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Esteri

Zaki deluso, nuovo rinvio del processo al 27 settembre

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Deluso, frustrato, a tratti arrabbiato: cosi’ e’ apparso Patrick Zaki dopo la sesta udienza del processo a suo carico in corso a Mansura. Un appuntamento atteso con ansia da aprile ma risoltosi in un brevissima formalita’ aggiornata al 27 settembre mentre il desiderio di tornare in Italia, alla sua universita’ di Bologna e a una vita “normale” si fa sempre piu’ prepotente. “Oggi hanno solo preso la mia carta d’identita’, mi hanno fatto uscire, mi hanno detto di aspettare: sono stato la’ per due ore senza avere idea di cosa stesse succedendo. Poi mi hanno detto che e’ stata rinviata al 27 settembre”, ha raccontato lo stesso Patrick precisando che l’udienza “e’ durata 15 secondi”. “Sono in un circolo vizioso di rinvii, diventati troppi”, ha constatato lo studente egiziano dell’ateneo bolognese definendo tutto cio’ “inaccettabile” e proclamando: “Ho bisogno di viaggiare, ora questa e’ la cosa piu’ importante per me”. Patrick ha parlato a giornalisti lasciati fuori dal Palazzo di Giustizia di Mansura assieme a diplomatici e rappresentanti di Italia, Ue, Usa e Spagna che comunque hanno fatto sentire la loro presenza con una richiesta ufficiale di monitorare anche questa udienza. “Voglio essere a Bologna prima del prossimo settembre”, ha detto lasciando intendere che spera sempre in un permesso pur essendo sotto processo (“non capisco perche’ mi e’ stato vietato di viaggiare”). “Voglio tornare in Italia”, “riprendere i miei studi” e “la mia vita normale”. Insomma “voglio poter viaggiare e tornare quando voglio”, ha insistito mostrandosi preoccupato per i suoi studi: “Se non torno in Italia, avro’ problemi con la laurea magistrale”. Questa e’ una “liberta’ condizionata”, ha constato l’attivista per la difesa dei diritti umani a piede libero dopo la scarcerazione disposta l’8 dicembre, al termine di 22 mesi di custodia cautelare, sebbene continui a rischiare cinque anni di carcere per “diffusione di notizie false” per via di un un articolo del 2019 sui cristiani in Egitto. “Un reato dal sapore orwelliano”, ha sostenuto Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, ricordando che “sono ormai 28 mesi, e arriveremo a 31, che Patrick Zaki e’ intrappolato in un “meccanismo giudiziario arbitrario” che “continua a privarlo della sua completa liberta’”. Circa l’attesa di un pronunciamento della Corte costituzionale su un caso analogo che potrebbe far decadere il suo processo, Patrick e’ apparso scontento anche dei propri avvocati: “E’ la loro soluzione, non un’idea mia”, ha detto, parlando di sostanziale “congelamento” del procedimento.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Esteri

Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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