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Economia

Fca-Renault, con la fusione si crea il terzo polo auto al mondo ma si punta al primo posto

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Con la fusione tra Fca e il gruppo Renault nasce il terzo costruttore automobilistico al mondo, alle spalle dei gruppi Volkswagen e Toyota. Se l’alleanza venisse in seguito estesa a Nissan-Mitsubishi, attualmente al quinto posto della classifica mondiale, il nuovo gruppo balzerebbe al primo posto con 15,6 milioni di vetture vendute, in netto distacco dall’azienda di Wolfsburg e dalla casa giapponese. Questa la nuova classifica per auto vendute: — (0 – Fca-Renault-Nissan-Mitsubishi 15,6 milioni*) 1 – Volkswagen 10,8 milioni 2 – Toyota 10,3 milioni 3 – Fca-Renault 8,7 milioni 4 – Gm 8,4 milioni 5 – Hunday Kia 7,3 milioni 6 – Nissan-Mitsubishi 6,9 milioni 7 – Ford 5,7 milioni 8 – Honda 5,2 milioni 9 – Psa 4,0 milioni — * Nell’ipotesi di estensione dell’accordo a Nissan e Mitsubishi il gruppo salirebbe al primo posto e Volkwagen e Toyota scivolerebbero al secondo e terzo posto.

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Economia

Intesa sui dazi appesa a un filo, Trump vuole il 15-20%

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I venti tra le due sponde dell’Atlantico preannunciano tempesta. Affatto persuaso dall’ultima offerta europea di un do ut des sulle auto, Donald Trump preme per dazi minimi tra il 15% e il 20% su tutte le merci in arrivo dal Vecchio Continente. Una richiesta che, secondo le rivelazioni del Financial Times, segna l’irrigidimento del tycoon in un negoziato che resta appeso a un filo. Quello che a Bruxelles definiscono “l’ultimo miglio”, più che una distanza da colmare somiglia a un campo minato.

La missione del capo negoziatore Ue, Maros Sefcovic, a Washington non ha prodotto svolte. I faccia a faccia con il tandem trumpiano Lutnick-Greer sono stati definiti “intensi”, ma il tweet promesso per raccontarne l’esito è rimasto nel cassetto. L’unico messaggio riportato al rientro è stato un monito: “Solo sforzi concertati e autentici da entrambe le parti potranno portarci al traguardo”. Parole che lasciano intravedere frizioni ancora vive su dossier cruciali come automotive e agroalimentare, con l’incognita tutt’altro che secondaria dell’imprevedibilità di The Donald. Tanto che nei palazzi Ue nessuno si sente di escludere un nuovo rinvio last minute della scadenza del primo agosto da parte della Casa Bianca.

L’esecutivo von der Leyen – al momento non sono previste interlocuzioni dirette tra le tedesca e il presidente Usa – resta fermo sulla via del dialogo. “La nostra priorità è una soluzione negoziata”, è tornato a ribadire il portavoce Olof Gill, sottolineando ancora una volta come la sospensione del primo pacchetto di contro-dazi da 21 miliardi di euro (pronto a entrare in vigore il 6 agosto) rappresenti un segnale distensivo, per lasciare spazio al confronto “in buona fede”. Nel briefing riservato agli ambasciatori dei Ventisette – rigorosamente in formato ristretto e senza cellulari – Sefcovic però ha illustrato l’intera gamma degli scenari possibili: dall’auspicata intesa su un’aliquota tra il 10 e il 15%, fino all’ipotesi più onerosa per l’industria continentale, con tariffe al 20%.

Senza dimenticare la minaccia del 30% messa nero su bianco da Trump, preludio a uno scontro frontale e a contromisure che potrebbero estendersi alle Big Tech. Una ricostruzione che ha trovato nei rappresentanti dei Paesi membri una convergenza netta, con il “pieno mandato” politico alla Commissione in ogni fase della trattativa, consapevoli che la pressione del tycoon è destinata a toccare “l’apice” a ridosso del gong. Se lo spettro del 20% dovesse materializzarsi, tuttavia, la tenuta politica dell’Europa potrebbe incrinarsi sotto il peso di interessi divergenti e della portata della rappresaglia allo studio.

