Collegati con noi

Cultura

La rinascita del Vesuvio vista dagli allievi di Fotografia dell’Accademia di Belle Arti di Napoli

Pubblicato

del

L’Accademia di Belle Arti di Napoli conferma, tra gli innumerevoli compiti, interessi e missioni che sviluppa ed elabora,   il suo spiccato interesse alla valorizzazione e alla testimonianza attraverso la documentazione fotografica, del territorio e di tutte le bellezze, siano esse naturali o realizzate dall’uomo, che la regione Campania offre. Dopo le missioni “Un territorio da scoprire” realizzata nel parco del Cilento e Vallo di Diano,  “Zenith” che abbracciava l’area del cratere del terremoto irpino, e poi l’indagine partita da Buonalbergo per spostarsi su tutta l’area del Fortore, arriva oggi un particolareggiato e attento studio sull’icona massima della Campania, il vulcano Vesuvio, lo sterminator Vesevo che nel 2017 sembrava essere stato ferito a morte, ma che la forte natura selvaggia, ancorché sia stata attaccata da speculazioni edilizie e da dissennate politiche ambientali, sta facendo rinascere ripristinndo l’ equilibrio che il fuoco aveva interrotto.

Gli studenti del 1° anno Biennio Specialistico in Fotografia e quelli del 3° anno del Triennio Fotografia/Cinema/televisione diretti dall’attento sguardo del prof. Fabio Donato hanno documentato la vita produttiva che risorge e vuole continuare a essere motore principale di sviluppo dell’area vesuviana, insieme  agli scorci paesaggistici e storici che tanto contribuiscono, in termini di turismo, allo sviluppo dell’intera area e dell’intera provincia.

“VESUVIO: UNA NUOVA ALBA” è il progetto espositivo promosso e finanziato dall’Ente Parco Nazionale del Vesuvio nato nell’ambito del complesso di azioni messe in campo dall’Ente a seguito del terribile incendio. Ideato dall’architetto Maurizio Conte, consigliere dell’Ente Parco, che e ha curato anche l’allestimento espositivo e da Fabio Donato, che  illustra  il progetto dicendoci: “VESUVIO: la nuova alba” è un prodotto di Scuola dove gli sguardi degli studenti coinvolti seguono differenti orientamenti della fotografia. Queste immagini  parlano di normalità, di quotidianità, di vite che si mescolano in un paesaggio unico e diverso, di un ambiente intriso di emozioni forti. E’ una narrazione a 360 gradi che si sofferma sulle atmosfere, sullo stupore e sulla cultura, nei dettagli di un paesaggio indimenticabile, per stimolare pensieri e creatività di chi le osserverà. Che è poi il ruolo di ogni arte, inclusa la fotografia”.

Cinquanta gli allievi dell’Accademia coinvolti nell’attività, duecento le immagini esposte, realizzate nel vasto territorio che ruota intorno al Parco, composto da 13 comuni su cui risiedono attività agricole, produttive, ricchezze archeologiche e artistiche, paesaggi mozzafiato. Per una complessità che mette insieme bellezza e distruzione per la presenza incombente del Vesuvio.Un territorio narrato attraverso una fotografia che racconta, documentaria, ma che volge spesso lo sguardo al linguaggio artistico. Immagini che entrano nell’area mostrando luoghi carichi di storia e cultura come laVilla Augustea di Somma Vesuviana, Oplonti, gli scavi archeologici di Ercolano e Pompei, incuneandosi nelle tradizioni popolari, come la festa delle Lucerne, o nei volti delle persone che lo abitano e lo vivono.

La Scuola di Fotografia dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, oltre a vantare un altissima percentuale di occupati post diploma di Laurea, da più di 10 anni, lavora sulla cultura dell’immagine e sulla sua comunicazione visiva, approfondendola in tutte le forme e i generi. In occasione del progetto agli allievi è stata proposta una ricerca globale a tema unico per offrire loro la possibilità di misurarsi non solo con la ricerca accademica, ma anche con una reale esperienza professionale. Più volte accompagnati nell’Area del Parco Nazionale del Vesuvio e affiancati da esperti culturali e operatori dei settori rappresentativi dell’area, gli studenti hannoavuto l’occasione, nell’arco di un intero anno accademico da ottobre 2017 a giugno 2018 di misurarsi con gli innumerevoli aspetti del territorio per poterli poi tradurre ed interpretare attraverso la fotografia.

