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Economia

Milano paradiso fiscale per soli ricchi. Ecco perchè dopo Ronaldo anche Davide Serra porta i suoi miliardi in Italia

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La cosa più simpatica è che il finanziere Davide Serra, fondatore di Algebris, società di gestione del risparmio con attivi per 12,3 miliardi di euro, amico dell’ex premier Matteo Renzi, trasferisce nell’Italia governata dal M5S e dalla Lega, la sua ricchezza. Lascia Londra, colpa anche di Brexit, e dopo venti anni di affari e residenza londinese trasferisce il suo domicilio (fiscale sicuramente) a Milano. Il finanziere ha già comunicato il suo trasferimento a Milano alle autorità inglesi e lussemburghesi. Sono i Paesi dove sono fiscalmente  domiciliate le società del gruppo Algebris. Dietro questo trasferimento ci sono ragioni familiari, certo, ma soprattutto la delusione per l’uscita del Regno Unito dall’area euro. Brexit sta spingendo molti finanzieri a guardare verso altri lidi.

Davide Serra. Il finanziere amico di Renzi trasferisce il domicilio fiscale in Italia

E molti di quelli che pensano ad altri lidi si preparano a sbarcare in Italia. Sono top manager, finanzieri, imprenditori, professionisti, artisti, calciatori. Perchè? C’e la flat tax per i super ricchi, introdotta dal governo del Pd con la legge di Bilancio 2017. Il provvedimento fu varato da Renzi, di cui Serra è uno dei più decisi sostenitori e consiglieri, ma ad attuarlo concretamente è stato il suo successore a Palazzo Chigi, Paolo Gentiloni. Ebbene tra quelli che tornano o vengono in Italia,  c’è il fuoriclasse della Juventus, Cristiano Ronaldo. Su stipendi da nababbi pagano pochi spiccioli. C’è, grazie alle norme varate dal governo nella scorsa legislatura, un regime opzionale per i neo residenti in Italia. È  un’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero, analoga a quella già presente in Portogallo, Malta, Svizzera o Gran Bretagna. L’opzione prevede – per un massimo di 15 anni – il pagamento di un’imposta forfettaria di 100 mila euro l’anno (più 25 mila euro per ciascun familiare che possiede proventi oltre frontiera), indipendentemente dal reddito guadagnato all’estero. Ne deriva che il sistema fiscale in Italia è più vantaggioso di quello inglese per i super ricchi, anche perché oltremanica i redditi guadagnati all’estero ed esenti dall’imposta non possono essere rimpatriati, perché perderebbero il beneficio, mentre la flat tax italiana consente invece di incassare questi redditi anche in Italia. E dunque, alla fine, Davide Serra, che un giorno sì e un giorno pure non perde occasione per attaccare il nuovo Governo, lascia Londra e porta le sue aziende in Italia per questioni fiscali.  E chissà che cos’altro riserva a lui e ad altri il futuro. C’è all’orizzonte la flat tax promessa da Matteo Salvini e la pace fiscale. Insomma, l’Italia, almeno per i ricchi è diventata un Paradiso. Fiscale, ovviamente.

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Economia

Stellantis proroga commessa, Trasnova ferma licenziamenti

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Quasi 400 licenziamenti evitati grazie alla proroga di un anno da parte di Stellantis della commessa a Trasnova, l’azienda dell’indotto che fa attività di logistica a Pomigliano, a Cassino, a Melfi e a Torino. Oltre ai 97 licenziamenti previsti da Trasnova sono stati ritirati quelli delle aziende Logitech, Teknoservice e Csa. L’accordo è stato raggiunto al MiMit con i sindacati confederali e di categoria, i rappresentanti delle Regioni e degli enti locali dove opera l’azienda dell’indotto. Per il settore – che continua a registrare una pesante caduta della produzione, pari al 32,5% a ottobre – potrebbe arrivare una boccata d’ossigeno: “Credo che arriveremo a trovare circa 1 miliardo per sostenere l’industria dell’auto”, annuncia il vicepremier Antonio Tajani.

