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Ambiente

Azienda per recupero plastica in fiamme a Caivano, i veleni ancora appestano l’aria ma l’Arpac dice: va tutto bene

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La colonna di fumo nero alta decine di metri era visibile da Napoli, a più di venti chilometri di distanza. L’incendio, devastante, è divampato, per cause che saranno accertate dagli inquierenti, a Pascarola, zona industriale di Caivano, il cuore  della cosiddetta Terra dei fuochi.  L’azienda dove le fiamme sono state spente in poco più di 54 ore è la “Di Gennaro” spa, società che si occupa di recupero della plastica e della carta. E quelle che bruciavano erano decine di balle di carte e plastica che erano stoccate nel piazzale. Siamo nell’area nord di Napoli.

Rogo devastante nella Terra dei Fuochi. Decine di balle di plastica e carta in fiamme nell’azienda Di Gennaro nella industriale di Caivano

Stesso incendio, azienda simile, scoppiò quindici giorni fa a  San Vitaliano, a Est di Napoli. Sempre carta e plastica che bruciarono. Cause sempre da accertare.  Molto probabile siano incendi di natura dolosa. Quel che non deve essere accertato ma solo precisata è l’entità del disastro ambientale.

I fumi densi, le ricadute di diossina sul territorio, avranno un impatto devastante sulla salute della gente che è costretta a subire queste forme di avvelenamento. Nel caso del rogo della Di Gennaro Spa siamo in presenza di un fatto forse doloso ma circoscritto. Nella zona a Nord di Napoli, però, quotidianamente sono decine, centinaia di roghi che vengono appiccati a scarti di lavorazione industriale i cui fumi e miasmi appestano l’aria, inquinano la terra e influiscono sulle condizioni di salute di una popolazione tra le più colpite nella terra dei fuochi della Campania. È la camorra dei rifiuti a incendiare questi deposito di aziende legali? Per ora sono solo boato, non notizie certificate. Saranno gli inquirenti a provare a capire quel che sta accadendo. Sono troppe le aziende che si occupano legalmente di trattamento dei rifiuti che subiscono problemi di recente nel napoletano. Sull’incendio, come capita spesso in questi casi, l’Arpac, Azienda regionale per la protezione ambientale della Campania, ha reso noto, non senza destare lo sconcerto generale, che “nell’area interessata dall’incendio i dati elaborati finora non mostrano superamenti dei valori limite per le concentrazioni di inquinanti atmosferici”. Come dire, non è successo nulla. Quel fumo e quell’incendio è come se non ci fosse mai stato. “Le centraline di monitoraggio ubicate nell’area di interesse – scrive sempre Arpac in una relazione al pubblico – non hanno rilevato valori critici dei parametri monitorati. I valori di ossidi di azoto e benzene rilevati nelle prime ore del 26 luglio mostrano concentrazioni lievemente maggiori, sebbene ampiamente entro i valori di soglia normativi, per condizioni meteo-ambientali favorevoli all’accumulo degli inquinanti”. Uno dei primi commenti che trasuda amara ironia è quello di Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, simbolo della lotta alla Terra dei Fuochi. Rivolto a chi lo legge sulla sua pagina Fb, il prete dice, riferendosi ai dati Arpac: Chi di voi ci crede? Le risposte, centinaia. Nessuno ci crede.

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Ponte sullo Stretto, ok della Valutazione ambientale ma il Quirinale blocca norma antimafia del decreto Infrastrutture

La Presidenza della Repubblica chiede lo stralcio della norma sui controlli centralizzati. Intanto arriva il via libera ambientale al progetto.

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Passo avanti sul fronte tecnico, ma stop sul piano normativo. Il decreto Infrastrutture, approvato lunedì scorso dal Consiglio dei ministri, è stato modificato su richiesta del Quirinale, che ha chiesto di eliminare una norma pensata per rafforzare i controlli antimafia legati alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina.

La misura, fortemente voluta dal ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini e dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, prevedeva il trasferimento delle competenze di controllo alla struttura centralizzata per la prevenzione antimafia del Viminale, sulla falsariga del modello già in uso per Milano-Cortina 2026 e per le zone terremotate.

«Volevamo centralizzare i controlli come segno concreto dell’impegno sulla prevenzione delle infiltrazioni criminali», aveva spiegato Piantedosi.

Tuttavia, secondo la Presidenza della Repubblica, non sussistevano i presupposti d’urgenza che giustificassero l’inserimento della norma nel decreto, chiedendone la rimozione prima dell’uscita del testo da Palazzo Chigi. Una decisione che ha sorpreso la Lega, che non esclude di riproporre la misura tramite un emendamento nei prossimi passaggi parlamentari.

Il progetto del Ponte riceve l’ok ambientale

Nel frattempo, il progetto del Ponte sullo Stretto ha segnato un passo avanti importante con il via libera della Commissione tecnica del Ministero dell’Ambiente alla Valutazione di impatto ambientale (VIA). Dopo mesi di richieste e approfondimenti, la documentazione potrà ora essere trasmessa alla Presidenza del Consiglio, dove il progetto attende il timbro finale del Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile).

L’iter non si ferma qui: il governo dovrà trasmettere un’informativa alla Commissione Europea, tappa necessaria prima della delibera conclusiva.

Salvini: «Un passo fondamentale». Morelli: «Chiudiamo in due settimane»

Il vicepremier Salvini ha commentato con entusiasmo la notizia:

«È un altro passo fondamentale verso un’opera che unisce e sviluppa».

A fare il punto sulle prossime tappe è Alessandro Morelli, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al Cipess:

«Siamo in costante contatto con le amministrazioni competenti. Appena arriverà la proposta di delibera dal Mit, confidiamo di chiudere l’intero percorso entro due settimane, con il via libera definitivo del Cipess».

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Area Marina Protetta Capri: intesa vicina tra tutela del mare e sviluppo turistico

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I “no” ideologici sembrano finalmente superati: l’Area Marina Protetta dell’Isola di Capri è oggi più vicina grazie a una nuova stagione di dialogo e mediazione. L’obiettivo non è più solo difendere l’ambiente o incentivare il turismo, ma trovare un equilibrio concreto tra la salvaguardia del mare e la sua fruizione responsabile.

Tavolo del Mare: Capri e Anacapri pronte al confronto

Dopo anni di tensioni e veti contrapposti, è arrivato un segnale chiaro di svolta dal Tavolo del Mare riunitosi ad Anacapri, con la partecipazione di rappresentanti istituzionali e scientifici di primo piano, tra cui Ettore de Conciliis, capo della segreteria del sottosegretario alle Aree Protette, l’ammiraglio Francesco Tomas del Mase, il prof. Gianni Russo dell’Università Parthenope e Antonino Miccio, presidente del coordinamento nazionale Federparchi.

Entro poche settimane i comuni di Capri e Anacapri saranno convocati al Ministero dell’Ambiente per definire la zonizzazione ufficiale dell’Area Marina Protetta. Si tratta di un passo fondamentale, anche in vista del 2027, anno in cui Capri sarà sotto i riflettori per le regate dell’America’s Cup.

Dalla protesta all’intesa: la reazione agli “inchini” dei giganti del mare

Il nuovo slancio è arrivato anche in seguito all’ennesimo episodio di oltraggio al paesaggio: l’inchino ai Faraglioni da parte della nave da crociera Silver Ray, poi sanzionato. Proprio questo fatto ha accelerato la presa di posizione dei sindaci dell’isola.

«Se continuiamo a violare il nostro patrimonio naturale, anche il mito di Capri sarà compromesso», ha dichiarato Franco Cerrotta, sindaco di Anacapri, sottolineando la necessità di difendere un ambiente che oggi è parte integrante dell’identità turistica dell’isola.

Il sindaco di Capri, Paolo Falco, ha invece ribadito l’urgenza di riconoscere autonomia alla Zona Speciale di Conservazione (ZSC) dell’isola, ancora oggi inglobata nell’area di Punta Campanella. «Solo con l’autonomia possiamo garantire una tutela adeguata senza penalizzare la vocazione turistica dell’isola», ha spiegato.

Le nuove condizioni: confronto aperto e tutela condivisa

Il dialogo avviato con Ispra, associazioni ambientaliste e categorie locali ha prodotto un primo risultato importante: la revisione dei divieti inizialmente proposti nell’area dei Faraglioni, con un approccio più flessibile e sostenibile.

