Collegati con noi

Politica

Caso Garofani, il Corriere conferma: «Erano chiacchiere tra amici». Ma il ruolo impone massima prudenza

Il Corriere della Sera conferma il contenuto dell’articolo de La Verità sul caso Garofani. Il consigliere del Quirinale parla di «chiacchiere tra amici», ma il ruolo istituzionale impone cautela assoluta.

Pubblicato

del

Il Corriere della Sera, nell’edizione di oggi in edicola, pubblica un lungo colloquio con Francesco Saverio Garofani (foto Imagoeconomica) che, di fatto, conferma nei toni e nel contenuto la notizia riportata da La Verità. Il consigliere del Presidente della Repubblica e segretario del Consiglio Supremo di Difesa si dice «amareggiato» e parla di parole pronunciate in un contesto informale. Una ricostruzione che, tuttavia, non smentisce nel merito quanto emerso nell’articolo di Maurizio Belpietro.

Garofani: «Sono amareggiato, erano chiacchiere tra amici»

Garofani, descritto dagli ex colleghi del centrosinistra come uomo «schivo, riservato, prudente», spiega al Corriere di essersi sentito travolto da un attacco che ritiene ingiusto: «Mi spaventa la violenza dell’attacco e ciò che fa male è l’impressione di essere stato usato per colpire il Presidente».
Racconta poi che Sergio Mattarella lo ha rassicurato: «È stato affettuosissimo, mi ha detto “stai sereno, non te la prendere”».

Garofani rivendica la correttezza del suo operato: «Ho sempre dimostrato con i fatti il rispetto assoluto per le istituzioni». Ma ammette che il contesto era informale: «Era una chiacchierata in libertà tra amici».

Il nodo politico: un ruolo così delicato impone cautela assoluta

Il pezzo del Corriere — proprio perché conferma la sostanza dell’accaduto — rende evidente un punto centrale: la gravità non risiede tanto nei contenuti, quanto nel fatto che un alto consigliere del Quirinale, figura istituzionale di massimo profilo, parli in un contesto pubblico di strategie politiche del centrosinistra, lasciando spazio a possibili letture improprie.

È ciò che rilevano anche alcune voci del centrosinistra citate nell’articolo: Garofani «avrebbe potuto essere più cauto», evitando riferimenti politici in un luogo pubblico. Un rilievo che, visto il ruolo, non può essere sottovalutato.

E resta altrettanto chiaro, come sottolineato nel pezzo del Corriere, che la vicenda non sfiora minimamente la serietà, l’imparzialità e il rigore con cui il Quirinale opera quotidianamente. Il comportamento del singolo non riflette in alcun modo l’istituzione.

Garofani smentisce complotti, ma la prudenza è necessaria

Garofani dice di aver «letto e riletto Belpietro senza capire in cosa consisterebbe il complotto» e ribadisce la sua «bussola di lealtà» verso il Presidente della Repubblica. Non ha tessere di partito dal 2018 e rivendica un passato istituzionale in cui sostiene di aver raccolto stima trasversale.

Ma il dato politico resta: le frasi pronunciate, anche se definite “chiacchiere tra amici”, hanno prodotto un caso nazionale. E mostrano quanto, in ruoli così sensibili, ogni parola pronunciata in pubblico — anche informalmente — possa avere un peso sproporzionato.

Advertisement

Politica

Mattarella–Meloni, quattro anni di tensioni sotterranee: moral suasion, rilievi e divergenze su Ue e Ucraina

I rapporti tra Mattarella e Meloni sono rimasti sempre istituzionali ma segnati da continui rilievi del Quirinale: dai decreti d’urgenza alla politica estera, fino alla determinazione del presidente su Europa e Ucraina.

Pubblicato

del

I rapporti tra Sergio Mattarella e Giorgia Meloni sono sempre rimasti rigorosamente istituzionali, senza mai sfociare in una vera sintonia politica. Le premesse erano chiare già nel 2022, quando Fratelli d’Italia decise di non votare il presidente uscente per il secondo mandato al Quirinale.
Da allora, nei quasi quattro anni trascorsi, le occasioni di frizione non sono mancate.

