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Economia

Di Maio vuole Alitalia in mano al Tesoro per evitare il tracollo della compagnia di bandiera

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“Potrebbe nascere il primo gruppo al mondo di trasporto integrato gomma-ferro-aria”. Con queste parole il vicepremier, Luigi Di Maio, riassume la strategia di salvataggio messa a punto per Alitalia. E lo fa a conclusione di una lunga giornata, aperta con un incontro con i sindacati. Il governo punta su una newco con Fs, un partner strategico, la partecipazione di Cdp (per acquistare nuovi aerei) e la mano del ministero dell’Economia con una quota del 15%. O forse del 20%, come ha spiegato il sottosegretario all’Economia, Armando Siri. Ma comunque non il 51% di cui si era parlato finora. Il quadro è apparso ancora più chiaro in serata, quando Fs è uscita ufficialmente allo scoperto. C’è una manifestazione di interesse per Alitalia. Un passaggio “necessario per analizzare il dossier relativo all’azienda e che in questa fase non è vincolante” ha precisato Ferrovie che ha dovuto muoversi ieri prima della scadenza del 30 ottobre. L’idea di Di Maio ha suscitato l’irritazione di Giovanni Tria. Che richiesto di un parere dai giornalisti sulla questione ha detto che “delle cose che fa il Tesoro debba parlarne il ministro dell’ Economia e io non ne ho parlato”. C’è sicuramente qualche problema di comunicazione perchè su Alitalia Di Maio non dice cose nuove ma di programmi del Governo. “La volontà da parte del governo è quella di fare sistema e su questo c’è il massimo impegno», ha detto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che vede per l’offerta del turismo in Italia un “ruolo strategico” proprio del vettore. “Nessuna svendita, nessuno spezzatino, ma un serio piano di rilancio” assicura anche il vicepremier, Matteo Salvini.

Comunque sia la newco avrà una dotazione di almeno due miliardi per consentire al vettore “di tornare competitivo” e di avere nuovo slancio emergendo “dalla linea di galleggiamento”. Difficile comunque capire dove arriveranno i soldi viste le difficoltà a varare il Def. Del resto anche alla Cdp, almeno per ora, non è arrivato nessun imput.

Il ministero dell’Economia, ha detto Di Maio, convertirà in equity parte del prestito con cui coprirà la quota del 15% di partecipazione nella Newco. Ma la prima scadenza è fissata per il 31 ottobre, data entro la quale deve arrivare un’offerta vincolante e l’obiettivo del governo è rispettare questi tempi. Nessuna proroga è prevista, ha aggiunto il vicepremier, per il prestito ponte da 900 milioni, su cui pende una indagine della Ue, concesso dal precedente governo e che dovrebbe essere restituito da Alitalia entro il prossimo 10 dicembre. Sul tavolo, ha detto ancora Di Maio, sono giunte “tantissime disponibilità da parte di partner industriali internazionali che il governo sta valutando e, tra gli interessati, si sta valutando la disponibilità anche da compagnie comunitarie”. In campo sia Lufthansa che EasyJet, ma anche le compagnie americane, Delta in testa, sarebbero tornate all’assalto.
Durante l’incontro con i sindacati, il governo ha manifestato la volontà di trattare la vicenda Alitalia sul modello Ilva, svolgendo un ruolo da mediatore e salvaguardando i lavoratori da possibili esuberi. E, se dovesse nascere una bad company, questa – ha assicurato Di Maio – non riguarderà i lavoratori. “Voglio dirlo chiaramente: non ci saranno esuberi ha garantito il ministro del Lavoro perchè l’obiettivo è salvaguardare i livelli occupazionali e rilanciare l’azienda per ambire a nuove assunzioni”.
Una presa di posizione molto apprezzata dai sindacati che si sono detti soddisfatti dalle rassicurazioni ma che hanno posto l’ accento sulla necessità di chiudere la vicenda in tempi brevi.

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Riprende il mercato della casa, Milano e Firenze giù

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Il calo dei tassi dei mutui inizia a riverberarsi positivamente sul mercato dell’immobiliare residenziale. Dopo il calo del 7,2% del primo trimestre 2024, nei tre mesi successivi, cioè da inizio aprile a fine giugno, le compravendite sono tornate in terreno positivo segnando una media nazionale di +1,2%. La ripresa riguarda tutto il territorio nazionale, ma soffrono alcune grandi città. In particolare Milano e Firenze. Secondo l’ultimo rapporto dell’osservatorio del mercato immobiliare (Omi) elaborato dall’Agenzia delle Entrate sul mercato residenziale, nel secondo trimestre 2024 sono state comprate e vendute circa 186 mila abitazioni, oltre 2 mila in più sul secondo trimestre 2023 (+1,2%), in netta controtendenza rispetto al -7,2% del trimestre precedente. I dati nelle 8 principali città evidenziano una variazione tendenziale annua lievemente negativa (-1,1%), con i crolli significativi di Milano (-7,3%) e di Firenze(-8,15). Bene invece le vendite a Roma (+3,4%) e Genova (+3,9%). Negative anche Bologna (-2,5%), Torino (-2,0%) e Napoli (-0,9%).

