Sono a Palermo, in Procura, gli atti dell’inchiesta sul ministro dell’Interno Matteo Salvini e sul capo di Gabinetto del Viminale Matteo Piantedosi. A loro carico c’è una inchiesta. Le contestazioni sono tutte relative al presunto illecito trattenimento dei profughi soccorsi il 16 agosto dalla nave Diciotti. Deciderà il Tribunale dei ministri se chiedere l’autorizzazione a procedere o l’archiviazione delle accuse mosse dal procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio.
Il Procuratore di Agrigento. Luigi Patronaggio ha trasmesso gli atti dell’inchiesta a Palermo
Non ha digerito molto l’attivismo di Patronaggio l’ufficio inquirente di Palermo. Ragioni di competenza territoriale dell’inchiesta. In ogni caso, in Procura hanno intenzione di rileggere bene le carte. Il Procuratore Francesco Lo Voi ha già ricevuto dal suo omologo di Agrigento non una semplice denuncia ma l’intero pacchetto di accusa già istruito. Le indagini della Guardia Costiera, gli interrogatori, ma soprattutto la relazione del pm Luigi Patronaggio con l’ipotesi accusatoria: omissioni di atti d’ufficio, abuso d’ ufficio, l’arresto illegale dei migranti e, soprattutto, i due reati di sequestro, quello di persona aggravato dalla presenza dei minori e quello finalizzato a costringere l’Ue a redistribuire i migranti “usati come ostaggio”.
Insomma, a giudicare da come Agrigento ha impacchettato il tutto, la procura di Palermo dovrebbe fare da semplice passacarte. Cioè trasmettere tutto al Tribunale dei Ministri. E invece Lo Voi intende svolgere un lavoro di analisi rispetto all’inchiesta. A partire dalla competenza territoriale dell’indagine che, sebbene l’input di Salvini sia partito da Roma, si incardinerebbe dove è avvenuto il reato più grave: il sequestro dei migranti. E siccome un ordine scritto non c’è stato si rileggono le comunicazioni di quei giorni.
Fondamentali diventano le due email. Sono le 22.15 del 17 agosto quando al Viminale giunge la richiesta di un porto sicuro per lo sbarco, arrivata dalla nave Diciotti, tramite il centro di coordinamento nazionale. Il testo è standard, la reazione no: il silenzio. Dai social, che sembra essere diventata la forma di comunicazione più importante del ministro dell’Interno Matteo Salvini nonché capo della Lega, sembra di capire che il leader politico non vuole lo sbarco in Italia. I funzionari del Viminale si allineano. Il prefetto Bruno Corda, vice capo dipartimento dell’ immigrazione, interrogato, metterà a verbale: “Eseguivo gli ordini”. In quel momento la nave è tra Malta e Lampedusa, competenza della procura di Agrigento. Sono le 16.41 del 24 agosto quando arriva al Viminale un’altra richiesta ufficiale per lo sbarco. Nulla. Anche al porto di Catania, dove la Diciotti attracca con la scusa dello scalo tecnico, i migranti vengono tenuti a bordo. E in quel punto la competenza spetterebbe a Catania. “Cinquanta pagine di accuse nei miei confronti, 5 reati contestati, 30 anni di carcere come pena massima. Di politici ladri, incapaci e codardi l’Italia ne ha avuti abbastanza. Contate su di me, io conto su di voi», ha scritto su Twitter Salvini, sollevando interrogativi maliziosi su come avesse saputo la notizia riservata. “Voi pensate che io abbia paura e mi fermi? – ha aggiunto -. Mai”.
Un vero mini-clan, con tanto di summit e azioni intimidatorie. Tutto formato da minorenni dei Quartieri spagnoli di Napoli. E’ la scoperta di una indagine dela polizia che ha portato a una misura di custodia cautelare del gip partenopeo con il carcere nei confronti di tre ragazzi, ritenuti vicini ai Di Biasi, meglio conosciuti come Faiano, e indagati, a vario titolo, di lesioni personali, porto e detenzione di armi da fuoco, violenza privata, rapina, reati tutti aggravati anche dalle modalita’ mafiose. Il provvedimento nasce dalle indagini sul ferimento a colpi d’arma da fuoco di Vincenzo Masiello il 5 novembre 2022.
L’agguato e’ da ricondurre alla mira espansionistica di un gruppo di giovanissimi ambiziosi che volevano ritagliarsi il loro spazio all’interno delle dinamiche criminali dei Quartieri Spagnoli. La vittima, attualmente detenuta, e’ da considerarsi elemento di spicco della camorra del quartiere. Durante le indagini e’ emerso che il nascente gruppo criminale e’ dedito a reati contro il patrimonio, ha un’ampia disponibilita’ di armi, ha stabilito la sua base operativa in vico Lungo San Matteo che e’ controllato militarmente. Gli indagati costantemente armati di pistola, per evitare attacchi da componenti di altri gruppi antagonisti, hanno in piu’ occasioni perquisito le persone che, in particolare nelle ore notturne, transitavano nella loro zona di influenza.
Risate e gesti anche quello delle manette, a fine udienza, tra gli imputati al processo in corso a NAPOLI sull’omicidio di Francesco Pio Maimone, l’aspirante pizzaiolo ucciso nelle prime ore del 20 marzo 2023 sul lungomare di NAPOLI da un proiettile vagante esploso al culmine di una lite scoppiata solo per un pestone su un paio di scarpe griffate a cui la vittima era estranee. Il comportamento di alcuni degli accusati – collegati in video conferenza dalle carceri dove sono detenuti – non è passato inosservato in aula, quando ormai l’udienza, particolarmente importante quella di oggi, si era ormai conclusa. Oggi, infatti, per la prima volta uno dei testimoni, un amico della vittima, che era lì e nelle cui braccia Maimone è spirato, ha indicato colui che ha sparato, puntando il dito verso il riquadro del monitor in cui c’era Francesco Pio Valda.
“I fratelli Pellini, condannati definitivamente per traffico illecito di rifiuti, sono responsabili di aver avvelenato la Terra dei Fuochi seppellendo e spargendo nelle campagne di Acerra rifiuti speciali e pericolosi. Era stata disposta la confisca del loro patrimonio per ben 222 milioni, quei soldi dovevano essere destinati alle bonifiche.
Invece, la Cassazione glieli ha restituiti perchè la Corte d’Appello di Napoli si sarebbe attivata oltre i termini previsti. Ministro, per rispetto verso tutti i cittadini e per affermare i valori della Giustizia, chiediamo che si accerti, anche tramite ispezioni, cosa è realmente successo negli uffici giudiziari di Napoli e che si faccia tutto il possibile per recuperare quei soldi alla causa collettiva. Questa non può essere solo una battaglia del Movimento 5 Stelle, deve essere un impegno di tutte le forze politiche”.
Lo ha detto il deputato M5S Sergio Costa, vice presidente della Camera, illustrando un’interrogazione al ministro Nordio. Nella replica, la deputata M5S Carmela Auriemma, prima firmataria dell’atto, ha osservato come “non sia sufficiente la risposta del ministro. 222 milioni di euro sono stati restituiti a dei delinquenti per un vizio procedurale, è doveroso che si faccia la massima chiarezza su quello che è accaduto, lo Stato lo deve a tutti i cittadini cresciuti nella Terra dei Fuochi e alle troppe famiglie che piangono le vittime di quell’inquinamento criminale. Lo Stato non può perdere così davanti agli eco-delinquenti, deve essere forte e inflessibile con questa gente. Bisogna tutelare il lavoro svolto per 15 anni dai magistrati di ben tre procure della Repubblica”.