I rilievi del Quirinale sulla produzione normativa

Il Quirinale ha esercitato più volte la sua moral suasion, soprattutto sull’uso eccessivo della decretazione d’urgenza.
Tra gli interventi più recenti c’è quello sulla nuova festività di San Francesco, firmata da Mattarella ma accompagnata da una lettera alle Camere che ne evidenziava le incongruenze, ricordando il diverso trattamento riservato a Santa Caterina da Siena.

La moral suasion preventiva ha riguardato diversi dossier:

  • il decreto sport, con la norma che trasferiva a Sport e Salute la gestione degli eventi finanziati con più di 5 milioni di euro;

  • la norma proposta da Matteo Salvini che puntava a ridurre i controlli antimafia per il ponte sullo Stretto;

  • la Legge Morandi, giudicata non conforme ai principi costituzionali perché discriminatoria verso i figli nati fuori dal matrimonio.

Molti rilievi hanno riguardato anche provvedimenti “mal scritti”, tecnicamente fragili o inseriti all’ultimo minuto in misure omnibus: dai balneari alla carne sintetica.

Le tensioni su politica estera e rapporti con l’Europa

Sul piano internazionale, Mattarella è intervenuto più volte, spesso per ricucire le crisi aperte dal governo, soprattutto con la Francia di Emmanuel Macron.
La posizione del capo dello Stato è rimasta saldamente ancorata a due pilastri:

  • il rispetto dell’integrazione europea;

  • il sostegno pieno all’Ucraina dopo l’invasione russa.

Due capisaldi non condivisi da una parte consistente della maggioranza parlamentare.

Un equilibrio delicato destinato a durare

Il rapporto tra Quirinale e governo Meloni si è dunque mosso lungo un equilibrio costante, fatto di forme impeccabili e sostanza spesso travagliata.
Un rapporto corretto, ma attraversato da divergenze profonde su metodo, merito e visione dell’Italia in Europa.

Continua a leggere

Economia

Nomine pubbliche 2026, conto alla rovescia per il governo Meloni: da Consob a Eni, Enel, Leonardo, Poste e Terna, ecco la mappa delle poltrone

Il governo Meloni prepara un maxi giro di nomine tra enti pubblici e partecipate. In arrivo decisioni su Consob, Antitrust, Arera e sui vertici di Eni, Enel, Leonardo, Poste e Terna.

Pubblicato

del

Entro metà del 2026 l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni dovrà affrontare una delle tornate di nomine più dense degli ultimi anni. Tra authority, enti pubblici e società partecipate, il numero complessivo degli incarichi da assegnare o da confermare supera quota cento. Un passaggio che ridisegnerà parte dell’apparato di governo economico e industriale del Paese.

Consob, la partita più delicata

Tra i 32 enti pubblici sottoposti alla vigilanza ministeriale, 96 nuovi incarichi dovranno essere rinnovati nei prossimi mesi.
Il dossier più sensibile riguarda la Consob, dove il presidente Paolo Savona andrà in scadenza a marzo 2026.
Nei corridoi del Mef circola da tempo il nome del leghista Federico Freni, oggi sottosegretario all’Economia, considerato il candidato più accreditato alla successione. Ma la scelta arriverà in contemporanea al rinnovo di molte grandi partecipate, rendendo l’equilibrio politico ancora più complesso.

Eni, Enel, Leonardo, Poste e Terna: verso la continuità

Nel capitolo delle società partecipate di prima fascia, il Centro Studi CoMar registra una tendenza chiara: la conferma degli amministratori delegati, alla luce dei risultati ottenuti.
Ecco il quadro atteso:

  • Eni: Claudio Descalzi sembra avviato verso il quinto mandato. In dubbio, invece, la posizione del presidente Zafarana; tra i nomi in lizza si fa strada Elisabetta Belloni, ex direttrice del DIS.

  • Enel: per l’ad Flavio Cattaneo il rinnovo appare naturale, anche se c’è chi lo immagina in corsa per le Generali.

  • Leonardo: Roberto Cingolani dovrebbe essere confermato ceo; meno probabile la riconferma del presidente Stefano Pontecorvo.

