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“La nipote di Mubarak” andava a letto anche con Ronaldo, che dopo la Mayorga trova altre donne che l’accusano

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C’era da aspettarselo che Kathryn Mayorga non fosse l’unica stuprata da Cristiano Ronaldo. Non è ironia, solo un dato oggettivo. I media britannici hanno ripreso accuse del 2011 di Karima El Mahroug – la celebre Ruby Rubacuori – che dichiarò di aver ricevuto dal fenomeno portoghese 4.000 euro per dormire con lui quando era ancora diciassettenne. Cose che la signorina aveva già detto in altri processi. La storia fu smentita immediatemente, ma l’ondata di accuse nei confronti di Ronaldo hanno ridato credibilità anche alla versione di Ruby. “Fake news –  ha affermato l’avvocato Paola Boccardi, legale di Ruby – L’unica cosa che vien da pensare – ha proseguito – leggendo le notizie dei media – è che facciano riferimento alle dichiarazioni da lei fatte da 17enne in merito alle quali ha già reso smentita nel corso della sua testimonianza dibattimentale 3 anni fa”.
La realtà dei fatti dice però che non esiste nessun’altra indagine in corso su CR7, se non quella della polizia di Las Vegas sul caso Mayorga.  Quando si apre una strada sui media poi c’è l’effetto emulazione. Se poi a ricevere la notizia che un’altra donna sosterrebbe di essere stata violentata sempre dal campione portoghese è Leslie Mark Stovall ovvero il legale della modella stuprata la notte del 13 giugno del 2009, allora siamo autorizzati tutti a sospettare che si tratti di una strategia di attacco legale.
Tanto la questione Mayorga, così la definisce l’avvocato di Cristiano Ronaldo, è questione di soldi. Mentre si litiga sui media, ci sono approcci tra uffici legali di Ronaldo/Mayorga e sponsor vari che fanno pressioni per trovare una via d’uscita onorevole per tutti. E in questi contesti, ahinoi, l’onore si compra a botte di milioni di dollari. Dunque la pena di oggi ha un titolo: Ronaldo ha commesso altri stupri. E chi lo sostiene. L’avvocato che già lo accusa di stupro.

Leslie Mark Stovall. Capo ufficio legale che difenda la signorina Mayorga

“Sono stato contattato da una donna che sostiene di aver ricevuto lo stesso trattamento da Cristiano Ronaldo” dice Mark Leslie Stovall ai media Usa. Lui è l’avvocato che ha fatto arrivare sui media di tutto il mondo la storia della modella che sostiene di essere stata stuprata da CR7 nella suite 57306 del Palms Place Hotel di Las Vegas la notte del 13 giugno 2009. “Ma non è tutto – spiega Stovall -. Voglio parlare con le ex fidanzate del calciatore, le ragazze che lo conoscono intimamente: sarebbero preziose per capire la sua condotta. Andrò in Inghilterra, se serve”. È la minaccia dell’avvocato. Non sarà difficile per l’avvocato sentire un po’ di fidanzate di CR7, anche restando negli Usa. Nella lista, per quel che si sa,  ci sono Kim Kardashian, Paris Hilton, Gemma Atkinson, Irina Shayk per rimanere alle più celebri. Ovviamente non è importante la minaccia di Stovall. È importante capire la potenziale portata della strategia di attacco di questo studio legale al campione della Juventus, alle prese con mille problemi di ambientamento, pressioni pazzesche che arrivano dai tanti sponsor che gli versano ogni anno mezzo miliardo di euro a chiudere presto questo scandalo. Anche se è campato in aria. Figurarsi se è reale.
La seconda donna, per ora, è una sconosciuta. O meglio, la sua identità e la sua storia è stata passata da Stovall alla polizia di Las Vegas, che ha riaperto il caso Mayorga del 2009 che si pensava seppellito per sempre dall’accordo extragiudiziale da 375 mila dollari tra Ronaldo e la modella. Un caso tornato a galla grazie alla sapiente regia dell’avvocato Stovall. Riemerso grazie al magazin Football Leaks e pubblicato oramai da ogni giornale e portale di informazione al mondo dopo l’eco concesso da Der Spiegel. Il delantero di Madeira incassa solidarietà e appoggio da Antonio Costa, primo ministro del Portogallo: “Non è sufficiente essere accusati per diventare colpevoli. Se c’ è qualcosa di cui abbiamo prova, è che Ronaldo è un grande professionista.

