Collegati con noi

Esteri

Ira Biden, ‘la mia memoria è ok’. Ma fa un’altra gaffe

Pubblicato

del

“La mia memoria è a posto”: un Joe Biden furioso convoca una conferenza stampa serale alla Casa Bianca per attaccare il procuratore speciale Robert Hur, che lo ha scagionato non senza criticare la sua gestione delle carte classificate e la sua grave smemoratezza senile, ma scivola in diretta mondiale nell’ennesima gaffe confondendo il presidente egiziano Al Sisi con quello messicano. E’ la terza gaffe in tre giorni consecutivi, dopo aver scambiato Macron con Mitterrand e Merkel con Kohl. Troppe, anche per quello che un commentatore politico del Washington Post ribattezzò nel 2019 “una Lamborghini delle gaffe”, dopo che l’anno prima lo stesso Biden si era definito “una macchina da gaffe”.

Tanto che ora nel partito democratico ci si comincia a preoccupare seriamente delle condizioni del presidente più anziano della storia americana (81 anni) e del rischio che la sua campagna possa essere compromessa dai crescenti segnali della sua vulnerabilità fisica e mentale. Con il retro pensiero se non era il caso di fare spazio prima ad una leadership più giovane selezionata nelle primarie. Naturalmente i rivali del commander in chief hanno colto la palla al balzo. Criticando non solo i due pesi e le due misure di una giustizia che risparmia Biden ma processa Trump per le carte segrete di Mar-a-Lago (benché lo stesso procuratore speciale abbia rimarcato le differenze) ma anche i deficit di memoria di un uomo che non ricorda date chiave della sua vita. Come la durata della sua vicepresidenza o quando è morto il suo amato figlio Beau.

“Doppi standard”, ha attaccato il tycoon, che si gode il suo giorno migliore del 2024 con la quasi certezza di non essere escluso dal voto da parte della Corte suprema e con la quarta vittoria consecutiva nelle primarie presidenziali repubblicane, dopo essersi aggiudicato i caucus in Nevada (dove correva da solo) e nelle Isole Vergini (74% a 26 contro Nikki Haley). Nel frattempo diversi parlamentari repubblicani a lui fedeli chiedono la rimozione di Biden invocando il 25esimo emendamento, quello introdotto dopo l’assassinio di Jfk per sostituire il presidente Usa in caso di morte, destituzione, dimissioni o incapacità. Più cauti per ora i vertici del Grand Old Party, anche se lo speaker della Camera Mike Johnson ha già definito Biden “inidoneo allo Studio Ovale” dopo il rapporto di Hur. La Haley ha chiesto che si sottoponga ad un test di competenza mentale da condividere con il pubblico ma ha esteso le critiche anche al 77enne Trump: “Potete dire la differenza tra Egitto e Messico o tra Nancy Pelosi e Nikki Haley? Biden e Trump non ci riescono, e io penso che l’America possa fare meglio”, afferma la sua campagna, riferendosi alle gaffe dei due leader.

Quanto al rapporto del procuratore speciale sulla gestione delle carte classificate quando era senatore e vicepresidente, Biden si è detto soddisfatto di essere stato completamente assolto da ogni crimine e ha voluto rimarcare la differenza con Trump. Sul caso “io ho collaborato con la giustizia, deponendo per cinque ore in due giorni, l’8 e il 9 ottobre, all’indomani dell’attacco di Hamas contro Israele, quindi nel bel mezzo di una crisi internazionale. Trump al contrario ha mentito e non ha collaborato”, ha attaccato Biden, negando di aver condiviso carte classificate e di averle conservate incautamente (come documentano le foto del rapporto). Ciò che però ha fatto andare su tutte le furie il commander-in-chief sono stati i commenti di Hur sui suoi problemi di memoria, in particolare il fatto che non ricorderebbe la data della morte del figlio Beau, stroncato da un cancro a 45 anni. “Come ha osato?”, ha dichiarato visibilmente scosso. “Non ho bisogno di nessuno che mi ricordi quando è morto mio figlio: ricordo ogni minuto, ogni istante di quel giorno”, ha assicurato. Poi ha ironizzato con l’ostile corrispondente della Fox alla Casa Bianca: “Forse la mia memoria è cattiva perchè ti ho concesso di farmi una domanda”. Peccato che mentre se ne stava andando abbia abboccato alla domanda di un reporter su Israele e sia tornato indietro, cadendo rovinosamente nella gaffe su Al Sisi.

