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Esteri

Xi si muove sull’Ucraina e punta sulla mediazione Ue

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E se la Cina avesse deciso un cambio di passo sulla guerra tra Russia e Ucraina? Le conversazioni telefoniche avute negli ultimi due giorni dal presidente Xi Jinping prima col cancelliere tedesco Olaf Scholz, poi con il presidente francese Emmanuel Macron, possono essere il segnale di una nuova postura verso il conflitto, la cui durata – ammettono gli stessi media ufficiali del Dragone – sta andando “oltre ogni previsione”. Tra la comunita’ diplomatica straniera nella capitale cinese, sempre piu’ calata in uno scenario da lockdown anti-Covid, non sono passati inosservati i contenuti del doppio colloquio resi pubblici da Pechino. Come inosservato non e’ passato il fatto che tra le due telefonate Scholz e Macron si sono pure incontrati di persona a Berlino. Due gli spunti di riflessione, sistemati alla fine dei due comunicati diffusi dai media ufficiali: le sollecitazioni di Xi per una “autonoma strategia” dell’Unione europea e per una sicurezza dell’Ue che sia “in mano agli europei”. Con Scholz, il presidente cinese ha ricordato l’importanza di “fare del nostro meglio per evitare che il conflitto si intensifichi e si espanda, portando ad una situazione ingestibile”. Mentre con Macron ha convenuto che “tutte le parti interessate dovrebbero sostenere la Russia e l’Ucraina per ripristinare la pace attraverso i negoziati”, riconoscendo – secondo l’Eliseo – “il rispetto dell’integrita’ territoriale e della sovranita’” di Kiev. In altri termini, “e’ come se il presidente cinese sollecitasse i leader europei a prendere l’iniziativa verso la Russia cercando uno spiraglio negoziale con Vladimir Putin e indicandogli una via d’uscita, invece che continuare con il sostegno armato ad oltranza dell’Ucraina voluto da Usa e Gran Bretagna”, ha commentato con l’ANSA una fonte diplomatica europea, secondo cui la Cina “non potrebbe mai seguire un’eventuale proposta americana, difficilmente ipotizzabile allo stato”. La mossa di Xi, che non ha mai condannato l’aggressione o chiamato finora il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo un’altra fonte punterebbe a evitare, viste le difficolta’ incontrate dall’Armata russa, ripercussioni sulla tenuta stessa della Russia e della leadership di Putin che, sulla Piazza Rossa del 9 maggio per la Giornata della Vittoria, ha avuto parole dure da Guerra Fredda contro gli Stati Uniti ma non verso l’Europa. Per la Cina, il calo delle turbolenze esterne servirebbe almeno ad allentare le pressioni su un’economia in affanno per i lockdown che stanno paralizzando aree strategiche, a partire da Shanghai. Macron e’ il leader europeo che piu’ ha sentito il capo del Cremlino anche dopo l’aggressione all’Ucraina e lunedi’ ha ricordato che “non dobbiamo cedere alla tentazione dei revanscismi. Domani – ha detto – avremo una pace da costruire” e “dovremo farlo con Ucraina e Russia attorno al tavolo. Ma questo non si fara’ ne’ con l’esclusione reciproca, e nemmeno con l’umiliazione”. Una posizione che sarebbe stata apprezzata da Pechino per il suo “equilibrio”. Un tassello importante di questa trama e’ l’incontro alla Casa Bianca dove il presidente del Consiglio Mario Draghi ha sottoposto al presidente americano Joe Biden, secondo le attese, anche la necessita’ di un percorso negoziale e di una diplomazia della pace per ricomporre il conflitto russo-ucraino. “In fondo, la mediazione europea aiuterebbe gli Usa a riattivare un canale col Cremlino ed eviterebbe a Putin – ha concluso la fonte diplomatica – di ritrovarsi soltanto con la solidarieta’ del leader nordcoreano Kim Jong-un”.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Esteri

Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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