Della scrittura privata siglata il 12 gennaio 2010 dall’ avvocato Osorio de Castro in nome di Ronaldo (il team di legali gli aveva dato il nome in codice “Topher” perché non apparisse), colpisce la brevità: due paginette per transare una vicenda delicata e complessa, della quale le parti, Cristiano (Mr. D) e la Mayorga (Ms. P) , forniscono una ricostruzione dei fatti diametralmente opposta. 11 punti, per non parlarne mai più. La donna infatti si impegna a far cadere qualsiasi azione penale e civile nei confronti del portoghese, promettendo di mantenere il silenzio e di farlo mantenere a tutti coloro che fossero a conoscenza dei fatti (ad esempio i genitori, le prime persone a cui la Mayorga si rivolse nella notte del presunto stupro), fornendone alla controparte una lista. CR7 in cambio produce il suo test negativo dell’ Hiv: il “brusco e sbrigativo” rapporto al Palms Place Hotel non era stato protetto. Cristiano Ronaldo non è tranquillo anche se si mostra tranquillo. Gli sponsor lo minacciano di rescindere contratti. Il trainer del Portogallo Santos non lo convoca per le partite della Nations League. La Juve gli concede solidarietà via twitter ma niente più. Il suo allenatore Allegri fa spallucce e lo definisce un grande professionista. Lui sarà per qualche giorno a riposo, salterà anche Italia-Portogallo, il 17 novembre a San Siro. Nel frattempo si vedrà come il suo legale,David Chesnoff, uno dei più affidabili dalle celebrità negli Stati Uniti, prepara la migliore difesa per l’attaccante. Il difensore, nato in Israele, in ben trentasette anni di carriera è apparso, come si legge nella sua biografia, nei tribunali federali e statali di oltre 30 dei 50 stati della confederazione statunitense, rappresentando clienti di alto profilo dal mondo degli affari, dell’intrattenimento e della comunità nazionale e internazionale in una vasta gamma di casi. In passato, a lui si erano affidati anche Paris Hilton, Leonardo Di Caprio, Bruno Mars, Mike Tyson e la famiglia di Michael Jackson in situazioni di questo genere.

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Giffone (RC), i Carabinieri scoprono e distruggono la quinta piantagione di marijuana in pochi giorni

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Continuano le operazioni di contrasto alla coltivazione illegale di marijuana nel comune aspromontano di Giffone. I Carabinieri della Compagnia di Taurianova, supportati dallo squadrone eliportato “Cacciatori di Calabria”, hanno scoperto e distrutto un’altra vasta piantagione di marijuana nascosta in una zona boschiva e impervia. Questa è la quinta piantagione individuata nel giro di pochi giorni.

Durante l’ultimo intervento, i militari hanno rinvenuto oltre 2500 piante di marijuana, alcune delle quali superavano i due metri di altezza e si trovavano già in uno stato avanzato di crescita, pronte per essere raccolte. Sul posto, è stato sorpreso un giovane di 21 anni, residente a Giffone, mentre controllava lo stato di maturazione delle piante e gestiva un sofisticato sistema di irrigazione.

L’operazione ha impedito la produzione di oltre 70 mila dosi di marijuana, che avrebbero avuto un valore di mercato di circa 600.000 euro. Grazie all’intervento tempestivo dei Carabinieri, le piante sono state estirpate e sequestrate, prevenendo così l’immissione sul mercato illegale degli stupefacenti.

Attualmente, il procedimento è nella fase delle indagini preliminari. La responsabilità del giovane arrestato sarà valutata nel corso del successivo processo, in base alla fondatezza delle accuse mosse a suo carico. Non si escludono ulteriori sviluppi investigativi e probatori, anche in favore della persona indagata.

L’impegno dei Carabinieri nel contrastare la coltivazione e il traffico di droga continua a dare risultati significativi. La scoperta e la distruzione di queste piantagioni rappresentano un importante passo avanti nella lotta contro il mercato illegale degli stupefacenti, contribuendo a proteggere la salute pubblica e la sicurezza della comunità.

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Magnate asiatico Kwong, mai pagato o conosciuto Boraso

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Il magnate singaporiano Ching Chiat Kwong si chiama ‘fuori’ dalle accuse che lo inseriscono nell’inchiesta di Venezia, sostenendo di non aver “mai pagato, ne’ conosciuto” l’assessore Renato Boraso, in carcere per corruzione. Kwong, indagato dai pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini, ha fatto conoscere la sua posizione attraverso il proprio difensore, l’avvocato Guido Simonetti. Nelle carte dell’accusa il miliardario asiatico è chiamato in causa – per l’acquisto dei due palazzi veneziani Donà e Papadopoli, e per la trattativa sui ‘Pili’ – assieme a Luois Lotti, suo plenipotenziario in Italia, e Claudio Vanin, imprenditore prima con loro in affari, ora ingaggiato in una dura lotta legale con Lotti.. A Venezia c’è intanto attesa per capire quali saranno le mosse del sindaco Luigi Brugnaro, a sua volta indagato, che pressato dei partiti della sua maggioranza – in particolare Fdi – ha deciso di anticipare al 2 agosto (prima era il 9 settembre) la data del chiarimento in Consiglio Comunale. Brugnaro continua a lavorare, e non ha intenzione di presentarsi dimissionario.

E se può essere suggestivo accostarvi oggi le dimissioni di Giovanni Toti, suo ex compagno di avventura in ‘Coraggio Italia’, da ambienti vicini a Ca’ Farsetti si fa notare come le due vicende siano “completamente diverse”. Brugnaro è indagato per concorso in corruzione con i due dirigenti dell’ufficio di gabinetto Morris Ceron e Derek Donadini. Quando scoppiò l’inchiesta il Procuratore Bruno Cherchi aveva sottolineato che l’iscrizione del sindaco nel registro era stata fatta solo “a sua tutela”. I chiarimenti veri, tuttavia, non saranno possibili fino a quando i nomi di peso finiti nell’inchiesta non decideranno di presentarsi davanti ai magistrati. Oggi intanto ha provato a chiarire la propria posizione l’uomo d’affari singaporiano “Ching Chiat Kwong – ha dichiarato l’avvocato Simonetti – “non ha mai disposto né effettuato (neppure tramite persone terze) il pagamento di una somma nei confronti dell’assessore Renato Boraso”.

Inoltre “non ha mai neppure conosciuto l’assessore Renato Boraso”. E sulle due operazioni portate a termine da Kwong a Venezia, viene sottolineato che i due edifici citati nell’inchiesta, palazzo Donà e palazzo Papadopoli, “sono stati acquistati attraverso una procedura ad evidenza pubblica e a prezzi in linea (se non superiori) al loro valore di mercato”. Nelle carte dell’inchiesta, l’accusa sottolinea tuttavia che proprio per far abbassare il valore di acquisto di palazzo Papadopoli, da 14 mln a 10,7 mln, Boraso avrebbe ricevuto da Kwong “”per il tramite dei suo collaboratori”, la somma di 73.200 euro, attraverso due fatture da 30.000 euro più Iva, emesse da una società dell’assessore, la Stella Consuting, per una consulenza “in realtà mai conferita, ne’ eseguita”. Quanto all’affare, poi sfumato, dei Pili, l’avvocato di Kwong evidenzia “come la trattativai non si sia in alcun modo mai concretizzata, fermandosi ad uno stadio del tutto embrionale”.

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‘Sgomberate la Vela’, l’ordinanza del 2015 mai eseguita

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Un’ordinanza datata ottobre 2015 metteva in guardia dal pericolo crolli: la Vela Celeste va sgomberata, il succo di una relazione del Comune di Napoli messa nero su bianco. La firma in calce è quella del sindaco dell’epoca, Luigi de Magistris. Un sos che non troverà mai seguito e di cui oggi la città piange le conseguenze dopo il crollo del ballatoio-passerella che lunedì sera ha determinato la morte di tre persone e il ferimento di altre dodici. Dunque, non solo il documento datato 2016 che denunciava la mancata manutenzione dei ballatoi della Vela Celeste di Scampia con relativo rischio crollo, dal passato emerge anche un’altra carta che chiama in causa l’immobilismo delle istituzioni. Perché quell’ordinanza di sgombero coatto non è mai stata presa in considerazione?

E perché si è preferito agire con degli accorgimenti che sanno di palliativo piuttosto che affrontare di petto l’emergenza segnalata da quel documento pubblicato sull’albo pretorio del Comune? Domande in attesa di risposta e sulle quali la procura di Napoli – che ha aperto un’indagine contro ignoti per crollo colposo e omicidio colposo – intende fare chiarezza. L’ordinanza firmata de Magistris – è quanto emerge – era dettata dalla necessità di tutelare l’incolumità di 159 famiglie per un totale di 600 persone residenti nella Vela Celeste. Alla base del provvedimento c’era la relazione di un dirigente comunale che delineava un quadro di pericolo allarmante. Anche la politica chiede di fare chiarezza.

A partire dalla segretaria del Pd Elly Schlein che ne ha parlato al festival di Giffoni: “È un tragedia drammatica – ha detto -. Abbiamo immediatamente espresso tutta la nostra vicinanza alle persone, alle famiglie, al quartiere colpito. C’è da fare luce su quello che è accaduto perché non può succedere una cosa del genere”. Fare luce è quello che intende fare la Procura di Napoli che ha disposto l’ampliamento dell’area sottoposta a sequestro, dal terzo piano fino al piano terra. Le verifiche stanno riguardando anche le posizioni dei residenti nella Vela “incriminata” che, in gran parte, secondo quanto si apprende da fonti qualificate, risulterebbero abusivi. E intanto si sta rivelando più difficoltosa del previsto l’acquisizione della copiosa documentazione amministrativa sulla Vela Celeste. Si tratta in particolare degli atti relativi al progetto di riqualificazione ReStart e alla manutenzione del complesso di edilizia popolare con relative negligenze che oramai sono date per scontate. Fondamentali saranno per gli inquirenti le risultanze del lavoro affidato al perito, un ingegnere strutturista forense. Conferito, infine, l’incarico per gli esami autoptici sui corpi delle tre vittime.

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