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Cronache

Cannabis illegale, la sentenza della Cassazione divide

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Un coro di esultanza da parte del fronte del no alla cannabis light, frenato pero’ da chi sostiene che quel verdetto deve essere ancora interpretato. La sentenza della Cassazione sullo stop alla commercializzazione della cannabis light ha gia’ diviso politici, esperti del settore e cittadini. Al centro della contesa – e in attesa di leggere le motivazioni – c’e’ la portata della decisione della Suprema Corte, che ha decretato il divieto alla vendita o alla cessione a qualunque titolo dei prodotti “derivati dalla coltivazione della cannabis”, come l’olio, le foglie, le inflorescenze e la resina. Uno dei motivi di discussione e’ proprio l’interpretazione del verdetto degli ermellini, secondo cui vendere questi ‘derivati’ e’ reato “salvo che tali prodotti siano privi di efficacia drogante”. Per gli esperti il nodo e’ proprio legato al vuoto normativo lasciato dalla legge sulla canapa del 2016, che riguarda le infiorescenze e il loro ‘uso umano'”. Quest’ultima permetteva la vendita dei derivati della canapa purche’ sotto il tasso di Thc (principio attivo) dello 0,6% e fu fatta per supportare, agevolare e promuovere la filiera dalla canapa industriale, per esempio quella tessile, escludendo gli utilizzi ricreativi e medici. Non era quindi contemplata in nessun modo l’assunzione da parte dell’uomo delle infiorescenze, mai citate in quella legge. Aldila’ delle leggi, nel 2018 a pronunciarsi era stato anche il Consiglio Superiore della Sanita’, secondo cui la biodisponibilita’ di Thc anche a basse concentrazioni non e’ trascurabile: in altre parole, una bocciatura della vendita della sostanza. Ma le reazioni sono divise. “C’e’ una sentenza e le sentenze di solito si rispettano”, commenta il ministro Salvini, che gia’ alcune settimane fa aveva emanato una direttiva per una stretta sui cannabis shop e la messa al bando delle infiorescenze della canapa.

Ad esprimere soddisfazione sono anche il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, e Simone Pillon, senatore della Lega e vicepresidente della Commissione parlamentare infanzia e adolescenza, per il quale “finalmente e’ stata fatta chiarezza e giustizia su una normativa promossa dal Pd che era lacunosa e volutamente ambigua” perche’ “la droga fa male, sempre”. A storcere il naso e a frenare gli entusiasmi sono il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che avverte: “la censura totale e’ sbagliata. La questione e’ molto difficile da giudicare e bisogna avere anche le competenze giuste. Mi e’ chiaro pero’ che c’e’ una parte del mondo economico che sta cercando di lavorare nella legalita’”. E per i consiglieri comunali M5s di Torino “ogni sentenza va interpretata” e “la politica, ora, deve farsi sentire a tutela dei lavoratori”. Com’era prevedibile, le preoccupazioni maggiori sono quelle delle associazioni di categoria, commercianti e agricoltori che hanno investito negli ultimi anni sul business della canapa e ora sperano di non soccombere di fronte alla sentenza della Cassazione. Ad annunciarne gli effetti e’ lo stesso questore di Macerata, Antonio Pignataro, che ha lanciato una vera e propria crociata contro i grow shop e la cannabis light. Secondo Pignataro, i cannabis shop non chiuderanno per effetto della sentenza, ma “non dovranno vendere infiorescenze, oli, resine, foglie”: in caso contrario integrano gli estremi del reato di detenzione a scopo di spaccio di sostanze stupefacenti. Gli shop potranno continuare a vendere “prodotti senza thc”, il principio attivo della cannabis: biscotti, dolci, magliette. Ma “senza la vendita di infiorescenze ci sara’ un minore margine economico”, conclude il questore, e gli shop chiuderanno perche’ non ci sara’ piu’ convenienza da parte dei titolari.

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Milano, diciottenne ucciso a colpi di pistola nella notte

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Nella notte scorsa assurdo delitto alla periferia di Milano. Un giovane diciottenne, di origine slava, è stato brutalmente ucciso con tre colpi d’arma da fuoco al torace in via Varsavia, vicino all’ortomercato. Secondo quanto emerso da una prima ricostruzione, il ragazzo si trovava a bordo di un furgone quando è stato avvicinato da un gruppo di individui che hanno aperto il fuoco.

I dettagli dell’aggressione dipingono un quadro di violenza e paura. La vittima, evidentemente ignara del pericolo, stava riposando all’interno del mezzo insieme a una donna, forse la sua compagna. Gli assassini hanno infranto i vetri del furgone per accertarsi della presenza di persone all’interno, prima di aprire il fuoco. Il giovane è stato soccorso tempestivamente dagli operatori del 118, ma purtroppo i loro sforzi sono stati vani: è spirato poco dopo il suo arrivo all’ospedale Policlinico.

La compagna del ragazzo, fortunatamente, è sopravvissuta all’attacco, ma è stata portata in ospedale in stato di choc, testimone impotente della tragedia che si è consumata sotto i loro occhi.

Le indagini sono ora nelle mani degli agenti della Polizia di Stato, impegnati a cercare di gettare luce su questo terribile crimine. La zona intorno all’ortomercato, come riportato dalle autorità, è nota per essere frequentata da roulotte e furgoni abitati, soprattutto da comunità nomadi. Tuttavia, quanto accaduto stanotte ha scosso la comunità locale e ha sollevato interrogativi su quanto sicure siano realmente queste aree.

