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Economia

ArcelorMittal, Di Maio: azienda tenga fede agli accordi su ex Ilva

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ArcelorMittal deve “tener fede agli accordi”. Il vicepremier Luigi Di Maio alza la voce contro l’azienda che appena sei mesi fa ha rilevato l’ex Ilva, firmando un’intesa per il rilancio che chiudeva una lunghissima vertenza, e che ora annuncia la cassa integrazione per circa 1.400 dipendenti. Un altro patto non rispettato, che si va ad aggiungere ai recenti casi di Whirlpool e Mercatone Uno e che fa sbottare il ministro dello sviluppo economico e del lavoro: “Sono stufo di aziende che firmano gli accordi e poi non vi tengono fede”. Per questo il ministro e’ pronto a bacchettare l’azienda pretendendo il rispetto dei patti: l’occasione sara’ un tavolo che, annuncia Di Maio, e’ gia’ in programma la prossima settimana al ministero. Anche se in realta’ manca ancora una data e la convocazione ufficiale. Al momento l’unico appuntamento sulla carta e’ quello di lunedi’ 10 in Confindustria per fare il punto sui primi cinque mesi dal passaggio dell’Ilva ad Arcelor. In attesa del faccia a faccia, l’azienda che ha sorpreso i sindacati annunciando la cig con un comunicato stampa, in una missiva ufficiale spiega ai rappresentanti dei lavoratori che le cause che hanno determinato l’avvio della procedura sono “riconducibili al progressivo deteriorarsi degli indicatori di mercato manifatturiero”, con l’attivita’ di impresa nel settore dell’acciaio che allo stato e’ “fortemente influenzata da una situazione di economia stagnante” e il mercato siderurgico che “ha registrato un progressivo rallentamento a partire dal primo trimestre dell’anno”. Per effetto di questa situazione ArcelorMittal ha deciso di avviare la cig ordinaria per un massimo di 1.395 dipendenti al giorno del siderurgico di Taranto, a partire dal primo luglio e per le successive 13 settimane. Non e’ pero’ escluso che l’ammortizzatore possa essere prolungato: per l’azienda, infatti, “allo stato e’ ipotizzabile una ripresa del mercato e della domanda a valle” di questo periodo, fatta salva pero’ “la verifica della necessita’ di eventuale proroga”. I lavoratori, che hanno subito protestato con un sit-in davanti allo stabilimento di Taranto durante l’incontro tra azienda e sindacati, sono sul piede di guerra: in ambienti sindacali non si esclude un ricorso allo sciopero se l’azienda non dovesse fornire rassicurazioni. E mentre il leader della Uil Carmelo Barbagallo chiede una stretta sulle multinazionali che fanno shopping e poi se ne vanno, sulla vicenda si fa sentire anche la politica, con il Pd che chiede a Di Maio di riferire in Parlamento.

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Economia

Merz contro Unicredit, modalità ostili non le accettiamo

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Tempi duri per Unicredit che, oltre a non trovare sponde in Italia su Banco Bpm, mastica amaro anche in Germania. Su Commerzbank resta il muro contro muro con Berlino. L’approccio utilizzato dal gruppo guidato da Andrea Orcel continua a non piacere al Cancelliere tedesco. “Le modalità seguite sono ostili e noi non le accettiamo e non le sosteniamo”, è tornato a ribadire Friedrich Merz in occasione della conferenza estiva. Cambiano i governi ma non cambiano le posizioni. Merz si è riferito esplicitamente alla circostanza in cui Unicredit ha “trasformato” i derivati in azioni “senza concordarlo né con Commerzbank né con noi”, e ha definito la procedura appunto ostile e non accettabile. L’istituto di Piazza Gae Aulenti ad inizio mese ha convertito in azioni una parte della propria posizione sintetica nella banca di Francoforte sul Meno, consolidandosi così al 20% come primo azionista e con l’opzione di arrivare al 29,9%, la soglia d’opa.

