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Anonymous all’attacco in Italia con l’operazione “5 novembre”. Nel mirino degli hackers istituzioni, sindacati, università

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La guerra è in corso. A dichiararla gli hacker di Anonymous Italia e LulzSec Italia, insieme ad AntiSec Italia. E si combatte a colpi di click e dati sensibili dati in pasto alla rete. Gli anarchici della rete con un videomessaggio su Yotube hanno dato il via all’operazione “#FifthOfNovember. Il riferimento è a lunedì prossimo, appunto il 5 novembre, l’anniversario della “Congiura delle polveri” avvenuta a Londra nel 1605 è organizzata dal cospiratore noto con lo pseudonimo di Guy Fawkes, figura mascherata a cui si rifà il gruppo degli Anonymous, capostipite del trittico odierno. Per gli anarchici del web si tratta di “un giorno sprofondato nell’oblio per ricordare a questo Paese quello che ha dimenticato: molti anni fa, un gruppo di anarchici ha impresso per sempre nella nostra memoria il 5 novembre. La loro speranza era di ricordare al mondo che l’equità, la giustizia e la libertà, più che parole, sono prospettive”.

A differenza di quelli già effettuati in passato, questo attacco informatico ha una valenza diversa. C’è una connotazione politica. E lo sottolineano anche gli autori “se i crimini di questo governo vi rimangono ignoti, vi consiglio di lasciar passare inosservato il 5 novembre. Ma se vedete ciò che vediamo noi, se la pensate come la pensiamo noi, e se siete alla ricerca come lo siamo noi, vi chiediamo di mettervi al nostro fianco, e di non accettare più le menzogne, ed il bavaglio che ci mette lo Stato.”
La guerra informatica è cominciata lunedì. Nel primo giorno di guerra sono caduti sotto i colpi degli Anonymous circa 70 siti internet (ed i relativi server) di Atenei e Campus universitari. Poco dopo i dati sono finiti nel mare magnum del web. Gli studenti dell’Università di Catanzaro, ad esempio, si sono visti pubblicare i loro indirizzi mail e password. Molte le password in chiaro. In altri casi le chiavi di accesso sono codificate con metodi di cifratura assai facili da criptare per chi bazzica sul web.
Martedì, invece, sono finiti nella rete di Anonymous numerosi siti di associazioni di categoria e sindacati dalle cui pagine il gruppo ha estratto (ma solo in alcuni casi) i dati degli utenti e le credenziali di accesso. Tra questi anche la Cgil Funzione Pubblica di Cagliari, Confindustria Energia e l’Unione Industriale di Torino che si è vista modificare una pagina con l’inserimento del logo del gruppo come ‘bandiera’ del fortino conquistato.
Per il terzo giorno di ‘guerra’, vittima è stato il settore della Sanità. Anche in questo caso, come nei giorni precedenti, sul web sono finiti nomi, indirizzi ed informazioni personali contenuti negli archivi web dei portali finiti sotto attacco informatico. Sono una decina i siti violati dagli hacker. Si tratta degli spazi web della Federazione Italiana Medici Medicina Generale Pisa, dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, del Sistema Informativo Veterinario, della Federazione Italia Medici Medicina Generale di Pisa, dell’Azienda Sanitaria Locale di Ciriè, Chivasso ed Ivra, il Portale Cure primarie Legnago, l’Istituto di Ricovero e Cura Scientifiche ed il Sistema Sanitario Sardegna.

Per il quarto giorno, gli hakerattivisti hanno sferrato un attacco insolito. Normalmente i media non si toccano, perché, nel codice non scritto della pirateria informatica, si rispetta la pluralità e la libertà di stampa. L’attacco invece, questa volta ha riguardato proprio i media. Sono stati violati numerosi siti di testate giornalistiche e di ordini regionali dei giornalisti tra cui: I fatti di Napoli, MolisewebRetepratoPisainformaOrdine Giornalisti Molise, Quotidiano della Sanità e Corecom Marche. 


