quelli che non ne hanno cura. I killer sono quelli che stuprano la natura, non curano la madre terra. Perchè una mamma non è killer, non uccide.

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Nuova Carta della Sismicità in Italia, 72mila eventi in 25 anni

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Racconta i terremoti avvenuti in Italia negli ultimi 25 anni la nuova Carta della Sismicità pubblicata dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia: la mappa mostra che, dal 1° gennaio 1999 al 31 agosto 2024, ci sono stati 72mila terremoti con magnitudo pari o superiore a 2.0, e questi rappresentano solo una piccola parte di tutti gli eventi registrati dalle stazioni della Rete Sismica Nazionale Integrata. Il maggior numero di terremoti si concentrano in particolare nel 2009, nel 2012 e nel biennio 2016-17: soprattutto il 2016 risulta l’anno con attività più intensa, con quasi 12mila eventi di magnitudo maggiore o uguale a 2.0 e oltre 70mila eventi in totale, tenendo conto anche di quelli più piccoli. I terremoti più forti, di magnitudo uguale o maggiore di 5.0, sono stati 72 in tutto, e 3 hanno raggiunto o superato magnitudo 6.0: la sequenza del 2009 in Abruzzo (6.1), quello dell’agosto 2016 ad Amatrice (6.0) e quello dell’ottobre 2016 a Norcia (6.5). Quest’ultimo è l’evento più forte registrato dalla Rete Sismica Nazionale Integrata dalla sua nascita.

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Campi Flegrei, terremoti più probabili col sollevamento del suolo

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La probabilità dei terremoti nei Campi Flegrei aumenta con il sollevamento del suolo: lo indica l’analisi di 20 anni di dati relativi alla deformazione e alla sismicità registrati nella caldera condotta dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) tra il 2000 e il 2023 e pubblicata sulla rivista Communications Earth & Environment.

La ricerca, osserva l’Ingv, “ha una valenza essenzialmente scientifica, priva al momento di immediate implicazioni in merito agli aspetti di protezione civile”. I dati provengono dall’analisi dei segnali geofisici registrati ai Campi Flegrei dalle reti di monitoraggio dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv, sulla base dei quali la situazione è descritta “in un modo il più possibile obiettivo e neutro attraverso un’analisi matematica rigorosa dei dati”, osserva il coordinatore della ricerca Augusto Neri. “Attraverso questa analisi – prosegue – è possibile rappresentare, seppur in termini sintetici e approssimati, il comportamento del vulcano ed evidenziare i suoi cambiamenti nel tempo col fine ultimo di migliorare la comprensione del suo funzionamento”.

Lo studio indica che “su scala decennale il sollevamento del suolo segue un andamento parabolico con un’accelerazione media di circa 0,7-0,8 centimetri l’anno con riferimento alla stazione Gnss del Rione Terra di Pozzuoli, al centro della caldera”, rileva il primo autore dello studio, Andrea Bevilacqua. “L’andamento temporale del tasso di terremoti è invece sovra-esponenziale, ovvero più rapido di un andamento esponenziale”. Non si tratta comunque di andamenti costanti nel tempo, ma “soggetti a oscillazioni di varia frequenza” i cui periodi variano da un minimo di 2-5 mesi a 1,5-3 anni.

La relazione tra deformazione del suolo e numero di terremoti registrati è diversa, quindi, da quella lineare osservata nella crisi bradisismica del 1982-1984 e diventata più forte a partire dal 2020 circa, ovvero con l’avvicinarsi del sollevamento della caldera alla quota massima raggiunta durante la crisi del 1982-1984. “La relazione spiega come mai il sollevamento della caldera registrato negli ultimi anni è stato accompagnato da una più intensa attività sismica rispetto agli anni precedenti”, osserva Neri. Un comportamento, aggiunge, che “può essere interpretato come un progressivo deterioramento delle proprietà meccaniche della crosta più superficiale dei Campi Flegrei”.

Anche dopo la pubblicazione, che si ferma ai dati del 2023, lo studio è stato aggiornato e i dati relativi a fine ottobre 2024 “confermano che gli andamenti e le relazioni individuate nel periodo 2000-2023 sono tuttora valide”, osserva Flora Giudicepietro, coautrice dello studio. “Questo significa – prosegue – che al crescere della velocità di sollevamento aumenta anche la probabilità di terremoti nei Campi Flegrei nei mesi successivi”. Un’altra implicazione è che,” qualora tali andamenti continuassero con le stesse caratteristiche nel futuro, un ulteriore sollevamento della caldera potrebbe essere associato a tassi di attività sismica superiori a quelli registrati nel 2023, come già avvenuto nel maggio 2024. Questo scenario – conclude la ricercatrice – rappresenta una possibile evoluzione futura qualora la crisi bradisismica attualmente in corso dovesse perdurare. D’altra parte, è anche possibile che il processo di sollevamento del suolo flegreo si attenui nel tempo, e questo comporterebbe anche una riduzione dell’attività sismica”.

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Piantedosi, key box per alloggi turisti è un modello da superare

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“Io credo che sia un modello da superare”: lo ha detto il ministro dell’interno Matteo Piantedosi al termine di una riunione nella sede della Prefettura di Venezia a proposito della normativa che impone il riconoscimento di persona dei turisti che giungono in città e non le key box. “E’ da superare – ha aggiunto – perchè è molto critico anche in termini di rispetto della normativa che impone una effettività del riconoscimento della persona che poi accede al servizio alberghiero”. Il ministro ha ricordato che “ci sono episodi che testimoniano che viene utilizzato per eludere la completa applicazione della norma”. “Per cui siamo partiti con questa direttiva, intendiamo poi rafforzare anche i controlli – ha concluso – e progressivamente far in modo che sia affermato un controllo ordinario e meno elusivo”.

C – “A noi interessa l’effettività dell’accesso” ha chiarito Piantedosi, “non assecondando meccanismi che di fatto possono creare un’elusione della norma che prevede che chi accede a strutture alberghiere debba essere compiutamente identificato”. E’ stato posto al ministro il caso specifico dei b&b che, dopo una identificazione iniziale del cliente, non essendoci una portineria, di fatto nei giorni successivi non avviene nessuna altra identificazione. “Questo bisogna vedere – ha risposto il ministro – perchè teoricamente anche in un albergo potrebbe esserci che poi vi entri qualcuno di diverso, vorrà dire che chi deve esercitare questa attività dovrà fare in modo che ci sia una effettività del controllo”. Per quanto riguarda le key box “non è tanto un problema di rimozione fisica ma che quel sistema non può funzionare così”. E’ stato citato dai giornalisti il caso di questi giorni di un proprietario di Padova che aveva affittato l’alloggio per una locazione breve e adesso, finito il contratto, non riesce più a rientrare in possesso della casa perchè vi si sono insediati dei presunti turisti. “Questo non dipende dalla key box – ha chiarito – è una forma di occupazione abusiva. Vedremo il caso specifico”.

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