Un modus operandi che ha ulteriormente indispettito la Cancelleria, con Merz che ha citato anche una “seconda ragione” sulle sue “riserve” all’operazione. “L’istituto che verrebbe fuori da questa operazione – ha spiegato – potrebbe rappresentare, anche a causa della sua struttura di bilancio, un consistente rischio per il mercato finanziario. E fino a quando questa questione non è chiarita in modo esaustivo – ha puntualizzato – non potrò cambiare la mia opinione”. Non si riducono dunque le distanze in Germania, così come in Italia resta impantanata l’ops su Piazza Meda con il termine del 23 luglio sempre più vicino. Anche la possibilità di un ulteriore rinvio della scadenza da parte della Consob ha una bassa percentuale.

“Stiamo studiando se abbiamo poteri, di fronte a una situazione che non è ancora chiarita, se abbiamo ancora poteri di poter concedere altro. La prima risposta che abbiamo è che non è così però se dall`analisi giuridica emerge che li abbiamo, allora eserciteremo questi poteri”, ha sottolineato il presidente della Consob, Paolo Savona, nella recente audizione alla Commissione d`inchiesta del Senato sul sistema bancario, finanziario e assicurativo. Detto questo la lente resta sempre sul cda di Unicredit, convocato per il 22 luglio per licenziare i conti del semestre mentre sottotraccia resta l’ipotesi di un consiglio straordinario che maturi una decisione definitiva. Nel caso di una rinuncia che è anche prevista nel prospetto, Unicredit potrebbe poi ripresentare l’offerta in un secondo momento. Stessa possibilità nel caso in cui l’offerta sia lasciata arrivare a scadenza senza raggiungere gli obiettivi. Per gli analisti di Mediobanca Research, la banca avrebbe bisogno “di due mesi per consentire ai processi in corso, tra Tar e Commissione Ue sulla legittimità del golden power, di arrivare ad una conclusione”, limitando al stesso tempo i margini a “disposizione del Credit Agricole per costruire una partecipazione in Banco Bpm sopra il 20%”. La Banque Verte peraltro ha in ballo con Unicredit la scadenza nel 2027 della partnership per la distribuzione dei prodotti di Amundi.

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Economia

Intesa sui dazi appesa a un filo, Trump vuole il 15-20%

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I venti tra le due sponde dell’Atlantico preannunciano tempesta. Affatto persuaso dall’ultima offerta europea di un do ut des sulle auto, Donald Trump preme per dazi minimi tra il 15% e il 20% su tutte le merci in arrivo dal Vecchio Continente. Una richiesta che, secondo le rivelazioni del Financial Times, segna l’irrigidimento del tycoon in un negoziato che resta appeso a un filo. Quello che a Bruxelles definiscono “l’ultimo miglio”, più che una distanza da colmare somiglia a un campo minato.

La missione del capo negoziatore Ue, Maros Sefcovic, a Washington non ha prodotto svolte. I faccia a faccia con il tandem trumpiano Lutnick-Greer sono stati definiti “intensi”, ma il tweet promesso per raccontarne l’esito è rimasto nel cassetto. L’unico messaggio riportato al rientro è stato un monito: “Solo sforzi concertati e autentici da entrambe le parti potranno portarci al traguardo”. Parole che lasciano intravedere frizioni ancora vive su dossier cruciali come automotive e agroalimentare, con l’incognita tutt’altro che secondaria dell’imprevedibilità di The Donald. Tanto che nei palazzi Ue nessuno si sente di escludere un nuovo rinvio last minute della scadenza del primo agosto da parte della Casa Bianca.