Questa iniziativa non è che il primo passo di un percorso che svilupperà impulsi per altre e significative proposte tra le due istituzioni e il Museo MAV, dove la mostra sarà visitabile dal 3 giugno, volte a  proficui scambi  istituzionali come ricorda il direttore dell’Accademia Giuseppe Gaeta auspicando “una filiera virtuosa di conoscenze e relazioni tra gli enti” . Noi auguriamo Buona Luce e crediamo sia doveroso citarli uno ad uno: Martina Amato, Anferova Kleopatra, Stefania Anicito, Fabrizio Bartolini, Carlo Belardo, Giorgia Bisanti, Cristina Bucciaglia, Selene Casparrini, Ivan Ceheuecos, Erica Cesaro, Maria Cimmino, Alessandra Coppola, Nadia Cortellessa, Emma Crimi, Immacolata Di Lillo, Pierferdinando Di Nuzzo, Luca Esposito, Francesco Ferone, Violetta Eleonora Gasparri, Paula Gonzales, Eva Herrero, Linda Iacuzio, Geremia Iodice, Roberta Lanza, Gaia La Rocca, Lucia Lippiello, Marco Mancini, Assunta Mansueto, Alessandra Mascarucci, Vincenza Mele, Carlo Mottola, Matteo Napodano, Rosa Notaro, Pamela Orrico, Silvia Pagliaro, Annacarmela Palomba, Sara Petrachi, Carla Petrone, Maria Cristina Puzio, Emanuela Rescigno, Silvia Russo, Claudia Scuro, Dario Terraglia, Alessia Valle, HuiWang, Nicolina Zeoli.

 

 

 

 

 

 

Fotogiornalista da 35 anni, collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani. Ha raccontato con le immagini la caduta del muro di Berlino, Albania, Nicaragua, Palestina, Iraq, Libano, Israele, Afghanistan e Kosovo e tutti i maggiori eventi sul suolo nazionale lavorando per agenzie prestigiose come la Reuters e l’ Agence France Presse, Fondatore nel 1991 della agenzia Controluce, oggi è socio fondatore di KONTROLAB Service, una delle piu’ accreditate associazioni fotografi professionisti del panorama editoriale nazionale e internazionale, attiva in tutto il Sud Italia e presente sulla piattaforma GETTY IMAGES. Docente a contratto presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli., ha corsi anche presso la Scuola di Giornalismo dell’ Università Suor Orsola Benincasa e presso l’Istituto ILAS di Napoli. Attualmente oltre alle curatele di mostre fotografiche e l’organizzazione di convegni sulla fotografia è attivo nelle riprese fotografiche inerenti i backstage di importanti mostre d’arte tra le quali gli “Ospiti illustri” di Gallerie d’Italia/Palazzo Zevallos, Leonardo, Picasso, Antonello da Messina, Robert Mapplethorpe “Coreografia per una mostra” al Museo Madre di Napoli, Diario Persiano e Evidence, documentate per l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, rispettivamente alla Castiglia di Saluzzo e Castel Sant’Elmo a Napoli. Cura le rubriche Galleria e Pixel del quotidiano on-line Juorno.it E’ stato tra i vincitori del Nikon Photo Contest International. Ha pubblicato su tutti i maggiori quotidiani e magazines del mondo, ha all’attivo diverse pubblicazioni editoriali collettive e due libri personali, “Chetor Asti? “, dove racconta il desiderio di normalità delle popolazioni afghane in balia delle guerre e “IMMAGINI RITUALI. Penitenza e Passioni: scorci del sud Italia” che esplora le tradizioni della settimana Santa, primo volume di una ricerca sui riti tradizionali dell’Italia meridionale e insulare.

Advertisement

Cultura

Riccardo Muti a Pompei: “Ogni ritorno in Campania è un tuffo nel mio passato. La cultura del Sud va difesa”

Riccardo Muti si racconta al Mattino: l’amore per Napoli, la formazione al San Pietro a Majella, l’omaggio a Rota e la difesa della cultura del Sud con la musica.