Mentre la città si ritrova a piangere la perdita di un giovane vita spezzata troppo presto, ci si interroga anche su quali misure possano essere prese per prevenire simili tragedie in futuro. In un momento in cui la sicurezza pubblica è al centro delle preoccupazioni di tutti, è fondamentale che le autorità agiscano con fermezza per garantire la protezione di tutti i cittadini, indipendentemente dal loro status sociale o dalle loro abitudini di vita.

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Fassino denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino, informativa in Procura

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Arriverà nelle prossime ore in Procura una prima informativa su Piero Fassino, denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino. Gli investigatori della Polaria hanno raccolto tutti gli elementi – comprese le immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza – e le trasmetteranno all’autorità giudiziaria competente, quella di Civitavecchia, che valuterà come procedere. Fassino, in quanto parlamentare, non è stato ascoltato ma – spiegano fonti investigative – se vorrà potrà rilasciare dichiarazioni spontanee.

Già ieri il deputato del Pd – parlamentare per 7 legislature, ex ministro della Giustizia dal 2000 al 2001, poi segretario dem fino al 2007 e sindaco di Torino per cinque anni dal 2011 al 2016 – ha fornito la sua versione sostenendo di aver già chiarito con i responsabili del duty free la questione: “volevo comprare il profumo per mia moglie, ma avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse”. In quel momento, ha aggiunto, “si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo ad un agente di polizia.

Certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo”. Fassino ha anche sostenuto che si era offerto subito di pagarla e di comprarne non una ma due, proprio per dimostrare la sua buona fede, ma i responsabili hanno comunque deciso di sporgere denuncia. Al parlamentare del Pd, dopo quella espressa ieri dal deputato di Forza Italia Ugo Cappellacci, è arrivata la solidarietà del coordinatore di Fratelli d’Italia in Piemonte Fabrizio Comba. “Conosco l’uomo e il politico integerrimo, il tritacarne mediatico in cui è stato infilato è indecoroso per la sua storia personale e, quindi, anche per la storia del nostro paese. E’ un avversario politico – ha concluso Comba – ma non per questo mi permetto di dubitare della sua integrità, convinto delle sue straordinarie qualità morali”.

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Nozze d’argento boss in chiesa con le spoglie di Falcone

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Lui abito scuro, con gilet, pochette e cravatta color madreperla, lei abito bianco scollato lavorato con tessuto di pizzo e bouquet di rose rosse. La coppia d’oro delle famiglie mafiose palermitane, Tommaso Lo Presti, detto “il grosso”, per distinguerlo dall’omonimo detto “il lungo”, e la moglie Teresa Marino, ha festeggiato in grande stile, con amici e familiari l’anniversario dei 25 anni di matrimonio il 15 aprile scorso.

La coppia, lui è stato scarcerato da poco dopo anni di detenzione per mafia ed estorsioni, lei pure condannata per mafia, ha scelto per la cerimonia religiosa in cui rinnovare la promessa d’amore un luogo simbolico, la chiesa di San Domenico, che si trova in una delle piazze più belle di Palermo e che è nel cuore del mandamento mafioso di cui Lo Presti era al vertice. Nel complesso in cui è inserita la chiesa c’è anche il pantheon dei siciliani illustri, da Giuseppe Pitrè a Giacomo Serpotta, in cui sorge anche la tomba monumentale che ha accolto, dal 2015, le spoglie di Giovanni Falcone. I mafiosi quindi sono stati accolti dai frati, che gestiscono il complesso, per celebrare la benedizione delle nozze d’argento.

Padre Sergio Catalano, frate priore della chiesa, afferma di aver saputo chi fosse l’elegante coppia solo leggendo le notizie del sito d’informazione Palermotoday che ha pubblicato la notizia alcuni giorni dopo la cerimonia. “Le verifiche non spettano a noi – aggiunge – ci sono organi istituzionali che devono farlo”. Ma la coppia della cosca di Portanuova, lui è sorvegliato speciale e deve rientrare in casa entro una certa ora, poteva tranquillamente far celebrare la cerimonia in qualsiasi posto. La valutazione dell’opportunità di ospitare due mafiosi di questo calibro nel complesso dove ci sono le spoglie del magistrato ucciso dalla mafia spetterebbe a chi ha la responsabilità di quei luoghi.

Alla chiesa Lo Presti ha lasciato anche un’offerta che padre Catalano dice “servirà a fare del bene a chi ne ha bisogno”. Dopo la cerimonia a san Domenico la coppia ha festeggiato, nei limiti temporali concessi al sorvegliato speciale, in una villetta allietata anche dalle canzoni di due noti neomelodici. Dopo l’arresto di Lo Presti, 48 anni, nell’operazione Iago nel 2014, gli investigatori scoprirono il ruolo della moglie che il giudice che l’ha condannata descrive così: “Teresa Marino durante il periodo della sua detenzione domiciliare (in concomitanza con quella carceraria del marito), riceveva presso la sua abitazione tutti gli esponenti di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova e impartiva loro indicazioni e direttive proprie e del marito, condividendone le strategie criminali. I sodali mafiosi dell’organizzazione, inoltre, si rivolgevano alla donna anche per dirimere questioni e tensioni interne al sodalizio”.

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