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Zingaretti in stallo, non si fida nè del M5s nè di Renzi

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Gli ondeggiamenti di M5s sullo sviluppo della crisi di governo tengono con il fiato sospeso il Pd, a partire dal segretario Nicola Zingaretti, sempre piu’ cauto se non scettico, sulla rottura tra Lega e pentastellati e sulla successiva intesa tra questi ultimi e i Dem. Una prospettiva su cui lavorano invece diversi altri dirigenti del Pd, con in testa Dario Franceschini, che gia’ il 22 luglio lancio’ l’ipotesi, ora fatta propria anche da Matteo Renzi, il cui attivismo pero’ mette in sospetto il Segretario. Tra domenica e lunedi’ sono tornati a Roma tutti i dirigenti del Pd, in vista del discorso di Conte al Senato, con Zingaretti che ha avuto una serie di incontri al Nazareno. Nessuno ha voluto parlare con i cronisti a taccuini aperti, sbilanciandosi sugli sviluppi della crisi, nel dubbio che essa alla fine rientri. “Attendiamo le dichiarazioni di Conte e l’apertura della crisi” ha dichiarato nel pomeriggio Zingaretti. La lettura di molti dirigenti Dem, e’ che a frenare possa essere Luigi Di Maio, che probabilmente in un governo M5s-Pd-Leu perderebbe se non il posto almeno la centralita’.

 

I Dem che credono alla prospettiva dell’intesa puntano quindi su Conte che sicuramente avrebbe un ruolo in futuro, anche se non a Palazzo Chigi. Naturalmente, specie intorno a Zingaretti, c’e’ anche chi preferirebbe le elezioni, per avere all’indomani dei gruppi parlamentari che rispecchino la nuova maggioranza post congressuale del Pd. I dirigenti del Pd che hanno contatti con gli esponenti di M5s (“in questa fase tutti parlano con tutti”, ha detto un importante esponente Dem), come i capigruppo Andrea Marcucci e Graziano Delrio, cercano di convincere gli interlocutori con un ragionamento semplice: tutti nel Pd, dopo l’apertura ufficiale della crisi, sono favorevoli ad una intesa (tranne Carlo Calenda), da Renzi a Prodi, anche se Zingaretti e’ scettico; questo unanimita’ garantisce il fatto che non si tratterebbe di una crisi “al buio”, e che semmai “al buio” sarebbe il proseguimento dell’esperienza con la Lega, con Salvini pronto a rompere magari gia’ ad ottobre sulla legge di Bilancio. Anche su quest’ultima poi la Ue sarebbe piu’ ben disposta con un governo i cui partiti hanno votato per Ursula Von der Leyen, che non con uno a forte ipoteca sovranista. La prima condizione per aprire una interlocuzione, dunque, sono le dimissioni da Mattarella da parte di Conte domani, dopo le comunicazioni in Senato: “a quel punto – ha detto Zingaetti – alla Direzione del 21 riaffermeremo una posizione chiara: o nel corso delle consultazioni si verificano le condizioni per un governo forte e di rinnovamento anche nei contenuti o e’ meglio il voto”. E il “rinnovamento” riguarda la linea rispetto al governo giallo-verde, a partire dall’immigrazione. L’altra ambascia di Zingaretti riguarda Renzi: dopo il repentino cambio di idea sull’intesa con M5s, non ce ne potrebbe essere ancora un altro magari gia’ sulla manovra? Per questo, come suggerisce Francesco Boccia, sarebbe utile e opportuno che nel futuro governo siano inseriti dei ministri “renziani” per blindare la tenuta dell’esecutivo.

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Politica

Maggioranza accelera sul ddl sicurezza: subito in Aula per il voto

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Gli scontri di piazza durante le manifestazioni per Ramy Elgaml, il 19enne morto il 24 novembre a Milano durante un inseguimento dei carabinieri, infiammano il dibattito politico. La maggioranza di governo, in testa la premier Giorgia Meloni, condanna con durezza le aggressioni agli agenti. Il Pd, per voce della segretaria Elly Schlein, si unisce al coro di chi stigmatizza le aggressioni dei manifestanti, ma chiede alla destra di non strumentalizzare. Mentre il centrodestra punta ad accelerare sul ddl sicurezza ora all’esame delle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato.

Invocando anche una nuova norma che tuteli ancora di più gli agenti nell’ esercizio delle proprie funzioni. Affinché non si ripetano casi come quello del maresciallo Luciano Masini, il carabiniere indagato per eccesso di legittima difesa per aver ucciso un uomo che, dopo aver ferito a coltellate 4 persone, stava aggredendo anche lui. Lo aveva, in qualche modo, preannunciato la premier Meloni durante l’ultimo incontro con la stampa (“Dobbiamo porci il problema che le forze dell’ordine temono di aver fatto il proprio lavoro ed entrano in un calvario”) e ora lo conferma il ministro alla Difesa ,Guido Crosetto.

“Dobbiamo immaginare interventi legislativi che tutelino ancor di più le nostre forze dell’ordine nello svolgimento del loro lavoro”, afferma. Mentre, sul fronte parlamentare, il capogruppo di FI al Senato, Maurizio Gasparri, annuncia che chiederà “di far passare direttamente in Aula il disegno di legge sulla sicurezza” per superare così “l’ostruzionismo delle opposizioni in Commissione”.