L’esecutivo von der Leyen – al momento non sono previste interlocuzioni dirette tra le tedesca e il presidente Usa – resta fermo sulla via del dialogo. “La nostra priorità è una soluzione negoziata”, è tornato a ribadire il portavoce Olof Gill, sottolineando ancora una volta come la sospensione del primo pacchetto di contro-dazi da 21 miliardi di euro (pronto a entrare in vigore il 6 agosto) rappresenti un segnale distensivo, per lasciare spazio al confronto “in buona fede”. Nel briefing riservato agli ambasciatori dei Ventisette – rigorosamente in formato ristretto e senza cellulari – Sefcovic però ha illustrato l’intera gamma degli scenari possibili: dall’auspicata intesa su un’aliquota tra il 10 e il 15%, fino all’ipotesi più onerosa per l’industria continentale, con tariffe al 20%.

Senza dimenticare la minaccia del 30% messa nero su bianco da Trump, preludio a uno scontro frontale e a contromisure che potrebbero estendersi alle Big Tech. Una ricostruzione che ha trovato nei rappresentanti dei Paesi membri una convergenza netta, con il “pieno mandato” politico alla Commissione in ogni fase della trattativa, consapevoli che la pressione del tycoon è destinata a toccare “l’apice” a ridosso del gong. Se lo spettro del 20% dovesse materializzarsi, tuttavia, la tenuta politica dell’Europa potrebbe incrinarsi sotto il peso di interessi divergenti e della portata della rappresaglia allo studio.

Con Bruxelles che continua a mantenere “tutte le opzioni aperte”. Sognare un pareggio a dazi zero è “irrealistico”, ha riconosciuto da Berlino il cancelliere Friedrich Merz, osservando come per Washington il disavanzo commerciale transatlantico si misuri soltanto sulle merci, ignorando il surplus nei servizi. L’unico approdo plausibile, nella sua visione, resta dunque un’intesa “asimmetrica”, ma fondata sulle “aliquote più contenute possibili”. A partire dall’automotive, trainato dalle ammiraglie tedesche, sul quale tuttavia la mano tesa dell’Ue ad azzerare le proprie tariffe sui veicoli Usa in cambio di una riduzione fino al 17,5% da parte statunitense – rispetto al 25% in vigore – non ha sortito gli effetti sperati.

Da Parigi invece il tono resta più assertivo nel chiedere di sfoderare il bazooka Ue dello strumento anti-coercizione davanti a dazi “inaccettabili”. L’ultima settimana prima della deadline per Bruxelles si giocherà su due fronti asiatici: il 23 luglio a Tokyo e il 24 a Pechino. Al summit con il Giappone, Ursula von der Leyen e Antonio Costa rilanceranno la cooperazione commerciale, spingendo per un rafforzamento del Cptpp – l’accordo transpacifico che coinvolge anche Canada, Giappone e Regno Unito – come base di un ‘Wto 2.0’. Poi sarà la volta della Cina, alla quale l’Europa chiederà un “riequilibrio” dei rapporti commerciali davanti a una situazione ritenuta oggi “inaccettabile”. Reciprocità, il mantra da ribadire al Dragone, che potrebbe rivelarsi utile anche nel dialogo con Washington.

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Economia

Entro il 31 luglio si paga la rottamazione, anche riammessi

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Si avvicina la prossima scadenza per i pagamenti della Rottamazione-quater delle cartelle. Il 31 luglio 2025 è il termine di versamento sia della nona rata per i contribuenti in regola con i precedenti versamenti, sia della prima o unica rata per i riammessi alla definizione agevolata che hanno presentato domanda entro lo scorso 30 aprile. I moduli di pagamento sono contenuti nella comunicazione delle somme dovute inviata da Agenzia delle entrate-Riscossione, disponibile in copia anche sul sito www.agenziaentrateriscossione.gov.it. In caso di mancato pagamento, oppure effettuato oltre il termine ultimo o per importi parziali, la legge prevede la perdita dei benefici della definizione agevolata e gli importi già corrisposti saranno considerati a titolo di acconto sulle somme dovute. In considerazione dei cinque giorni di tolleranza concessi dalla legge, saranno comunque ritenuti tempestivi i pagamenti effettuati entro il 5 agosto 2025.

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