Pubblicato

del

Riccardo Muti torna in Campania e si lascia avvolgere dalla memoria. «Ogni ritorno a Napoli o a Pompei è un ritorno all’infanzia, all’adolescenza, alla nostalgia di un passato meraviglioso, di luoghi magici», racconta in una lunga intervista al Mattino. E lo fa alla vigilia del concerto che il 24 luglio dirigerà nell’anfiteatro degli scavi di Pompei con l’Orchestra Giovanile Cherubini.

Nel ricordo di quel ragazzo che a Pompei fece la Prima Comunione nella Basilica del Rosario e che a Napoli, tra il liceo Vittorio Emanuele e il conservatorio San Pietro a Majella, pose le basi di una carriera leggendaria, c’è tutta l’intensità di un uomo che continua a difendere la cultura del Sud.

Un programma per tutti, ma non semplice

Nel programma della serata, nell’ambito della rassegna “Beats of Pompeii”, brani popolari ma non banali: Bellini, Verdi, Rota e Ravel. «Sì, è musica che tutti conoscono, ma non per questo è semplice. È un repertorio che mostra diverse sfumature della grande musica sinfonica», spiega Muti.

In particolare, “Le quattro stagioni” di Verdi da I Vespri siciliani è un passaggio che il Maestro difende con forza: «È uno dei brani sinfonici più importanti di Verdi. Eppure viene spesso tagliato a teatro: è un errore. È un delitto tagliarlo».

L’omaggio a Nino Rota, il maestro dimenticato

Nel programma anche la celebre colonna sonora de Il Padrino di Nino Rota, di cui Muti parla con affetto e riconoscenza: «Fu lui a riconoscere il mio talento e ad indicarmi il percorso da seguire. È grazie a lui se ho fatto la strada che ho fatto».

Ma aggiunge con amarezza: «In Italia Rota non è ancora considerato come merita. È stato molto di più che un autore di colonne sonore: ha scritto musica sinfonica, operistica, da camera. Tutta da scoprire».

San Pietro a Majella: promesse ancora non mantenute

Il Maestro non nasconde la delusione per lo stato del Conservatorio di Napoli dove si formò: «L’ultima volta che sono passato da lì sono rimasto molto colpito negativamente. So che la Regione ha stanziato fondi importanti e che i lavori dovrebbero partire a novembre, ma in Giappone in questo tempo avrebbero costruito un grattacielo. Basta progetti infiniti. San Pietro a Majella è un patrimonio mondiale, non solo napoletano».

Pompei e i luoghi della cultura del Sud

Il concerto a Pompei è la tappa finale di un tour iniziato a Udine e passato da Lucca. Un ritorno, due anni dopo l’esibizione nel Teatro Grande degli Scavi in occasione delle “Vie dell’Amicizia”. Ma è anche una dichiarazione d’amore per la cultura meridionale.

«Pompei, Paestum, Agrigento… sono luoghi che raccontano la bellezza e la storia millenaria del Sud», dice. E ricorda l’emozione di suonare davanti al Tempio della Concordia o al Tempio di Nettuno, mentre si alzava la luna.

La missione di un uomo del Sud

«Vorrei che questi eventi non fossero episodi isolati, ma parte di un percorso culturale forte», afferma Muti con passione. E aggiunge: «Io, napoletano da parte di madre e pugliese da parte di padre, sento il dovere di difendere i valori della cultura meridionale, tanto più attraverso la musica, che è un linguaggio universale capace di unire i popoli».

La musica, per Muti, è un ponte verso la pace, uno strumento per rendere l’uomo migliore, un messaggio rivolto soprattutto ai giovani: «Devono amare le loro radici e la loro terra. Io continuo a farlo».

Continua a leggere

Cultura

Le grandi mostre dell’estate 2025: un viaggio tra arte, fotografia e riflessioni sul tempo

Da Cattelan a Modigliani, passando per il Giubileo a Roma e la fotografia di Brassaï: l’arte si fa protagonista della stagione.

Pubblicato

del

L’estate 2025 è una stagione ricchissima di mostre in tutta Italia, con proposte per tutti i gusti: dalla provocazione concettuale di Maurizio Cattelan al lirismo di Modigliani, passando per la fotografia documentaria, l’arte contemporanea e la memoria visiva. Ecco una selezione degli appuntamenti imperdibili.

