“Nuove tensioni”, “nuovi rischi”, irrompono nello scenario per l’economia italiana in questi primi giorni del nuovo anno dopo una fine del 2023 in cui “il Pil italiano potrebbe essere andato meglio dell’atteso”. L’analisi mensile su congiuntura e previsioni del centro studi di Confindustria evidenzia i rischi, oggi, “dovuti alla forte riduzione dei transiti nel canale di Suez per gli attacchi del gruppo yemenita degli Houti”, con i prezzi di gas e petrolio che “non ne hanno risentito finora ma restano alti”. E’ un contesto in cui sono “ripartiti servizi e costruzioni” ma “l’industria resta debole”: subisce “un brusco calo”. L’inflazione è “ai minimi” in Italia ma “non ancora in Europa. I tassi quindi potrebbero rimanere alti ancora per alcuni mesi”. Sulle imprese pesano anche il “credito più caro” e “consumi incerti”.
L’attenzione oggi è soprattutto sul blocco di Suez che “se prolungato può peggiorare lo scenario”. E’ un rischio che gli economisti del centro studi di Confindustria, diretto da Alessandro Fontana, mettono a fuoco anche con un approfondimento sugli scambi commerciali che evidenzia “segnali di miglioramento a fine 2023” ma “prospettive per il 2024 non rassicuranti”, “incerte”. L’export di prodotti italiani si è ridotto nel 2023 “in un quadro di profonda debolezza della domanda mondiale di beni”, con “segnali di miglioramento a fine anno” ma “una dinamica mensile altalenante”.
L’analisi evidenzia una “alta variabilità” settore per settore ed a seconda dei diversi mercati di sbocco. Export e produzione italiane sono in espansione in settori centrali, fortemente integrati nelle catene globali del valore, come i mezzi di trasporto (anche grazie alla ripartenza dell’automotive), macchinari e impianti, apparecchi elettrici. Hanno aumentato la produzione, pur in presenza di un calo dell’export, il comparto dei prodotti petroliferi, il farmaceutico (che aveva registrato un boom dell’export con l’emergenza sanitaria), i prodotti elettronici. Sono in generale calo, invece, i settori energy intensive (legno e carta, metallurgia e prodotti in metallo, minerali non metalliferi), maggiormente penalizzati dall’energia ancora cara. Quanto ai diversi mercati, con “dinamiche dell’export italiano molto eterogenee”, sono “aumentate le connessioni con gli Usa” mentre “è fortemente diminuita la quota cinese in Italia, in particolare nei prodotti elettronici e Ict.
Tuttavia, hanno registrato un boom gli acquisti di autoveicoli cinesi (+165% nei primi undici mesi del 2023), mentre si sono dimezzate le rispettive vendite italiane in Cina. Gli acquisti dalla Russia sono risultati decimati (-85%), con il sostanziale blocco delle forniture di petrolio e gas. Le filiere farmaceutiche si sono in parte spostate dal Belgio (grande hub europeo) verso Svizzera, Paesi Bassi, Usa”. La preoccupazione oggi è per il blocco di Suez, “più è prolungato maggiori saranno gli effetti negativi sul commercio estero italiano e globale”.
A metà gennaio, “il traffico di navi nel mar Rosso si è più che dimezzato e il costo di trasporto dei container dall’Asia all’Europa è aumentato del 92%”. Le rotte marine sono “cruciali”: per l’Italia “il 54% degli scambi è via nave, di cui il 40% tramite Suez. Potenzialmente esposti sono: gli scambi di petrolio e gas (da Kuwait, Qatar, Eau, Iraq; parte del petrolio dell’Arabia Saudita è invece imbarcato a nord dello Yemen), quelli di beni elettronici e apparecchi elettrici (oltre la metà dell’import extra-UE viene dalla Cina), quelli di prodotti in pelle (quasi un terzo viene dalla Cina), quelli di macchinari (soprattutto in uscita verso i principali paesi asiatici)”.