Collegati con noi

Esteri

In Spagna la Manovra economica del socialista Sanchez si negozia in carcere con i catalani

Pubblicato

del

Se in Italia la manovra fa traballare il Governo, in Spagna le trattative per l’approvazione si fanno in carcere. Il governo di minoranza socialista ha trovato un accordo con Podemos per una finanziaria dalla forte impronta progressista:  aumento del salario minimo a 900 euro, come provvedimento bandiera. Tutti contenti a sinistra e sondaggi molto positivi per il governo. Meno entusiasmo a Bruxelles: la Commissione ha inviato una lettera pure a Madrid chiedendo più chiarezza nella descrizione delle misure della manovra. Critiche Ue blande se paragonate gli attacchi all’Italia. Il via libera alla tranquilla Spagna socialista arriverà. Però la manovra la deve votare il Parlamento. E Pedro Sanchez, il premier che nessun ha eletto ma che è lì, sa bene che questi numeri in Parlamento per far approvare la manovra non ci sono.

Pablo Iglesias. Leader di Podemos andato in carcere per chiedere agli indipendentisti catalani di votare la manovra

La nuova intesa a sinistra, socialisti+Podemos, è sempre lontana dalla maggioranza necessaria. Tocca, così, trattare con i due partiti indipendentisti catalani, oltre che con i nazionalisti baschi, fondamentali nel momento di far cadere Rajoy e sostituirlo con Sánchez la scorsa primavera. Oggi è tutto più complicato. Il primo problema è politico, giudiziario e in fondo anche logistico: Oriol Junqueras, il leader di Esquerra republicana de Catalunya (9 deputati a Madrid) è in prigione preventiva da quasi un anno, con l’accusa di aver organizzato una ribellione violenta culminata nella dichiarazione di indipendenza. Un’ingiustizia, agli occhi dei catalani, che impedisce ogni appoggio parlamentare al governo spagnolo. Per sbloccare la situazione il leader di Podemos, Pablo Iglesias, si è presentato ieri pomeriggio nel carcere di Llodoners non lontano da Barcellona, inaugurando un’inedita forma di negoziato, figlia dell’anomalia politica che vive la Spagna di oggi: i leader indipendentisti che hanno dato il via libera al governo sono in carcere o all’estero. L’ esistenza dei “prigionieri politici”, sono un ostacolo complesso, a oggi insormontabile. Esquerra republicana mette una condizione per dare il via libera alla manovra: “Il governo dia un indirizzo alla procura generale dello Stato per liberare i prigionieri”.

Pedro Sanchez. Premier spagnolo

Per l’esecutivo è una richiesta irricevibile: “La separazione dei poteri non si può mettere in discussione”.
In un’ ora e mezza di colloquio Iglesias ha provato a convincere il presidente di Esquerra ad ammorbidirsi, i due hanno potuto parlare senza un vetro davanti, in una sala riservata. Tra Pablo e Oriol grande cordialità, persino affetto, il leader di Podemos ha criticato le misure contro gli indipendentisti, ma pochi risultati concreti: “Junqueras ha ribadito che non ci sediamo a nessun tavolo senza un movimento del governo” ha detto il deputato di Esquerra Joan Tardà alla fine del colloquio.
Alle sei si chiude il cancello della prigione: lo strano negoziato spagnolo è finito. «”Ora tocca al governo» dice Iglesias, senza ottimismo, visto che non spetta al premier aprire le porte di un carcere.

Advertisement
Continua a leggere

Esteri

Londra accusa la Cina: troppe spie con gli occhi a mandorle nel Regno Unito

L’MI5 lancia un’allerta su possibili reclutamenti di talpe cinesi nel Parlamento britannico tramite profili LinkedIn falsi. Il governo Starmer denuncia interferenze ostili e annuncia nuovi investimenti per la sicurezza.

Pubblicato

del

I servizi segreti interni dell’MI5 hanno diffuso un’allerta rivolta ai presidenti della Camera dei Lord e della Camera dei Comuni, segnalando “rischi significativi” di interferenze straniere nel cuore delle istituzioni britanniche. La preoccupazione riguarda due profili LinkedIn ritenuti riconducibili al ministero della Sicurezza di Stato cinese e utilizzati per tentativi di reclutamento di informatori dentro Westminster.

I profili sospetti e il metodo di contatto

Nel mirino degli investigatori ci sono due presunti account falsi, attribuiti a “Amanda Qiu” e “Shirly Shen”. Entrambe le identità si presentano come esperte di ricerca del personale ma, secondo l’MI5, avrebbero contattato funzionari e dipendenti parlamentari con l’obiettivo di ottenere informazioni riservate. Si tratta di un metodo già noto, poiché altre operazioni analoghe sono state più volte denunciate negli ultimi anni.

La reazione immediata del governo Starmer

Il governo laburista ha reagito con estrema durezza. Davanti ai Comuni, il viceministro dell’Interno Dan Jarvis ha definito la vicenda “un tentativo segreto e calcolato di interferenza da parte di una potenza straniera”, ribadendo che simili attività “non saranno tollerate”. Londra ha annunciato un investimento da 170 milioni di sterline in tecnologie avanzate per proteggere le comunicazioni sensibili.

I rapporti con Pechino e il caso dei colloqui bilaterali

Il governo britannico ha inoltre reso noto che la ministra degli Esteri Yvette Cooper ha affrontato la questione con il suo omologo cinese il 6 novembre, sottolineando che il Regno Unito non accetterà alcuna azione volta a minacciare la propria sicurezza nazionale. La Cina ha negato ogni accusa, definendola “priva di fondamento”.

Timori nel ministero della Difesa e precedenti sospetti

Il clima è aggravato anche dai sospetti di possibili intercettazioni, che avrebbero spinto il ministero della Difesa a invitare il personale a non discutere informazioni sensibili sui veicoli di servizio. L’indicazione è arrivata a seguito del ritrovamento, nel 2023, di un dispositivo di tracciamento di provenienza cinese su un’auto governativa utilizzata dall’allora premier Rishi Sunak.

Il caso dei due ricercatori britannici e le tensioni giudiziarie

Resta viva anche la polemica sul caso dei ricercatori Christopher Cash e Christopher Berry, indagati per sospetto spionaggio a favore della Cina. L’inchiesta era stata archiviata prima del processo, ma la Procura della Corona ha poi contestato al governo di non aver classificato formalmente la Cina come minaccia nazionale, limitando così il perimetro investigativo.

La questione aperta della nuova ambasciata cinese

In questo clima cresce l’incertezza sulla decisione relativa alla nuova ambasciata cinese a Londra, destinata a diventare la più grande rappresentanza diplomatica del Dragone in Europa. Il dossier, già sensibile, diventa ora ancora più complesso alla luce dell’allerta lanciata dall’MI5 e delle tensioni politiche tra Regno Unito e Cina.

Continua a leggere

Esteri

Gaza, il Consiglio di Sicurezza approva il piano di pace di Trump: via libera alla forza internazionale di stabilizzazione

Con 13 voti a favore e l’astensione di Russia e Cina, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu approva la risoluzione Usa sul piano di pace di Trump e sulla forza internazionale incaricata di smilitarizzare Gaza.

Pubblicato

del

Fumata bianca al Palazzo di Vetro: il Consiglio di Sicurezza dell’Onu (foto Imagoeconomica) ha approvato la risoluzione statunitense che sostiene il piano di pace di Donald Trump per Gaza e autorizza una forza internazionale di stabilizzazione incaricata anche del disarmo di Hamas. Il voto è passato con 13 sì e due astensioni, quelle di Cina e Russia.

La soddisfazione di Washington

L’ambasciatore americano Mike Waltz ha definito la risoluzione “storica”, sottolineando che sotto la presidenza Trump gli Stati Uniti intendono “continuare a portare risultati” insieme ai partner internazionali. L’approvazione del documento apre la fase due del piano: dopo tregua, scambio dei prigionieri e parziale ritiro dell’Idf dalla Striscia, parte il percorso politico e di sicurezza.

Le trattative e il nodo Mosca-Pechino

Il voto era incerto fino all’ultimo: Russia e Cina avevano criticato la bozza statunitense e presentato un testo alternativo che non prevedeva la smilitarizzazione di Gaza né il ruolo del Board of Peace, presieduto da Trump. La rinegoziazione del documento, unita al sostegno arrivato da numerosi Paesi arabo-musulmani e dall’Autorità Palestinese, ha reso difficile per Mosca e Pechino opporsi apertamente.

I contenuti della risoluzione

Il testo approvato stabilisce che gli Stati membri possono partecipare al Board of Peace fino al 31 dicembre 2027 e sostiene che potrebbero esserci le condizioni per un percorso credibile verso l’autodeterminazione palestinese, a condizione che l’Autorità Palestinese avvii riforme e che la ricostruzione di Gaza faccia progressi.
La forza internazionale, composta soprattutto da Paesi musulmani, avrà il mandato di disarmare Hamas e smantellarne le infrastrutture militari.

Le reazioni più dure: Hamas e Israele

Hamas e un gruppo di fazioni palestinesi hanno denunciato il provvedimento, definendolo un passo verso una tutela straniera sulla Striscia e respingendo ogni clausola di disarmo.
Dall’altro lato, il premier israeliano Benyamin Netanyahu, pressato dall’ala più a destra del suo governo, ha ribadito il rifiuto di uno Stato palestinese e promesso la smilitarizzazione di Gaza “con le buone o con le cattive”.

Tensioni anche in Cisgiordania

Sul terreno la situazione resta infiammata. In Cisgiordania, l’evacuazione dell’avamposto illegale di Tzur Misgavi ha scatenato violenti scontri tra coloni e polizia, con diversi agenti feriti e tentativi di resistenza da parte dei coloni. Disordini anche nel villaggio di Jaba’a, vicino Betlemme, con incendi a veicoli e abitazioni.

Continua a leggere

Esteri

Cresce la tensione tra Giappone e Cina: Tokyo avverte i connazionali in Cina sui rischi di sicurezza

Tokyo avverte i cittadini giapponesi in Cina di evitare folle e prestare massima attenzione, dopo le tensioni esplose per le parole della premier Sanae Takaichi su Taiwan.

Pubblicato

del

Il Giappone ha invitato i propri cittadini residenti in Cina a evitare grandi assembramenti e a prestare massima attenzione all’ambiente circostante. La decisione arriva nel pieno dello scontro diplomatico causato dai commenti della premier Sanae Takaichi su un possibile intervento militare giapponese in caso di attacco cinese a Taiwan.

L’avvertimento dell’ambasciata giapponese

In una nota pubblicata sul sito ufficiale, l’ambasciata giapponese in Cina ha chiesto ai connazionali di evitare i luoghi molto affollati o riconoscibili come ritrovi abituali della comunità giapponese. Le indicazioni seguono l’avviso di Pechino ai propri cittadini di non recarsi in Giappone.

La posizione del governo giapponese

Il capo di gabinetto Minoru Kihara ha spiegato che l’avvertimento è stato deciso dopo “una valutazione completa della situazione politica e della sicurezza nel Paese o nella regione interessata”, sottolineando l’esigenza di cautela in un quadro definito particolarmente delicato.

Le parole della premier Takaichi e la reazione cinese

Lo scontro è esploso dopo le dichiarazioni rilasciate da Takaichi il 7 novembre in Parlamento. La premier aveva ipotizzato la possibilità di un intervento militare giapponese basato sul principio di “autodifesa collettiva” nel caso di un attacco cinese a Taiwan.

Pechino ha giudicato “inappropriati” i commenti, reagendo con durezza e riaffermando la propria posizione: Taiwan è considerata una parte “sacra” e “inalienabile” del territorio cinese, da riunificare anche con la forza se necessario.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto