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Cronache

XXV° Vertice antimafia della Fondazione Caponnetto, la memoria e le battaglie per sconfiggere i luoghi comuni che danno ossigeno alla mafia

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Si è concluso a Bagno a Ripoli, delizioso centro del Fiorentino, anche il venticinquesimo vertice antimafia. L’organizzazione è della Fondazione Antonino Caponnetto. Il titolo quest’anno era “Un morto ogni tanto, i luoghi comuni sulla mafia”. Il filo conduttore degli interventi (tutti di eccellente fattura) al “vertice” è sempre  la mafia in tutte le sue sfaccettature, nei suoi mille modi di apparire ed essere in un Paese che fatica a liberarsi definitivamente di un cancro che non ci uccide una volta per tutte ma ci uccide come comunità ogni giorno. L’Italia ha certamente una legislazione antimafia pregevole, ma non per questo riesce a sconfiggere la mafia. In Italia c’è sicuramente un movimento antimafia militante combattivo (la Fondazione Caponnetto ne è il testimonial ideale) ma ciò non riesce a essere determinante per estirpare la mafia. Abbiamo buone forze dell’ordine, eccellente magistratura ma non ne veniamo a capo della mafia. Ci sono eccellenti giornalisti che riescono a raccontare la perniciosità e la esizialità della mafia in una società moderna, alcuni di loro (vedi ad esempio Paolo Borrometi) rischiano persino la vita per il solo fatto che raccontano la mafia, ma la mafia è sempre lì a minacciarci. Perchè? È la domanda non posta ma che lega ogni ragionamento ad ogni vertice antimafia organizzato dalla Fondazione Caponnetto. Anche questa volta, il presidente della Fondazione, l’inesauribile Salvatore Calleri, ha messo assieme i migliori esponenti della vita politica, delle istituzioni, del giornalismo, della cultura, del mondo degli inquirenti che lottano contro la mafia. E quel che ne è venuto fuori è stato un vertice di cui forse sarebbe stato opportuno conservare tuti gli atti, le relazioni, gli interventi, le testimonianze dei tanti che sono saliti sul palco dell’aula “Falcone – Borsellino” del Consiglio comunale di Bagno a Ripoli. Perchè è stata una giornata di studio ed approfondimento importante per conoscere la mafia, capire come ha cambiato pelle, dove si è insinuata, in quali gangli vitali delle nostre istituzioni si nasconde. Quello che segue è il punto del 25 esimo vertice antimafia fatto dal presidente della “Fondazione Caponnetto” Salvatore Calleri. A seguire ci sono poi  i 21 luoghi comuni, quelli davvero più duri a morire, sulla mafia. Banalità che allignano nella società italiana e spesso albergano anche in cuori di persone capaci, intelligenti e coraggiose.  Tra i relatori al vertice ci piace ricordare, a titolo puramente semplificativo, tra i tanti: il vicepresidente del Cs, David Ermini; il senatore Michele Mario Giarrusso della Commissione Antimafia; il giornalista Paolo Borrometi; Sonia Alfano; il generale dei Carabinieri Giuseppe Vadalà e tantissimi altri.  

 

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Salvatore Càlleri*

Ogni anno al termine del vertice mi fermo a pensare su come è andato ed ogni anno il vertice appare diverso dal precedente, nonostante una evidente continuità come è logico che sia.
Il 25° vertice è stato in assoluto il più ordinato, quasi educato ed al contempo il più entusiasmante e combattente.
Lo dico con orgoglio, ma noi della Fondazione Caponnetto siamo in questo momento gli unici ad avere ben presente cosa fa la mafia oggi ed a combatterla smontando i luoghi comuni.
In sala il pubblico, proveniente da tutta Italia e non solo,  era composto al 70% da sbirri od ex sbirri e per il restante 30% da giornalisti investigativi ed addetti ai lavori oltre ad alcuni appassionati della materia.
Niente stress da cerimoniale e niente saluti istituzionali se non quello consueto del giovane ed attento sindaco.
Questo ha reso scorrevole la serata come non era mai accaduto finora.

Un vertice in cui per la prima volta i relatori intervenuti hanno rispettato al 90% il tema dato loro.
Un vertice da cui riparte in un momento difficile per il Paese l’antimafia combattiva, vera e perdonatemi il termine con gli zebedei.
Dal 25° vertice è uscito che noi abbiamo alcune cose in comune: non lasciamo soli i combattenti ed infatti li premiamo e conosciamo la storia e la geopolitica del nostro Paese. Conosciamo i depistaggi, i servitori infedeli, le finte inchieste delegittimanti, i colletti bianchi. Li conosciamo e non li temiamo. Non ce ne facciamo influenzare. Leggiamo le carte. Non facciamo, come si suol dire, feriti nella battaglia contro la mafia ed i deviati. Abbiamo il vizio della memoria.
Son proprio contento. È stato proprio un bel momento il 25° vertice.
A noi Caponnetto piace ricordarlo così.

