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Guerra Ucraina

Ucraina, Salvini chiede “chiarezza” dopo gli scandali: la Lega frena, il governo resta con Kiev

Salvini chiede chiarimenti dopo lo scandalo corruzione che ha coinvolto due ministri di Zelensky. La Lega frena ma ribadisce la richiesta di verifiche, mentre Palazzo Chigi conferma la linea: l’Italia resta saldamente al fianco di Kiev.

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La Lega torna a muovere dubbi sul sostegno italiano all’Ucraina dopo il recente scandalo che ha portato alla rimozione di due ministri del governo Zelensky per corruzione. Matteo Salvini, da Napoli, parla di fatti “di assoluta gravità” e chiede “chiarezza” e “tempestività”, ricordando che la Lega è sempre stata “leale” e “allineata” nei voti a sostegno di Kiev.

L’uscita del leader leghista arriva a poche settimane dalla scadenza del decreto che autorizza l’invio di armi e aiuti militari, un passaggio che dovrà essere rinnovato entro fine anno.

La maggioranza smorza i toni: “Nessuna crisi”

Nella coalizione di governo si respinge l’idea di un possibile voto contrario della Lega. A Palazzo Chigi parlano di “schermaglie tra alleati”, complici le Regionali alle porte.
La posizione della premier Giorgia Meloni resta immutata: l’Italia continua a sostenere l’Ucraina, nonostante lo scandalo sia considerato “preoccupante”.

Fonti vicine alla presidente del Consiglio ricordano che l’emergere di casi di corruzione non è una novità e che Kiev ha già adottato in passato misure drastiche per affrontarli. Il tema è tra i più sensibili del percorso di adesione all’Unione Europea.

Il dossier al Quirinale e il nuovo pacchetto armi

Lunedì il Consiglio Supremo di Difesa, convocato al Quirinale e presieduto da Sergio Mattarella, affronterà anche il capitolo Ucraina. Il governo aggiornerà sulle scelte operative per i prossimi mesi, incluse le valutazioni sulle minacce militari e informatiche.

Intanto il dodicesimo pacchetto di aiuti militari è in fase di definizione, ma non è ancora pronto per il passaggio al Copasir. Mancano infatti i documenti e la richiesta di audizione formale da parte del ministero della Difesa.

Le pressioni interne alla Lega

A prendere una posizione più netta è il senatore Claudio Borghi, che ribadisce pubblicamente che non voterà un nuovo decreto-cornice per l’invio di armi. Una posizione personale — chiariscono dal Carroccio — che non rappresenta la linea del partito.

Salvini, invece, insiste sulle sue perplessità: “Aiutare civili e bambini, sì. Ma sapere che parte degli aiuti potrebbe finire in ville all’estero e conti in Svizzera è sconcertante”.

Nessuno crede a una rottura

Gli altri partiti della maggioranza, pur irritati, non temono che la Lega arrivi a un voto contrario. Una scelta del genere sarebbe interpretata come uno strappo gravissimo, capace di aprire una crisi di governo.

Per ora si guarda a Kiev e al nuovo dossier anticorruzione, mentre Roma conferma la sua posizione: sostegno politico e militare a Zelensky, ma con l’attenzione alta sulle ombre interne al governo ucraino.

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Esteri

UE divisa sui fondi a Kiev: von der Leyen punta sugli asset russi per salvare l’Ucraina dal default

Ursula von der Leyen propone ai Paesi UE di usare gli asset russi congelati per evitare il rischio di bancarotta dell’Ucraina. Ma Bruxelles resta divisa tra veti politici, timori finanziari e pressioni internazionali.

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Tre strade, un’unica urgenza: evitare che l’Ucraina precipiti nel default.
Nella lettera inviata ai 27 governi dell’Unione, Ursula von der Leyen ribadisce che Kiev avrà bisogno di 70 miliardi nel 2026 e 64 nel 2027, denaro necessario per colmare un deficit ormai ingestibile senza sostegni esterni.

L’opzione principale: usare i beni russi congelati

La presidente della Commissione torna a battere sulla via maestra: impiegare gli asset sovrani della Russia congelati in Europa.
Una posizione che punta soprattutto al Belgio, sede di Euroclear, la società che detiene gran parte dei beni bloccati. Nella lettera, von der Leyen garantisce che eventuali rischi finanziari sarebbero coperti da garanzie giuridicamente vincolanti e irrevocabili fornite dagli Stati membri.

Il fronte del no: Orban e le paure su Euroclear

A ostacolare la linea della Commissione è in primo luogo Viktor Orban, che nega qualsiasi nuovo impegno finanziario verso Kiev.
Il suo commento è stato netto: «Dare più fondi a Kiev è come dare vodka a un alcolizzato».
Accanto alle resistenze politiche, restano i timori tecnici: Bruxelles vuole evitare che eventuali cause internazionali mettano a rischio la stabilità di Euroclear.

L’Est europeo e il pressing per sostenere Kiev

Dall’altro lato dell’Unione, il fianco Est spinge per un impegno più forte.
Il presidente finlandese Alexander Stubb ricorda che la Russia «resta una minaccia a lungo termine» e invita gli Stati membri a sostenere Kiev «in modalità finnica», con investimenti massicci e rapidi.

Gli accordi bilaterali avanzano, l’UE rischia lo stallo

La lettera arriva proprio mentre Zelensky e Macron firmano a Parigi un accordo storico per la futura fornitura di 100 caccia Rafale e nuovi sistemi di difesa.
Sul piano comunitario, però, il negoziato è bloccato, e la Commissione teme che lo stallo danneggi la capacità dell’UE di sostenere l’Ucraina in maniera coordinata.

