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Conferenza Juventus, Allegri: “La società ha ritenuto che non fossi più io l’allenatore”, ma con Agnelli c’è affetto e stima

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È stata la conferenza della commozione quella dell’addio di Allegri alla Juventus.

Andrea Agnelli e Massimiliano Allegri hanno incontrato i giornalisti nella sala conferenze dell’Allianz Stadium per rendere ufficiale quello che si sapeva già: il tecnico livornese, finito il campionato, lascia i bianconeri dopo cinque anni di successi e record. Abbiamo adesso anche una certezza: è stata la società  a decidere che Allegri doveva andare via. Si sono scambiati tanti complimenti ma la sostanza è questa. Agnelli ha detto che questa è stata la decisione piu’ sofferta da quando è alla guida della Juventus: “Sono stati cinque anni bellissimi, con affetto, stima, riconoscenza e soprattutto tante vittorie – ha ricordato il presidente. – Abbiamo vissuto per un anno e mezzo da vicini di casa, abbiamo fatto colazione insieme, cene piacevolissime, Max ha visto i miei figli crescere e io i suoi. Penso di aver trovato un amico sincero con cui potermi confidare su tanti argomenti”.  Alla conferenza c’era anche la squadra, che ha applaudito più volte l’ormai ex mister. “La societa’ ha fatto le sue valutazioni e ritenuto opportuno che la prossima stagione l’allenatore non fossi piu’ io – ha detto Allegri – fisiologicamente ci dovevamo separare, e’ molto piu’ semplice di quanto possa sembrare”. Il bilancio non puo’ che essere positivo, nonostante la mancata vittoria della Champions League. “Qui ho trovato una societa’ super organizzata, siamo cresciuti insieme, ma ora e’ arrivato il momento di separarsi nel migliore dei modi. Lascio un presidente straordinario – ha aggiunto il tecnico livornese – un decisionista. Ho vissuto cinque anni davvero straordinari e oggi la vivo serenamente, anche se sono state scritte cose inesatte, non ho mai chiesto anni di contratto, giocatori, rivoluzioni. Sono contento ed emozionato, ma ora basta che domani bisogna giocare. La Juventus  ripartirà nel migliore dei modi”.

A chi gli contestava che la squadra non sempre ha espresso un bel gioco, Allegri ha replicato: “A calcio conta vincere le partite, non ho ancora capito cosa significhi giocare bene, qualcuno me lo spieghi. Quelli che vincono sono più bravi degli altri, piaccia o non piaccia. Durante una stagione – ha aggiunto – ci sono momenti in cui giochi bene e altri meno bene”. E ancora, rivolgendosi a Cristiano Ronaldo, seduto ad ascoltare in seconda fila: “Difendere non è vergogna, le grandi sfide le vincono le grandi difese. Cristiano lo sa bene, il Real Madrid nella finale di Cardiff ha vinto perche’ ha difeso meglio di noi. Ci sono allenatori che vincono e altri che non vincono mai e se uno non vince mai un motivo ci sara’”. Sui progetti futuri il tecnico non si sbilancia. “In questo momento non so nulla, valutero’ eventuali proposte, casomai mi dedichero’ a me stesso, ai mie familiari, alla mia compagna, ai miei amici, una pausa mi farebbe anche bene”.

Anche Agnelli ha la bocca cucita su chi sarà il prossimo allenatore della Juventus. Ma allora perché si sono separati viene voglia di chiedersi.

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Campo largo sfumato a Taranto, Conte contro Emiliano

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“Ricordate il Cantiere Taranto? Abbiamo stanziato un miliardo e duecento milioni anche per far diventare Taranto sempre più centrale nel Mediterraneo e abbiamo fatto di tutto per realizzare questi progetti. Ora c’è Giorgia Meloni al governo e vediamo le cose come vanno”. Ultimi appelli per Taranto dal leader del M5s Giuseppe Conte, oggi in Puglia per sostenere i candidati pentastellati in vista delle amministrative del 25 e 26 maggio. Nel capoluogo ionico è sfumato, almeno per il momento, il campo largo. Il centrosinistra ha puntato su Piero Bitetti, esponente di Con ed ex presidente del Consiglio comunale. I pentastellati pretendevano discontinuità. L’accordo non c’è stato e il M5s ha dunque deciso di presentare un proprio candidato, anzi una candidata, la giornalista Annagrazia Angolano, unica donna in corsa in questa competizione. In tutto sono sei i candidati sindaco. Giuseppe Conte è stato prima a Triggiano (Bari), poi a Massafra e infine a Taranto, dove si gioca una sfida simbolica.

