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Cronache

De Luca e de Magistris ai ferri corti, battaglia a colpi di ordinanze: si rischia la chisura di centinaia di negozi

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Lo scontro tra il sindaco di Napoli Luigi de Magistris e il presidente della Giunta regionale della Campania Vincenzo De Luca è ancora sotto traccia, ma la partita che si sta giocando è di quelle in cui, politicamente s’intende, presuppone “mors tua vita mea”. Uno dei due ne uscirà con le ossa rotte. Il sindaco di Napoli stava per emanare, l’avrebbe fatto questa mattina, una ordinanza con  poteri sindacali, con cui avrebbe allargato notevolmente la concessione gratuita di spazi pubblici a negozi, bar, pub, esercizi commerciali in genere (senza pagamento di corrispettivi) per favorire la ripresa del commercio, evitando assembramenti nei negozi, spostando all’aperto ogni forma di rapporto fisico tra negoziante e consumatore. La necessità è trovare su spazi pubblici, lo spazio necessario per mantenere il distanziamento sociale. Era un modo per favorire in maniera indolore la diffusione del contagio senza fare del male a chi deve riattivare la sua “economia” di scala. Molti bar, pub, ristoranti, si stanno attrezzando per allargarsi su suolo pubblico. Questa mattina, però, giocando d’anticipo, all’alba il presidente De Luca ha emanato “l’Ordinanza n.53 del 29 Maggio 2020 con ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”.

Napoli, 22 Giugno 2017 – Universiadi 2019, oggi l’arrivo della torcia a Napoli
Un momento dell’arrivo della torcia delle Universiadi di Taipei 2017 alla Stazione Marittima di Napoli, tappa della prossima edizione delle Universiadi di Napoli 2019. Alla cerimonia erano presenti grandi campioni dello sport campano e italiano come Davide Tizzano, Clemente Russo, Giuseppe Giordano, Sandro Cuomo, Patrizio Oliva, il presidente dell’Agenzia regionale Universiadi Raimondo Pasquino, il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, il Prefetto di Napoli Carmela Pagano, il presidente della Crui Gaetano Manfredi, il presidente del Comitato regionale del Coni Sergio Roncelli, il presidente Cusi Lorenzo Lentini, il presidente della Fisu Oleg Matytsin, il presidente del Comitato organizzatore di Taipei Ko Wenje, il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. Roberta Basile KontroLab

Che cosa ordina De Luca, che oramai di ordinanze ne sforna quasi una al giorno? Oggi sostiene, con l’Ordinanza n.53, che “a seguito delle problematiche registrate nello scorso fine settimana e degli incontri avuti in settimana con le Camere di Commercio, “è fatto divieto di vendita con asporto di bevande alcoliche, di qualsiasi gradazione, dopo le ore 22,00 da parte di qualsiasi esercizio commerciale (ivi compresi bar, chioschi, pizzerie, ristoranti, pub, vinerie, supermercati) e con distributori automatici”;

  • che  “dalle ore 22,00 alle ore 6,00, è fatto divieto di consumo di bevande alcoliche, di qualsiasi gradazione, nelle aree pubbliche ed aperte al pubblico, ivi comprese le ville e i parchi comunali”;
  • che  per i bar, ‘baretti’, vinerie, gelaterie, pasticcerie, chioschi ed esercizi di somministrazione ambulante di bibite, resta consentita la facoltà di apertura a partire dalle ore 5,00 ed è disposto l’obbligo di chiusura entro le ore 01:00, con obbligo di somministrazione esclusivamente al banco o ai tavoli a partire dalle ore 22,00.

Insomma l’ordinanza preparata meticolosamente dal Sindaco Luigi de Magistris, grazie a questa paginetta di ordinanza di De Luca, è diventata carta straccia. Approvarla significherebbe gettare nel caos l’intero comparto commerciale di un metropoli, Napoli, ed aprirebbe uno scontro istituzionale senza pari tra Comune e Regione. Può De Luca continuare ad emettere “ordinanze” contingibili ed urgenti in una fase in cui c’è stato un allentamento significativo di tutte le misure sanitarie più importanti, fatte salve le indispensabili misure di distanziamento sociale? A lume di ragione e seguendo il diritto, finché c’è in atto lo Stato di Emergenza nazionale dichiarato dal premier Conte fino al 31 luglio, i presidenti di Regione hanno questa protesta normativa e regolamentare su tutto il territorio regionale. Però la domanda che viene dopo è un’altra, forse più politica ma non meno importante: può un presidente di Regione che è ancora in carica benchè in regime di proroga disinteressarsi completamente di quello che pensa di fare un sindaco di una metropoli ancora saldamente in carica, benchè debole politicamente per lo sfaldamento della sua maggioranza?

Il sindaco di Napoli, infuriato, ha recuperato ogni serenità, e si è precipitato in Prefettura, dov’era stato convocato un Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, per portare al Prefetto Marco Valentini la sua ordinanza e valutare come evitare lo scontro con De Luca che continua a “concedere” ai cittadini delle libertà e un sindaco che invece vuole il ripristino delle libertà costituzionali tutte e il ritorno ad una gestione se non ordinaria almeno condivisa di scelte che toccano anche la sua città, la comunità che l’ha eletto sindaco. Questo vale per il sindaco di Napoli ma vale per tutti i 451 sindaci della Campania che potrebbero non essere più d’accordo con De Luca visto che  sono siamo più nella fase acuta dell’emergenza sanitaria. Come finirà questo scontro? Sarà capace di mediare il Prefetto? Vedremo, a noi sembra che lo scontro non sarà indolore e non finirà pari. Uno dei due deve fare marcia indietro. Altrimenti potrebbero aprirsi anche contenziosi di natura amministrativa e giudiziaria che i giudici saranno chiamai a dirimere. Chi parità le conseguenze di questo scontro? L’anello debole, i commercianti, che vorrebbero riaprire, tornare a commerciare, fare affari, business, tenere aperte le strutture, far lavorare i loro dipendenti. I rischio è la morte di centinaia di attività commerciali e migliaia di disoccupati.

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Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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