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Cronache

Il parroco di Ischia che sta per diventare papà, per la chiesa isolana è ancora amministratore della parrocchia grazie al vescovo “scordarello”

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Sul sito ufficiale della Chiesa di Ischia non è cambiato nulla. C’è ancora una bellissima prolusione del vescovo di Ischia, Pietro Lagnese, che affida a don Gianfranco Del Neso la comunità cattolica  della Santissima Madre della Chiesa di Fiaiano. Ufficialmente è ancora don Del Neso il parroco. Anche se da una settimana è sospeso a divinis. E chissà anche oggi, che è domenica, chi celebrerà messa. Forse il Vescovo in persona accoglierà nella casa del signore i fedeli un po’ smarriti.

Gianfranco del Neso. Vestito da prete mentre serve messa

“Il Signore non vi lascia soli. Da domenica prossima 24 settembre (corre l’anno 2014 e il 27 giugno dello stesso anno Gianfranco Del Neso viene ordinato sacerdote proprio dal vescovo Lagnese) avrete un nuovo pastore. Sarà qui con voi – dice il vescovo di Ischia ai fedeli radunati in Chiesa- e con lui farete un altro tratto di strada. Il nuovo amministratore parrocchiale sarà don Gianfranco Del Neso. Il Signore vi ha dato tanto, ora chiede che mettiate a frutto tutto quello che vi ha donato. Vogliate bene a don Gianfranco così come avete fatto con don Emanuel, aiutatelo e pregate per lui così come egli farà per voi”. In Chiesa “scroscianti e calorosi applausi quando il vescovo Pietro domenica 17 settembre al termine della Santa Messa del mattino ha annunciato alla comunità parrocchiale Maria SS. Madre della Chiesa in Fiaiano la nomina del nuovo amministratore parrocchiale” recitavano le cronache dei giornali locali dell’epoca. ”Don Gianfranco non ha bisogno di presentazioni. Da sempre molto stimato ed apprezzato da tutti per la sua bontà ed intraprendenza sarà senza dubbio accolto con spirito di fede e con sincera amicizia” fu l’apprezzamento più bello che si potesse fare ad un sacerdote che aveva scoperto la vocazione dopo i 30 anni. Non é mai troppo tardi si dirà. Sí, ma forse quella vocazione tardiva andava assecondata con maggiore serenità, e forse meglio indagata dal vescovo.

Lo stesso vescovo, Pietro Lagnese, che domenica passata ha sospeso a divinis Gianfranco Del Neso piú o meno con la stessa velocità e ponderazione con cui ne fece l’ordinazione. Anche stavolta, però, il vescovo, a parte l’amarezza per lo scandalo del prete che aspetta un figlio da una parrocchiana, pare dispiaciuto per quell’uomo che gli aveva confessato non solo di aver tradito Dio ma anche la sua fiducia. Comunque Lagnese, davanti ai fedeli riuniti in chiesa a pregare con lui, “concede” al sacerdote sospeso l’onore di aver detto la verità, di avergliela confessata. Certo, dopo un anno e passa di relazione sentimentale (e non solo sentimentale, possiamo dire a questo punto) con la ragazza madre già di due figlie e senza marito. Certo, con un figlio che sta per nascere tra due mesi occorre prudenza. Non è mai bello giudicare gli altri. E noi abbiamo rispetto e comprensione per tutti gli attori che recitano sul palcoscenico di Ischia una loro rispettabile parte. L’importante, però,  è che si sia assunto le sue responsabilità. E di questo obiettivamente gliene va dato atto. Ora Gianfranco Del Neso se n’è scappato da Ischia. Era braccato dai giornalisti. Inseguito da maldicenze, sospetti e ingiurie di tanti suoi parrocchiani, mentre altrettanti ne hanno apprezzato serietà e onestà nella scelta di fare coming out prima che le mille voci, i tanti spifferi, gli inciuci sulla sua relazione con la parrocchiana diventassero uno scandalo. Che cosa farà Gianfranco Del Neso è presto detto. Nel minuscolo paesino del nord Italia dove si è rifugiato (non lo scriviamo dove perché sarebbe ingiusto, sarà lui a farlo sapere quando vorrà) vuole ricostruirsi una nuova vita. Ne ha diritto. Sta cercando e troverà un lavoro come idraulico o elettricista. Riparare tubi o aggiustare fili era la sua occupazione, la sua professione prima che si scoprisse guaritore di anime. Dovrà guadagnare perché c’è da dare da vivere al figlio che sta per nascere. Quello che fa e dove sta la sua compagna, quando lo raggiungerà è presto per dirlo. Anche perché lei ora è a casa, a letto, non si sente bene, deve fare attenzione perché la gravidanza necessità sicuramente di cura fisica ma ancor di più evitare stress, emozioni. E quello che è successo è stata una tempesta di emozioni. Quando vorranno, saranno loro due a raccontare come è nato l’amore. Per ora, la cosa più importante, è il figlio che sta per nascere. Lei (o lui) sì che è benedetta (o). Amen