Positiva, ma sotto la media nazionale, Palermo (+0,7%). Mentre sono i piccoli comuni a trainare la crescita con una variazione di +1,6%, superiore quindi alla media (+1,2%) e decisamente più elevata rispetto a quella registrata nelle città capoluogo (+0,2). L’aumento degli scambi riguarda le case di ogni dimensioni ma vengono vendute soprattutto abitazioni inferiori a 50 metri quadri e abitazioni molto grandi, oltre i 115 metri quadri, entrambe le tipologie crescono del 2% circa. Nel mercato della locazione, le abitazioni con un nuovo contratto registrato nel secondo trimestre 2024 diminuiscono del 2,7% su base annua. Nel dettaglio, sono in aumento sia i contratti transitori (+1,3%) sia quelli agevolati per studenti con abitazioni locate per intero (+4,5%), e per porzione (+25,7%).

Il canone complessivo aumenta, su base tendenziale, per tutti i segmenti e ammonta in questo trimestre a oltre 1,3 miliardi. I contratti ordinari di lungo periodo stipulati per la locazione di abitazioni per intero, hanno subito una contrazione del 5,5% rispetto al secondo trimestre del 2023. In lieve rialzo il numero di abitazioni locate con contratti ordinari transitori, con durata cioè da 1 a 3 anni, accompagnato da un forte incremento del canone annuo, (+6,7% rispetto al secondo trimestre 2023). In salita anche gli affitti dei contratti a canone concordato (+3,4%).

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La Bce taglia i tassi, ma niente ipoteche sul futuro

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La Bce taglia i tassi per la seconda volta, ancora di 25 punti base, ma per vedere il terzo calo bisognerà aspettare molto probabilmente dicembre. L’inflazione sta scendendo come previsto, tanto che le stime dell’Eurotower restano invariate rispetto a giugno, ma alcune pressioni di fondo sui prezzi preoccupano ancora il Consiglio direttivo e lo spingono alla cautela. Una posizione che il governo italiano non condivide e che parla per voce del vicepremier Antonio Tajani: “Serviva più coraggio”, dice. Un concetto ribadito anche dal ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso. La decisione di Francoforte era attesa da mesi e non ha stupito più di tanto i mercati, ma le Borse europee chiudono la seduta tutte in positivo apprezzando comunque le prospettive di nuovi tagli che sicuramente arriveranno, anche se il ritmo resta incerto.

La prossima settimana toccherà alla Fed iniettare entusiasmo negli investitori, avviando il suo percorso di allentamento. Anche negli Usa la scommessa è di una riduzione da 25 punti base, la stessa che stavolta ha messo d’accordo tutti i componenti del board Bce. Persino il governatore austriaco Holzmann, che a giugno era stato l’unico a votare contro il primo taglio, ha acconsentito ad una riduzione del costo del denaro che ha portato il tasso sui depositi, quello con cui la Bce orienta la politica monetaria, da 3,75% a 3,50%. Il nuovo quadro operativo, appena entrato in vigore, ha richiesto un aggiustamento tecnico da 60 punti base per gli altri due tassi: quello sui rifinanziamenti principali è calato dal 4,25% al 3,65% e quello sui prestiti marginali dal 4,50% al 3,90%.

“Manterremo i tassi a livelli sufficientemente restrittivi per tutto il tempo necessario” e “non ci impegniamo verso alcun percorso”, ha ribadito la presidente della Bce Christine Lagarde, allontanando ogni speranza da chi si aspettava l’inizio di una fase di stimolo all’economia attraverso tagli più ampi. Bisogna restare ancorati ai dati, ha spiegato, e la buona notizia è che le stime dell’inflazione non cambiano per la quinta volta consecutiva: 2,5% per quest’anno, 2,2% per il 2025 e 1,9% nel 2026. Il target del 2% non si sposta, per la Bce sarà raggiunto verso la fine dell’anno prossimo. E’ il dato che ha spinto la decisione del board, assieme alle nuove stime del Pil, che gli esperti sono stati costretti a rivede al ribasso dopo il calo del Pil del secondo trimestre e la recessione sempre più vicina in Germania. L’Eurotower ha quindi limato di uno 0,1% la crescita per i prossimi tre anni: quest’anno si fermerà allo 0,8%, il prossimo all’1,3% e nel 2026 all’1,5%. Lagarde registra il rallentamento ma senza allarmi, perché “il picco” dell’effetto del rialzo dei tassi si è già raggiunto, e l’economia si riprenderà. Non c’è dunque bisogno di accelerare sul taglio dei tassi, anche perché ottobre “è troppo vicino” per avere nuovi dati che cambino il quadro dipinto adesso.