Il leader pentastellato ha scelto parole nette, rivendicando il lavoro del suo governo e attaccando frontalmente il centrodestra, ma anche il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano. “Noi con il nostro governo abbiamo migliorato le condizioni a favore della collettività di Taranto”, ha dichiarato Conte, puntando il dito contro l’attuale esecutivo. “Il disastro finanziario e industriale firmato Meloni-Urso è sotto gli occhi di tutti. Sono stati buttati 1,5 miliardi di soldi pubblici – ha puntualizzato – per rilanciare gli altiforni, ma la produzione è quasi ferma. E sono stati sottratti 400 milioni dalle bonifiche, che non si faranno più”. Per il leader del M5s serve una “nazionalizzazione dello stabilimento e un accordo di programma che garantisca occupazione e sviluppo sostenibile. Piuttosto che togliere le risorse, incrementare quelle per le bonifiche. Dobbiamo assolutamente utilizzare i soldi del Pnrr”. Conte è tornato anche su un altro cavallo di battaglia: “L’anno scorso – ha rammentato – chiesi un Patto per la legalità in Puglia. Noi non cerchiamo poltrone, ma un cambio di passo su un tema imprescindibile”.

Sul governatore Michele Emiliano ha detto: “Non l’ho mai attaccato ma è stato lui a colpire noi, forse perché ci ritiene scomodi. Ci ha attribuito falsità sull’Ilva e su scelte che risalgono a prima del nostro governo. Forse ha paura della nostra asticella alta”. E ha aggiunto: “Dopo tanti anni al potere, il rischio è che ci si adagi. Ma la politica è confronto, non attacchi a freddo”. A stretto giro la replica del governatore pugliese: “Nessun attacco a Conte da parte mia. Per evitare che si creino incomprensioni da botta e risposta a distanza, meglio parlarsi direttamente”, ha detto Emiliano. La chiusura dell’intervento di Conte è sul voto amministrativo a Taranto: “non corriamo da soli, corriamo con i cittadini”.

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Economia

Tim, soci al voto il 24/6 anche su governance e mission

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Tim si prepara all’assemblea annuale. La stagione delle riunioni maratona è finita, anche quest’anno i soci voteranno in anticipo, affideranno le deleghe al rappresentante designato e il 24 giugno il notaio metterà a verbale le delibere. La grande novità è nella mappa dell’azionariato con Poste che sostituisce Cdp (con quasi il 10%) e in pectore è già il nuovo azionista di riferimento della compagnia telefonica, avendo acquistato una quota del 15% da Vivendi. I francesi hanno chiuso il capitolo tlc e iniziato il disimpegno scendendo dal 24% al 17,81% ma il closing dell’operazione deve ancora avvenire. Si aspetta l’ok dell’Antitrust e dovrebbe arrivare entro il 13 giugno (la record date) per consentire a Poste di presentarsi in assemblea con il 24,8 per cento.

All’ordine del giorno dell’assemblea, oltre all’approvazione del bilancio, della politica di remunerazione e del nuovo piano di incentivi e stock option ci sono anche alcune modifiche statutarie. In particolare sul perimetro dell’oggetto sociale, l’articolo 3 dello Statuto sociale. Tim non è più solo tlc: con la strategia 2024-2026 l’ad Pietro Labriola ha annunciato di essere passato al modello Customer Platform, per valorizzare e stabilizzare la base clienti di famiglie e pmi. Significa pacchetti personalizzati comprendenti la connessione fissa o mobile, ma anche l’offerta di contenuti, apparati e la possibilità di sottoscrivere contratti per l’energia (ha stretto una partnership con Axpo Italia), polizze assicurative ma ora con Poste le possibili sinergie si moltiplicano. “Stiamo esplorando ogni possibile opportunità, più lavoriamo più vediamo opportunità” ha commentato l’ad Matteo Del Fante.

La governance è un altro tema che i soci discuteranno. All’ordine del giorno ci sarà una delibera sulla riduzione del numero massimo dei componenti del Consiglio (oggi va da 7 a 19). Il cda, ora particolarmente snello con 9 consiglieri, potrebbe allargarsi per far posto ai rappresentanti di Poste (si guarda al direttore generale Giuseppe Lasco e a un indipendente) ma la proposta in assemblea sarà quella di non sforare comunque il numero dei 15. Verrà proposta, tra le altre delibere, anche la modifica della percentuale di possesso azionario per la legittimazione alla presentazione delle liste (indiscrezioni di stampa parlavano di un innalzamento dall’attuale 0,5% all’1,5% del capitale).

I soci che non voteranno la delibera di modifica della clausola sull’oggetto sociale e gli azionisti di risparmio “sono legittimati ad esercitare il diritto di recesso entro e non oltre quindici giorni dall’iscrizione della delibera assembleare presso il registro delle imprese” e verranno liquidati con 0,2884 euro per ogni azione ordinaria e 0,3295 euro per ogni azione di risparmio. In Borsa però i titoli sono già rispettivamente ben oltre quel prezzo, a 0,39 euro e 0,3878 euro. La settimana che si apre sarà densa di appuntamenti, martedì 27, è prevista l’udienza in Cassazione sulla restituzione del canone di concessione (1 miliardo di euro). Il giorno dopo, mercoledì 28, ci sarà una nuova riunione tra Fibercop e Open Fiber al Dipartimento innovazione sul tema dei lotti da riassegnare. Una fusione tra le due società, operazione che sbloccherebbe l’earnout (fino a 2,5 miliardi) per Tim, è in stallo ma “l’implementazione di una rete fissa unica – ricordano gli analisti di Mediobanca – sembra una priorità per il settore e potrebbe ricevere il sostegno politico”.

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Cultura

Addio Sebastiao Salgado, fotografò l’anima della Terra

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Addio a Sebastião Salgado, il fotografo dell’anima della Terra, morto all’età di 81 anni a Parigi. “Attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica, si è battuto senza tregua per un mondo più giusto, più umano e più ecologico”, sottolinea la famiglia. “Fotografo senza sosta in giro per il mondo”, Salgado ha “contratto una forma particolare di malaria nel 2010, in Indonesia, nell’ambito del suo progetto Genesis. Quindici anni più tardi, le complicazioni di questa malattia si sono trasformate in una severa leucemia, che ha avuto la meglio su di lui”.

“È morto uno dei più grandi fotografi al mondo, se non il più grande”, ha commentato il presidente del Brasile Luiz Inacio Lula da Silva, che gli ha subito dedicato un minuto di silenzio, ricordando come “Salgado non usasse solo gli occhi e la macchina fotografica per ritrarre le persone” ma “anche la pienezza del suo cuore”. Sabato scorso l’artista avrebbe dovuto partecipare all’inaugurazione delle vetrate disegnate dal figlio Rodrigo per una chiesa della città di Reims, ma già il giorno prima aveva annullato la sua partecipazione a un incontro con i giornalisti, per problemi di salute. Aveva dato forfait anche all’inaugurazione, al Museo di Arte moderna e contemporanea di Trento, della mostra “Ghiacciai”, con 54 scatti quasi tutti inediti, che resterà aperta fino al 21 settembre. Nato nel 1944 nella cittadina di Aimorés, nell’interno di Minas Gerais, Salgado aveva studiato economia, campo in cui ottenne un master all’Università di San Paolo.

Attivista di sinistra, si era trasferito in Francia nel 1969, in fuga dalla dittatura. La notizia della sua morte è stata commentata anche dall’Istituto Terra, che l’intellettuale aveva fondato assieme alla moglie Lélia Wanick: “Sebastião ha seminato speranza dove c’era devastazione, ed ha fatto fiorire l’idea che il ripristino ambientale sia anche un profondo gesto d’amore per l’umanità”. Nel corso della sua carriera, iniziata nel 1973, il fotografo ha visitato più di 100 Paesi, tra cui l’Italia, per sviluppare i suoi progetti fotografici basati sulla cura della vita umana, della natura e del lavoro. Nel 1993, Salgado ha iniziato un viaggio fotografico, fisico ed esistenziale attraverso la galassia delle migrazioni e in sei anni, viaggiando in quattro continenti e producendo opere sfociate nella mostra “Exodus – Umanità in movimento”, 180 scatti per diverse sezioni geopolitiche, che raccontano la realtà dei campi profughi.

In Amazzonia Salgado ha vissuto con 12 gruppi indigeni e ha trasformato le sue foto in un messaggio globale per mostrare la potenza della natura, ma anche la sua fragilità, e per mettere in guardia l’umanità sui pericoli della distruzione dell’ecosistema. Il suo lavoro ha portato anche alla splendida mostra “Amazônia”, che immortala la ricchezza e la varietà della foresta pluviale e lo stile di vita delle popolazioni locali. Nel 2014, il documentario “Il sale della terra”, co-diretto dal regista tedesco Wim Wenders e da Juliano Ribeiro Salgado, figlio di Sebastião, ha vinto un premio al Festival di Cannes ed è stato candidato all’Oscar. In un’intervista rilasciata di recente alla stampa internazionale a Londra, l’artista aveva dichiarato che l’unica cosa che gli restava da fare era morire, dopo aver annunciato il suo ritiro dal lavoro sul campo nel 2024. “Ora devo solo morire. Ho avuto una carriera di 50 anni e ho 80 anni. Sono più vicino alla morte che a qualsiasi altra cosa. Una persona vive al massimo 90 anni. Quindi non sono lontano”.

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