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Coppa Davis, l’Italia va in finale: battuta 2-1 la Serbia di Djokovic. Sinner è stato mostruoso

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Dopo 25 anni l’Italia torna in finale di Coppa Davis e ora avrà una grande occasione per rivincerla, contro l’Australia, bissando quella del 1976 in Cile. A Malaga gli azzurri di Filippo Volandri hanno fatto l’impresa battendo 2-1 la Serbia, trascinati da uno Jannik Sinner monumentale, capace di strapazzare Novak Djokovic due volte in un pomeriggio. Il numero 4 del mondo, dopo aver portato il punto dell’1-1 nel singolare con Djokovic, pareggiando la sconfitta patita in apertura di giornata da Lorenzo Musetti – battuto 6-7 (7-9), 6-2, 6-1 da Miomir Kecmanovic – si è sottoposto agli straordinari. E’ tornato sul cemento nel doppio, affiancato da Lorenzo Sonego. Di fronte ancora Djokovic, in coppia con Kecmanovic. Ed il duo azzurro ha mostrato grande affiatamento, eliminando i serbi con un doppio 6-4. “Contenti, sì. Ma ancora non soddisfatti”.

Al termine Sinner era già con la testa a domani. “E’ stata una giornata lunga, ma quando finisce così le emozioni sono bellissime – ha aggiunto – E’ stato un doppio molto difficile da giocare sull’1-1. Ma noi ci abbiamo sempre creduto. Siamo contenti di essere in finale, cercheremo di risolvere anche il ‘problema’ Australia. La squadra ha dimostrato di essere viva”. La maratona di Sinner si era aperta con il ‘faccia a faccia’ con Djokovic, che l’azzurro ha concluso nel migliore dei modi, sconfiggendolo per la seconda volta in 12 giorni, aggiudicandosi la ‘bella’ dei tre incroci giocati tra Atp Finals e Davis. Solo a Medvedev era riuscita un doppietta così prestigiosa nell’arco della stessa stagione, nel 2019.

Contro colui che ha sommato fino ad ora l’enormità di 400 settimane da numero 1 del ranking, l’altoatesino ha interpretato un match memorabile, annullando all’avversario tre match point consecutivi (da 0-40 nel terzo set) e mettendo in mostra una maturità tecnica e, soprattutto, mentale che hanno fatto la differenza nelle battute decisive. Una vittoria da campione completo, che ha dato all’Italia l’occasione di giocarsi tutto nel doppio, concluso in trionfo e con l’abbraccio a capitan Volandri e tutta la squadra. Sinner ha superato Nole 6-2, 2-6, 7-5 in 2 ore e 33 minuti. Il serbo non perdeva in Coppa Davis dal 2011 ed aveva vinto gli ultimi 20 singolari di fila. Una sentenza, fino ad oggi pomeriggio, quando un Sinner monumentale lo ha stoppato con un match da incorniciare. Quasi senza storia il primo set, chiuso dall’azzurro in 37′.

Ma Djokovic resetta e riparte nel secondo set, ritrovando la prima di servizio che l’aveva tradito in avvio. Sinner cala un po’ da fondo, costretto com’è a rischiare di più con il diritto. Risultato, il 6-2 viene restituito e si va al terzo, il più incerto. Il secondo game, turno di battuta di Sinner, dura quasi 14 minuti ed è vinto dall’italiano con un ace al ventesimo punto. Il match vive la sua fase più intensa. Gli errori si fanno sempre più radi, crescono i punti vincenti. Ma alla fine è il ‘rosso’ a spuntarla. “Sono entrato in campo già esausto per quanto avevo tifato per lui – ha scherzato Sonego, dopo la vittoria in doppio – Ora dobbiamo dimenticare quello che abbiamo fatto e ricaricarci”.

