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Cronache

Zerbo, il comune del Pavese pieno di cartelli: “sindaco ricandidati”

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Le elezioni amministrative spesso vengono viste dagli elettori come una possibilita’ per cambiare, per rinnovare. Non a Zerbo, pero’, 410 abitanti nella verdissima campagna della Bassa Pavese. La’, infatti, i residenti non ce la fanno proprio a pensare che tra qualche giorno il loro piccolo paese non sara’ piu’ gestito dal sindaco Antonio Petrali, 57 anni, commercialista di professione, a Milano, e innamorato del paese natio di sua madre, in provincia di Pavia. E cosi’ hanno iniziato ad appendere fogli scritti a mano sulla sede del Comune per spingerlo a ricandidarsi. Lui, infatti, fatto tutto quello che doveva fare, ha spiegato che non ha proprio voglia di rimettere il suo nome in lista. Certo, c’e’ tempo ancora fino a sabato 27 alle ore 12. Tuttavia, a meno di un “miracolo” Petrali non sembra proprio intenzionato a rimettersi in pista con onori e oneri annessi. E proprio per questo i suoi concittadini prima hanno iniziato con una lenta ma perseverante processione, uno a uno, per dirgli che non volevano affatto che se ne andasse e poi, visto che con le buone non funzionava, hanno presa carta e penna. Ognuno ha scritto, rigorosamente su un foglio formato A4, il suo pensiero, la sua preghiera, anche qualche poesia. Il messaggio, pero’, sempre sulla stessa linea: “sindaco non andartene”. Poi, uno dopo l’altro, uomini e donne, di qualsiasi eta’, sono arrivati alla sede del Comune e i loro pensieri li hanno appesi, chi al cancello chi a una pianta, perche’ tutti potessero vedere quanto vale, per loro, questo sindaco. Se non unico, un fatto raro visto che spesso le cronache parlano di politici poco amati dai cittadini. Scrivono, invece, i residenti di Zerbo per Petrali, eletto cinque anni fa in una lista civica: “Antonio ricandidati per noi, Antonio noi vogliamo te”, “Antonio sindaco”, “Petrali rimani con noi”. E ancora “Antonio rimani per Zerbo” e “Antonio siamo tutti con te. Rimani”. Ma cos’avra’ mai fatto di tanto speciale questo sindaco? “La classe non e’ acqua”, spiega lui scherzando. Poi, aggiunge serio: “Ho curato il mio paese come se fosse casa mia. Le aiuole sono diventate roseti, la gente la sento come se fosse un familiare, ho illuminato strade che erano buie, ho acquisito al demanio strade private per curarle, ho ascoltato con attenzione le esigenze della mia gente. Quello che dovrebbe fare ogni sindaco del mondo. Niente, proprio niente di speciale. Ma ora sono felice che la mia gente mi ami. Cambiero’ idea per tutto questo? – si chiede – ? Credo di no. Ma mai dire mai e forse – conclude – quello che potrebbe farmi cambiare idea e’ che si presenti uno sfidante degno. Cosi’ i miei concittadini potranno davvero farmi capire se per loro valgo cosi’ tanto da dovermi impegnare al massimo altri 5 anni della mia vita”.

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L’ipnosi in sala operatoria per due anziane a Torino

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L’ipnosi in sala operatoria si consolida come una risorsa in più per combattere il dolore in sala operatoria. Per la prima volta a Torino, all’ospedale delle Molinette, due donne in età avanzata (75 anni e 79 anni) sono state sottoposte a un intervento in ipoanestesia, una pratica che alla Città della Salute definiscono “l’ultima frontiera degli approcci destinati a garantire ai pazienti un trauma chirurgico sempre minore”. L’ipoanestesia, che ha già preso piede in numerosi Paesi europei per operazioni di chirurgia complessa, è considerata una valida alternativa all’anestesia generale: non pretende un carico pesante di farmaci invasivi, modula la percezione del dolore e, soprattutto, allontana la percezione del bisturi, riducendo lo stress emotivo. Effetti che, a quanto pare, si riverberano anche sul recupero post operatorio, più rapido ed efficace, con conseguente riduzione dei tempi di ricovero.

Nel caso delle due pazienti torinesi si è trattato di abbinare l’ipnosi all’anestesia locale per poi procedere, tramite delle ‘tradizionali’ incisioni al collo di minima entità (2,5-3 cm), all’asportazione di tumori benigni delle paratiroidi. L’intervento ha richiesto la composizione di un’equipe composta da specialisti di varie discipline: Maurizio Bossotti (responsabile della Chirurgia tiroidea-paratiroidea del Dipartimento di Chirurgia Generale e Specialistica della Città della Salute di Torino, diretto dal professor Mario Morino) è stato affiancato da Pietro Soardo e Valentina Palazzo, specializzanda in Chirurgia Generale ed ipnologa, e dagli anestesisti del gruppo di Roberto Balagna.