Con Bruxelles che continua a mantenere “tutte le opzioni aperte”. Sognare un pareggio a dazi zero è “irrealistico”, ha riconosciuto da Berlino il cancelliere Friedrich Merz, osservando come per Washington il disavanzo commerciale transatlantico si misuri soltanto sulle merci, ignorando il surplus nei servizi. L’unico approdo plausibile, nella sua visione, resta dunque un’intesa “asimmetrica”, ma fondata sulle “aliquote più contenute possibili”. A partire dall’automotive, trainato dalle ammiraglie tedesche, sul quale tuttavia la mano tesa dell’Ue ad azzerare le proprie tariffe sui veicoli Usa in cambio di una riduzione fino al 17,5% da parte statunitense – rispetto al 25% in vigore – non ha sortito gli effetti sperati.

Da Parigi invece il tono resta più assertivo nel chiedere di sfoderare il bazooka Ue dello strumento anti-coercizione davanti a dazi “inaccettabili”. L’ultima settimana prima della deadline per Bruxelles si giocherà su due fronti asiatici: il 23 luglio a Tokyo e il 24 a Pechino. Al summit con il Giappone, Ursula von der Leyen e Antonio Costa rilanceranno la cooperazione commerciale, spingendo per un rafforzamento del Cptpp – l’accordo transpacifico che coinvolge anche Canada, Giappone e Regno Unito – come base di un ‘Wto 2.0’. Poi sarà la volta della Cina, alla quale l’Europa chiederà un “riequilibrio” dei rapporti commerciali davanti a una situazione ritenuta oggi “inaccettabile”. Reciprocità, il mantra da ribadire al Dragone, che potrebbe rivelarsi utile anche nel dialogo con Washington.

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Economia

Entro il 31 luglio si paga la rottamazione, anche riammessi

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Si avvicina la prossima scadenza per i pagamenti della Rottamazione-quater delle cartelle. Il 31 luglio 2025 è il termine di versamento sia della nona rata per i contribuenti in regola con i precedenti versamenti, sia della prima o unica rata per i riammessi alla definizione agevolata che hanno presentato domanda entro lo scorso 30 aprile. I moduli di pagamento sono contenuti nella comunicazione delle somme dovute inviata da Agenzia delle entrate-Riscossione, disponibile in copia anche sul sito www.agenziaentrateriscossione.gov.it. In caso di mancato pagamento, oppure effettuato oltre il termine ultimo o per importi parziali, la legge prevede la perdita dei benefici della definizione agevolata e gli importi già corrisposti saranno considerati a titolo di acconto sulle somme dovute. In considerazione dei cinque giorni di tolleranza concessi dalla legge, saranno comunque ritenuti tempestivi i pagamenti effettuati entro il 5 agosto 2025.

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Trimestre sopra le attese, Netflix alza le stime

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L’aumento dei prezzi e del numero degli abbonamenti, insieme alla crescita della raccolta pubblicitaria, spingono Netflix nel secondo trimestre. Il colosso della tv in streaming archivia il periodo aprile-giugno con ricavi in crescita del 16% a 11,08 miliardi di dollari e un utile in rialzo del 46% a 3,1% miliardi. Risultati positivi grazie ai quali Netflix rivede al rialzo le stime per il 2025, che dovrebbe chiudersi con ricavi per 44,8-45,2 miliardi, in aumento rispetto ai 43,5-44,5 miliardi stimati in precedenza. “Le nostre previsioni riflettono l’indebolimento del dollaro verso le principali valute, e una crescita degli abbonati e delle vendite pubblicitarie”, ha spiegato la società.

I successi di ‘Squid Games’, ‘KPop Demon Hunters’ e ‘Ginny & Georgia’ hanno trainato Netflix, che ha visto il valore delle sue azioni quasi raddoppiato nell’ultimo anno. Il colosso prevede che i popolari show ‘Wednesday’ e la stagione finale di ‘Squid Games’ nella seconda metà dell’anno le consentiranno di continuare a crescere. In gennaio la società ha aumentato i prezzi degli abbonamenti negli Stati Uniti, e ha anche ridisegnato la sua interfaccia utenti così da includere la sua offerta più variegata. Per bilanciare il rallentamento della crescita di abbonamenti negli Stati Uniti, Netflix sta scommettendo sui mercati internazionali. Nelle scorse settimane ha annunciato una partnership con il network francese TF1.

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