Di certo gli attacchi continueranno fino a lunedì prossimo. Senza esclusione di colpi. Gli informatici tremano per gli scenari che potrebbero verificarsi. Il timore è quello di ‘denial of service’ ovvero una ‘negazione del servizio’ (abbreviato in DoS) nel corso del quale si potrebbero far esaurire volontariamente le risorse di un sistema informatico. Un attacco che potrebbe mettere in ginocchio tutte le ‘infrastrutture critiche’ italiane. In questi giorni, inoltre, ricorre un trentennale importante. Il 2 novembre 1988 Robert Morris jr. mandò in tilt 6mila centri di calcolo interconnessi tra loro attraverso un ‘worm’, ovvero una sorta di bruco. Così Morris violò le procedure dei calcolatori dell’università di Stanford e dando il comando di replicazione fino alla saturazione prima della trasmissione a tutti i calcolatori connessi, mandò in tilt gli elaboratori che sono gli antenati dei nostri pc.

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L’ex guru di Apple alla corte di OpenAI, via nuova era

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Il papà dell’iPhone alla corte di OpenAI per sviluppare dispositivi per i consumatori. Io, la startup di Sir Jony Ive, l’ex guru del design di Apple, è stata acquistata da ChatGPT per 6,5 miliardi di dollari con l’obiettivo di “creare una famiglia di prodotti per l’era dell’intelligenza generativa”. La partnership fra il designer visionario e OpenAI ha il potenziale di aprire una nuova era di tecnologia per i consumatori basata sull’intelligenza artificiale, in quanto mette l’ex guru di Apple alla guida creativa di una startup in forte crescita e rivoluzionaria come OpenAI. Considerato il papà dell’iPhone e l’architetto di alcuni dei maggiori successi di Apple, Ive ha contribuito nel corso della sua carriera a cambiare il rapporto fra i consumatori e la tecnologia. E per questo la sua alleanza con OpenAI è destinata a ‘spaventare’ le big della Silicon Valley, che ha anni scommettono miliardi sullo sviluppo e l’uso dell’intelligenza artificiale.

Per Ive l’accordo è un’occasione per un ritorno di alto profilo nell’industria tecnologia per i consumatori. Dopo aver lasciato Apple nel 2019, l’ex guru di Cupertino ha fondato LoveForm e io senza però essere un protagonista come quando lavorava fianco a fianco con il suo “partner spirituale” Steve Jobs. Lo staff di Io – composto da 55 persone fra ingegneri e ricercatori – entrerà a fra parte di OpenAI mentre Ive, pur acquisendo “responsabilità creative e di design”, non diventerà un dipendente della startup. “Abbiamo l’occasione di reimmaginare cosa significa usare un computer”, ha detto l’amministratore delegato di OpenAI Sam Altman. La startup creerà un prodotto con un livello di qualità “mai visto prima nell’hardware di consumo. L’intelligenza artificiale rappresenta un tale passo avanti in termini di ciò che le persone possono fare che necessita di nuovi fattori per sfruttarne al massimo il potenziale”, ha aggiunto.

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Osservazione della Terra, 700 miliardi di dollari nel 2030

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Un valore di 700 miliardi di dollari entro il 2030: sono queste le previsioni di sviluppo per l’Osservazione della Terra, che alle immagini dei satelliti sta cominciando ad affiancare intelligenza artificiale, supercalcolo e cloud per fornire a tutto il mondo servizi sempre più efficienti e puntuali. Lo indicano gli oltre 600 esperti riuniti a Roma da oggi al 9 maggio per il Geo Global Forum, promosso da Commissione Europea e Agenzia Spaziale Italiana in collaborazione con il Group on Earth Observations (Geo), l’organizzazione internazionale dedicata all’Osservazione della Terra, delle quali l’Italia è stata fra i Paesi fondatori, fondata nel 2005 per facilitare e incrementare i dati rilevati dai satelliti come supporto ad ambiti operativi e decisionali. “Siamo orgogliosi di ospitare in Italia un evento così importante”, ha detto il presidente dell’Asi, Teodoro Valente.

“Il Geo Global Forum evidenzia l’impegno dell’Italia nell’osservazione della Terra dallo spazio come fattore chiave per l’implementazione delle politiche e delle azioni necessarie al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite dedicati alla tutela del nostro pianeta”. A presentare la stima del valore di 700 miliardi di dollari generato entro il 2030 dai dati relativi all’osservazione della Terra è stata la direttrice del segretariato Geo Yana Gevorgyan. Negli ultimi 20 anni – ha aggiunto – Geo ha compiuto notevoli progressi nel promuovere l’utilizzo dell’osservazione della Terra per il bene comune. Oggi queste soluzioni basate sui dati hanno il potere di trasformare il modo in cui comprendiamo e ci prendiamo cura del nostro pianeta”. Il valore di 700 miliardi di dollari è “il risultato della considerazione di più fattori, dalla vendita dei dati satellitari fino a prodotti e servizi finali”, ha detto Giovanni Rum, senior advisor sull’Osservazione della Terra per Asi.

“Dieci anni fa – ha proseguito – c’era la vendita dei dati satellitari, ma gradualmente ci si è spostati avanti nella catena del valore fino ai servizi”. Questo è possibile grazie alle tecnologie che si stanno integrando per ottimizzare il processamento dei dati, come l’intelligenza artificiale e il calcolo ad alte prestazioni; per quanto riguarda la distribuzione, i cloud è la tecnologia emergente per favorire l’accesso degli utenti a dati, informazioni e prodotti. “Alla luce di questi cambiamenti, a 20 anni dalla nascita di Geo – ha detto ancora Rum – si sta passando alla nuova fase chiamata Earth Intelligence”, ossia la capacità di combinare i dati osservativi con quelli socio-economico per fornire informazioni utili ad amministrazioni pubbliche, clienti commerciali e associazioni. Questi scenari saranno anche al centro della Plenaria Geo, il più alto organo decisionale del Gruppo composto dai rappresentanti dei circa 120 Paesi membri e delle oltre 140 organizzazioni partecipanti. Obiettivo della riunione, in programma il 7 e 8 maggio pressi l’Asi, un piano d’azione per i prossimi anni e lanciare una piattaforma per garantire libero accesso ai dati.

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Starbase, la nuova città fondata da Elon Musk in Texas

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Nel profondo Sud del Texas, affacciata sul Golfo del Messico, una piccola località chiamata Boca Chica ha cambiato nome, volto e destino. Dove un tempo si estendeva una spiaggia sacra alla tribù dei Carrizo/Comecrudo, oggi sorge Starbase, la prima città fondata da Elon Musk. Con una votazione che ha visto il 97,7% dei residenti favorevoli (solo sei i contrari), Starbase è diventata ufficialmente una municipalità americana.

Il sogno di Musk: da Boca Chica a Marte

Starbase non è una città come le altre. È l’ultima delle circa 2.000 “company town” nella storia degli Stati Uniti: centri abitati costruiti e gestiti direttamente da aziende. Ma qui la compagnia in questione è SpaceX, e l’obiettivo finale non è solo il profitto: è la colonizzazione di Marte.

Il fondatore di Tesla e SpaceX ha fatto erigere un busto dorato alto quattro metri a sua immagine nel cuore della città, dove convivono prefabbricati, caravan di lusso e un solo ristorante: l’Astropub, la cui insegna al neon recita “Occupy Mars”.

Il sindaco è un dirigente SpaceX

Il nuovo sindaco di Starbase è Bobby Peden, 36 anni, vicecapo delle operazioni di lancio di SpaceX. I due vice sindaci lavorano anche loro per l’azienda. Dei circa 500 abitanti della città, la maggior parte è direttamente impiegata nel progetto spaziale. Starbase si estende su appena 3,9 chilometri quadrati, ma il suo impatto politico potrebbe essere notevole: una legge in discussione in Texas potrebbe attribuire al Comune il potere di chiudere autostrade e spiagge durante i lanci. Finora queste decisioni spettavano alla contea di Cameron.

Proteste ambientali e diritti dei nativi

Non mancano però le polemiche. Gli ambientalisti e le comunità native americane denunciano la perdita di uno spazio naturale e sacro. Preoccupazioni arrivano anche dalle famiglie locali, che vedono ridursi l’accesso alla spiaggia di Boca Chica, sempre più chiusa in coincidenza dei test missilistici.

SpaceX ha chiesto di aumentare i lanci da 5 a 25 all’anno, e la tensione con le comunità locali cresce. Il sogno di Musk rischia di trasformare uno dei tratti più selvaggi del Texas in un’enclave industriale proiettata verso lo spazio.

Dalla filanda a Marte: la nuova frontiera delle company town

A metà Ottocento, le prime “company town” come Lowell nel Massachusetts svegliavano le operaie con una sirena alle 4.30 del mattino per mandarle in filanda. A Starbase, al confine con il Messico, la vita è più dolce. Ma l’impronta è la stessa: un’intera città costruita attorno a un’unica azienda, con un unico scopo. Non più il tessile, ma il sogno interplanetario di Elon Musk. Un sogno che ha già cambiato nome e identità a Boca Chica. E che forse, per qualcuno, poteva restare semplicemente un pezzo incontaminato di Texas.

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