Advertisement
Continua a leggere

Esteri

Vietato l’accesso al Cristo di Rio dopo la morte di un turista

Pubblicato

del

Le autorità di Rio de Janeiro hanno chiuso temporaneamente l’accesso al Cristo Redentore, il monumento più visitato del Brasile, a causa della mancanza di assistenza medica adeguata dopo la morte di un turista domenica scorda. E’ stato sospeso sia il trasporto con la funicolare, sia quello con i minivan, l’altro mezzo più comune utilizzato per raggiungere la statua.

Il divieto è stato deciso dalla segreteria statale per la Tutela dei consumatori dopo che un brasiliano di 54 anni è morto domenica mattina a causa di malore mentre saliva le scale che portano al Cristo. Al momento dell’incidente il posto sanitario in loco non era ancora aperto. Il luogo è privo di ambulanza, di punti di idratazione, di bagni adatti alle persone con problemi di mobilità e gli ascensori non sono perfettamente funzionanti, ha criticato il Santuario del Cristo Redentore, che dipende dall’arcidiocesi di Rio de Janeiro.

Continua a leggere

Esteri

Ue, ’90 Paesi colpiti da interferenze informative in 2024′

Pubblicato

del

Nel 2024, novanta Paesi e 322 organizzazioni sono stati bersaglio di attacchi da parte di manipolazioni e interferenze informative straniere (Fimi). È quanto emerge dal terzo rapporto del Servizio europeo d’azione esterna (Seae) sulle operazioni Fimi. L’Ucraina è il principale obiettivo degli attacchi Fimi russi con quasi la metà degli incidenti registrati. “L’obiettivo generale è plasmare la percezione globale della guerra a favore della narrazione ingannevole della Russia”, si legge nel report. Le piattaforme social sono il focolaio dell’attività Fimi, con X che “da solo rappresenta l’88% delle attività rilevate”.

Il rapporto prende in esame 505 incidenti Fimi verificatisi tra il 4 novembre 2023 e il 4 novembre 2024 che hanno coinvolto circa 38.000 canali su 25 piattaforme diverse, e sottolinea la “portata globale” di questo tipo di operazioni. Come per il 2023, l’Ucraina rimane la principale vittima degli attacchi Fimi russi, con quasi la metà degli incidenti registrati, 257, nel campione analizzato. Secondo gli esperti, l’infrastruttura Fimi russa si rivolge da un lato agli ucraini per “indebolire la resistenza del Paese” alla guerra, e dall’altro agli alleati occidentali per “indebolire il sostegno” a Kiev all’Ucraina”.

Dopo l’Ucraina, la Francia è il Paese più colpito. Tra i principali obiettivi, i giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi e le elezioni legislative francesi. Analoga sorte è toccata alla Germania e in particolare il governo di coalizione. “Nei 73 casi individuati – scrivono gli esperti – gli attacchi sono avvenuti in occasione di eventi politici, visite internazionali e proteste degli agricoltori, che hanno suscitato grande attenzione da parte dei media”. Tra gli Stati più colpiti, anche la Moldavia, dove si sono tenute le presidenziali e il referendum per l’adesione all’Ue, e l’Africa, con i membri dell’Alleanza degli Stati del Sahel (Mali, Niger e Burkina Faso) che sono stati “bersagli frequenti” degli attacchi Fimi.