In Italia il ricorso all’ipnosi clinica è una realtà da diverso tempo e in diversi ambiti. Nel 2020 l’ospedale San Paolo, a Savona, se ne servì a scopo analgesico su un uomo sottoposto a un intervento al cuore, mentre nel 2022 fu il San Michele di Cagliari ad impiegarla nel corso di un trapianto di fegato: il paziente, dopo una serie di incontri preparatori, venne ‘risvegliato’ in stato di ipnosi in sala operatoria anziché in rianimazione, cosa che scongiurò una quantità di complicazioni. Nel 2023, ad Ancona, un tumore cerebrale fu asportato con procedura awake: il paziente, sveglio e cosciente, indossò un visore che lo inondò di immagini e musiche capaci di ridurre l’ansia pre e post operatoria. La sedazione digitale è stata utilizzata al ‘Ferrari’ di Castrovillari (Cosenza) per coronarografie e impianti di peacemaker.

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Abusi su 13enne, spedizione punitiva amici contro l’ex

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Non si è ribellata quando lui le ha imposto un rapporto sessuale perché “avevo paura che lui mi lasciasse”. Protagonista di questa brutta storia che arriva da Genova una ragazzina di 13 anni che ha raccontato di esser stata obbligata ad avere rapporti con il suo fidanzato del tempo, di due anni più grande, nella sua casa quando i genitori non c’erano. Una storia che durava da qualche mese e che è stata scoperta dalla polizia intervenuta per la chiamata al 112 dell’ex fidanzatino della vittima, accerchiato dagli amici della ragazzina intenzionati a portare a termine una vera e propria spedizione punitiva. Tutto nasce un pomeriggio di qualche tempo fa quando la ragazzina va a casa del fidanzatino che ha, appunto, 15 anni.

I genitori di lui non ci sono e avvengono gli abusi. Lei non lo lascia perché ha paura che lui l’abbandoni poi l’infatuazione è finita e lei racconta tutto ai suoi amici. Amici che, dopo essersi radunati, in tutto una decina di ragazzi tra i 13 e i 16 anni, imbastiscono una specie di spedizione punitiva a casa dell’ex. Quel giorno il 15enne è solo nell’appartamento al primo piano del condominio in cui abita con i genitori.

Quando arrivano gli amici della ragazzina iniziano a dare pugni contro le sue finestre e uno cerca addirittura di entrare in casa. Il ragazzo si spaventa, prende un coltello da cucina e poi chiama il 112. Quando la polizia interviene ci vuole un po’ per capire cosa stesse succedendo e che cosa aveva portato a quella reazione esasperata di un gruppo di giovanissimi. I ragazzini amici della vittima vengono tutti identificati e accompagnati negli uffici della polizia: ovviamente ciascuno racconta quello che sa e quello che invece gli è stato solo riferito ma sarà la ragazzina di 13 anni a dover raccontare il retroscena.

Tra l’altro, la vittima aggiunge che aveva tentato di parlarne a casa con i genitori ma che aveva avuto scarso successo. Genitori che, convocati e sentiti dalla polizia, affermano: “Ci aveva accennato qualcosa, ma pensavano fossero questioni tra ragazzi”. Tutta la vicenda adesso è sottoposta a indagini della procura presso il tribunale dei Minori, Un fascicolo in cui un quindicenne è accusato di violenza sessuale aggravata. E negli ultimi giorni la vittima è stata sentita durante un incidente probatorio, fornendo – secondo quanto appreso – ‘significative conferme’.

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Arcivescovo Napoli ad amministratori: bisogna fare di più

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La Costituzione “ci obbliga ad adempiere le nostre funzioni “con onore e disciplina” e l’onore non può che essere quello del “dovere della verità e dell’impegno per la giustizia” non solo formale ma anche sostanziale. In un territorio che, pur cercando faticosamente di adottare “un diverso paradigma”, soffre ancora di tante diseguaglianze e in tante periferie umane e sociali si attendono opportunità civili e dignitose, chi ha responsabilità pubblica ha il dovere di fare di più e bandire ipocrisie e luoghi comuni. Ancora troppa ricchezza mal distribuita, ancora troppo lavoro nero, ancora la prepotenza della criminalità organizzata, sirena per chi, con scarse opportunità, in particolare i giovani, anela al cambiamento del proprio status sociale, cerca scorciatoie”. Lo ricorda nella lettera ai fedeli della diocesi partenopea per l’Avvento 2024 l’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, che nel prossimo concistoro del 7 dicembre sarà creato Cardinale.

“A noi, il Cristo che viene, ci chiede quel gesto di amore di cui parlò Paolo Borsellino, nella chiesa di Sant’Ernesto, a Palermo il 23 giugno 1992, in occasione del trigesimo della strage di Capaci, ricordando Falcone “Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione…. Per amore!” E tali parole richiamano alla mente l’attualità del documento diffuso proprio a Natale dell’anno precedente, il 1991, in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona aversana da don Peppino Diana e dai parroci della forania di Casal di Principe, per spingere a prendere coscienza del problema mafioso, ‘Per Amore del mio popolo'”, prosegue ancora l’arcivescovo di Napoli.

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