Ecco tutti i luoghi comuni sulla mafia che circolano in Italia

  • 1) La mafia non esiste. Oramai è stato appurato il contrario. Sino al maxiprocesso del 1986 di Caponnetto era il più diffuso.
    2) La mafia se esiste è puramente un fenomeno criminale. Persiste ancora e favorisce la sottovalutazione del problema. Se fosse un puro e semplice fenomeno criminale sarebbe stata già debellata da tempo.
    3) Si ammazzano tra di loro, a noi non interessa. Errato. Quando c’è una guerra di mafia, chi rimane vivo rafforza il proprio gruppo e aumentano i problemi.
    4) Non si deve parlare di mafia perchè si rovina la reputazione di un territorio. Errore gravissimo che tuttora persiste in quasi tutto il nord e, in parte, del centro e del sud. Non parlare di mafia favorisce la sua espansione.
    5) Teoria dell’isola felice. Non esistono luoghi nel nostro paese ed in Europa ove la mafia, in qualche sua forma, non sia presente. Questo errore di valutazione ad oggi persiste specialmente nel centro nord.
    6) La mafia nasce dalla povertà. Al contrario la mafia nasce nei territori potenzialmente ricchi e li rende poveri. In Sicilia cosa nostra ha iniziato nella conca d’oro con il traffico di limoni.
    7) Teoria della totale sconfitta dopo gli ultimi arresti. Errore strategico già commesso nel 1996. Mai vendere la pelle dell’orso prima della sua morte.
    8) La mafia una volta era buona. Falso non lo è mai stata.
    9) Di mafia straniera non bisogna parlarne perché si rischia di fare razzismo. Errore grave perché parlarne significa aiutare gli stranieri onesti.
    10) Non si fanno passi avanti. Falso. In Italia ne sono stati fatti molti. Non bastano però in quanto bisogna agire sul piano internazionale. In Europa sono messi peggio.
    11) Ci prendiamo solo i soldi del riciclo dei mafiosi, tanto i mafiosi non arrivano. Falso. I mafiosi arrivano sempre.
    12) La mafia è invincibile. Non è vero. I danni che ha subito sono notevoli.
    13) La mafia dà lavoro. Falso. Se fosse vero Reggio Calabria, Palermo e Napoli non avrebbero disoccupati, anche se in determinate situazioni l’unico lavoro possibile è quello offerto dai mafiosi dopo la distruzione del territorio.
    14) La mafia non spara piu. Falso la mafia spara sempre ed uccide pure, ma solo se serve ai suoi scopi.
    15) Mafia ed antimafia son la stessa cosa. Falso. Dirlo aiuta la mafia che mira da sempre a delegittimare l’antimafia.
    16) La lotta alla mafia la dobbiamo lasciare solo alle istituzioni preposte, ossia alle forze dell’ordine ed alla magistratura. Falso. Se non ci fosse stata a fine 800 l’antimafia sociale a fare da massa critica saremmo ancora alla convivenza tra Stato e mafia. Lo Stato arriverà 100 anni dopo con la sua forza, ma in ritardo.
    17) Sappiamo seguire i soldi del riciclaggio dei mafiosi all’estero. Falso non non è vero. Al momento un solo caso è arrivato a sentenza confermativa della Cassazione.
    18) Chi fa antimafia lo fa per guadagnarci. Falso nella quasi totalità dei casi fare antimafia è solo faticoso e non paga mai e porta all’isolamento e soprattutto delle analisi criminali non fega nulla a nessuno.
    19) La mafia non tocca le donne ed i bambini. Falso. Le ha sempre toccati, ma per necessità. Inoltre alcune forme di mafia trafficano in donne e bambini e pure li sfruttano.
    20) Il cognome famoso che uno porta ti rende esperto di mafia. Falso. Gli esperti sono i capaci non i portatori di cognome.
    41bis) Il carcere duro per i mafiosi è inumano. Falso. Non è carcere duro ma solo la possibilità che non parlino con il mondo esterno od interno alle carcere per non mandare messaggi.

 

* Presidente della Fondazione Caponnetto  

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Il divorzio Totti-Blasi, affido condiviso per i Rolex

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Adesso è definitivo: nel divorzio tra Francesco Totti e Ilary Blasi i quattro Rolex della discordia saranno in ‘affido condiviso’. Cioè i preziosi orologi rimarranno nella custodia della conduttrice, ma anche l’ormai ex marito potrà utilizzarli. Insomma: i due dovranno mettersi d’accordo. A deciderlo è stato il Tribunale Civile di Roma, che ha confermato quanto era già stato deciso in via interlocutoria nel 2023, mettendo fine, almeno per ora, a uno degli aspetti della separazione della coppia vip che più aveva fatto discutere gli appassionati di gossip.

