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Esteri

Zelensky a Bucha un anno dopo: non dimenticheremo mai

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“Quando Bucha è stata liberata, abbiamo visto il diavolo. L’atroce verità su ciò che stava accadendo è stata rivelata al mondo. Non dimenticheremo mai le vittime di questa guerra e assicureremo alla giustizia tutti gli assassini russi”. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky torna a Bucha nell’anniversario della liberazione della città simbolo dell’orrore che oggi ricorda con un dolore composto le atrocità di quei giorni. E ribadisce la sua fermezza nell’esigere che giustizia venga fatta, contro le atrocità commesse lungo quelle strade e altrove in Ucraina. Bucha deve diventare “un simbolo di giustizia”, ha detto ancora Zelensky, chiedendo che “ogni assassino russo” venga giudicato. L’esigenza di giustizia diventa così il leitmotiv in questa giornata di commemorazioni, che anche per il suo forte impatto emotivo non può che fare da amplificatore alle parole di Zelensky, quelle del resto che Kiev va ripetendo da tempo. “Il mondo ha bisogno di un meccanismo efficace per punire i colpevoli del principale crimine di aggressione, il crimine che apre la porta a tutti i mali di tale guerra”, sottolinea ancora Zelensky. Un’esortazione chiara alla comunità internazionale che a sua volta scandisce, insieme ai leader delle istituzioni europee, che “per i crimini di guerra non ci sarà impunità”.

Per la cerimonia ufficiale per l’anniversario della liberazione della città, il presidente sceglie un incrocio entrato nella storia: fra Bucha e il villaggio di Vorzel, che fu la traiettoria d’ingresso delle forze russe. In quell’incrocio convivono adesso una grande scritta ‘I Love Bucha’ e una targa con le date del periodo dell’occupazione (3 marzo 2022 – 31 marzo 2022), i 28 giorni che hanno lasciato a terra, nelle cantine, nelle case, centinaia di corpi senza vita, scoperti con sgomento dal mondo quando le forze russe si sono ritirate. I procuratori ucraini ritengono che in questa zona siano state uccise oltre 1.400 persone e sono determinati a raccoglierne le prove. Zelensky arriva a Bucha insieme con la presidente moldava Maia Sandu, il premier croato Andrej Plenkovic, il premier slovacco Eduard Heger e lo sloveno Robert Golob. La delegazione ha deposto fiori nel cortile della chiesa di Sant’Andrea, dove durante l’occupazione venivano portati i corpi nel tentativo di dare loro una degna sepoltura.

Il parroco, padre Andrij, è sull’uscio: “Siamo vivi. Abbiamo vissuto un momento terribile ma adesso siamo qui. Un segno che ci viene da Dio e ci dà speranza per il futuro”, racconta. E ricorda il lungo e laborioso processo di riconoscimento delle vittime sepolte nella fossa comune alle spalle della sua chiesa. “I procuratori ucraini sono impegnati qui, anche quelli internazionali stanno lavorando – continua padre Andrij – ciò significa che per questi crimini di guerra dovrà esserci una risposta”. Intanto la città tenta di far sì che la vita scorra: è quello che risponde chi abita qui a chi chiede come si vive questa giornata, senza tuttavia mancare di ricordare quei giorni. In memoria delle vittime la comunità si stringe attorno al suo ‘commander in chief’ per una fiaccolata all’imbrunire.

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Esteri

Verso Consiglio Nato-Ucraina per rafforzare rapporti

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Che fare con l’Ucraina? Il dilemma sta sul tavolone del Consiglio Atlantico, diviso su quanto in là spingersi nell’aprire all’ingresso di Kiev nella Nato. Volodymyr Zelensky, ospite d’onore del summit dei leader alleati di Vilnius, ha fatto capire di non essere disposto a presentarsi solo per la fotografia di rito ma di attendersi passi concreti. Una parte dell’est Europa spinge per assicurare all’Ucraina un chiaro cronoprogramma, gli Usa e la Germania invece guidano il campo dei cauti, con Londra impegnata in una mediazione.

Ecco dunque spuntare l’ipotesi di creare il Consiglio Nato-Ucraina come opzione di compromesso per rafforzare i legami in vista di una futura (reale) adesione all’Alleanza. Si parte da una constatazione. Nessuno, tantomeno Kiev, reputa realistico lo scenario di aprire i protocolli di accesso a guerra in corso. Dunque si tratta d’immaginare il futuro andando però oltre – è la posizione dei ‘falchi’ – il linguaggio già usato a Bucarest nel 2008, ovvero promesse senza fatti concreti. Diversi alleati lo reputano un approccio prematuro: prima deve finire il conflitto e poi, a bocce ferme, si stabilirà il da farsi. Anche perché – spiega una fonte diplomatica – al momento non si può prevedere “che piega prenderà”, quando sarà, l’atteso negoziato di pace tra Ucraina e Russia ed è meglio lasciare “la lavagna pulita”.

Kiev, è il ragionamento, procederà con la controffensiva, proverà a strappare più territorio possibile alle forze occupanti di Mosca, e il Cremlino a quel punto, a seconda di come si svilupperanno le cose sul campo di battaglia, prenderà in considerazione “varie opzioni negoziali”. Ma un’altra linea di pensiero sottolinea come l’Ucraina, al di là del Cremlino, sta diventando la nazione “meglio armata d’Europa” con un esercito – e una società civile – induriti dal fuoco della battaglia. È dunque nell’interesse dell’Occidente “legare saldamente Kiev alle proprie istituzioni” e accompagnarne lo sviluppo democratico. L’opzione del Consiglio Nato-Ucraina è vista come il vero ‘derivable’ del summit di Vilnius – ovvero risultato concreto, nel gergo diplomatico – e per Kiev si tratterebbe di un “upgrade” rispetto all’attuale Commissione. Non sono solo parole.

Il Consiglio permetterebbe all’Ucraina di prendere parte in modo molto più stretto ai lavori dell’Alleanza e di essere partecipe del suo sviluppo e indirizzo. Dunque una prima integrazione politica, che accompagni il piano di assistenza militare pluriennale in via di approvazione, chiamato a rendere “pienamente interoperabili” le forze armate ucraine con quelle Nato. Questa opzione sanerebbe allo stesso tempo un paradosso. Al momento, infatti, il formato della Commissione Nato-Ucraina resta a un gradino inferiore del Consiglio Nato-Russia, che per quanto inattivo per ovvie ragioni non è mai stato formalmente ripudiato da nessuna delle due parti.

“È quantomeno curioso – sottolinea un’altra fonte – che l’Alleanza mantenga questo strumento con la Russia e non l’accordi all’Ucraina, dopo tutto quello che è successo e il sostegno militare-politico senza precedenti che ha ricevuto”. A Oslo la prossima settimana i ministri degli Esteri alleati saranno chiamati a limare le posizioni e a convergere verso il compromesso: la strada dalla Norvegia alla Lituania s’è fatta ormai breve.

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Scagionate in Usa 12 persone accusate di stregoneria 400 anni fa

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 Il Connecticut ha scagionato dodici persone, nove donne e due uomini, condannate per stregoneria quasi 400 anni fa, di cui undici impiccate dopo un processo farsa. Lo riportano i media americani. L’assemblea dello Stato Usa ha adottato una risoluzione che proclama la loro innocenza e denuncia le condanne come un “errore giudiziario”. La decisione arriva alla vigilia del 376esimo anniversario della prima impiccagione per stregoneria quella di Alice Young, nel New England. Centinaia di persone, per lo più donne, furono accusate di stregoneria in quello e in altri Stati nel XVII secolo, in particolare durante i famosi processi di Salem, Massachusetts, tra il 1692 e il 1693.

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Esteri

Centinaia di tedeschi devono lasciare la Russia, ritorsione per le espulsioni dalla Germania

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Centinaia di dipendenti pubblici tedeschi che lavorano nei settori dell’istruzione e della cultura dovranno lasciare la Russia in seguito a una richiesta di Mosca, ha dichiarato all’Afp una fonte del governo tedesco. Il personale diplomatico e e i dipendenti di istituzioni pubbliche come l’organizzazione culturale Goethe Institute e la scuola tedesca di Mosca dovranno lasciar la Russia entro l’inizio di giugno. Dall’inizio del conflitto in Ucraina, lo spionaggio russo in Germania è cresciuto a un ritmo raramente eguagliato negli ultimi anni, secondo i servizi di sicurezza tedeschi.

A metà aprile, la Germania ha espulso un certo numero di diplomatici russi “per ridurre la presenza dei servizi di intelligence”, provocando la reazione di Mosca che ha espulso una ventina di dipendenti dell’ambasciata tedesca. Nella primavera del 2022, la Germania aveva già espulso circa 40 diplomatici russi che Berlino riteneva rappresentassero una minaccia per la sua sicurezza. Lo scorso ottobre, il capo dell’agenzia tedesca per la sicurezza informatica, Arne Schoenbohm, è stato licenziato dopo che le notizie hanno rivelato la sua vicinanza a una società di consulenza per la sicurezza informatica che si ritiene abbia contatti con i servizi segreti russi. Un mese dopo, un ufficiale della riserva tedesca è stato condannato a una pena detentiva sospesa di un anno e nove mesi per aver spiato per la Russia.

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