“Grazie alla collaborazione di tutte le parti e al metodo Mimit abbiamo tutelato la produzione e la forza lavoro. Mi auguro che sia l’inizio di un nuovo e fattivo percorso anche con Stellantis”, commenta il ministro Adolfo Urso. “E’ un’intesa che nasce nel solco del senso di responsabilità di Stellantis che aveva dato la propria disponibilità a supportare Trasnova per risolvere questa delicata situazione. Abbiamo proposto noi questo tipo di soluzione”, afferma Stellantis che chiarisce però che si tratta di un caso specifico e che tutti i problemi del settore andranno affrontati nel tavolo aperto al Mimit (foto Imagoeconomica in evidenza).

I lavoratori, presenti anche davanti al Mimit, festeggiano con caroselli di auto a Pomigliano, mentre Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcfr sottolineano che l’accordo è stato reso possibile grazie anche alle loro iniziative di lotta con il lungo presidio ai cancelli Per la Fiom quella di Trasnova “è una vertenza simbolo dell’automotive”. Soddisfazione anche dai leader politici, accorsi nei giorni scorsi a Pomigliano. “E’ una buona notizia, ma la battaglia non si ferma” avverte la segretaria del Pd Elly Schlein. “Il Movimento è stato al loro fianco dal primo minuto” sottolinea il presidente del M5s, Giuseppe Conte.

Il 17 dicembre è convocato sempre al Mimit il tavolo Stellantis e il numero uno per l’Europa allargata, Jean Philippe Imparato, ha già reso noto che saranno date indicazioni concrete su ogni stabilimento. Tra i capitoli ancora aperti c’è però quello della gigafactory di Termoli. Stellantis ha annunciato un investimento in Spagna con il gruppo Catl fino a 4,1 miliardi di euro per costruire un impianto europeo di batterie al litio a Saragozza, ma ha chiarito che il progetto integra quello di Acc a Termoli. A livello europeo Luca De Meo, presidente dell’Acea, l’associazione dei costruttori europei, sottolinea che la “priorità più urgente è rivedere” gli obiettivi al 2025 delle norme Ue sul taglio delle emissioni di Co2 per le nuove auto, “per avere la certezza da parte della Commissione europea che” le case automobilistiche non siano costrette a pagare multe che potrebbero costare fino a 15 miliardi di euro. A quel punto potremmo sederci con le autorità e discutere di come fare per arrivare al target del 2035″.

De Meo ha definito “un segnale molto forte” la decisione di Stellantis di rientrare nell’Acea. “E’ fondamentale dialogare e sviluppare una comprensione condivisa delle sfide e dei modi per affrontarle insieme. Stellantis ritiene che Acea sia la piattaforma giusta per farlo”, sottolinea Imparato.

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Produzione industriale, affondano auto e tessile

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Non si ferma il gelo della produzione industriale, cristallizzata ad ottobre sugli stessi livelli del mese precedente ma che mostra un altro brutto segno meno su base annuale: -3,6% rispetto ad ottobre 2023, il ventunesimo calo consecutivo. Un vento freddo che spira su fabbriche e aziende di tutti i settori ma che è spinto soprattutto da auto e tessile, scesi con numeri a due cifre da capogiro: oltre il 40% per la produzione dei soli autoveicoli rispetto ad un anno fa, -16,4% per tutto il settore dei mezzi di trasporto, -7,6% secco per le industrie tessili con punte da oltre il 20% per alcuni comparti della moda.

I segnali di rigore soffiano d’altronde anche altrove con la Germania che a settembre, ultimo dato disponibile, ha registrato un calo tendenziale del 4,6% della produzione industriale mentre la Francia registra una lieve discesa dello 0,4%. Non va meglio a livello comunitario: sempre a settembre la produzione industriale ha segnato un -2,8% nell’area euro e -2,4% a livello Ue. Ma se la locomotiva tedesca si è fermata e il treno europeo è rallentato, anche l’Italia – pur ai massimi storici per livello d’occupazione – ha ridotto le sue prospettive di crescita e segna il passo in alcuni dei settori industriali più tradizionali.