Bergamo: Cattelan e le stagioni del tempo

Alla GAMeC di Bergamo, Maurizio Cattelan è protagonista con “Seasons” fino al 26 ottobre. La mostra si articola in quattro sedi cittadine: a Palazzo della Ragione con November (2023), alla GAMeC con Empire (2025) e No (2021), all’Ex Oratorio di San Lupo con Bones (2025) e nella Rotonda dei Mille con One (2025). Un’esplorazione del tempo e della realtà nella loro complessità e drammaticità.

Roma: lo sguardo dei fotografi sul Giubileo

Al Vittoriano fino al 28 settembre, la mostra “Città aperta 2025. Roma nell’anno del Giubileo” racconta la trasformazione della Capitale attraverso gli scatti di Diana Bagnoli, Alex Majoli e Paolo Pellegrin, tra volti di fedeli, visioni intime e riflessioni sul cambiamento urbano. Un viaggio fotografico nella Roma viva e pulsante del Giubileo di papa Francesco.

Milano: l’amore e la memoria nel segno di Lovett/Codagnone

Il PAC di Milano ospita “I Only Want You To Love Me”, prima retrospettiva dedicata al duo Lovett/Codagnone, attivo dal 1995. In mostra fotografie, video, installazioni e una giostra monumentale creata da Valerio Berruti per “More than Kids”, al Palazzo Reale dal 22 luglio, con musiche originali di Ludovico Einaudi.

Perugia: Modigliani in mostra

Alla Galleria Nazionale dell’Umbria, torna “Un capolavoro a Perugia”: protagonista è il Nu couché (1917-1918) di Amedeo Modigliani, dalla Collezione della Pinacoteca Agnelli di Torino, affiancato da altre otto opere del maestro, in dialogo con esempi di arte antica europea ed extraeuropea. Visitabile fino al 15 settembre.

Matera: i segni di Dadamaino

Al Museo della Scultura Contemporanea di Matera, dal 5 luglio al 5 ottobre, la mostra “Dadamaino. Segni, grafie, spazi” propone opere dell’artista milanese realizzate tra il 1975 e il 1996, accanto a ceramiche inedite prodotte in città negli anni ’70. A cura di Flaminio Gualdoni.

Aosta: Brassaï e la Parigi notturna

Al Centro Saint-Bénin, dal 19 luglio al 9 novembre, si tiene la retrospettiva “Brassaï. L’occhio di Parigi”, con oltre 150 stampe d’epoca, sculture e oggetti personali. Un affascinante racconto della capitale francese attraverso lo sguardo del grande fotografo ungherese.

Fabriano: Giacomelli e Massi in dialogo

A Zona Conce fino al 19 ottobre, la mostra “Passaggi” mette a confronto Mario Giacomelli e Simone Massi: 35 fotografie e 35 disegni raccontano il rapporto tra immagine e movimento. L’iniziativa celebra il centenario della nascita di Giacomelli.

Firenze: l’ecologia di Haley Mellin

Al Museo Novecento, fino al 29 ottobre, “Siamo Natura” presenta la prima personale italiana dell’artista americana Haley Mellin, che unisce arte e attivismo ambientale. I dipinti all’aperto e a emissioni zero raccontano paesaggi protetti, realizzati in piena armonia con la natura.

Continua a leggere

Cultura

A Andrea Bajani il premio Strega dopo le tensioni con il Mic

Pubblicato

del

Vince il superfavorito Andrea Bajani con 194 voti per ‘L’anniversario ‘(Feltrinelli) il Premio Strega 2025 (anche se sul tabellone per la fretta era stato scritto il numero sbagliato di 187 voti), una serata finale dopo una vigilia di tensioni tra gli organizzatori e il governo che pensa al trasloco a Cinecittà per il principale premio letterario italiano nel 2026, anniversario degli 80 anni. “Sono ventidue anni che pubblico libri. Gratitudine a quelli che hanno creduto in me, i lettori, gli editori. Quest’anno sono i 60 anni della Feltrinelli che ha creduto in me” ha detto Bajani, emozionato bevendo dalla bottiglia del liquore Strega.

“La letteratura è contraddire la versione ufficiale” ha aggiunto lo scrittore in abito minimal. La serata del 3 luglio, in cui spicca l’assenza del ministro della Cultura Alessandro Giuli per impegni istituzionali a Berlino, “potrebbe essere l’ultima serata finale del Premio Strega al Ninfeo di Villa Giulia a Roma. Per l’anno prossimo – spiegano fonti del Collegio Romano – il ministero della Cultura si riserva di offrire alla Fondazione Bellonci la sede di Cinecittà”. Già vincitore del Premio Strega Giovani 2025 e già finalista al Premio Strega e Campiello nel 2021 con Il libro delle case (Feltrinelli), Bajani mette a nudo ne L’anniversario, tra romanzo e autofiction, i micidiali intrecci di una famiglia opprimente con un doppio passo: “da un lato il racconto dell’inferno domestico, dall’altro il distacco di chi pensa ‘di tutto questo posso dire la mia versione’.

L’idea della fuga sta sempre dentro l’idea della colpa” dice Bajani. Sulla premiazione al Ninfeo del Museo etrusco di Villa Giulia a Roma hanno pesato anche gli strascichi delle polemiche della vigilia tra gli organizzatori e Giuli che aveva sottolineato “di non aver ricevuto nessun libro” e aveva ironizzato: “da Amico della Domenica sono diventato nemico della Domenica” facendo riferimento alla giuria del premio. Ma il direttore della Fondazione Bellonci, Stefano Petrocchi, prima della diretta su Rai3, condotta da Pino Strabioli, ha rassicurato: “Oggi abbiamo mandato i libri dei finalisti al ministro Giuli e da Berlino ha ringraziato tramite il suo ufficio”.

Presente il presidente della Commissione Cultura della Camera e Responsabile Nazionale cultura e innovazione di Fratelli d’Italia, Federico Mollicone che dice: “il Premio Strega è una festa alta e popolare. Qui c’è tutto il sistema editoriale che deve essere sostenuto e rafforzato. Con il ministro Giuli e con il Parlamento abbiamo stanziato 44 milioni per aiutare la filiera editoriale e aprire nuove librerie per giovani, soprattutto dove non ci sono”.

Le votazioni hanno riservato una sorpresa: nella sfida per il secondo posto ha prevalso Elisabetta Rasy con 133 voti per ‘Perduto è questo mare’ (Rizzoli) in cui a tenere la scena sono un padre sognatore e un grande amico e scrittore, Raffaele La Capria. Mentre Nadia Terranova, per la seconda volta finalista allo Strega, si è dovuta accontentare del terzo posto per ‘Quello che so di te’ (Guanda), 117 voti, in cui indaga sulla bisnonna Venera che ha vissuto l’esperienza del manicomio per 11 giorni nel 1928. Quarto Paolo Nori, con ‘Chiudo la porta e urlo’ (Mondadori), 103 voti, in cui le poesie di Raffaello Baldini diventano racconto e non molto distante al quinto posto (erano ex aequo in cinquina) l’anestesista esordiente Michele Ruol con Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (TerraRossa), 99 voti, in cui racconta il lutto entrando nell’intimità dei personaggi attraverso le impronte lasciate sugli oggetti. Ventagli ai tavoli nella serata bollente al Ninfeo che ha visto Filippi Timi in cinque momenti teatralizzati presi dagli incipit dei libri finalisti, accompagnato da due musicisti d’eccezione, Roberto Angelini e Rodrigo D’Erasmo, e Anna Foglietta in un assolo in cui ha ricordato Pasolini a 50 anni dalla morte e il tema che unisce i cinque libri, la famiglia, concluso con un appello alla “Palestina libera”.

E ancora un’intervista ad Anna Foa, vincitrice del Premio Strega Saggistica con Il suicidio di Israele (Laterza). Al tavolo Rizzoli, Dacia Maraini, contraria al trasferimento a Cinecittà del premio. “Il Ninfeo ha una tradizione importantissima, non va cambiata. Qui c’è una grande comunità letteraria. Era bello che venisse il ministro”. Mentre Elisabetta Rasy commenta: “come il Ninfeo anche Cinecittà è un posto bellissimo. Perché farsi concorrenza, si potrebbe fare un po’ e un po’”. Donatella Di Pietrantonio sottolinea che “la decisione spetta alla Fondazione Bellonci”. Il totale dei voti espressi è 646, pari al 92% degli aventi diritto.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto