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Il trucco di Salvini pro De Luca: costringere il M5s a dire che la differenziata in Campania va alla grande…

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“No ai termovalorizzatori! Non servono! In Campania la raccolta differenziata va alla grande!”. Che vi piaccia o no, Matteo Salvini è diabolico: la sua “sparata”, una vera e propria boutade, sulla necessità di costruire in Campania altri 4 termovalorizzatori per i rifiuti (uno per ciascuna provincia oltre a quello di Acerra) è servita a una sola cosa: il M5s, per opporsi all’idea di Salvini, è stato spinto a riconoscere alla Regione Campania, guidata dal grande avversario Vincenzo De Luca, di aver raggiunto una eccellente percentuale di raccolta differenziata. Non solo: il M5s, ai più alti livelli, è anche stato obbligato a randellare il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. Che sia stato o meno “voluto”, l’assist di Salvini a De Luca è andato a segno. Leggete la nota che ha diffuso oggi Alberto Zolezzi, vice capogruppo del M5s alla Camera e membro della Commissione Ambiente, che ha citato i dati Ispra 2016.

“A livello regionale”, ha detto Zolezzi, “la Campania nel 2016 aveva il 52% di raccolta differenziata. Meglio di alcune regioni del Nord. Quello che serve è più raccolta differenziata porta a porta, a partire dal Comune di Napoli e impianti di selezione, recupero materia e compostaggio non inceneritori. E il modello da adottare non è quello di Brescia ma quello della provincia di Treviso che fa senza inceneritori come indicato nel contratto di Governo. Estendendo la raccolta porta a porta, in breve tempo la Campania sarà come il Veneto e raggiungendo il 65% non ci sarà mai spazio per costruire nessun nuovo inceneritore. I dati di fine 2016 (e oggi potrebbero esser migliori)”, ha aggiunto Zolezzi, “infatti parlano di un 47% di differenziata in provincia di Napoli, il 70,9% a Benevento, il 56% ad Avellino, il 51% Caserta ed il 61,3% Salerno. Non sta in piedi industrialmente fare un inceneritore per provincia visto che Benevento ha solo 28mila tonnellate da smaltire nel 2016 e Avellino 64.000. Si fa prima, costa meno ed è sostenibile dal punto di vista ambientale estendere la raccolta differenziata porta a porta a Napoli come De Magistris dovrebbe fare da tempo. Su questo dobbiamo incalzare”.

Vincenzo De Luca. Il presidente della giunta regionale della Campania

“La Campania andrebbe subito al 65% di differenziata con 900mila tonnellate da smaltire, che con il pre-trattamento diventerebbero un 20-30% in meno a smaltimento finale. Cioè 630mila tonnellate. Cioè meno della potenzialità massima di Acerra che è di 725mila tonnellate l’anno”. Capito? Per Zolezzi, vicecapogruppo alla Camera del M5s, Vincenzo De Luca, e magari anche il suo predecessore Stefano Caldoro, hanno fatto un ottimo lavoro sulla differenziata. Tanto ottimo, che non servono i termovalorizzatori. E se le cose non vanno proprio alla grandissima, è “colpa” di Luigi De Magistris…che pure oggi se n’è uscito con un bel comunicato stampa per informare tutti che Napoli è al 38 per cento di raccolta differenziata. Chissà perché l’Asia, Azienda speciale igiene ambiente, abbia sentito la necessità di farcelo sapere proprio oggi.

de magistris

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Scandalo plusvalenze, il Governo pensa ad un intervento normativo

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La prima assemblea della Lega Serie A dopo l’esplosione del caso plusvalenze viaggia su altri temi, anche se la questione aleggia comunque sopra gli uffici in via Rosellini a Milano. Un tema “serio”, come ribadito dal presidente Lorenzo Casini, ma su cui anche la Lega si posiziona in attesa, aspettando le motivazioni della Corte d’Appello FIGC e di eventuali interventi del Governo, che sembra intenzionato a muoversi per limitare il fenomeno in futuro. “Non rimarremo soggetto passivo”, ha detto ieri il ministro Abodi. “Abbiamo acceso un faro, le norma potrebbe cambiare”, l’intervento di oggi del ministro dell’Economia, Giorgetti. Una norma che metta al riparo dagli ‘abusi’ e’ attesa anche dalla Lega di A, che sia sportiva o legislativa.

Tutto sta capire come è possibile intervenire su una fattispecie che riguarda anche transazioni economiche con altri Paesi, non solo tra club italiani. “La plusvalenza in quanto tale non è il male, fa parte del mercato e ci sono società che vivono in modo sano grazie alle plusvalenze. Il problema è quando si sviluppa un abuso ed è quello che va verificato con attenzione, non solo in Italia”, ha spiegato Casini in conferenza stampa. “Sulla vicenda c’è una decisione in corso, ho apprezzato molto le parole del ministro Abodi, è importante capire perché e quindi le spiegazioni. Aspettiamo di leggere le motivazioni, mentre commenti più approfonditi verranno fatti quando sarà chiusa”, ha aggiunto il numero uno della Lega. Il rischio resta comunque quello che il caso plusvalenze possa incidere anche sulla vendita dei diritti tv per il prossimo ciclo, oltre a dare una immagine negativa del campionato tanto che traspare comunque un certo fastidio per la decisione a campionato in corso. “C’è il rischio che la vicenda incida su diritti tv? È una domanda retorica, non la chiamerei però vicenda plusvalenze. Si tratta di capire se vi è stato un abuso di uno strumento. Come intervenire? È problema non solo della Lega, ma del sistema calcio non solo italiano. Non è semplice, ma è indubbio che non è problema che può risolvere una componente da sola”, le parole di Casini.

Il principale tema toccato in assemblea ha riguardato proprio i diritti tv, con l’inizio dei lavori per la stesura del bando per il prossimo ciclo che dovrebbe essere quinquannale dopo la modifica della Legge Melandri. “C’è stato un inizio di discussione sul nuovo ciclo per i diritti tv che continuerà con una assemblea dedicata a metà febbraio e poi proseguirà fino alla pubblicazione del bando nelle prossime settimane”, ha spiegato Casini. Allungamento della vendita dei diritti a 5 anni? È sicuramente una freccia in più nel nostro arco. Poi c’è l’ipotesi di prorogare i contratti che sono attualmente in corso con Sky e DAZN passando da tre a cinque anni, ma per come ho letto l’emendamento non c’è nulla di automatico. Serve un accordo tra tutte le parti, è solo una possibilità”, ha proseguito il presidente della Lega Serie A. Infine, tra le discussioni “c’è stata poi l’approvazione all’unanimità di un testo per l’accordo collettivo con l’Assocalciatori, è una proposta e poi ci sarà un’ulteriore discussione con l’AIC per arrivare poi alla stipula. Sulle riforme, porteremo delle ipotesi di modelli di riorganizzazione della Lega a partire dal tema media company, in modo da mettere un punto e decidere se realizzarla e come farlo. Parliamo di soluzioni organizzative e veicoli organizzativi”, ha concluso Casini.

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Capire la crisi Ucraina

Oms, 3 mila morti senza cure per colpa della guerra

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La guerra miete vittime non solo sul campo di battaglia o sotto le bombe: in Ucraina almeno 3.000 persone sono morte dall’inizio dell’invasione russa per mancanza di accesso alle cure per le malattie croniche, come l’Aids o il cancro. Sono i dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della Sanita’ proprio mentre il direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus, si trova a Kiev dopo aver trascorso un paio di giorni nel Paese. Nel suo viaggio in Ucraina il capo dell’Oms ha verificato inoltre 200 attacchi a strutture sanitarie dall’inizio del conflitto, e secondo il ministro della Sanita’ ucraino, Viktor Liashko, almeno 10 medici sono stati uccisi e 40 sono rimasti feriti. Tutto questo ha impedito anche ai pazienti cronici di farsi curare, portando cosi’ ad altre “3.000 morti premature evitabili”, ha reso noto il capo dell’Ufficio regionale europeo dell’Oms, Hans Kluge. Dal 24 febbraio, “l’Oms ha fornito forniture per traumi ed emergenze da utilizzare in oltre 15.000 interventi chirurgici, medicinali e attrezzature per 650.000 persone. Abbiamo anche consegnato 15 generatori diesel per fornire elettricita’ a ospedali e strutture sanitarie, alcuni dei quali nelle aree liberate nell’oblast di Kiev”, piu’ quattro hub sanitari nell’ovest dell’Ucraina, aveva annunciato pochi giorni fa lo stesso direttore generale da Kiev, prima di intraprendere il suo viaggio nel resto del Paese. “Il tempo che ho trascorso qui mi ha colpito molto”, ha poi ammesso al suo rientro nella capitale il numero uno dell’Oms, dicendosi “profondamente commosso” da cio’ che ha “visto e sentito”. “C’e’ una medicina pero’ che l’Oms non puo’ fornire e di cui l’Ucraina ha bisogno piu’ di ogni altra. Ed e’ la pace”, ha dichiarato ancora Tedros riconoscendo all’Ucraina, nonostante la devastazione, “una straordinaria capacita’ di ripresa”, e chiedendo “alla Federazione russa di fermare questa guerra”. “Il mio messaggio a tutto il popolo ucraino – ha concluso – e’ che l’Oms e’ con voi”.

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Esteri

La guerra travolge la Vodka, #BoycottRussia dilaga

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Non ci sono solo le sanzioni contro le banche e gli oligarchi russi, o l’emarginazione della Russia nel mondo dello sport o l’esclusione da Eurovision. L’indignazione globale contro l’attacco all’Ucraina si traduce anche in una campagna – per il momento lanciata negli Stati Uniti e in Canada – per chiedere che dagli scaffali dei negozi e dai banconi dei bar sparisca il liquore simbolo della Russia: la vodka. “Svuotate tutte le bottiglie di vodka russa e, insieme a munizioni e missili, speditele vuote in Ucraina affinche’ possano essere usate come bombe Molotov”, ha twittato il senatore repubblicano Tom Cotton. La risposta – per fortuna non legata alle bottiglie incendiarie – e’ arrivata dal New Hampshire, dove gli alcolici si vendono in negozi statali: il governatore repubblicano Chris Sununu ha annunciato la rimozione di tutti i prodotti russi. Stesse decisioni, praticamente in contemporanea, sono arrivate da Ohio, Texas e Utah. E in Canada, il Liquor Control Board dell’Ontario, la provincia piu’ popolata del Paese, ha annunciato la rimozione di tutti i “prodotti russi” dai suoi 600 punti vendita. Tuttavia, la misura ritorsiva non fara’ particolarmente male alla Russia: di tutta la vodka consumata nei due Paesi, quella importata dalla Russia e’ circa l’1%, scrive il New York Times citando dati del Distilled Spirits Council of the United States, associazione dei produttori e distributori di alcolici. Il boicottaggio di prodotti alimentari e bevande non e’ una novita’ in tempo di conflitti: nel 2003, ad esempio, quando la Francia si opponeva all’invasione dell’Iraq guidata dagli Stati Uniti, alcuni politici americani chiesero di boicottare il vino francese e se la presero con le patatine fritte, in Usa chiamate ‘French fries’, chiedendo di ribattezzarle ‘Freedom fries’. Ma in rete non e’ solo la vodka nel mirino: c’e’ chi con il dilagante hashtag #BoycottRussia chiede di disinstallare Telegram, fondato dal russo Pavel Durov (peccato che Durov, che vive sostanzialmente in esilio, nel 2014 si rifiuto’ di consegnare ai servizi russi i nomi dei manifestanti ucraini presi da VK, una sorta di Facebook russo, e di chiudere l’account di Alexey Navalny); ma anche chi propone di non acquistare caviale e te’ russi e di minimizzare l’uso di gas.

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