Su una panchina di legno del Pomeroy Kananaskis Mountain Lodge, da soli, senza staff nelle vicinanze. Giorgia Meloni e Donald Trump si sono parlati prima della cena che ha sbloccato la dichiarazione del G7 sulla crisi tra Israele e Iran, e del ritorno anticipato del presidente americano a Washington. Non è stato l’unico incrocio tra i due a margine del summit, ma questo momento clou, alla fine di una giornata intensa, era atteso dalla premier per comprendere meglio la strategia del tycoon sul nuovo fronte di crisi in Medio Oriente, ma anche per affrontare una serie di altre questioni incalzanti, come Gaza, il braccio di ferro sui dazi fra Usa e Ue, e gli scenari della Nato. L’Ucraina è invece diventato l’indomani il tema principale della giornata conclusiva del summit, senza Trump ma con Volodymir Zelensky, che dopo la notte “tragica” vissuta da Kiev per gli attacchi russi ha ottenuto dagli alleati la conferma del sostegno, anche se sulle nuove sanzioni alla Russia gli europei ancora non mostrerebbero una linea comune.
Nell’album del G7 di Meloni c’è anche la foto dell’abbraccio alla figlia Ginevra con lei in Canada (“La mia forza più grande. Ovunque. Sempre”). Quelle politicamente più rilevanti sono quelle in cui è seduta accanto al presidente Usa, protesa in avanti verso l’interlocutore, i tacchi puntati sul pavimento. Del “bilaterale” reso noto da Palazzo Chigi, non sono arrivate comunicazioni dalla Casa Bianca. La premier ha ribadito l’importanza di un accordo commerciale transatlantico, e con cui ha discusso dei temi Nato, in vista del vertice della prossima settimana all’Aja. Incluso il percorso di aumento delle spese militari (Berlino e Londra sostengono la linea di spostare dal 2032 al 2035 il termine per il 3,5%). In un G7 dominato dalla crisi fra Teheran e Tel Aviv, la premier ha puntato la sua strategia sull’idea che un cessate il fuoco a Gaza possa portare alla de-escalation anche nel resto del Medio Oriente. Lo ha detto al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu nei giorni scorsi. E lo ha ripetuto anche a Trump.
Ma sia l’uno sia l’altro sembrano avere come priorità l’Iran. La dichiarazione dei leader chiusa con notevoli sforzi diplomatici cita sì la Striscia, ma inquadra “la de-escalation delle ostilità in Medio Oriente, incluso un cessate il fuoco a Gaza”, come risultato di una “risoluzione della crisi israeliana”. In attesa di un commento pubblico, in queste 48 ore di trattative e incontri a Kananaskis, Meloni ha dovuto anche fare i conti con le varie prese di posizione di Trump su Vladimir Putin possibile mediatore con l’Iran. Roma è rimasta spiazzata, al netto delle considerazioni di Matteo Salvini. Il presidente russo “dovrebbe mediare per concludere l’invasione dell’Ucraina”, ha tagliato corto l’altro vicepremier, il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Putin ha altri piani come dimostra la notte vissuta da Kiev, con “attacchi a infrastrutture civili e case, una tragedia”, come ha detto Zelensky arrivando a Kananaskis. Ogni imbarazzo nel resort fra le Montagne Rocciose è stato evitato dalla partenza anticipata di Trump.
Il presidente ucraino ha ricevuto le condoglianze dei leader. Nella sua agenda un incontro informale con i leader G7 e la sessione di lavoro dedicata a “un’Ucraina forte e sovrana” aperta ai Paesi invitati, al termine della quale non si è concretizza l’ipotesi di una riunione ristretta tra il leader ucraino con Italia, Francia, Germania e Regno Unito. Mettere pressione a Mosca perché decida di sedersi al tavolo è la richiesta di Zelensky: “Noi siamo pronti per i negoziati di pace e un cessate il fuoco incondizionato, è molto importante, ma per questo abbiamo bisogno di pressione” sulla Russia. Fino a quel momento ha bisogno di aiuti militari. Il Canada, intanto, ha annunciato un nuovo pacchetto di forniture (droni inclusi) da 2 miliardi di dollari, e nuove sanzioni a individui e compagnie russe, anche per contrastare la flotta fantasma di Mosca.