“Faccio il ministro, non mi occupo di processi e di denaro” ripete come un mantra Matteo Salvini a chi gli chiede un giorno sì e un giorno pure dove sono finiti i soldi truffati dall’ex leader della Lega Umberto Bossi e quando restituiranno i 49 milioni che devono tornare agli italiani. Salvini dovrà trovare il tempo sia per occuparsi della questione dei fondi per 49 milioni di restituire e anche per andare al Viminale già che lo si vede poco per i suoi quotidiani impegni elettorali. Il segretario e il suo predecessore, Roberto Maroni, pur non toccati dalle inchieste, sono chiamati in causa da più parti. Ultimo in ordine di tempo è stato Stefano Stefani, cassiere del Carroccio ai tempi di Maroni. Prima di lui è stata la segretaria di Bossi a dire che Salvini sapeva dei soldi. “Feci presente più volte a Maroni e Salvini, sia in pubblico sia in privato, che si stava spendendo troppo e troppo in fretta”. Primo tassello: il processo di Milano. Ieri la Lega ha deciso di presentare querela contro Francesco Belsito. Ma non contro Umberto e Renzo Bossi, imputati (e condannati in primo grado) nello stesso processo.
Daniela Cantamessa . La storica segretaria di Bossi
Tutto nasce dall’inchiesta sui rimborsi elettorali della gestione Bossi-Belsito. A Genova due giorni fa è arrivata la condanna in appello per i soldi pubblici spesi per il partito, ma ricevuti sulla base di rendiconti falsi.
Bossi, tuttora senatore e presidente della Lega, è imputato di truffa.
A Milano invece deve rispondere di appropriazione indebita (in primo grado è stato condannato), cioè di aver utilizzato soldi pubblici per fini personali (cure mediche, ristrutturazione di casa, “laurea” e multe dei figli eccetera). Ma, grazie alle modifiche della legge, l’appropriazione indebita è perseguibile solo su querela della parte lesa (cioè la Lega).
Senza querela niente processo. La decisione di procedere solo contro Belsito dunque che effetti avrà? Politicamente ha un peso, perché grazia i Bossi. In aula, però, non basterà: l’ articolo 123 del codice penale sul “concorso nei reati” infatti recita che “la querela si estende a tutti coloro che hanno commesso il reato”. Ciò significa che Salvini con i Bossi salva la “pace” ma non salva gli imputati perchè nonostante tutto Umberto e Renzo Bossi non sono al sicuro.
Nelle scorse settimane, sulla sparizione dei fondi in cassa alla Lega era stata Daniela Cantamessa a parlare. La storica segretaria di Bossi (poi sentita dai pm) aveva detto: “Ero convinta che Salvini fosse uno di noi. Gli dissi: ‘Fai qualcosa che qui stanno sparendo tutti i soldi’. Lui mi ascoltò, ma non si sbilanciò”. E ha aggiunto: “Con Bossi nelle casse della Lega c’erano circa 40 milioni.
Eravamo preoccupati perché vedevamo che la gestione Maroni, anziché utilizzare la struttura Lega, utilizzava strutture esterne con costi alti”. Parole simili a quelle di Belsito: “Quando me ne sono andato dalla Lega ho lasciato 40 milioni. Dopo le mie dimissioni – con Maroni e Salvini – sono entrati altri 19 milioni legati alle elezioni del periodo di Bossi, perché i rimborsi erano scaglionati negli anni”. Il problema è, se c’erano 40 milioni e se sarebbero entrati altri rimborsi per 19 milioni, stando al racconto della segretaria di Bossi, che fine hanno fatto questa montagna di milioni di euro?
Per le cerimonie della Settimana Santa l’ufficio liturgico della diocesi di Napoli ha scritto una sorta di vademecum che è stato pubblicato sul sito. Ai parroci viene ricordato, ad esempio, che per l’altare della Deposizione, che viene allestito in occasione del triduo pasquale “non servono dunque fioriture e allestimenti maestosi, né eccessivi segni, spesso frutto di estrosa fantasia, che finiscono per distogliere lo sguardo e l’attenzione dal ‘Segno'”. “È piuttosto necessaria la preparazione di un luogo accogliente e consono alla preghiera, senza elementi di disturbo. Risulta pertanto assolutamente inopportuno dare “un tema” all’altare della reposizione. Esso non è dunque il luogo dove ostentare la solennità e gareggiare alla realizzazione più bella, né delle rappresentazioni scenografiche con le quali stupire i fedeli: l’unico stupore è dato dal dono dell’Eucaristia da parte del Signore stesso alla sua Chiesa”.
Aveva solo 23 anni Sofia Sacchitelli, la ragazza genovese affetta da un raro tumore al cuore : non ce l’ha fatta ed è morta. Sofia aveva dato vita a una associazione per raccogliere fondi per la ricerca scientifica per le malattie rare, come la sua. Lei stessa aveva parlato in pubblico per spingere questa missione e in tanti la stavano sostenendo. Sofia studiava Medicina ma l’angiosarcoma cardiaco, un tumore rarissimo al cuore, l’ha ucciso. Parliamo di una malattia che colpisce una persona ogni 2-3 milioni. Anche le società calcistiche di Genoa e Sampdoria hanno sostenuto la onlus che si chiama ‘Sofia nel cuore’. In tanti hannopvoluto ricordare il coraggio della giovane Sofia, fra questi il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti: “Ti ricorderemo con il sorriso sul viso e il coraggio di chi sa trasformare le difficoltà in solidarietà e speranza per gli altri. Addio Sofia. Tutta Genova e la Liguria oggi pregano per te e si stringono alla tua famiglia, ai tuoi amici, a chi ti vuole bene e porterà avanti il percorso che hai iniziato”.
È stata trovata anche la seconda sciatrice morta dopo essere stata travolta dalla frana caduta su Courmayeur, in val Veny. Si tratta di una ragazza svedese di 25 anni, faceva parte di un gruppetto di 4 giovani “freerider” tra 20 e 25 anni, giunti a Courmayeur per sciare fuori pista. E mentre facevano questo sono stati travolti dalla frana: le due ragazze non sono riuscite a ripararsi e sono state travolte in pieno trovando la morte sulle nevi valdostane, i due ragazzi sono riusciti a mettersi in salvo. A trovare gli sciatori sono stati i soccorritori del Soccorso alpino, nel caso dell’ultima giovane ritrovata, hanno individuato il corpo sorvolando la zona in elicottero quando il maltempo ha concesso una pausa