Ad ottobre rispetto a settembre sono andati bene i comparti dell’energia (+1,7%) e dei beni di consumo (+1,5%); maluccio i beni strumentali (-0,2%) male i beni intermedi (-1,0%). Spinta positiva in particolare dagli alimentari e dai farmaceutici e dalla fornitura di servizi energetici, mentre scendono attività estrattiva e mezzi di trasporto, settori che mostrano anche un calo trimestrale. La situazione è la stessa proiettata anche a livello annuale dove però il calo è più generalizzato ed interessa anche i beni di consumo e l’energia (-0,8% per entrambi i settori),pure se la riduzione risulta più rilevante per i beni intermedi (-5,2%) e per i beni strumentali (-4,4%). Cartina di tornasole dei dati dell’Istat sono i diversi tavoli di crisi dei quali si sta occupando il ministero dell’Industria.

Una delle chiavi di volta, si sa, è la complicata situazione dell’automotive non solo per il nodo Stellantis. Una situazione che sta travolgendo tutta la filiera europea e alla quale tutta l’Europa tenta di mettere riparo. Ma oltre alla produzione di autoveicoli, quasi dimezzata rispetto ad ottobre di un anno fa e ridotta quasi del 30% (27,9%) nei 10 mesi 2024, preoccupa anche la moda, con interi sotto comparti ormai in ginocchio. Le industrie del settore tessile, abbigliamento, pelli e accessori che da settembre a ottobre hanno segnato un rialzo dello 0,9%, hanno visto un calo del 7,6% rispetto ad ottobre 2023 e del 10,5 dall’inizio dell’anno con profondi rossi per alcune specializzazioni, come quelle della valigerie e articoli da viaggio (-32,8) o il settore della concia e preparazione del cuoio(-20,8%). Di ‘uno tsunami’ parlano i consumatori.

Preoccupati gli artigiani che evidenziano come sia pericolosa la riduzione del peso dell’industria sul prodotto interno lordo, per un Paese manifatturiero come l’Italia, la seconda manifattura d’Europa dopo la Germania, dove l’industria fa da traino anche ai servizi e che chiedono un intervento congiunto al governo. “Dati attesi” dice la Cgil: “La crisi dell’industria la misuriamo quotidianamente ai tanti tavoli istituzionali di crisi al Mimit e a quelli che quotidianamente affrontiamo sui territori. Tavoli che ormai hanno un tratto comune fatto di chiusure e delocalizzazioni di fabbriche e imprese, di riconversioni industriali che impoveriscono qualità di produzione e occupazione, di licenziamenti e cassa integrazione, ammortizzatore che a settembre (ultimo dato disponibile) registra poco meno di 45 milioni di ore, con un incremento del 18,87% sullo stesso mese del 2023”.

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Economia

Affitti brevi: rilasciato 70% dei Cin per le strutture censite

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Con oltre 549.900 strutture registrate e più di 385.000 Codici Identificativi Nazionali (Cin) rilasciati, superando il 70% delle strutture registrate , i risultati ottenuti in pochi mesi sono significativi. Questi numeri testimoniano il grande impegno volto a creare la prima banca dati nazionale delle strutture ricettive . A partire da oggi, è anche attivo il rilascio automatico del Cin, per le strutture che hanno segnalato nei giorni scorsi “struttura non trovata” e per le quali sono già trascorsi 30 giorni dalla richiesta.

Questo caso si riferisce all’eventualità in cui il soggetto richiedente non coincide con il soggetto in anagrafe regionale, motivo per cui le Regioni invitano a collegarsi prima sui loro applicativi e censirsi e poi collegarsi al MiTur per il Cin. Queste strutture possono ora accedere tranquillamente alla piattaforma per richiedere il Cin. La nuova procedura è progettata per garantire che le Regioni possano verificare le strutture senza penalizzare coloro che sono in regola. Inoltre, il ministero ha contattato tutti i richiedenti che non si ritrovano in banca dati per il Cin automatico.

“Abbiamo quindi raggiunto – spiega il MiTur in una nota – un censimento quasi completo e un allineamento storico tra la banca dati nazionale e quelle regionali. Pertanto, si è raggiunto un risultato senza precedenti che non solo facilita la regolarizzazione, ma contribuisce anche a far emergere il sommerso, uno degli obiettivi principali della normativa. Invitiamo tutti i titolari di strutture ricettive che non hanno ancora effettuato la richiesta del codice a farlo al più presto. Gli strumenti sono disponibili, e il lavoro svolto consente a tutti di essere in regola con la normativa vigente”.

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