A dicembre, invece, ci saranno le nuove previsioni e “sarà quel che sarà”, ha detto la presidente. Un aiuto alla crescita, ha poi sottolineato, potrebbe darlo il rapporto Draghi: “formidabile” nella sua completezza, “severo ma giusto” nelle indicazioni, e pieno di proposte sulle riforme strutturali necessarie a sbloccare la competitività, ha detto Lagarde, auspicando che i governi attuino quell’agenda. La cautela della Banca centrale non piace al governo italiano. Per il vicepremier Tajani “non dobbiamo cedere a capricci rigoristi, anche quello della Germania”. La Bce “deve avere più coraggio e deve poter fare di più”. Bisogna “modificare il Trattato” perché “non può essere solo guardiana dell’inflazione, deve poter governare la moneta per sostenere la crescita”. Anche per il ministro Urso Francoforte “ha deluso le aspettative ancora una volta”. Ma a chiedere una riduzione più veloce è robusta ci sono anche voci dell’opposizione, come i parlamentari di M5s Europa.

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Economia

La space economy settore del futuro per il Made in Italy

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Le linee guida e gli obiettivi strategici per il progresso futuro del settore spaziale in Italia sono stati messi a punto nel corso della due giorni degli stati generali della Space Economy. Al termine dei lavori, svoltisi a Torino e Milano, è stato presentato il manifesto della Space Economy 2024. L’evento, promosso dall’Intergruppo Parlamentare per la Space Economy, ha visto un confronto tra istituzioni, aziende e rappresentanti dell’industria spaziale, dell’economia e dell’alta formazione e ricerca, con l’obiettivo di affrontare in maniera sinergica le sfide e le opportunità offerte dal settore.

Ad oggi sono 415 le aziende italiane attive nell’industria spaziale, un comparto che vale 3 miliardi di euro e che è destinatario entro il 2027 di 7,5 miliardi di investimenti. La filiera spaziale italiana, che impiega oltre 11 mila lavoratori, rappresenta per dimensioni delle imprese che ne fanno parte, uno spaccato peculiare del tessuto produttivo italiano: il 6% di esse sono aziende di grandi dimensioni, il 90% piccole e medie imprese e il restante 4% comprende piccole startup impegnate nella ricerca e nell’innovazione.

Numeri questi che testimoniano l’importanza di un settore che vale oltre 630 miliardi di dollari, con una previsione di crescita del 9% annuo composto fino al raggiungimento di 1.800 miliardi di dollari entro il 2035. In virtù del ruolo sempre più strategico ricoperto dal comparto e delle prospettive di sviluppo futuro, il consiglio dei ministri ha prodotto lo scorso 20 giugno, su proposta del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, la prima legge quadro italiana sullo Spazio e sulla Space Economy che sta per approdare in parlamento per l’iter di approvazione.

Nel manifesto della space economy 2024 si evidenzia che l’Italia considera lo Spazio un settore altamente strategico, per la sua connotazione tecnologica, forte e innovativa. Per il settore, secondo quanto emerge dal documento illustrato al termine deli stati generali della space economy, l’Italia intende rafforzare la propria posizione nell’ambito delle politiche europee dello spazio; sostenere le Regioni e i distretti aerospaziali come motore della space economy; favorire investimenti e finanziamenti nella space economy; sostenere la formazione del capitale umano per lo sviluppo dell’industria e dei servizi in ambito spaziale.

Tra gli obiettivi che si vogliono raggiungere c’è anche quello di sfruttare tutte le potenzialità dell’intelligenza artificiale applicata in sicurezza alla space economy; proteggere le infrastrutture spaziali italiane e garantire l’autonomia strategica del Paese per l’accesso e l’uso sicuro dello spazio e favorire l’accesso alle opportunità della space economy anche alle aziende non-spazio. Agli stati generali della space economy hanno partecipato, tra gli altri, il ministro delle Imprese e del Made In Italy Adolfo Urso; il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Regione Piemonte Alberto Ciri e Andrea Mascaretti, presidente intergruppo parlamentare per la space economy.

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