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Casaleggio-Di Maio, duro atacco al Garante della Privacy Antonello Soro: uso politico dell’Authority

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Davide Casaleggio, Luigi Di Maio e un’interrogazione parlamentare indirizzata al premier Conte: è un triplice attacco quello che, nel giorno della kermesse “Sum”, organizzata per ricordare Gianroberto Casaleggio, il M5S sferra nei riguardi di Antonello Soro, il Garante della Privacy accusato di aver fatto “un uso politico” dell’authority. Parole, quelle del Movimento, che non trovano la sponda di Matteo Salvini. “Di poltrone non ci occupiamo” e’ la gelida presa di distanza che arriva dalla Lega. Eppure, l’attacco del Movimento viene da lontano. Ovvero da quando, sul quotidiano Il Foglio sono uscite le anticipazioni dell’istruttoria del Garante sulla piattaforma Rousseau.

Davide Casaleggio. Per il figlio di Gianroberto, inventore del Rousseau e fondatore del M5S, quello del garante è un attacco politico

“L’istruttoria e’ stata data ai giornali prima che a noi, e nonostante andasse avanti da mesi è stata comunicata nel giorno di una votazione importante (le Europarlamentarie, ndr), e’ un chiaro attacco politico”, e’ la stoccata che arriva da Casaleggio. Di Maio va oltre. “Il Garante della Privacy è in scadenza, e in questo caso noi ci adopereremo per individuare una figura al di sopra di qualsiasi sospetto”, preannuncia. Il “nemico” del M5S e’ Soro in passato capogruppo Pd e Garante dal 19 giugno 2012. Mandato in scadenza a breve, il suo, con il nome di un potenziale sostituto che spunta tra le pieghe di Sum: quello di Marco Bellezza, consigliere giuridico di Di Maio presente ad Ivrea. Lui, chiaramente, non conferma e non smentisce ma, nel frattempo, il caso va in Parlamento con l’interrogazione a firma di Luca Carabetta e Anna Macina. “Non ho bisogno di dimostrare la mia indipendenza ne’ quella delle mie colleghe. Ne fanno fede i provvedimenti”, e’ la replica di Soro, che fa riferimento anche a tutto il board dell’authority, finito nel mirino del M5S. Mentre a Ivrea scende in campo il notaio Valerio Tacchini, che certifica la validita’ del voto finale, senza tuttavia avere un controllo tecnico della piattaforma. “Ma il notaio e’ fisiologicamente imparziale, visto che risponde civilmente e penalmente della sua attivita’”, assicura. Il nuovo scontro fa da sfondo ad una kermesse un po’ sottotono: ridotte, rispetto alle precedenti edizioni le presenze dei rappresentanti delle grandi aziende e dei parlamentari. Dato, quest’ultimo, che ha irritato piu’ di un esponente di lungo corso. E, mentre sul palco si alternano gli “esperti di futuro” nelle sale dell’Officina H della Olivetti si parla anche di Europee. Di Maio, entro la settimana prossima chiudera’ la squadra dei capilista e dara’ il via ad una campagna di chiaro stampo anti-sovranista. “Sono curioso di vedere la compattezza del gruppo delle destre, litigheranno su tutto” sottolinea Fabio Massimo Castaldo. Il M5S punta a fare da ago della bilancia, fornendo il proprio apporto a seconda dei provvedimenti e quindi non disdegnando, a priori, eventuali intese circoscritte con partiti come il Ppe o i liberali. Nel frattempo, pero’, i malumori tra i candidati per i capilista esterni emergono via via con maggiore forza. “Facciano quel che vogliono, contano le preferenze”, osserva uno dei candidati. E il rischio, per Di Maio, e’ che se i capilista non saranno nomi davvero famosi, i mal di pancia aumentino.

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Abodi: “America’s Cup a Napoli lascerà eredità importante”

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“L’America’s Cup a Napoli è stata un’esperienza di mesi affascinanti, di lavoro silenzioso tra Napoli e il Governo: il risultato sarà incredibile, ci arriveremo passo dopo passo. Sarà importante anche l’eredità di questo appuntamento, già a partire dal 2026”. Lo ha detto il ministro per lo Sport e per i giovani, Andrea Abodi, durante la trasmissione “Radio di bordo” di Radio Rai 1. “Le bellezze di Napoli e del suo Golfo sono state la motivazione principale insieme a quelle di carattere organizzativo, fiscale, economico che hanno portato a scegliere Napoli. Lo sport fa catalizzatore di questi elementi”, ha aggiunto. Abodi ha concluso parlando di Luna Rossa definendola “un’icona della vela italiana” con “la tecnologia applicata a quello sport con barche che sono vere e proprie formula 1”.

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Musumeci: nei Campi Flegrei si procede senza regime straordinario

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L’attività prevista dal governo nei Campi Flegrei può proseguire con gli strumenti normativi speciali vigenti, senza che si ricorra, almeno per ora, al regime straordinario di emergenza. È questo l’esito della istruttoria dei tecnici del dipartimento nazionale della Protezione civile, condotta su richiesta del ministro Nello Musumeci. Lo si legge in una nota. “Ribadisco la massima attenzione e l’impegno del governo verso la popolazione di quell’area. E mi auguro -sottolinea il ministro Musumeci- che le lentezze più volte lamentate dalle istituzioni del territorio possano essere superate nel più breve tempo possibile. È questo un compito di coordinamento e di vigilanza che il dipartimento nazionale saprà svolgere con tutto l’impegno possibile”.

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Meloni fuori dai Volenterosi, è scontro con Macron

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Una nuova riunione, una nuova foto, una distanza che si fa strappo e sfocia in uno scontro aperto con Parigi. Giorgia Meloni e la Coalizione dei Volenterosi a sostegno dell’Ucraina non sono mai stati così lontani. Dopo il viaggio a Kiev di Emmanuel Macron, Keir Starmer, Friedrich Merz e Donald Tusk, a Tirana i quattro leader si concedono un bis. Accade a margine del vertice della Comunità Politica Europea.

In Albania c’è Volodymyr Zelensky, nelle medesime ore i colloqui tra la delegazione russa e quella ucraina confermano la scarsa concretezza del tavolo di Istanbul. I leader di Francia, Regno Unito, Germania e Polonia si riuniscono con il presidente ucraino e tutti e cinque sentono Donald Trump. La foto del loro incontro rimbalza ovunque, come quella di Kiev. E l’Italia non c’è. A dispetto di quanto avvenuto nella capitale ucraina l’assenza di Meloni a Tirana è apparsa più evidente. Il 10 maggio la premier si era comunque collegata alla riunione.

In Albania i 4 leader nordeuropei si sono riuniti a pochi metri dalla presidente del Consiglio, che come tutti gli altri era nelle sale che ospitavano le tavole rotonde previste dalla riunione della Cpe. La sua assenza è subito entrata nel mirino delle opposizioni in Italia e, forse anche per questo, Meloni ha deciso di intervenire. Con un rapido punto stampa, nel quale la premier ha messo in chiaro la sua linea: “L’Italia non è disponibile a inviare truppe in Ucraina e non avrebbe senso partecipare a formati che hanno degli obiettivi sui quali non abbiamo dichiarato la nostra disponibilità”. Parole sulle quali, poco dopo, si soffermato Macron. Smentendo che si sia parlato di invio delle truppe sia a Tirana sia nell’incontro di domenica con Zelensky a Kiev.

“La discussione è sul cessate il fuoco, guardiamoci dal divulgare false informazioni, ce ne sono a sufficienza di quelle russe”, ha tenuto a precisare l’uomo dell’Eliseo. Il botta e risposta conferma un gelo che a Tirana era parso già evidente. Basta guardare un altro scatto del summit, quello che ritrae Meloni, Tusk, Starmer e questa volta Ursula von der Leyen parlare con Zelensky prima della sessione plenaria dell’incontro. Quando Macron non era ancora arrivato. Il nuovo incontro dei Volenterosi ha tuttavia visto emergere un ulteriore elemento, il rinnovato asse con Trump sull’Ucraina.

“Continueremo a lavorare insieme. Il compito principale è mantenere l’unità dei partner europei e americani intorno alla questione”, hanno dichiarato i quattro leader dopo l’incontro, definendo “inaccettabile” il rifiuto del cessate il fuoco da parte del Cremlino. I contatti, ha spiegato Macron, continueranno nei prossimi giorni. E il presidente francese, in conferenza stampa, ha anche evocato la possibilità di un nuovo colloquio telefonico tra Trump e Vladimir Putin. Sullo Zar l’intenzione di Europa e Usa è quella di accrescere la pressione.

“Noi vogliamo la pace, e per questo dobbiamo aumentare le sanzioni”, ha incalzato von der Leyen anticipando che il nuovo pacchetto – coordinato con Washington – includerà il divieto di accesso a Nord Stream 1 e 2, l’abbassamento del prezzo del petrolio grezzo e misure finanziarie contro le banche russe. Meloni ha ribadito che “non bisogna gettare la spugna” e che “serve insistere sulla pace e sulle garanzie di sicurezza per Kiev”.

Ha lodato “l’eroismo” del popolo ucraino e e si è unita alla condanna dell’assenza di Putin a Istanbul. Ma il suo rapporto con i Volenterosi sull’Ucraina appare ora incrinato. Probabilmente la premier tornerà a discuterne con Merz nel bilaterale di Roma. Nel frattempo, le opposizioni sono passate all’attacco parlando di “umiliazione”. Ai vertici “è un fantasma, ha messo l’Italia in panchina”, ha sottolineato Giuseppe Conte. “E’ un’influencer ininfluente”, ha chiosato Matteo Renzi. “E’ ancora fuori dai tavoli che contano”, ha aggiunto Angelo Bonelli di Avs. Parole alle quali la premier ha replicato con durezza: “A chi si lamenta, all’opposizione ad esempio, chiedo la mia stessa chiarezza: ci si chiede di partecipare a questi formati perché dobbiamo mandare le truppe in Ucraina o perché dobbiamo farci una foto e poi dire di no? Io sono una persona seria”.

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