Antonino Miccio, coordinatore delle Aree Marine Protette, ha confermato che ci sono ancora aspetti da affinare, ma ha apprezzato la disponibilità del ministero a concertare soluzioni con le amministrazioni locali, affinché l’Area Marina Protetta di Capri possa diventare un modello di sviluppo sostenibile nel Mediterraneo.

Federalberghi: sì alla tutela, ma con equilibrio

Tra i protagonisti del confronto, Lorenzo Coppola, presidente di Federalberghi Isola di Capri, ha espresso ottimismo: «Siamo vicini a una soluzione condivisa. Se il sistema Capri lavora compatto, i risultati arrivano». E proprio Anacapri ha messo sul tavolo nuove condizioni per riscrivere il regolamento e definire lo scorporo da Punta Campanella, elemento essenziale per completare l’iter.

La vera sfida, come ha sottolineato Coppola, sarà coniugare la tutela ambientale con l’esigenza di non soffocare l’imprenditoria turistica, che rappresenta il cuore economico dell’isola.


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Campi Flegrei, tra bradisismo e rischio eruttivo: il punto del vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo

Il vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo fa il punto sui Campi Flegrei: “La vera emergenza è il rischio eruttivo. Tanti studi, pochi risultati. Serve un piano aggiornato”.

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Un’area instabile, fragile, densamente abitata. I Campi Flegrei continuano a far paura, e non solo per il bradisismo. A preoccupare gli esperti è anche il rischio vulcanico, spesso sottovalutato o confinato alle ipotesi teoriche. A fare chiarezza è il vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo, una delle voci più competenti e critiche sul tema, che da anni studia i fenomeni più pericolosi dell’area flegrea.

Un territorio imprevedibile

Mastrolorenzo lo ribadisce da tempo: la crisi dei Campi Flegrei non può essere trattata solo come fenomeno sismico. Il bradisismo – l’innalzamento e abbassamento del suolo – è solo una delle manifestazioni visibili di un sistema vulcanico attivo, che nel corso dei secoli ha dato vita a eruzioni devastanti, come quella che 15.000 anni fa formò la caldera attuale.

“La vera emergenza è l’imprevedibilità di questi fenomeni”, sottolinea Mastrolorenzo. Un’imprevedibilità che rende difficile ogni tentativo di previsione a lungo termine, ma che impone misure serie, concrete e basate sulla conoscenza reale.

Troppi studi, pochi risultati

Secondo il vulcanologo, negli ultimi anni si sono moltiplicati gli studi e le pubblicazioni sui Campi Flegrei, ma senza veri progressi sostanziali. “C’è un proliferare di ricerche che spesso ripetono concetti già noti o si limitano a rielaborazioni dei dati esistenti, senza contribuire realmente all’avanzamento delle conoscenze o alla mitigazione del rischio”.

Mastrolorenzo invita a distinguere tra scienza e comunicazione tranquillizzante, perché la realtà dei Campi Flegrei è complessa, e semplificarla rischia di creare false sicurezze.

Bradisismo e rischio eruttivo: due facce della stessa minaccia

L’area è oggi alle prese con una fase di sollevamento del suolo che, secondo l’INGV, ha raggiunto quasi un metro dal 2005. Ma per Mastrolorenzo, concentrarsi solo sul bradisismo rischia di far dimenticare che i Campi Flegrei sono un vulcano, e che ogni segnale – sismico, termico o chimico – va letto anche alla luce di un possibile scenario eruttivo.

Non è allarmismo, ma rigore scientifico: “Non possiamo escludere un’eruzione, per quanto bassa sia la probabilità nel breve termine. E dobbiamo pianificare pensando al peggiore degli scenari possibili”.

Un piano di protezione civile ancora da rivedere

Infine, Mastrolorenzo invita le autorità a ripensare i piani di evacuazione, le strategie comunicative e i livelli di allerta: “Non possiamo pensare di affrontare un rischio così grande con strumenti pensati vent’anni fa”.
Serve un approccio aggiornato, meno burocratico e più integrato con il territorio e le comunità.

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