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Cronache

Gianni Berengo Gardin: “La vecchiaia fa schifo, ma morirò comunista con la mia Leica”

Il grande fotografo Gianni Berengo Gardin, 95 anni, racconta la sua vita in una straordinaria intervista al Corriere: Sartre, Oriana Fallaci, le grandi navi a Venezia, la fotografia come racconto.

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A ottobre compirà 95 anni, ma Gianni Berengo Gardin (foto Imagoeconomica) continua a vivere come ha sempre fatto: con l’occhio attento, l’ironia tagliente e lo spirito battagliero. In una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, il maestro della fotografia italiana racconta una vita densa di storie, incontri memorabili e scatti diventati parte della nostra memoria collettiva.

Una vita tra Roma, Venezia, Parigi e due milioni di negativi

Nato per caso a Santa Margherita Ligure nel 1930, cresciuto tra Roma e Venezia, Berengo Gardin si è poi innamorato di Parigi, dove conobbe Jean-Paul Sartre, che lo portava al cinema a vedere western. Proprio nella capitale francese nasce la sua vocazione: «Lavoravo in un hotel la mattina, il resto della giornata lo passavo per strada con la macchina fotografica».

Oggi custodisce oltre due milioni di negativi, ma confessa: «Non so fare una foto col telefonino. Fotografare è raccontare, non scattare a caso milioni di immagini digitali».

Dai manicomi all’impegno civile

Il fotografo che ha documentato i manicomi prima della riforma Basaglia, con il celebre lavoro “Morire di classe”, confessa lo shock provato di fronte all’abbandono e al degrado delle strutture. «Non volevamo ferire, ma testimoniare. Uscimmo così sconvolti da prendere il treno sbagliato».

È stato lui a far conoscere al mondo lo scandalo delle grandi navi a Venezia, con immagini potenti bloccate da un sindaco che lo definì “nobile socialista”. Replica secca: «Sono comunista da una vita».

Sartre, Fellini e Oriana Fallaci: incontri e delusioni

Di Sartre conserva il ricordo di un uomo semplice e fissato con i western. Di Federico Fellini, invece, una profonda delusione: «Mi ricevette freddamente, volle scegliere l’inquadratura e fece telefonate mentre lo fotografavo». Ancora più faticoso il ritratto di Oriana Fallaci: «Tre rifiuti, poi finalmente accettò. Che fatica».

Sulla fotografia, non ha dubbi: «Deve essere buona, non bella. Deve raccontare. Per questo ho orinato su un teleobiettivo costoso: volevo liberarmi del feticismo degli strumenti».