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Marino: campionato squilibrato da anni, troppa disparità fatturati e ricavi

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“Il nostro campionato non è equilibrato da diversi anni, ci sono disparità di fatturati e ricavi, non è una questione di oggi. Però è stato un bel campionato per quanto riguarda lo spettacolo offerto dalle squadre e anche per certe novità tecnico-tattiche. L’Inter ha ripercorso il campionato del Napoli dell’anno scorso. A volte ci sono anche i demeriti che determinano certi divari in classifica. Demeriti di alcune squadre che dovevano fare e non hanno fatto”. Così ai microfoni di Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1 Pierpaolo Marino, decano dei dirigenti sportivi italiani, sul campionato di Serie A ormai alle ultime curve, a quattro giornate dalla fine. Si dovrebbe tornare a un campionato a 18 squadre? “Ho fatto tanti anni con l’Avellino e con il Napoli con campionati a 16 squadre. Sia a 16 che a 18 squadre sono campionati che nella loro brevità non fanno emergere i reali valori tecnici. Una sconfitta determinava una classifica in maniera inappellabile. Sono contrario alla riduzione delle squadre. I format migliori sono la Premier e la Liga, tutti campionati a 20 squadre che non vanno a ridurre l’organico. A mio avviso, quello attuale è il format giusto”.

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Napoli bello, Roma fortunata: è pari al Maradona

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– Napoli e Roma si annullano nella sfida valevole per la 34 giornata di Serie A. Al Maradona finisce 2-2 una bella sfida, accesa ed emozionante soprattutto nella ripresa: apre Dybala su rigore, Olivera e Osimhen (altro rigore) la ribaltano, poi nel finale il prezioso ritorno al gol di Abraham permette ai giallorossi di tornare a casa con un punto abbastanza importante per la corsa alla Champions League. La squadra di De Rossi sale a 59 punti restando a -4 dal Bologna, ma vede accorciare l’Atalanta che ora e’ dietro di sole due lunghezze e con una gara da recuperare. Amaro in bocca invece per gli uomini di Calzona, che scivolano a -5 dal settimo posto della Lazio.

La prima nitida occasione del match capita al 6′ in favore dei giallorossi (sara’ l’unica del primo tempo), quando da corner del solito Dybala arriva una sponda area di Mancini che pesca Pellegrini, il cui colpo di testa termina di poco alto sopra la traversa. Dopo una prima parte di gara giocata a ritmi bassi da ambo le squadre, i partenopei provano a crescere dalla mezz’ora: Osimhen tenta da posizione defilata trovando la respinta di Svilar, graziato invece poco piu’ tardi da Anguissa che sbaglia tutto a tu per tu.

Al 40′ si fa vedere Kvaratskhelia con il suo classico destro a giro, deviato in tuffo ancora da un attento Svilar, mentre a pochi istanti dal riposo un colpo di testa di Di Lorenzo sfila di poco a lato. Nella ripresa il Napoli continua nella propria produzione offensiva, ma al 56′ e’ ancora decisivo un intervento di Svilar ad evitare il possibile vantaggio di Lobotka. Passano un paio di minuti e, dall’altra parte, e’ invece la Roma a trovare l’episodio per sbloccare: Azmoun va giu’ in area a contatto con Jesus, l’arbitro fischia il penalty e Dybala lo trasforma alla perfezione nell’1-0 ospite.

Gli azzurri non ci stanno e al 64′, grazie ad un pizzico di fortuna, la pareggiano con Olivera: l’esterno calcia di mancino da fuori area, Kristensen devia e di fatto mette fuori causa Svilar che stavolta non puo’ nulla. Il match prende ritmo e i partenopei in particolare ritrovano morale, sfiorando il vantaggio al 73′ con Osimhen, che svernicia Mancini in velocita’ ma trova un miracoloso Svilar davanti a se’. Nel finale succede di tutto: Osimhen porta avanti il Napoli grazie ad un calcio di rigore fischiato dopo un contatto tra Renato Sanches e Kvaratskhelia (decisivo intervento del Var), poi all’88’ la Roma trova il nuovo pari con un colpo di testa di Abraham, che segna dopo una sponda aerea da corner di Ndicka ed esulta dopo un altro intervento del Var (gol inizialmente annullato per offside).

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30 anni senza Ayrton Senna, nel mondo saudade senza fine per un mito dell’automobilismo

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“Un giorno che non sarà mai dimenticato dai brasiliani” titolava ‘O Globo’. E non era per celebrare la vittoria in uno dei cinque mondiali conquistati dalla nazionale del paese dove il futebol’ è un’autentica religione. No, era riferito al prossimo 1 maggio, quando saranno 30 anni dalla scomparsa, quel tragico giorno del 1994 a Imola, di Ayrton Senna. Un idolo nel suo paese, ma una icona mondiale il cui mito vive anche nelle generazioni che i prodigi del pilota non hanno potuto ammirare. Per capire cosa significhi tuttora per i suoi connazionali il ‘tricampeao’ del mondo della formula uno, morto a soli 34 anni, basta andare al cimitero di Morumbi (il quartiere dell’alta borghesia di San Paolo, di cui Senna faceva parte) dove è sepolto.

Caro Ayrton, un libro di Anna Maria Chiariello a 25 anni dalla scomparsa del grande Senna

Lì, vicino alla lapide coperta dai fiori, c’è un albero che ‘custodisce’ le testimonianze lasciate dai visitatori in onore del loro idolo scomparso tragicamente e troppo presto, ci sono anche pezzi di carta con preghiere e invocazioni, quasi degli ex voto con scritto “proteggimi” o “fammi trovare un lavoro”. Proprio così, perché Senna per tanti è una divinità, e non è certo un’esagerazione il detto secondo cui non esiste brasiliano dai 40 anni in poi che non si ricordi cosa stesse facendo in quel momento, quando da Imola arrivò la terribile notizia. Ayrton Senna è un sentimento, non solo saudade ma fede, amore, qualcosa, anzi qualcuno, che non potrà mai essere dimenticato, e in Brasile ancora oggi le sue 161 gare disputate vengono analizzate una per una, per capire quale fosse il suo segreto, oltre al talento che Dio, nel quale Ayrton credeva fortemente, gli aveva donato.

Sono giorni che a Rio, San Paolo, Porto Alegre e in ogni altro angolo del Brasile si parla e si scrive di Senna, non solo dei 30 anni dalla sua morte, ma anche, è successo a marzo, dei 40 anni dal suo esordio in F1 con la Toleman, e subito “fu l’inizio di un amore – hanno scritto i giornali locali – e della sua consacrazione”. I grandi network nazionali hanno ricordato che Senna è stato il modello di Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo, che non ha mai nascosto l’amore per il Brasile e per quel fenomenale campione di cui possiede un casco, mentre il fenomeno di oggi, Max Verstappen ha ricordato che “le vetture di allora erano molto differenti, e sono certo che se Senna corresse oggi guiderebbe in modo diverso. Ma vincerebbe ugualmente”.

Al Corinthians, squadra del cuore del pilota è stato chiesto, in vista del trentennale di Imola, per onorare le memoria del suo tifoso così speciale di riutilizzare la maglia di qualche stagione fa, quando al posto della scritta dello sponsor sul petto dei giocatori del ‘Timao’ era stato stampato l’autografo di Senna. Intanto alcuni facoltosi appassionati stanno partecipando all’asta per acquistare la Honda NSX che Ayrton utilizzava per spostarsi nei periodi che trascorreva in Portogallo.

Apparteneva ad una persona di nazionalità britannica, di cui non si è fatto il nome, che ora l’ha messa in vendita, al prezzo base di 500mila sterline, circa 580mila euro. In Brasile non se la vogliono far sfuggire, e sarà una sfida all’ultimo real. Intanto, e soprattutto, rimane quel volto che è anche su tanti murales, amato da tutti e sinonimo di 41 gran premi vinti e tre titoli mondiali. Una striscia che avrebbe potuto continuare chissà fino a quando, ma il destino ha deciso diversamente. Di sicuro Ayrton Senna continua a vincere nei cuori della gente.

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