  • Poste Italiane: solide le posizioni dell’ad Matteo Del Fante e del dg Giuseppe Lasco. Ma voci interne indicano Del Fante come possibile successore di Donnet alle Generali.

  • Terna: l’ad Giuseppina Di Foggia potrebbe restare al suo posto, forte dei buoni risultati economici e dei dividendi garantiti nell’ultimo triennio.

Arera, Antitrust, Anac: scadenze di peso nel 2026

Nel settore energia e regolazione, attenzione puntata su Arera, dove il presidente Stefano Besseghini è già scaduto lo scorso agosto.
A seguire, nel 2026 arriveranno a scadenza:

  • il presidente dell’Antitrust Roberto Rustichelli;

  • il vertice dell’Anac, l’autorità anticorruzione guidata da Giuseppe Busia;

  • la presidenza dell’Enac, l’ente nazionale aviazione civile.

Insieme, anche agenzie chiave come Agea, Agenas, Anvur, Ispra e l’intera rete degli Enti Parco nazionali dovranno affrontare un cambio ai vertici.

Un mosaico di scelte che peserà su economia e governance

Il maxi turnover coinvolgerà enti strategici nei settori ambiente, energia, finanza, trasporti, università, ricerca scientifica, sanità e cultura.
Il governo Meloni si prepara così a una stagione di nomine che definirà, di fatto, l’architettura della governance italiana per i prossimi anni, in un equilibrio delicato tra continuità, nuove leadership e dinamiche politiche interne alla maggioranza.

Continua a leggere

In Evidenza

Primo sì alla Camera: senza consenso è violenza sessuale. Le associazioni femministe parlano di “momento storico”

La Camera approva all’unanimità la norma che riconosce la violenza sessuale in assenza di consenso. Le associazioni femministe parlano di svolta storica e chiedono un rapido via libera anche dal Senato.

Pubblicato

del

“No significa no”, “Il silenzio non è consenso”, “Senza consenso non è passione, è stupro”. Slogan che hanno attraversato decenni di cortei e manifestazioni in tutta Italia trovano oggi un riconoscimento istituzionale: la Camera ha dato il primo sì alla norma che sancisce con chiarezza che l’assenza di consenso configura violenza sessuale.

La soddisfazione delle associazioni

Per Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna Aps, si tratta di un risultato atteso da mezzo secolo di battaglie portate avanti dalle donne e dalle associazioni che le affiancano ogni giorno. Anche Cristina Carelli, presidente di D.i.Re-Donne in Rete contro la violenza, parla di un passaggio che fa ben sperare, soprattutto perché approvato all’unanimità dopo settimane di polemiche. L’obiettivo, sottolinea, è evitare che resti una norma di facciata e che chi dovrà verificare il consenso sappia finalmente superare i retaggi culturali che ancora oggi rivittimizzano le donne.

Un passo avanti atteso da decenni

Lella Palladino, sociologa e vicepresidente della fondazione Una Nessuna Centomila, legge il voto come un segnale importante che arriva al termine di un impegno instancabile del movimento delle donne. Maura Cossutta, presidente della Casa internazionale delle donne di Roma, lo definisce “un passaggio storico” che finalmente dà piena applicazione alla Convenzione di Istanbul e mette fine a sentenze che troppo spesso hanno spostato l’attenzione sulla donna abusata invece che sul responsabile della violenza.

Le richieste: tempi brevi e risorse adeguate

Le associazioni chiedono ora un iter rapido al Senato e sottolineano la necessità di risorse per formare chi dovrà applicare la legge. Centrale, per tutte, la prevenzione: educazione sessuale nelle scuole, sostiene il fronte femminista, non va demonizzata, ma considerata una base culturale per costruire consapevolezza tra i più giovani.

“Non fermarsi ora”: l’appello di Amnesty

Alba Bonetti, presidente di Amnesty International Italia, parla di un risultato mai raggiunto prima e dell’esigenza di non arrestare proprio adesso un percorso che potrebbe cambiare il modo in cui la società affronta la violenza di genere.

Un voto atteso, simbolico e concreto allo stesso tempo, che per il movimento delle donne rappresenta l’inizio di un cambiamento culturale che non può più essere rinviato.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto