Non ci fu consenso ed è stata violenza sessuale: Dani Alves, è stato condannato a 4 anni e mezzo di carcere dal Tribunale di Barcellona per aver stuprato una ragazza di 23 anni in discoteca il 30 dicembre 2022. Per l’ex stella brasiliana del Barça, della Juventus e del Psg, in carcere preventivo dall’arresto il 20 gennaio del 2023 per l’elevato rischio di fuga, la corte ha disposto anche 5 anni di libertà vigilata a fine pena, e 9 anni di obbligo di allontanamento ad almeno 1 km di distanza dal domicilio della vittima, oltre a 150.000 euro di risarcimento. Alves entra così nel riprovevole empireo di celebrità dello sport condannate per violenza sessuale, accanto all’ex campione del mondo di pugilato Mike Tyson o all’altro brasiliano, suo ex compagno di nazionale, Robinho, condannato dalla giustizia italiana nel 2017 a 9 anni. Anche se la sua difesa ha annunciato appello per “difendere la sua innocenza fino alla fine” Nella sentenza di 61 pagine, emessa due settimane dopo le tre udienze del processo concluso il 7 febbraio, il tribunale ha dato “totale credibilità” al racconto della vittima, che “non era consenziente”.
E considera “provato, al di là della testimonianza della denunciante, lo stupro”, in base a una serie di elementi probatori, inclusi i lividi alle ginocchia della ragazza. I fatti risalgono alla notte fra il 30 e il 31 dicembre 2022, quando il calciatore brasiliano, di 40 anni, dopo i Mondiali del Qatar, era nella discoteca Sutton di Barcellona con un amico. E dopo aver ballato e offerto champagne alla giovane, che era assieme alla cugina e a un’amica, l’avrebbe invitata nel privé di una stanza attigua, dove “l’afferrò bruscamente, la buttò a terra evitando che potesse muoversi, la penetrò vaginalmente nonostante la denunciante dicesse no e che voleva andare via”. Per i giudici, l’aver prima “ballato in maniera insinuante e incluso abbracciato” il calciatore non equivale a un consenso della vittima al rapporto sessuale. Nella quale, con un “atteggiamento violento”, Dani Alves avrebbe suscitato “terrore” e “consumato la violenza carnale”. Per poi lasciare in fretta il locale “senza rivolgere parola alla donna”, che in lacrime veniva assistita dal personale della discoteca.
Una versione confermata durante il processo dall’amica e dalla cugina della giovane, interrogata a porte chiuse in apertura delle udienze per proteggerne l’identità. e che soffre tutt’oggi “stress post-traumatico di intensità generalmente elevata”. Dopo aver negato di aver mai incontrato la ragazza, l’ex calciatore del Barcellona, ha cambiato almeno cinque versioni dell’accaduto. Ha infine ammesso la relazione sessuale sostenendo che fu consenziente e di aver mentito per salvare il suo matrimonio. “Non mi ha mai detto di fermarmi, ci stavamo divertendo e basta. Poteva andarsene quando voleva”, ha dichiarato il brasiliano in aula. E a nulla è servita la deposizione della moglie, Joana Sanz, che ha assicurato che il marito tornò quella notte ubriaco a casa. “Dovevamo cenare assieme, ma lui mi disse in messaggi su WhatsApp che l’appuntamento saltava. Quando rientrò alle quattro del mattino, si scontrò con l’armadio e il comodino. Poi crollò a letto. Puzzava d’alcol”, ha testimoniato la modella di 33 anni, originaria di Tenerife.
La sentenza della corte – che dimezza la richiesta di condanna a 9 anni avanzata dalla pubblica accusa, elevata a 12 anni dalla parte civile – ha riconosciuto l’attenuante della riparazione del danno, invocata della difesa di Alves, Ines Guardiola. tenendo in conto che il calciatore aveva versato 150.000 euro a titolo di risarcimento danni. Ma non quella dello stato di ebrietà, perché, per il tribunale, il calciatore “sapeva quello che faceva”. Per la difesa della vittima, l’avvocato Ester Garcia, “l’attenuante della riparazione non doveva essere applicata, perché Alves non ha mostrato nessun pentimento morale” .E gli è stata inflitta” la pena minima, la più bassa nella casistica di stupro”. pur riconoscendo che la sentenza “è esemplare dal punto di vista del consenso”. La giovane vittima è comunque “soddisfatta, perché è stata creduta e riconosciuta la sua sofferenza”.