Si parla di quattro Rolex Daytona, del valore di circa 80mila euro. Dei veri gioielli, dunque, che inizialmente erano rimasti a Blasi dopo la fine della relazione con l’ex capitano della Roma. Totti, da parte sua, ne aveva chiesto la restituzione. Una vicenda che aveva tenuto banco sulla stampa specializzata, due anni fa, e che era stata alimentata anche dalle provocazioni reciproche dei due ex coniugi. Blasi aveva persino postato un video sui social in cui prendeva in giro l’ex e in cui si immortalava davanti al negozio della Rolex nel centro storico della Capitale. Per quella provocazione si vide recapitare anche una multa per la sosta vietata della sua Smart dalla polizia locale di Roma: 42 euro.

Poca cosa, in realtà, per la popolarissima showgirl, rispetto al valore dei lussuosi orologi. Salomonica quindi la decisione del giudice: i Rolex della discordia devono rimanere nella disposizione di entrambi gli ex coniugi, ed entrambi potranno usarli, ha deciso il magistrato dopo la lettura dei documenti messi a disposizione dalla coppia. Ora le parti dovranno trovare un accordo per l’utilizzo condiviso degli orologi. Con la chiusura di questa fase, resta aperta la possibilità per entrambe le parti di impugnare il provvedimento

La decisione del Tribunale di Roma però riguarda la causa ‘possessoria’, e non già dunque la proprietà ma la disponibilità degli orologi. E anzi la proprietà degli orologi potrebbe scrivere un altro capitolo della saga Totti-Blasi, destinata ancora a guadagnarsi le prime pagine dei rotocalchi: lo scorso maggio la conduttrice era stata fotografata dal settimanale ‘Chi’ sul lago di Como con l’imprenditore tedesco Bastian Muller, col quale ha una relazione. Muller, a quanto pare, avrebbe chiesto a Blasi di sposarla. Ma prima di poterlo fare, Ilary dovrà concludere le pratiche di divorzio con l’ex Pupone.

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Strage del Ponte Morandi di Genova, il pm: schede su controlli copiate e incollate

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Copia e incolla e per giunta fatti male: erano fatte così, secondo l’accusa, le Rimt, ovvero le prove riflettometriche, i cui report servivano poi a programmare la eventuale manutenzione. E’ quanto sostenuto, in sintesi, dal pm Marco Airoldi, che con il collega Walter Cotugno, sta portando avanti la requisitoria nel processo a carico di 57 imputati per il crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018, 43 vittime). Per dimostrarlo l’accusa ha citato la relazione del 2011 sui controllo della pila 9, quella crollata, lato mare. Quella relazione “riporta esiti di precedenti Rimt: inizia con ‘7.1 considerazioni pila 9 lato monte’ e mette questo sul lato mare.

Nella seconda riga riscrivono lato monte. Stessa cosa per la pila 10. Ma non hanno sbagliato a scrivere monte e parlano di valle, hanno proprio preso un pezzo della relazione lato monte e l’hanno incollata. Qualcuno se ne accorge e nella relazione successiva, nel 2013, sostituiscono le parole ma lasciando gli errori nelle righe dopo”. All’udienza di oggi, il pubblico ministero Airoldi ha anche parlato del calo delle spese per le manutenzioni. Come per esempio nel 2012 o nel 2016: nelle rispettive note alle relazioni di bilancio si parla di decremento delle prestazioni edili e professionali oltre che per la manutenzione sulla rete autostradale. Il motivo di tali risparmi era dovuto, per l’accusa, al fatto che non c’era più l’aumento indiscriminato dei pedaggi. E così, per sopperire, da un lato avevano più entrate dall’aumento del traffico e dall’altro perché ritardavano i lavori spalmando i costi.

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Il questore di Parma sull’aggressione ai tifosi del Napoli: “Risposta puntuale e decisa dello Stato”

Di Domenico ringrazia la Digos e respinge le critiche sulla gestione dell’ordine pubblico

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Volevo ringraziare la Digos per l’attività investigativa, ma anche gli operatori delle volanti e i vigili urbani che sono subito intervenuti sul posto”. Con queste parole il questore di Parma Maurizio Di Domenico ha commentato le indagini sull’aggressione avvenuta ai danni di un gruppo di tifosi del Napoli da parte di ultras parmigiani. Un episodio che ha suscitato clamore e critiche, soprattutto in relazione alla gestione della sicurezza durante i festeggiamenti per lo scudetto del club partenopeo.

L’agguato definito “sgradevole”

Il questore ha definito l’episodio uno “sgradevole agguato”, respingendo indirettamente le accuse di mala gestione dell’ordine pubblico e sottolineando la prontezza della risposta istituzionale. “La risposta della Procura è stata puntuale, decisa e soprattutto in tempi molto brevi”, ha dichiarato, richiamandosi alle parole del procuratore capo di Parma Alfonso D’Avino.

Difesa dei principi democratici

Di Domenico ha inoltre ribadito l’importanza del rispetto delle regole democratiche: “Siamo uno Stato democratico, principi fondamentali sono manifestare il pensiero e la libertà di unirsi pacificamente, senza armi soprattutto”. Un richiamo netto alla legalità e alla necessità che ogni manifestazione, anche sportiva, si svolga senza violenza e nel rispetto delle libertà costituzionali.

(Immagine realizzara con sistemi di Ia)

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