Toscani, Dondero e Cartier-Bresson

Ironico anche su Oliviero Toscani: «Mi chiamò “fotografo di piccioni”, ma mi alzai e dissi: “Signori, sono io”». E con affetto ricorda Dondero, Scianna, e il suo mito Henri Cartier-Bresson, conosciuto grazie a Scianna: «Diceva che tre scatti per soggetto bastavano. Condivido».

“Non voglio funerali. E ogni sera mangio una Coppa del nonno”

Berengo Gardin non ha mai smesso di lavorare su se stesso. La sua giornata è scandita da piccoli riti: «Mi svegliano alle 8, leggo i giornali, pranzo leggero e la sera, immancabile, una Coppa del nonno. Prima era peggio: mangiavo chili di cioccolato».

E quando gli chiedono se gli farebbe una foto con lo smartphone, risponde sornione:

«E come diamine si fa?».

Un uomo antico, moderno nel pensiero e fedele al suo sguardo: quello di chi ha sempre saputo che la fotografia è un atto politico e poetico insieme.

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Cronache

Egitto, arrestata la ballerina Linda Martino: “La danza non è un reato, sono italiana. Chiedo aiuto al Consolato”

Linda Martino, star dei social e danzatrice del ventre con doppia cittadinanza, è stata arrestata al Cairo per “offesa alla morale”. Rischia un anno di lavori forzati. L’Italia segue il caso.

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«La danza del ventre è un’arte, non un reato». Così si è difesa davanti al tribunale del Cairo la ballerina Sohila Tarek Hassan Haggag, in arte Linda Martino, arrestata il 22 giugno scorso mentre era in partenza dall’aeroporto egiziano per una tournée a Dubai e negli Emirati. La performer, seguita da oltre due milioni di follower su Instagram, ora rischia fino a un anno di lavori forzati per l’accusa di offesa alla morale pubblica.

“Mi sento italiana. Chiedo aiuto al mio consolato”

Linda Martino, che possiede doppia cittadinanza ma si dichiara “più italiana che egiziana”, ha chiesto al giudice l’intervento dell’ambasciata italiana:

«Sono una cittadina italiana e chiedo aiuto al mio consolato», ha detto in aula.

L’ambasciata italiana al Cairo, sotto il coordinamento della Farnesina, ha già attivato una richiesta di visita consolaree fornito assistenza, ricevendo anche la madre dell’artista. Ma la legge egiziana non riconosce la doppia cittadinanza, e dunque per le autorità locali Linda è solo egiziana, senza alcun canale protetto internazionale.

L’accusa: “Ha usato tecniche di seduzione”

Le autorità egiziane contestano alla danzatrice un videoclip realizzato nel 2024 insieme a un noto cantante locale, in cui sarebbe apparsa «con abiti indecenti, esponendo deliberatamente zone sensibili del corpo». Secondo l’accusa, Linda avrebbe «incitato al vizio» usando «danze provocanti e tecniche di seduzione».

Ma l’artista si è difesa respingendo ogni addebito:

«Quello che si vede sui social fa parte di un’attività artistica. Alcuni video sono stati manipolati. I miei spettacoli sono autorizzati e rispettano i limiti della legge».

La parabola di una star caduta in disgrazia

Linda Martino, dopo aver sposato nel 2011 l’italiano Domenico Martino, ne ha preso il cognome e ha vissuto a lungo in Italia, tra Cremona e Pistoia. Dopo il trasferimento in Egitto, la separazione e il successivo divorzio (trascritto nel 2024), la ballerina aveva continuato a esibirsi all’estero, abbandonando il palcoscenico egiziano per via delle polemiche e pressioni morali.

«È da un anno che vivo sotto attacco. Avevo anche annunciato il mio ritiro dalle scene», ha raccontato Linda in aula.

Un caso politico e culturale

Il caso Martino è solo l’ultimo di una serie di arresti di danzatrici orientali in Egitto. In due anni il governo di al Sisi ha già fermato almeno quattro ballerine con accuse simili. Il clima resta teso e l’opinione pubblica spaccata tra chi difende la tradizione e chi chiede maggiore libertà artistica e rispetto per le donne.

Intanto, l’ambasciatore italiano Michele Quaroni attende l’autorizzazione per incontrare la connazionale detenuta. E la vicenda continua ad alimentare un dibattito più ampio, che travalica la giustizia ordinaria: quello sull’identità, i diritti culturali e il confine – ancora troppo sottile – tra espressione artistica e censura morale.

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Cronache

Addio a Elio Palombi, avvocato, magistrato e professore: una vita dedicata al diritto e ai suoi studenti

È morto Elio Palombi, figura simbolo della giustizia napoletana. Magistrato, avvocato, docente universitario, autore e maestro di generazioni di studenti. “Avvocato fino all’ultimo”, scrive la figlia Manuela.

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Magistrato, pretore, penalista, docente, scrittore. Ma soprattutto avvocato, fino all’ultimo respiro. È scomparso a 89 anni Elio Palombi, figura simbolo della cultura giuridica napoletana. A darne notizia la figlia Manuela, anch’essa avvocata, che ha raccolto l’eredità professionale e morale del padre:

“Ci ha lasciato facendo l’avvocato. Un mestiere che amava profondamente e al quale non avrebbe mai rinunciato”.

Palombi si è spento nel suo studio di piazza Municipio, tra codici e appunti, immerso nella professione che aveva scelto fin da giovanissimo contro il volere del padre, Arturo Palombi, noto zoologo.

Dalla toga alla cattedra, tra rigore e passione

Entrato in magistratura a soli 25 anni, fu sostituto procuratore a Novara, poi Pretore a Castel Baronia e a Capri, quindi giudice aggregato alla Corte Costituzionale. Ma fu l’insegnamento universitario a consegnarlo alla memoria di intere generazioni: docente di Istituzioni di diritto e procedura penale alla Federico II, Palombi viveva la cattedra come una missione.

“Meno lo interroghi, un ragazzo, e meno capisci se è davvero preparato”, ripeteva ai suoi studenti, con cui instaurava un rapporto serio ma umano. Le sue lezioni erano tra le più affollate di via Mezzocannone.

Per lui Scienze Politiche era una palestra per la vita pubblica, e riteneva suo dovere formare cittadini consapevoli e giuristi preparati. Il suo approccio era pratico, calato nella realtà: il diritto penale doveva essere uno strumento di giustizia, non solo teoria astratta.

Gli anni di Tangentopoli e l’etica professionale

Negli anni ’90 fu anche difensore di politici e imprenditori coinvolti in Tangentopoli, in un’epoca di grandi tensioni sociali e mediatiche. Difese sempre nel rispetto della dignità delle persone, senza mai cedere alla logica del processo spettacolo. Per lui la giustizia era una cosa seria, mai negoziabile.

Le passioni, Capri e la scrittura

Amava la gastronomia – fu delegato dell’Accademia Italiana della Cucina – e la scrittura, che definiva “la sua forma di relax”. I suoi libri, giuridici e non, erano spesso concepiti nel suo buen retiro caprese, davanti ai Faraglioni, quasi sempre pubblicati con l’amico editore Marzio Grimaldi.

Tra i suoi titoli più noti: “Magistratura e Giustizia in Italia”, “Pinocchio e la inGiustizia”, “Eduardo e l’impegno nella ricostruzione del Teatro San Ferdinando”.

Un’eredità morale che resta

“Muore un maestro – ha scritto un suo ex allievo – e non solo per l’avvocatura. Ha saputo trasformare in realtà il comandamento più difficile: ‘Come volete che gli uomini facciano a voi, così fate a loro’”.

Elio Palombi lascia la moglie Annamaria, i figli Marco e Manuela, e una Napoli più povera di cultura, di etica e di affetto. Un uomo che ha fatto della giustizia una vocazione e del diritto uno strumento di crescita civile.

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