Le alternative: prestiti e contributi diretti

Accanto all’uso degli asset russi, la Commissione propone altre due vie:

  • sovvenzioni dirette degli Stati membri,

  • un prestito europeo con ricorso limitato ai mercati finanziari.

Ma l’obiettivo è lo stesso: far arrivare i primi fondi già nel secondo trimestre del 2026, senza appesantire ulteriormente i bilanci nazionali.

La sfida aggiuntiva: costruire lo scudo anti-droni europeo

Von der Leyen dovrà anche ricomporre il quadro sulla difesa aerea europea, mentre la Polonia procede da sola nell’acquisto di droni e sistemi anti-attacchi.
L’UE, secondo le valutazioni interne, non è ancora pronta a reggere una produzione che potrebbe richiedere «milioni di unità».

Il fattore tempo

Il vertice di dicembre sarà decisivo.
In gioco non c’è solo l’assistenza finanziaria: c’è la credibilità dell’Unione nella gestione della sicurezza del continente.

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Esteri

Macron e Zelensky firmano l’accordo per 100 caccia Rafale e nuova difesa aerea

Francia e Ucraina firmano una lettera di intenti per l’acquisto fino a 100 caccia Rafale e sistemi di difesa avanzati. Accordo decennale che rafforza la cooperazione militare tra Parigi e Kiev.

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Il presidente francese Emmanuel Macron e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky hanno firmato una lettera di intenti che apre alla possibile acquisizione di nuovi sistemi militari francesi da parte di Kiev nei prossimi dieci anni. Una scelta che l’Eliseo considera strutturale per rafforzare la sicurezza dell’Ucraina.

Fino a 100 Rafale per l’aeronautica ucraina

Il cuore dell’intesa riguarda la potenziale fornitura di circa 100 caccia Rafale, completi dei relativi armamenti. L’accordo renderebbe Kiev uno dei principali utilizzatori europei del jet francese, aumentando la capacità di risposta dell’Ucraina nel conflitto in corso.

Samp-T, radar e droni nella futura cooperazione

La lettera di intenti include anche la possibilità di acquisire sistemi di difesa Samp-T di nuova generazione, radar e droni. Strumenti considerati cruciali per proteggere infrastrutture e centri urbani dagli attacchi russi, sempre più mirati alle reti energetiche e logistiche.

Il messaggio politico di Parigi a sostegno di Kiev

Con questa mossa, la Francia intende riaffermare il proprio sostegno a Kiev in un momento in cui il fronte occidentale appare meno compatto. Per Macron si tratta di un gesto politico e strategico che rafforza la cooperazione bilaterale e offre nuove garanzie di sicurezza all’Ucraina.


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Esteri

Zelensky in Europa: accordi con Grecia, Francia e Spagna per superare l’inverno di guerra

Zelensky torna in Europa e ottiene aiuti da Atene, Parigi e Madrid: gas per l’inverno, un accordo storico sulla difesa con Macron e nuovi sostegni dalla Spagna.

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Volodymyr Zelensky è tornato in Europa in uno dei momenti più difficili dall’inizio della guerra. L’offensiva russa prosegue, mentre gli aiuti Ue restano bloccati e quelli Usa dipendono dalle oscillazioni della politica di Donald Trump. In questo quadro di incertezza, Grecia, Francia e Spagna hanno scelto di tendere la mano all’Ucraina.

L’intesa energetica con la Grecia

Ad Atene, prima tappa del tour, Zelensky ha puntato tutto sull’emergenza energetica. Il governo di Kyriákos Mitsotákis ha assicurato una fornitura di gas da gennaio a marzo 2026, per un valore di due miliardi di euro. Il finanziamento sarà coperto grazie ai partner europei.

Il Gnl arriverà in Ucraina tramite la Grecia, ma la provenienza è americana: una triangolazione che divide la partita energetica con Washington. Atene, intanto, rafforza il ruolo di hub europeo del Gnl diretto verso l’Europa centrale e orientale.

Parigi prepara un accordo “storico”

La tappa decisiva sarà Parigi: Zelensky firmerà con Emmanuel Macron un «accordo storico» sulla difesa. I dettagli non sono ancora pubblici, ma il presidente ucraino ha anticipato un rafforzamento dell’aviazione da combattimento, della difesa aerea e di altre capacità militari.

Un passo avanti notevole della Francia, in una fase in cui il sostegno europeo a Kiev appare in stallo.

Madrid chiude il tour

L’ultima tappa sarà Madrid, altro partner considerato «forte» da Zelensky. In programma anche una visita al Reina Sofia, dove è esposto il Guernica di Picasso: nel 2022 Zelensky paragonò il massacro di Mariupol proprio alla tragedia della città spagnola.

La guerra continua senza sosta

Mentre Zelensky cerca sostegni in Europa, la guerra in Ucraina resta feroce. Mosca rivendica la conquista di due villaggi nella regione di Zaporizhzhia. A Pokrovsk gli ucraini resistono, ma in inferiorità numerica.

Secondo Kiev, negli ultimi sette giorni la Russia ha sganciato 980 bombe sull’intero Paese. Una sola notizia positiva sul fronte umanitario: il rilascio di 1.200 prigionieri ucraini dalle carceri russe.

L’appello alla pace

Dal Vaticano, Papa Leone XIV ha rinnovato il suo appello: «Non possiamo abituarci alla guerra e alla distruzione». Anche il presidente Sergio Mattarella, da Berlino, ha richiamato l’urgenza della pace.

Ma un negoziato appare lontano. Yuri Ushakov, consigliere di Vladimir Putin, ha confermato contatti con gli Usa basati sul vertice di Anchorage tra Trump e lo Zar. Un punto di partenza che potrebbe non favorire né l’Ue né Kiev.

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