“L’Ue è uno dei principali obiettivi”, si legge ancora nel report, in cui si sottolinea come ad essere maggiormente esposti siano da un lato i Paesi dell’Est e i Baltici e dall’altro, la Germania e la Francia “regolarmente bersaglio di campagne localizzate”. Le operazioni Fimi non si sono limitate ai Paesi, ma hanno preso di mira anche organizzazioni e individui. L’Ue, la Nato, i media indipendenti e i difensori della Fimi, come Bellingcat, EU DisinfoLab e Correctiv sono stati tra i più attaccati. Nel mirino anche funzionari di alto livello come la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e gli l’alta rappresentante Ue in carica Kaja Kallas e il suo predecessore, Josep Borrell.

Continua a leggere

Esteri

Crescono le ricognizioni nello spazio aereo iraniano: segnali di un possibile attacco preventivo di Israele?

Pubblicato

del

L’aumento delle attività di ricognizione nei cieli dell’Iran sta alimentando il sospetto che possa essere imminente un attacco da parte dell’Esercito di David per colpire le capacità nucleari che Teheran sta sviluppando. L’ultimo episodio ha visto protagonista un drone-spia statunitense di grandi dimensioni, che si è avvicinato allo spazio aereo iraniano prima di essere individuato e costretto ad allontanarsi dai caccia F-14 dell’Aeronautica militare di Teheran e dai suoi droni da ricognizione.

Secondo quanto riportato dall’agenzia Nournews, le forze armate iraniane restano in stato di massima allerta, pronte a rispondere con un “duro contrattacco contro gli interessi nemici in Medio Oriente”. Questo ennesimo episodio si inserisce in un contesto di crescente tensione, con ripetute incursioni di velivoli da ricognizione vicino ai siti strategici iraniani.

RICOGNIZIONI SEMPRE PIÙ FREQUENTI: UNA PREPARAZIONE ALL’ATTACCO?

L’episodio del drone statunitense non è un caso isolato. Negli ultimi mesi si sono moltiplicate le missioni di sorveglianza da parte di Israele e Stati Uniti nei pressi degli impianti nucleari iraniani. Il timore, sempre più diffuso tra gli analisti militari, è che Israele possa pianificare un attacco preventivo per disabilitare le strutture nucleari iraniane prima che Teheran possa raggiungere la capacità di costruire una bomba atomica.

Israele, che considera il programma nucleare iraniano una minaccia esistenziale, ha più volte ribadito che non permetterà all’Iran di dotarsi di armi nucleari e che è pronto ad agire militarmente se necessario. Le operazioni di ricognizione potrebbero quindi rappresentare una fase preparatoria per un eventuale raid aereo su larga scala, simile a quelli effettuati in passato contro le installazioni nucleari in Iraq (Osirak, 1981) e in Siria (2007).

IRAN: MINACCIA DI UNA RISPOSTA DURA

Di fronte a queste continue incursioni, Teheran ha ribadito la sua volontà di rispondere con forza a qualsiasi attacco. L’Aeronautica iraniana ha intensificato le operazioni di pattugliamento dello spazio aereo e ha schierato una combinazione di caccia e droni per intercettare eventuali minacce.

Parallelamente, l’Iran ha avvertito che un’azione militare israeliana scatenerebbe una rappresaglia senza precedenti, con attacchi diretti contro obiettivi israeliani e statunitensi in tutto il Medio Oriente.

VERSO UNA FASE CRITICA?

Le tensioni tra Iran e Israele non sono mai state così alte. L’aumento delle attività di ricognizione nei cieli iraniani suggerisce che si stia entrando in una fase critica che potrebbe sfociare in un conflitto aperto.

Se le ricognizioni continueranno con questa frequenza, è plausibile che Israele stia preparando un’operazione mirata per colpire i siti nucleari iraniani prima che sia troppo tardi. Resta da vedere se la diplomazia internazionale riuscirà a disinnescare questa pericolosa escalation o se si avvicina il momento di un nuovo, devastante confronto militare.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto