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Il metodo Unicef, su ogni 3 euro donati ai bambini ben 2 vanno a una società privata. Così la solidarietà va a farsi benedire

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Se uno ha dubbi pure su dove finiscono i soldi dati all’Unicef. Se persino l’Unicef non se ne frega niente del fatto che i due terzi delle donazioni fatte per i bambini finiscono nelle tasche di aziende che le raccolgono usando il “nome” di Unicef, vuole dire che siamo alla frutta.  Su dieci milioni di donazioni versate ad associazioni umanitarie per aiutare i bambini, oltre sei sono diventati profitti di un’azienda: la Play Therapy Africa. La procura di Firenze ha scoperto questa “stranezza” e ha indagato i responsabili della società, i fratelli Conticini. Per vederci chiaro, per capire. Unicef, che le aveva affidato 3,8 milioni dei 10, ha deciso di non querelare e quindi di non approfondire l’uso dei fondi raccolti tra i suoi donatori. Non solo. Da parte lesa avrebbe potuto formulare richiesta di accesso agli atti come previsto dall’ex articolo 116 di procedura penale. Ma neppure questa strada è stata percorsa. La vicenda è nota. Nel 2016 i magistrati Luca Turco e Giuseppina Mione hanno indagato i tre fratelli Conticini: Alessandro e Luca per riciclaggio e appropriazione indebita aggravata. Andrea – marito di Matilde Renzi – per riciclaggio. I pm hanno scoperto che di 10 milioni complessivi affidati da Unicef, Fondazione Pulitzer e altre onlus americane e australiane per finanziare attività benefiche a favore dei bambini a Play Therapy 6,6 sono finiti in conti personali e utilizzati per investimenti immobiliari all’estero e in altre operazioni finanziarie. Andrea, inoltre, secondo i magistrati, ha prelevato soldi dai conti destinandoli a tre società dell’inner circle renziano: alla Eventi 6 della suocera Laura Bovoli(133.900 euro), alla Quality Press Italia (129.900 euro) e 4 mila alla Dot Media di Firenze, che organizzava la Leopolda del cognato Matteo.

A indagini ormai prossime alla chiusura, lo scorso aprile il governo Gentiloni, in uscita da Palazzo Chigi, ha approvato un decreto che esclude dalla procedibilità d’ufficio alcuni reati fiscali tra cui l’appropriazione indebita aggravata, lasciando la denuncia di parte. Per questo ad agosto i magistrati hanno trasmesso la richiesta di rogatoria alle possibili parti lese: Unicef New York, Fondazione Pulitzer, Action Usa in particolare. A fine settembre Unicef ha comunicato, per voce del direttore Italia, Paolo Rozera, la decisione di non querelare. Di conseguenza molti donatori hanno scritto all’associazione esprimendo la volontà di interrompere le loro donazioni. Un lettore ci ha trasmesso anche la risposta ricevuta da Unicef. Un testo che vorrebbe rassicurare i benefattori ma che in realtà lascia inevase numerose domande e genera dubbi. Tanti. In particolare sulla carenza di controlli, di trasparenza e sulla gestione delle donazioni che, chi fa, presume sia oculata. Ma può definirsi tale se il 66% dei soldi versati in beneficenza diventa utile di privati? Questo è quanto accaduto con Play Therapy Africa e individuato dalla procura di Firenze. La gentile mail di Unicef è accompagnata dall’invito a “leggere con la dovuta attenzione l’intero testo”. Lo abbiamo fatto.

Unicef è una onlus, cioè una organizzazione non lucrativa di utilità sociale e, spiega subito nella lettera, “Play Therapy è stata tra le migliaia di implementing partner con cui Unicef ha avuto a che fare nel corso degli anni in oltre 150 Paesi”. Un elemento che dovrebbe rassicurare: è solo una goccia nel mare del nostro impegno. Quanti casi Conticini esistono? Colpisce un altro elemento: manca (e non sarà mai riportata) la corretta indicazione societaria della Play Therapy, che non è una onlus ma è una Ltd, società di diritto inglese equivalente alle nostre srl. Quindi agisce a scopo di lucro. Vero che fosse “validamente accreditata come branca africana di una nota e stimata Ong internazionale (Play Therapy International)” ma è altrettanto vero che la società era per il 66% dei coniugi Conticini.

Nella lettera l’associazione ricostruisce i rapporti avuti: “Nell’ottobre 2008 Unicef ha stipulato un primo contratto (…), data la buona qualità dei lavori svolti nella prima fase del rapporto, ha esteso la sua collaborazione con Unicef a diversi paesi (10 in tutto), anche al dì fuori dell’Africa. Successivamente la qualità delle prestazioni fornite è risultata sempre meno soddisfacente e nel 2013 Unicef ha valutato di interrompere definitivamente il rapporto”. Che tipo di lavori aveva svolto Play Therapy? E cosa prevedevano i contratti? Perché Unicef non li rende pubblici? In cosa e quando “la qualità delle prestazioni” è calata? Come è stato scoperto? Ci sono state delle segnalazioni? Disservizi? Lamentele? Chi dona in beneficenza sarebbe rassicurato da una operazione trasparenza più che da una lettera.

Alla domanda “quali rapporti ha avuto Matteo Renzi con Unicef” la onlus risponde “nessuno”. Ma non è corretto scrivere: “Affermare che l’Unicef abbia addirittura finanziato le società di Matteo Renzi è una completa menzogna”. Lo ipotizza la procura di Firenze: parte dei fondi distratti sono finiti anche nell’azienda della madre, fra l’altro proprio nel periodo in cui la maggioranza era detenuta dalle sorelle Benedetta e Matilde. Oltre alle poche migliaia di euro finite alla DotMedia che organizzava la Leopolda, nota kermesse creata ad hoc proprio per l’ascesa politica di Renzi. Non sarebbe necessario sporgere querela per accertarsi senza alcun dubbio se quelli erano i fondi di Unicef? Pare di no. Anzi. “Più inverosimile affermare che sia statoAlessandro Conticini a sottrarre somme all’Unicef dato che il rapporto contrattuale era con una società e non con un singolo individuo”. Peccato che la società fosse al 66% di Conticini e moglie.

Poi c’è un passaggio che lascia quasi interdetti. “Unicef non conosce (né avrebbe modo di saperlo) l’uso che è stato fatto delle somme percepite daPlay Therapy Africa quale implementing partner, e che secondo quanto è dato sapere sull’inchiesta avrebbero in parte beneficiato società afferenti alla famiglia Conticini-Renzi. Si tratta di eventi totalmente estranei al rapporto tra Unicef e Play Therapy e, sebbene ci sembri assurdo doverlo sottolineare, un committente non può essere chiamato a rispondere di ciò che un fornitore fa con i soldi ricevuti per il servizio reso. Conticini non ha mai avuto accesso ai soldi dell’Unicef, mentre ovviamente non possiamo sapere se e in quale modo abbia avuto accesso ai soldi di Play Therapy”. Se dunque il 66% di donazioni finisce in qualche tasca, Unicef non si preoccupa del perché e come sia accaduto? Gli inquirenti al momento non hanno identificato con assoluta precisione quanti di quei 6,6 milioni ritenuti sottratti siano arrivati da Unicef o altre associazioni, ma la onlus non ha interesse ad approfondire?

Vero è che nella lettera garantisce: se mai nella rogatoria ci saranno elementi nuovi, Unicef potrebbe rivalutare la decisione di non sporgere querela. Basterebbe la volontà di “tutelare i propri legittimi interessi e quelli dei suoi donatori, e soprattutto il bene dei bambini, che rischiano di pagare il prezzo della campagna di disinformazione e diffamazione in corso in Italia”. Campagna alla quale il Fatto si ritiene estraneo. Il ruolo fondamentale svolto da Unicef nel mondo deve essere tutelato, così come la sua credibilità non deve avere ombre. Per questo dovrebbe rendere pubblici tutti i contratti avuti con Play Therapy ed essere trasparente per tutelare donatori e bambini, oltre alla sua immagine. Perché a oggi c’è una sola certezza raggiunta dai magistrati: il 66% delle donazioni ricevute dalla società dei Conticini non sono stati usati per i bambini. Perché?

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Cronache

Chirurgo sospeso sorpreso a operare di nascosto a Roma: blitz dei carabinieri blocca intervento clandestino

Carlo Bravi, chirurgo 73enne sospeso per la morte di una paziente, è stato sorpreso mentre stava per operare in un appartamento sporco al Quadraro. Blitz del Nas.

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Una stanza sporca e piena di oggetti abbandonati, scarpe, vestiti, immondizia. Un lettino precario. Un bisturi in mano. Il chirurgo 73enne Carlo Bravi, già sospeso per sei mesi dopo la morte di una paziente in seguito a una liposuzione clandestina, è stato sorpreso dai carabinieri del Nas di Roma mentre si apprestava a eseguire un altro intervento illegale.

A terra, su un lettino improvvisato, una giovane trans brasiliana di 22 anni, che aveva appena pagato poco più di 500 euro in nero per un’otoplastica, un lifting delle orecchie. A passargli il bisturi, una ferrista 65enne romana, ex infermiera specializzata ora in pensione. Alla vista dei militari, lei ha pianto. Bravi, invece, ha provato a negare l’evidenza, affermando: «Non sto operando, sto solo rimuovendo una cisti».

Un’operazione organizzata nel degrado e nella totale illegalità

L’intervento era in programma in un appartamento del Quadraro, affittato a ore da un sudamericano residente in zona. La stanza non aveva alcun requisito igienico-sanitario. I carabinieri lo pedinavano da settimane, certi che il medico sarebbe tornato a operare nonostante la sospensione.

La paziente è stata soccorso e trasferita in ospedale: per ora non ha sporto denuncia, ma l’indagine è in corso. Bravi e la ferrista sono stati denunciati per esercizio abusivo della professione medica e allestimento di ambulatorio non autorizzato. Il chirurgo rischia una misura cautelare in carcere per aver violato il provvedimento di sospensione già emesso nei suoi confronti.

Un passato pieno di ombre e una lunga scia di abusi

Bravi è sotto accusa per la morte di Simonetta Kalfus, deceduta dopo una liposuzione clandestina in un ambulatorio a Cinecittà lo scorso marzo. La donna, 62 anni, è morta dopo tre giorni di agonia all’ospedale Grassi di Ostia per una sepsi post-operatoria. In passato, il chirurgo era già stato condannato a un anno di reclusione (pena sospesa) per lesioni: nel 2017 aveva reciso per errore un muscolo a una paziente, consigliandole acqua e zucchero invece di chiamare l’ambulanza. Anche per quella vicenda, i familiari furono convinti a non denunciare.

Nella primavera del 2024, l’Ordine dei medici lo ha sospeso, ma nonostante tutto Bravi ha continuato a operare, ordinando protesi per il seno e affittando appartamenti a giornata nelle zone tra Cinecittà, Don Bosco e Quadraro. Gli inquirenti ritengono che l’intervento interrotto il 16 luglio non sia stato un caso isolato. L’indagine punta ora a ricostruire l’intera rete clandestina e i pazienti coinvolti.

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Pedro pubblica la foto del figlio vestito da principessa: valanga di insulti, ma anche tanta solidarietà

Insulti omofobi contro Pedro per la foto del figlio vestito da principessa. Il calciatore non cancella e riceve il sostegno di migliaia di utenti.

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Una foto dolce, tenera, di un bambino felice il giorno del suo compleanno. Ma sui social, troppo spesso, anche un’immagine di gioia innocente si trasforma in un campo di battaglia. È quanto accaduto a Pedro Rodríguez, attaccante della Lazio, che ha condiviso su Instagram uno scatto del figlio Marc, 8 anni, immortalato con una tiara e un vestitino colorato a tema Lilo & Stitch, durante una festa in un parco acquatico a Tenerife.

Valanga di insulti: “È un maschio o una femmina?”, “Cancellalo finché sei in tempo”

In poche ore, quello che doveva essere un ricordo felice è diventato virale per le peggiori ragioni. Sotto la foto si è riversata un’ondata di odio omofobo e sessista: “Chi veste suo figlio da ragazza?”, “Così lo rovini”, “Questo è il mondo al contrario”. Più di tremila commenti, spesso offensivi, irridenti, violenti. Alcuni hanno anche insinuato che Pedro fosse un cattivo genitore per aver permesso a suo figlio di indossare un abito femminile.

Altri ancora, con toni da caccia alle streghe, hanno scritto: “È un padre da denunciare”, “Cancellalo finché sei in tempo”, “Omosessuale”, “Recuperalo prima che sia troppo tardi”.

Pedro non cede: mantiene la foto online e limita i commenti

Il calciatore non ha risposto pubblicamente, ma il suo gesto è stato eloquente: non ha rimosso lo scatto, limitandosi a disattivare i commenti. Niente dichiarazioni ufficiali, se non una secca smentita tramite il club su alcune frasi circolate online e a lui attribuite. L’atteggiamento di Pedro conferma una scelta di discrezione e fermezza, in linea con il suo stile di sempre, lontano dalle polemiche.

Loaiza attacca i tifosi della Lazio, scoppia un altro fronte

Il caso ha preso una piega anche politica. Il giornalista spagnolo Fonsi Loaiza, molto seguito sui social, ha scritto che molti insulti provenivano da account di tifosi della Lazio, sostenendo che tra questi vi sarebbero neonazisti impunitiin Italia. Parole che hanno fatto infuriare molti sostenitori biancocelesti, che hanno chiesto alla società di reagire per vie legali. Per ora, nessuna presa di posizione ufficiale da parte del club.

La solidarietà silenziosa che fa rumore: “Marc è fortunato ad averti come padre”

Ma non tutto è stato odio. Anzi, la valanga di messaggi violenti ha generato una reazione di segno opposto, che ha invaso i commenti di amore, rispetto e incoraggiamento: “L’amore è la forza più potente”, “Fai come i veri laziali: non mollare mai”, “Viva la libertà”, “Lascia parlare gli stolti, siete una bellissima famiglia”.

Tanti tifosi e semplici utenti hanno preso le difese del calciatore e del piccolo Marc, trasformando lo sfregio in un gesto collettivo di empatia.

Una foto che voleva essere un ricordo d’infanzia, una giornata di spensieratezza, si è trasformata in un’istantanea del clima tossico che serpeggia in rete. Ma anche in un atto di resistenza civile contro la cultura dell’odio, nel nome dell’amore e della libertà d’espressione.


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Matrimonio da favola per Benjamin Pavard e Kleofina Pnishi: nozze tra l’Abbazia di Cava e la Costiera Amalfitana

Nozze da favola per Benjamin Pavard e Kleofina Pnishi: cerimonia a Cava, festa sul mare a Vietri. Ospiti vip, abiti esclusivi e dolci della Costiera.

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Immersi nel verde dei Monti Lattari, avvolti dal silenzio millenario dell’Abbazia Benedettina della Santissima Trinità di Cava de’ Tirreni, Benjamin Pavard, difensore dell’Inter e della nazionale francese, e l’attrice e modella Kleofina Pnishi, si sono detti sì. Una cerimonia solenne e intima, seguita da una festa blindatissima nella scenografica cornice dei giardini del Fuenti a Vietri sul Mare, alle porte della Costiera Amalfitana.

Ospiti d’eccezione e atmosfera da sogno

All’evento hanno preso parte volti noti del calcio europeo e personalità della moda e dello spettacolo. Presenti i compagni di squadra Nicolò Barella, Lautaro Martinez, i fratelli Theo e Lucas Hernandez, Kingsley Coman, Jamal Musiala e l’ex interista Fabio Galante. Al fianco dello sposo, Theo Hernandez in veste di testimone insieme alla moglie Julia. La sposa, accompagnata da damigelle in bianco, ha fatto il suo ingresso sulle note del Canone di Pachelbel, eseguito da musicisti albanesi.

Una festa tra tradizione e glamour

Dopo il commovente scambio delle fedi, Pavard e la sua neoconsorte sono stati accolti da cori da stadio e l’affetto di amici e tifosi. Poi una breve sosta all’Hotel Scapolatiello per prepararsi alla festa, con trucco, parrucco e relax. Kleofina ha sorpreso tutti con un giro tra i vicoletti di Cava a bordo di una Mercedes cabrio d’epoca, prima di imbarcarsi per raggiungere via mare il ricevimento.

Tre abiti per la sposa e dolci della tradizione

La sposa ha cambiato ben tre abiti durante la serata, scegliendo per il saluto finale una minigonna elegante. Il menù ha omaggiato il territorio, con dolci tipici della Costiera Amalfitana e l’immancabile delizia al limone. La festa è rimasta top secret: tutti gli invitati e il personale hanno lasciato i cellulari all’ingresso, in vista di un servizio esclusivo concesso dalla coppia.

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