Meloni, nel commentare i disordini, punta il dito contro “l’ennesimo, ignobile episodio di caos ad opera dei soliti facinorosi scesi in piazza non per manifestare per una causa, bensì per puro spirito vendicativo”. E il suo partito sui social chiama in causa la segretaria Dem: “Elly Schlein, dove sei?”. Durissime anche le parole di Matteo Salvini che punta il dito contro i “criminali rossi” che “assaltano le forze dell’ordine”. Per Maurizio Lupi di Nm “soffiare sul fuoco è sbagliato e pericoloso”.

Dopo il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, “ferma e totale condanna per i gravissimi episodi di violenza” arriva anche dal vertice del Senato, Ignazio La Russa. Mentre il sottosegretario all’Interno, Nicola Molteni, chiede “l’ immediata approvazione del ddl sicurezza per garantire maggiori tutele alle donne e agli uomini in divisa”. Polemico, Roberto Vannacci, secondo il quale ciò che è accaduto “è il risultato di una sinistra manesca e rabbiosa che, da anni, delegittima le forze dell’ordine”. Mentre parla di “guerriglia urbana” il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè. Se il leader di Azione Carlo Calenda si schiera subito con gli agenti “senza se e senza ma”, Schlein interviene dopo qualche ora. Cita “la devastazione e le violenze” che a Bologna “hanno colpito anche alcuni esponenti delle forze dell’ordine, oltreché la Sinagoga e vari esercizi commerciali” e rimarca che il Pd “condanna sempre ogni atto violento”.

“La richiesta di piena verità e giustizia per Ramy – è però il suo appello – non sia strumentalizzata per commettere atti violenti. E la destra che governa la smetta di fare politica” su questi episodi. Ferma condanna dal verde Angelo Bonelli che invita tutti “a raccogliere l’appello della famiglia di Ramy a respingere ogni violenza e a manifestare pacificamente per la ricerca della verità”. Ma soprattutto, incalza, “il governo non approvi nuove leggi repressive che trasformerebbero il Paese in uno Stato di polizia”. Avs, con il capogruppo Peppe De Cristofaro, assicura che continuerà a dare battaglia proprio sul ddl sicurezza augurandosi comunque che la “mobilitazione nelle piazze” continui. I responsabili degli atti di violenza contro la polizia “mi ricordano i black bloc a Genova”, osserva la collega di partito, Ilaria Cucchi. Per Davide Faraone (Iv) “chi lancia oggetti o bombe carta contro gli agenti non solo ha sempre torto” ma “offende la memoria” di Ramy.

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Il Ministro Nordio richiede la revoca degli arresti per il cittadino iraniano Abedini

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Il Ministero della Giustizia italiano, tramite una nota ufficiale, ha comunicato che il ministro Carlo Nordio ha depositato presso la Corte di Appello di Milano una richiesta di revoca degli arresti per il cittadino iraniano Abedini Najafabadi Mohammad.

La base giuridica della richiesta

La decisione si basa sull’articolo 2 del trattato di estradizione tra gli Stati Uniti e l’Italia, secondo il quale possono dar luogo all’estradizione solo quei reati che siano punibili secondo le leggi di entrambe le parti contraenti. Secondo il Ministero, questa condizione non è soddisfatta nel caso specifico.

Le accuse non corrispondenti all’ordinamento italiano

La nota del Ministero precisa che la prima condotta contestata ad Abedini Najafabadi Mohammad, ossia “associazione a delinquere per violare l’Ieepa” (International Emergency Economic Powers Act, una legge federale statunitense), non ha una corrispondenza nel diritto penale italiano.

In relazione alla seconda e terza accusa – rispettivamente “associazione a delinquere per fornire supporto materiale a un’organizzazione terroristica con conseguente morte” e “fornitura e tentativo di fornitura di sostegno materiale a un’organizzazione terroristica straniera con conseguente morte” – la nota ministeriale sottolinea che non sono stati presentati elementi probatori sufficienti.

Le attività commerciali e tecnologiche dell’accusato

Dagli atti emergerebbe che Abedini Najafabadi Mohammad avrebbe svolto attività di produzione e commercio di strumenti tecnologici attraverso società a lui riconducibili. Tali strumenti avrebbero potenziali applicazioni militari, ma non esclusive, e quindi non risultano sufficienti per confermare le accuse legate al sostegno a organizzazioni terroristiche.

Una questione di diritto e cooperazione internazionale

Questa richiesta di revoca degli arresti evidenzia la complessità delle questioni legate all’estradizione internazionale e al rispetto delle normative bilaterali tra Stati. L’iter giuridico in corso presso la Corte di Appello di Milano sarà determinante per stabilire il destino del cittadino iraniano.

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Ilaria Cucchi: i violenti al corteo per Ramy mi ricordano i black bloc al G8 di Genova, sciacalli e criminali

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“I responsabili dei gravi atti di violenza contro gli agenti di polizia durante le manifestazioni di protesta per la morte di Ramy mi ricordano quanto fecero i black bloc a Genova durante le manifestazioni pacifiche per il G8. Ritengo sciacalli e criminali coloro che usano la violenza, di qualsiasi tipo sia, approfittando della immane tragedia che ha distrutto quella famiglia. A quei violenti non interessa nulla del dolore e della morte di quel ragazzo di 19 anni. Provo tanto dolore di fronte alle immagini di ieri di Bologna e Roma e tutta la mia solidarietà agli agenti feriti”. Lo scrive in una nota la senatrice di Avs Ilaria Cucchi.

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